T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4241/2018

Pubblicato il 17/04/2018

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avvocato Lorenzo Contucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Candia, 50;

contro

il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio per legge presso i suoi studi in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento del Questore della Provincia di Roma in data 15.12.2012, notificato il 15.1.2013, recante rigetto dell’istanza di revoca del provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, presentata dal ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 aprile 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I - Con il presente ricorso s’impugna il provvedimento del Questore della Provincia di Roma datato 15.12.2012 e notificato il 15.1.2013, con il quale è stata ancora una volta rigettata l’istanza del ricorrente tesa alla revoca del divieto, per lo stesso, per tre anni, “di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati”, con indicazione specifica delle competizioni interdette e dei luoghi sottratti all’accesso con riferimento agli stadi Olimpico e Flaminio di Roma, in altre parole l’istanza di revoca DASPO della durata di tre anni, disposta nei confronti del ricorrente medesimo.

I.1 - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

I.2 - Con ordinanza n. 1236 del 15.3.2013, non appellata, la domanda cautelare, incidentalmente proposta, è stata accolta, al fine di un riesame.

I.3 - Il ricorso è stato introitato per la decisione nella pubblica udienza del 10.4.2018.

II - Si rende necessario illustrare brevemente l’antefatto.

II.1 - Il Sig. OMISSIS, tifoso romanista, in occasione della partita di calcio Roma-Inter disputatasi presso lo stadio Olimpico in data 5.2.2012, è stato arrestato, in quanto ritenuto il soggetto che lanciava verso il settore ospiti un petardo, che in effetti è esploso.

II.2 - Con provvedimento questorile n. 2012 00030 del 5.2.2012, notificato in pari data, è stato disposto nei suoi riguardi il divieto di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi per tre anni.

II.3 - Sottoposto a giudizio direttissimo, il ricorrente ha chiesto il giudizio abbreviato.

Con sentenza del Tribunale di Roma in composizione monocratica – IV sezione penale n. 2218/2012, depositata il 6.2.2012, divenuta irrevocabile il 16.3.2012, lo stesso è stato assolto per non aver commesso il fatto, ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.. In particolare, non risultava piena prova della commissione del reato, atteso che dalle riprese delle telecamere non si vedeva con sufficiente chiarezza chi fosse a lanciare il petardo.

II.4 - Perciò il ricorrente, con istanza del 13.3.2012, ha chiesto la revoca del suddetto provvedimento, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della legge n. 401/1989.

Con decreto del 22.3.2012, notificato il 3.4.2012, la predetta istanza è stata respinta, sull’assunto che la sentenza di assoluzione, appena richiamata, si fonda “sulle sole immagini estrapolate dai filmati, ritenute poco nitide”, mentre il OMISSIS sarebbe stato riconosciuto da personale della DIGOS, “quale autore dell’azione in argomento in quanto noto agli atti d’ufficio come appartenente al contesto ultras più radicale della tifoseria giallorossa”.

II.5 - Il citato decreto è stato impugnato col ricorso n. 3533/2012.

Con sentenza in forma semplificata n. 6073 del 4.7.2012, tale ricorso è stato accolto.

In tale sentenza breve si è evidenziato che a livello penale gli elementi concreti su cui poggiava il divieto in parola erano venuti meno, atteso l’esito del giudizio instaurato per la condotta ivi descritta, conclusosi appunto con una sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto”.

Pertanto “l’Amministrazione non poteva esimersi dal tenere adeguatamente conto di tale circostanza - in osservanza, tra l’altro, dell’art. 6, comma 5, della legge n. 401 del 1989 - tanto più ove si consideri che il riferito esito del giudizio penale si profila direttamente incidente sulla stessa riconducibilità delle condotte contestate al ricorrente e non è – invece – semplicemente inerente ad una differente valutazione delle stesse”.

La richiamata sentenza ha concluso con la considerazione che l’Amministrazione non ha correttamente operato, “posto che, sotto tale profilo, il provvedimento impugnato risulta carente o, comunque, formulato in termini inidonei a dare conto dell’effettiva sussistenza di ragioni ostative alla revoca del provvedimento (le quali non appaiono desumibili dal mero ricorso al rito abbreviato)”.

II.6 - All’esito di detta sentenza, con provvedimento del 15.12.2012, notificato il 15.1.2013, il Questore di Roma ha nuovamente rigettato l’istanza di revoca de qua, argomentando diffusamente e, in particolare, rilevando nuovamente che l’assoluzione è derivata dalla circostanza che si è tenuto conto delle immagini estrapolate dai filmati, poco nitide, ma vi sarebbero anche gli atti del personale operante, specializzato nel contrasto dei cd. reati da stadio, che avrebbe riconosciuto senza dubbio in OMISSIS l’autore del gesto.

Perciò l’Autorità procedente, pur in presenza di una sentenza di assoluzione, ha ritenuto di essere in possesso di elementi sufficienti per una valutazione del ricorrente come soggetto pericoloso in contesti sportivi.

III - Con il ricorso in esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento in ultimo menzionato.

III.1 - Lo stesso ha denunciato la violazione di legge, in particolare, dell’art. 6, commi 1 e 5, della legge n. 401 del 1989, e l’illogicità della motivazione, sostenendo che il Questore di Roma avrebbe operato illegittimamente, in quanto non avrebbe tenuto conto della sentenza penale, passata in giudicato, con cui il giudice penale lo ha assolto, per non aver commesso il fatto, in relazione ai medesimi eventi da cui ha tratto origine il provvedimento di divieto di accesso agli stadi.

III.2 - Ha inoltre chiesto la condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese.

IV - Come detto in precedenza, con ordinanza n. 1236 del 15.3.2013, non appellata, la domanda cautelare, incidentalmente proposta, è stata accolta, al fine di un riesame.

IV.1 - Non risulta se il riesame sia stato o meno eseguito.

V - Alla luce dei fatti che si sono succeduti, come sopra illustrati, si ritiene che sia venuto meno l’interesse ad una decisione nel merito sul presente ricorso.

V.1 - Per l’ipotesi in cui il riesame non sia stato eseguito, deve considerarsi che il provvedimento impugnato reca il rigetto dell’istanza di revoca del cd. DASPO per tre anni, disposto nei confronti del ricorrente. Il provvedimento di DASPO ha cominciato ad esplicare la sua efficacia, senza che essa sia stata sospesa, dal 5.2.2012, per cui il divieto di accesso agli stadi è scaduto il 5.2.2015.

V.2 - Non può neppure dirsi che la sussistenza di un precedente DASPO possa incidere sulla durata di un eventuale DASPO che dovesse successivamente essere emesso.

Ciò in via generale può essere vero, ma nella specie un accoglimento del ricorso, con annullamento del provvedimento impugnato, non determinerebbe automaticamente la rimozione dal mondo giuridico del diverso provvedimento recante il divieto di accedere agli stadi, in quanto con il suindicato provvedimento gravato è stata rigettata l’istanza di revoca di quest’ultimo provvedimento.

V.3 - Ove invece il riesame fosse stato eseguito, il sopravvenuto provvedimento – non importa se di tenore positivo o negativo – avrebbe comunque superato quello impugnato in questa sede.

Segnatamente, in caso di esito favorevole, il ricorrente sarebbe stato soddisfatto nella propria pretesa, mentre in caso di esito negativo, per aspirare a farlo rimuovere, lo stesso avrebbe dovuto proporre un nuovo ricorso, eventualmente anche motivi aggiunti.

V.4 - Pertanto anche sotto il profilo in ultimo considerato deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.

V.5 - Neppure può affermarsi il permanere dell’interesse del ricorrente alla declaratoria di illegittimità del provvedimento qui impugnato, ai fini risarcitori, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a..

Recita la richiamata disposizione: “Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

Al riguardo si osserva che nel ricorso manca la domanda risarcitoria né successivamente, nel corso del giudizio, è stata avanzata una tale istanza.

Inoltre neppure si registra una dichiarazione, anche solo verbale del difensore del ricorrente (all’udienza pubblica questi non era presente), sull’interesse ad accertare l’illegittimità del provvedimento gravato ai fini di una successiva proposizione della domanda risarcitoria.

V.6 - Ne consegue che il ricorso va dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse.

VI - Per quanto concerne le spese del presente giudizio, si ravvisano i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.

VI.1 - In proposito occorre richiamare l’ampio potere valutativo in materia in capo all’Amministrazione, la quale ha in questo caso evidenziato, con diffusa motivazione, di non aver fondato il cd. DASPO, disposto nei confronti del ricorrente, esclusivamente sugli elementi che hanno condotto all’assoluzione in sede penale, per cui permanevano i presupposti perché esso continuasse a sorreggersi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:

- dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso, come in epigrafe proposto;

- compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2018, con l’intervento dei Magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

Francesca Petrucciani, Consigliere

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