CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 1975/2010 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 1975/2010

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentata e difesa dagli avv. Letizia Mazzarelli e Luigi Medugno, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Panama 58,

contro

la società Renato Curi Angolana s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo Antonucci e Claudio Croce, con domicilio eletto presso Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;

e Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il Coni, Co.Vi.So.C., Lega Professionisti di Serie "C", Lega Nazionale Dilettanti, Comitato Interregionale Figc, Barletta Calcio s.r.l.,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 04642/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO AMMISSIONE AL CAMPIONATO DI II DIVISIONE - STAGIONE SPORTIVA 2008-2009;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio con appello incidentale della società Renato Curi Angolana s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010, il Cons. Paolo Buonvino;

Visto il dispositivo n. 140 del 26 febbraio 2010;

Uditi, per le parti, gli avvocati Mazzarelli, Medugno, Antonucci e Croce;

FATTO

1) - Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposta dalla società ricorrente per l’annullamento:

- del lodo arbitrale deliberato in data 17 settembre 2008 e pubblicato il successivo 14 ottobre 2008 dall’arbitro unico della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport presso il C.O.N.I., con il quale ne è stata rigettata la domanda proposta per l’iscrizione al campionato di calcio di II Divisione (serie C2) per la stagione sportiva 2008-2009;

- del provvedimento emanato dal Consiglio Federale della F.I.G.C. in data 18 ago-sto 2008 di esclusione dal ripescaggio della società ricorrente al campionato di II Divisione (serie C2) 2008-2009 (Comunicato Ufficiale n. 45/A);

- del parere relativo della Commissione di Vigilanza società di Calcio CO.VI.SO.C. del 30 luglio 2008;

- di ogni atto, presupposto e conseguente ad esso comunque connesso e, in parti-colare, della graduatoria dei ripescaggi del campionato di calcio di II Divisione per l’anno 2008-2009 disposta con il Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n. 45/A del 14 agosto 2008.

Con il ricorso era anche chiesto il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittima esclusione dal campionato di calcio di II Divisione (serie C2) 2008-2009.

Esponeva, in fatto, la ricorrente di essere una società sportiva dilettantistica a re-sponsabilità limitata e di aver partecipato nella stagione sportiva 2007 – 2008 al Campionato Nazionale Dilettanti, Girone F, all’esito del quale era stata ammessa a parteci-pare ai Play Off per la promozione in II Divisione; sulla base dei criteri di ripescaggio in ambito professionistico per la stagione sportiva 2008-2009, stabiliti con delibera del Consiglio Federale 5 maggio 2008 n. 96/A ed oggetto del Comunicato Ufficiale n. 38 del 25 giugno 2008 del Comitato Interregionale Serie D, aveva conseguito la nona ed ultima posizione utile nella griglia di ripescaggio predisposta dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (d’ora in poi, F.I.G.C.); in esecuzione di quanto stabilito dal Comunicato Ufficiale F.I.G.C. n. 115/A del 5 giugno 2008 aveva, poi, presentato domanda di am-missione/iscrizione al campionato di serie C2 per l’anno 2008-2009, corredata dalla relativa documentazione; sennonché, con Comunicato Ufficiale n. 45/A del 14 agosto 2008 era stata esclusa dal ripescaggio per mancato possesso dei requisiti necessari e, in particolare, perché “la società è costituita nella forma di società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata ai sensi della L. n. 289 del 2002, non avendo adeguato il proprio Statuto alle previsioni di cui alla L. n. 91 del 1981”; di conseguenza, al campionato di II Divisione, al posto della ricorrente, era stata ammessa la Barletta Calcio s.r.l..

A seguito dell’esclusione la ricorrente aveva proposto istanza di conciliazione presso la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport contro la Federazione Ita-liana Giuoco Calcio, conclusosi il 27 agosto 2008 con il mancato accordo tra le parti. La ricorrente ha quindi proposto istanza di arbitrato, che è stata rigettata dall’arbitro monocratico.

Avverso l’esclusione l’interessata proponeva, con ricorso introduttivo innanzi al TAR, molteplici motivi di gravame.

Con ricorso incidentale, notificato in data 26 novembre 2008 e depositato il successivo 1 dicembre 2008, la F.I.G.C. ha dedotto che l’arbitro unico, al quale le parti avevano concordemente deferito la definizione della lite, aveva affermato la propria competenza muovendo dalla premessa che – essendo l’istante costituita nelle forme proprie di una società non professionistica, sia all’atto della presentazione della domanda di ripescaggio, sia quando era stato introdotto il procedimento arbitrale – non poteva trovare applicazione il rito speciale che attribuiva la competenza ad un organo collegiale formato da cinque membri; ciò in quanto per le società dilettantistiche avrebbe fatto difetto la clausola compromissoria, che imponeva il ricorso a tale rito allorché nelle controversie inerenti all’ammissione a campionati professionistici; detta conclusione sarebbe diventata, peraltro, insostenibile ove si fosse dovuto condividere la tesi di merito propugnata dalla ricorrente, secondo cui essa sarebbe risultata in possesso dello status, che ne avrebbe legittimato la militanza nel settore professionistico, sin dal momento in cui ha fatto valere l’interesse pretensivo disatteso dal diniego di ammissione oggetto di censura; in tal caso, infatti, il lodo impugnato sarebbe divenuto censurabile non solo perché emesso in forma monocratica (non potendo prevalere la difforme volontà delle parti su materia non disponibile), ma anche per avere omesso di rilevare la palese tardività della domanda di arbitrato, introdotta nel rispetto del termine ordinario, ma ben oltre quello stabilito dal Regolamento ad hoc.

Si costituiva nel giudizio di primo grado il C.O.N.I. chiedendo, preliminarmente, l’estromissione dal processo per difetto di legittimazione passiva, mentre, nel merito, sosteneva l'infondatezza del ricorso; si costituiva in giudizio anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre non si costituivano in giudizio le altre parti intimate.

2) - Il TAR, dopo aver dichiarato, preliminarmente, il difetto di legittimazione passiva del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), non essendo a questi impu-tabile alcuno degli atti impugnati, ha, anzitutto, rigettato il ricorso incidentale della F.I.G.C. avendo osservato che esso partiva dall’equivoco di fondo che la Renato Curi avrebbe basato la propria difesa sulla natura non dilettantistica della società; ma che, al contrario, detta ricorrente aveva più volte precisato di non essere una società professio-nistica, ma che, proprio perché tale e perché società a responsabilità limitata, non sarebbe stata tenuta ad adeguare subito il proprio statuto; di qui la competenza dell’arbitro unico - al quale entrambe le parti concordemente e correttamente avevano rimesso la soluzione della controversia - e la tempestività della domanda di arbitrato.

Gli stessi primi giudici hanno, poi, accolto il primo motivo del ricorso con il quale era stata dedotta l’illegittimità dell’esclusione dal campionato di II Divisione 2008-2009 – e, quindi, del lodo arbitrale che tale illegittimità non aveva rilevato – disposta con il Comunicato Ufficiale F.I.G.C. n. 45/A del 14 agosto 2008, motivato ob relationem al parere reso dalla CO.VI.SO.C., secondo cui le società dilettantistiche, che chiedono l’iscrizione al campionato di serie C2, e costituite, come la ricorrente, sotto forma di società di capitale (s.p.a. o s.r.l.), avrebbero dovuto adeguare il proprio statuto a quanto prescritto dalla L. 23 marzo 1981 n. 91 prima di presentare la domanda di am-missione al campionato superiore; al riguardo, hanno ritenuto, in particolare, di non condividere l’interpretazione che del primo comma dell’art. 10 L. n. 91 del 1981 aveva offerto la F.I.G.C..

In particolare, ad avviso dei primi giudici, è vero che per giocare nel campionato professionistico occorre sia essere una società professionistica (e, dunque, che la socie-tà dilettantistica muti il proprio statuto), sia che fra i suoi organi annoveri anche il collegio sindacale, ma tale adeguamento può essere fatto anche dopo aver ottenuto l’ammissione, come, del resto, si era già obbligata a fare la ricorrente in caso di ammissione al campionato di serie C2 con la dichiarazione del 29 luglio 2008, pervenuta alla Federazione il successivo 30 luglio (e, quindi, lo stesso giorno in cui la CO.VI.SO.C. ha espresso il proprio parere negativo e prima del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. del 14 agosto 2008 di esclusione dal ripescaggio), con la quale la Renato Curi si è impegnata, “qualora venisse accolta l’istanza formulata ….. di ammissione al Campionato Nazionale Lega Pro Seconda Divisione Stagione sportiva 2008-2009”, a provvedere “ad eliminare dallo Statuto l’attività dilettantistica per inserirla in quella professionisti-ca, così trasformando la società in pura società di capitale. Il tutto entro 24 ore dalla comunicazione ufficiale di ammissione al Campionato Nazionale Lega Pro Seconda Divisione”.

Militava a favore della conclusione così prospettata, secondo il TAR, anche il tenore letterale del Comunicato Ufficiale n. 146 del 7 maggio 2008, il quale, al punto VI, lett. A), chiariva che le società dilettantistiche a responsabilità limitata dovevano, unitamente alla domanda, produrre, tra l’altro, “copia dello Statuto vigente” e non dello “Statuto conforme alla L. n. 91 del 1981”; e, a riprova della correttezza di tale conclusione, era il rilievo che lo stesso punto VI, lett. B), del Comunicato Ufficiale n. 146 prescriveva, invece, per le società dilettantistiche che avevano forma giuridica diversa dalle società di capitali, il deposito, a corredo della domanda, dello “Statuto conforme alla normativa legislativa e federale vigente”; e, comunque, anche ammettendo che il cambiamento dello Statuto sarebbe dovuto avvenire prima della presentazione della domanda di ammissione, stava di fatto che il tenore del punto VI, lett. A) del Comuni-cato Ufficiale n. 146 del 7 maggio 2008, di non esemplare chiarezza, avrebbe dovuto indurre la Federazione a rimettere in termini a società.

Del resto, aggiungono i primi giudici, la tesi prospettata dalla Federazione secondo cui la domanda di ammissione ad un campionato professionistico, presentata da una società costituita secondo il modello legale di ente avente ad oggetto un’attività che costituirebbe una violazione della norma imperativa rappresentata dal combinato disposto degli artt. 10 L. n. 91 del 1981 e 90 L. 27 dicembre 2002 n. 289, avrebbe finito per provare troppo, in quanto la società dilettantistica, trasformatasi in professionistica per po-ter accedere ai campionati di II Divisione, ove, per qualche ragione non fosse stata ammessa, non avrebbe disposto più neppure del titolo necessario (l’esercizio di un’attività dilettantistica) per continuare a prender parte quanto meno al Campionato nazionale dilettanti e avrebbe dovuto, in un arco temporale ormai decorso, riadottare un nuovo Statuto.

L’accoglimento di tale assorbente motivo ha, poi, indotto il TAR a non esaminare il secondo motivo del ricorso principale, con il quale la ricorrente aveva osservato che, a tutto voler concedere, la sanzione comminabile non avrebbe dovuto essere l’esclusione dal campionato di serie di C2 ma, ai sensi del punto VI, lett. A), del Co-municato ufficiale della F.I.G.C. n. 93/A, la penalizzazione di un punto da scontare nel campionato 2007-2009.

Escludeva, inoltre, il Tribunale adito che potessero assumere alcun rilievo, a tal punto, gli ulteriori profili asseritamente ostativi all’ammissione della Renato Curi al campionato di serie C2 (omessa costituzione del collegio sindacale e trasmissione a mezzo fax, e non in originale, della documentazione richiesta per l’ammissione al cam-pionato di serie C2) che, non avendo formato oggetto dell’esclusione disposta con il Comunicato Ufficiale n. 45/A, non potevano essere dedotti dalla F.I.G.C. solo nella memoria difensiva in sede arbitrale prima e giurisdizionale dopo; e ciò neanche al mero fine di dimostrare una carenza di interesse della ricorrente alla decisione, potendo al più essere motivo per l’adozione di ulteriori provvedimenti.

L’accoglimento del ricorso non consentiva, però, alla ricorrente, sempre secondo i primi giudici, di ottenere il bene della vita, volgendo ormai il campionato di calcio di serie C 2008-2009 al termine; quanto alla domanda risarcitoria la stessa veniva, poi, rigettata perché alcuna prova del danno emergente effettivamente sofferto era stata pro-dotta in atti, come starebbe stato onere della ricorrente e, in relazione al lucro cessante per inidoneità, anche in tal caso, della prova offerta a dimostrare l’effettiva perdita patrimoniale subita.

3) – La sentenza è impugnata, con appello principale, dalla F.I.G.C., che ne deduce l’erroneità sotto molteplici profili.

Anzitutto, si eccepisce il difetto di giurisdizione, nella specie, del giudice amministrativo, dal momento che la procedura di cui si discute avrebbe rilevanza meramente endoassociativa, avente l’unica finalità di consentire il reclutamento delle società desti-nate ad integrare gli organici dei campionati; si tratta, quindi, di procedura straordinaria (volta a consentire il “ripescaggio” delle società prive di titolo sportivo, che tiene conto di molteplici fattori) che non sarebbe imposta da alcuna regola codificata dell’ordinamento settoriale o da altre fonti normative, sicché ogni determinazione al riguardo sarebbe rimessa alla più ampia discrezionalità della Federazione; non potendo, quindi, vantare la titolarità di una posizione giuridica che attinga la soglia della rilevanza per l’ordinamento statuale, non essendo le interessate detentrici di una situazione individuale qualificata assurgente a dignità di diritto soggettivo o di interesse legittimo in ordine alle procedure in questione, dovrebbe ritenersi il difetto di giurisdizione del giu-dice amministrativo nella presente controversia.

Deduce, poi, l’appellante Federazione che il TAR avrebbe errato anche nel disattendere il motivo di ricorso incidentale da essa svolto in primo grado, secondo cui, nella specie, non avrebbe potuto essere adito l’arbitro unico vertendosi in tema di verifica dei requisiti di iscrizione di una società ad un campionato professionistico, essendo irri-levante, si assume, il fatto, addotto dai primi giudici, secondo cui l’originaria ricorrente era, comunque, all’atto della proposizione ricorso, una società (ancorché di capitali) meramente dilettantistica; in altre parole, avrebbe dovuto farsi essenziale riferimento al punto di approdo (formazione dell’organico di campionati professionistici e correlato interesse pretensivo) della domanda arbitrale.

Passando, in via di subordine, all’esame dei profili di accoglimento dell’originario ricorso, la F.I.G.C. contesta la sentenza appellata per non avere colto che requisito fon-damentale nella procedura ammissiva di cui si tratta, di accesso ad un campionato professionistico, sarebbe stato il possesso, al momento della proposizione della domanda di ammissione, dei requisiti essenziali di cui all’art. 10 della legge n. 91/1981 e dall’art. 7, comma 3, dello statuto federale, nonché, quanto alle società appartenenti alla lega PRO, dall’art. 1, comma 2, del relativo regolamento, secondo quanto puntualmente previsto dal C.U. n. 93/A; non sarebbe sufficiente, quindi, il fatto che la società ricorrente fosse già costituita in società di capitali (s.r.l.) ai sensi della legge n. 289/2002, trattandosi, comunque, di società costituita per scopi non lucrativi, al contrario, invece, di quanto espressamente previsto per le società calcistiche professionistiche; inoltre, la società in questione sarebbe stata anche priva di collegio sindacale sempre alla data del 25 luglio 2008 (data ultima utile per dimostrare il possesso attuale dei requisiti di am-missione); né sarebbe configurabile la possibilità di un’ammissione condizionata (subordinata, quindi, alla successiva regolarizzazione societaria nei sensi anzidetti, secon-do quanto prospettato, in effetti, con nota dell’originaria ricorrente diretta alla CO.VI.SO.C. il 29 luglio 2008) la condizione potendo non avverarsi ed il campionato restando privo di una partecipante, in danno di altra possibile candidata al ripescaggio.

In ogni caso, le preclusioni derivanti da norme imperative di legge (art. 10 della legge n. 91/1981 cit.) opererebbero indipendentemente dall’esplicito richiamo ad esse fatto in sede di disciplina della procedura e, per ciò che qui interessa, anche in presenza di una non precisa previsione al riguardo da parte del C.U n. 93/A, disciplinante la pro-cedura di cui trattasi; pertanto, non sarebbe condivisibile, al riguardo, l’interpretazione che della disciplina in esame ha reso il TAR, dal momento che, vertendosi in tema di requisito di ammissione, questo avrebbe dovuto essere necessariamente posseduto alla data ultima di scadenza assegnata per la presentazione delle relative istanze; né potrebbe convenirsi con i primi giudici nel ritenere possibile la presentazione di domande condizionate, che consentano agli aspiranti di regolarizzare la propria posizione ex post solo in caso di buon esito della procedura.

Del resto, come fatto da altre società in situazione analoga, nulla impediva all’originaria ricorrente di trasformarsi in società professionistica con scopo di lucro e – in caso di mancata ammissione al campionato di lega professionistica – partecipare, in detta qualità al campionato dilettantistico, ovvero subordinare la trasformazione societaria stessa a condizione risolutiva (che si realizzerebbe in caso, appunto, di mancata ammissione).

La disciplina in questione, anche rinvenibile nel ripetuto comunicato n. 93/A, non legittimerebbe, del resto, neppure l’ammissione al beneficio dell’errore scusabile e connessa rimessione in termini, essendo sufficientemente chiara nell’escludere dai campionati professionistici le società, ancorché di capitali, i cui Statuti non fossero con-formi alla disciplina normativa anzidetta.

4) – Si è costituita in giudizio la società ricorrente in primo grado, che insiste per l’infondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione, nonché per l’infondatezza delle doglianze concernenti il rigetto, da parte del TAR, del ricorso incidentale svolto in primo grado dalla F.I.G.C.; quindi, chiede la conferma della sentenza in esame nella parte in cui ha accolto l’originario ricorso, insistendo per il rigetto, al riguardo, dei motivi svolti dalla controparte; ripropone, in ogni caso, all’occorrenza anche i motivi di primo grado assorbiti dal TAR (in particolare, quello secondo cui, ove pure volesse configurarsi l’inosservanza a quanto richiesto dalla Federazione, non di meno tale man-canza avrebbe prodotto, a norma del C.U. n. 93/A, solo una penalizzazione di punteggio e non l’esclusione dal campionato professionistico); in ogni caso, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/1990, una volta riscontrata la carenza di cui trattasi, la Federazione avrebbe dovuto assegnare un termine alla parte per adeguare il proprio Statuto.

La ricorrente in primo grado svolge, poi, appello incidentale autonomo con riguardo ai profili di rigetto, da parte del TAR, delle pretese risarcitorie.

Con memoria conclusionale la federazione appellante ribadisce i propri assunti di-fensivi.

Con ordinanza 25 agosto 2009, n. 4320, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata avanzata dall’appellante princi-pale, mentre ha dichiarato, conseguentemente, improcedibile quella svolta con l’appello incidentale.

DIRITTO

1) – Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società Renato Curi Angolana s.r.l. per l’annullamento:

- del lodo arbitrale deliberato in data 17 settembre 2008 e pubblicato il successivo 14 ottobre 2008 dall’arbitro unico della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport presso il C.O.N.I., con il quale ne è stata rigettata la domanda proposta per l’iscrizione al campionato di calcio di II Divisione (serie C2) per la stagione sportiva 2008-2009;

- del provvedimento emanato dal Consiglio Federale della F.I.G.C. in data 18 ago-sto 2008 di esclusione dal ripescaggio della società ricorrente al campionato di II Divisione (serie C2) 2008-2009 (Comunicato Ufficiale n. 45/A);

- del parere relativo della Commissione di Vigilanza società di Calcio CO.VI.SO.C. del 30 luglio 2008;

- di ogni atto, presupposto e conseguente ad esso comunque connesso e, in parti-colare, della graduatoria dei ripescaggi del campionato di calcio di II Divisione per l’anno 2008-2009 disposta con il Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n. 45/A del 14 agosto 2008.

Con il ricorso era anche chiesto il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittima esclusione dal campionato di calcio di II Divisione (serie C2) 2008-2009.

La sentenza è appellata, in via principale, dalla Federazione Italiana Gioco Calcio e, in via incidentale autonoma, con specifico riguardo al mancato accoglimento delle domande risarcitorie, dalla stessa società ricorrente in primo grado.

2) - Ritiene il Collegio che sia da disattendere l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dalla Federazione appellante.

Vero che la determinazione di consentire il ripescaggio è rimessa a scelte operate dalla Federazione stessa sulla base di apprezzamenti discrezionali suoi propri, esperiti nell’esercizio delle sue potestà organizzative dei tornei calcistici; non di meno, una volta autolimitatasi nel senso di utilizzare tale strumento per integrare gli organici dei vari gironi della Lega professionisti, siano da ritenere soggette al vaglio del giudice amministrativo le relative controversie, tenuto conto del carattere “ammissivo” delle relative procedure e delle modalità comparative paraconcorsuali a tal fine formalizzate ed in concreto utilizzate.

3) – Attese la fondatezza dell’appello nei suoi profili di merito, può soprassedersi all’esame del motivo, di carattere formale, con il quale la Federazione appellante si duole del fatto che il TAR abbia disatteso il ricorso incidentale dalla stessa Federazione svolto in primo grado (avendo ritenuto, i primi giudici, che correttamente la società ricorrente avesse sottoposto la controversia al vaglio dell’arbitro unico - tra l’altro, con il pieno consenso dell’odierna appellante principale - e che tale organo si fosse pronunciato al riguardo).

4) – Vanno, in particolare, condivise, da parte del Collegio, le doglianze svolte dalla Federazione con riguardo al capo di sentenza che ha accolto l’originario ricorso avendo ritenuto idonea la documentazione prodotta dalla società interessata ai fini della sua iscrizione al campionato professionistico.

E, invero, ai sensi dell’art. 7, commi 3 e 4, dello Statuto della F.I.G.C.: “3. Le società che stipulano contratti con atleti professionisti devono avere la forma giuridica di società di capitali a norma della legislazione vigente” e: “4. La FIGC disciplina i requisiti, i criteri e le condizioni per il passaggio delle società dal settore dilettantistico a quello professionistico e viceversa”.

Ai sensi, poi, dell’art. 1, comma 2, dello Statuto della Lega Professionisti di Serie C, “sono tenute a formare la compagine associativa della Lega Professionisti Serie C quelle società di capitali, affiliate alla F.I.G.C. che si avvalgono delle prestazioni di calciatori professionisti e che hanno diritto di partecipare ai Campionati organizzati dalla Lega e che sono in possesso dei requisiti, anche economici, dettati da questa per la partecipazione ai Campionati Nazionali di Serie C, nonché alle altre manifestazioni cal-cistiche organizzate dalla Lega medesima”.

Prevede, inoltre, l’art. 10 della legge n. 91 del 23 marzo 1981, costituente la disciplina normativa primaria del settore, che:

- (comma primo) “possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all'articolo 2477 del codice civile è in ogni caso obbligatoria, per le società sportive professionistiche, la nomina del collegio sindacale”;

- (comma secondo) “l'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali”;

- (comma terzo ) “l'atto costitutivo deve provvedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva”.

Fatte tali premesse, è da rilevare che, al momento della proposizione della domanda di ammissione al campionato professionistico, la società ricorrente in primo grado non aveva ancora adeguato il proprio Statuto alla disciplina normativa ora detta; la so-cietà era, invero, società di capitali (s.r.l.) ai sensi dell’art. 90, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (L.F. 2003), ma, proprio perché società sportiva dilettantistica costituita nella forma ora detta, la stessa non poteva svolgere attività a fini di lucro e, perciò, non poteva stipulare contratti con atleti professionisti, né aveva costituito il collegio sindacale, né aveva adeguato il proprio Statuto a quanto previsto dal comma terzo dell’art. 10 della citata legge n. 91/1981.

Deduce l’appellata che il C.U. n. 93/2008 non richiedeva, in effetti, al paragrafo VI, per le società di capitali, siffatti preventivi adempimenti; la lettera A di tale paragrafo prevedeva, in particolare, semplicemente che “le società già appartenenti al Campionato Nazionale Dilettanti, aventi diritto a richiedere l’ammissione al campionato di serie C2 e costituite sotto forma di società di capitali (s.p.a. o s.r.l.) devono, entro il termine del 30 giugno 2008”, presentare la domanda di ammissione, il bilancio di esercizio, la dichiarazione (sottoscritta dal legale rappresentante e dal responsabile del controllo contabile o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza) attestante la vigenza della società, la fideiussione bancaria, la delega irrevocabile di cui al prg. V, punto 4, e la certificazione del Comitato interregionale attestante l’inesistenza di debiti nei confronti di tesserati a FIGC o leghe o società affiliate a FIGC.

Sicché, secondo l’originaria ricorrente, la stessa avrebbe soddisfatto quanto specificamente richiesto al riguardo in detto comunicato, avendo tempestivamente prodotto tutto quanto così richiesto.

Sennonché, già nel modulo di domanda (“da depositare entro il termine perentorio del 25 luglio 2008”) era richiesta la dichiarazione del “presidente del collegio sindacale/presidente del consiglio di sorveglianza” in merito all’iscrizione della società nella sezione ordinaria del Registro delle imprese presso la C.C.I.A.A.; mentre, nella domanda dell’interessata, prodotta il 28 luglio 2008, la dichiarazione di iscrizione alla C.C.I.A.A. è stata rilasciata dal “revisore dei conti in assenza del collegio perché non dovuto per i limiti del capitale sociale € 120.000,00 art. 2477 c.c.”; con dichiarazione depositata in F.I.G.C. il 30 luglio 2008, poi, la società qui appellata precisava che, qualora fosse stata accolta l’istanza da essa presentata, avrebbe provveduto ad eliminare dallo Statuto l’attività dilettantistica per inserirla in quella professionistica, “così trasformando la società in pura società di capitali”.

Quanto precede rende evidente che la società ricorrente in primo grado era certamente consapevole dell’esigenza di adeguamento statutario, ma anziché farlo precedere alla presentazione della domanda, ha ritenuto possibile posticiparlo all’esito del positivo esame, da parte degli organi federali, dell’istanza stessa; in tal modo, peraltro, la medesima, in una procedura paraconcorsuale quale quella di specie, ha dimostrato di non essere in possesso dei requisiti prescritti dal legislatore del 1981 al momento della presentazione della domanda.

Né rileva che il C.U. n. 93/A, per le società di capitali, non recava l’espressa pre-visione di preventivo adeguamento statutario nei termini anzidetti, dal momento che lo stesso comunicato, in un unico contesto normativo, richiedeva, alla lettera B) del citato prg. VI, che le società già appartenenti al Campionato Nazionale Dilettanti, costituite in forma diversa dalle società di capitali, avrebbero dovuto, entro il 30 giugno 2008, non solo presentare domanda di iscrizione al campionato professionistico 2008/2009, ma anche depositare presso la CO.VI.SO.C., “l’atto di trasformazione ai sensi del codice civile, corredato dalla perizia giurata redatta ai sensi dell’art. 2433 c.c. e dallo Statuto conforme alla normativa legislativa e federale vigente”.

Ora, tale prescrizione rendeva manifesto che solo le società costituite in forma di società di capitali ai sensi delle citate disposizioni legislative primarie e di quelle federali e di lega anzidette potevano chiedere di essere ammesse al campionato professionistico e che, per converso, l’essere società di capitali non conformata, al momento della domanda stessa, alle prescrizioni medesime ne comportava il difetto di un requisito ammissivo essenziale; del resto, sarebbe stata produttiva di ingiustificata disparità di trattamento una previsione normativa più rigorosa per le società che non erano di capitali (per le quali l’adeguamento statutario doveva precedere la presentazione della domanda) e meno rigorosa per le società versanti nella posizione dell’odierna appellata, per le quali, a stretto rigore (e ragionando per assurdo), difettando, nella citata lettera A del C.U. n. 93/A, una specifica prescrizione di adeguamento statutario nei sensi anzidetti, neppure avrebbe potuto essere preteso un adeguamento siffatto.

A ben vedere, comunque, l’esigenza di adeguamento statuario in senso conforme a quanto precisato nella lettera B) anzidetta ed antecedente rispetto al momento di proposizione della domanda traspariva chiaramente dalla previsione contenuta nel n. 3 della ripetuta lettera A), laddove era richiesta una specifica dichiarazione che avrebbe dovuto rendere il presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza; organi, questi, di cui la società ricorrente in primo grado era statutariamente priva, ciò che rendeva a maggior ragione evidente l’inapplicabilità di quanto previsto dalla stessa lettera A) con riguardo alle società che, pur essendo di capitali, non erano in grado di soddisfare i requisiti essenziali ivi richiesti e per le quali, quindi, doveva trovare logica applicazione la disciplina normativa primaria e federale richiamata nello stesso C.U. alla succes-siva lettera B).

Non può convenirsi, poi, con la società appellata nel ritenere che il mancato tempestivo adeguamento statutario potesse condurre solo alla penalizzazione nel campionato venturo e non, invece, alla mancata ammissione allo stesso; trattandosi di requisiti di ammissione, da possedersi all’atto della presentazione della domanda (o, quanto meno, a quello di scadenza del termine ultimo per la sua presentazione), era evidente che la mancanza degli stessi costituiva elemento preclusivo dell’accoglimento della stessa.

In senso contrario neppure può utilmente invocarsi, inoltre, quanto riportato alla ripetuta lettera B) del C.U. n. 93/A (secondo cui l’inosservanza del termine del 30 giugno 2008 per la presentazione della domanda di ammissione, dell’atto di trasformazione societaria e della fideiussione bancaria avrebbero condotto alla semplice penalizzazione in classifica); ciò in quanto la penalizzazione ora detta riguardava solo il ritardo nella produzione documentale e non, invece, il necessario possesso, alle date di scaden-za, del requisito essenziale costituito dall’adeguamento della struttura societaria.

Né ricorrono i requisiti di cui all’art. 6 della legge n. 241/1990, altro essendo la ri-chiesta di documenti solo erroneamente non prodotti in termini, ovvero di atti precostituiti, integrativi di atti già depositati, altro la produzione di documenti non ancora re-datti al momento di scadenza del termine perentorio di presentazione della domanda di ammissione e costituenti requisito essenziale di validità e proponibilità della stessa.

Neppure poteva ritenersi indifferente, poi, la circostanza che la società interessata avesse condizionato l’efficacia della propria domanda ad un fatto futuro ed incerto quale quello della modifica statutaria, dal momento che non solo i tempi di preparazione dei calendari agonistici erano molto ristretti, ma si sarebbe finito, in tal modo, di subordinare le scelte delle altre società utilmente collocate in graduatoria dopo l’odierna appellata alle determinazioni non certe di quest’ultima ed ai tempi ad esse necessari, introducendo, così, un requisito di incertezza per le altre concorrenti circa le scelte da operare in tema di rafforzamento o meno della squadra; introducendosi, così, un ulteriore profilo di disparità di trattamento e di violazione dei principi della par condicio che presiedono alle procedure di natura paraconcorsuale quale quella di specie.

La fondatezza e il conseguente accoglimento dell’appello principale conducono, poi, all’infondatezza di quello incidentale, la mancata ammissione al campionato professionistico della società ricorrente in primo grado essendo il frutto, per quanto sin qui rilevato, di sue inadempienze ingiustificate, con esclusione, quindi, di ogni responsabilità dell’Amministrazione che ha posto in essere un’attività lecita e dovuta.

5) - Per i motivi che precedono, va accolto l’appello principale, va respinto quello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, va, per l’effetto, respinto il ricorso di primo grado.

Le spese, in considerazione della novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, accoglie l’appello principale; respinge l’appello incidentale.

Spese del doppio grado cpmensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Claudio Varrone, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore

Domenico Cafini, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Giancarlo Montedoro, Consigliere

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