T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 7553/2021

Pubblicato il 23/06/2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da Soc di -OMISSIS--OMISSIS--OMISSIS-S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Monica Bonomini, Stefano Mattii, Domenico Pavoni, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Pavoni in Roma, via Riboty 28;

contro

Unire non costituito in giudizio;

per l'annullamento del provvedimento -OMISSIS-della Commissione di disciplina di appello dell’UNIRE che ha confermato la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza n. -OMISSIS-, con conferma delle sanzioni della sospensione dalla qualifica di allenatore per mesi 2 e della multa di euro 500,00 in relazione alla positività del cavallo -OMISSIS-alla sostanza Flunixin – risarcimento danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Considerato che l’udienza è soggetta alla disciplina dell’art. 25 del D.L. n.137 del 28.10.2020, e si svolge attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021 la dott.ssa Francesca Mariani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Col ricorso introduttivo presentato dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – sezione di -OMISSIS-, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione indicata in epigrafe, con cui la Commissione di disciplina di appello dell’UNIRE ha applicato la sanzione disciplinare della sospensione di mesi due dalla qualifica di allenatore e la multa di euro 500,00 per la positività del cavallo -OMISSIS-alla sostanza Flunixin, accertata in occasione di prelievo all’Ippodromo di -OMISSIS-in data 4/11/2006.

Con ordinanza n. -OMISSIS-il Tar adito ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

L’UNIRE ha poi proposto regolamento di competenza al Consiglio di Stato prospettando la competenza del TAR Lazio – Roma, cui la parte ricorrente ha aderito.

Il 13/10/08 parte ricorrente si è dunque costituita in giudizio davanti al TAR Lazio – Roma.

Alla pubblica udienza del 23/03/21 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Con la prima censura (rubricata nell’atto introduttivo sub 2) parte ricorrente ha prospettato la violazione del “Regolamento per il controllo delle sostanze proibite” perché le prime e le seconde analisi sono state effettuate presso il medesimo laboratorio.

La censura è infondata.

Secondo l’art. 10 del “Regolamento per il controllo delle sostanze proibite”, deliberato dal Commissario straordinario dell’UNIRE il 6 agosto 2002 e approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002, in caso di non negatività alle prime analisi, entro 30 giorni dalla corsa, il laboratorio che le ha eseguite deve, sollecitamente ed in modo riservato, comunicarne l’esito all’UNIRE e contemporaneamente alla Commissione Scientifica, la quale, nell’approntare il fascicolo di sua competenza da trasmettere agli organi disciplinari, può chiedere al laboratorio qualsiasi documento o analisi già effettuata o approfondimenti analitici da svolgere sul campione di seconda analisi.

In base al comma 2 dell’art. 10, alle seconde analisi deve essere invitato ad assistere il proprietario e l’allenatore del cavallo personalmente o per mezzo di persona da loro delegata.

Inoltre, ai sensi dell’art. 8 comma 1 del Regolamento, “il campione prelevato è diviso in due parti, di cui una destinata alle prime analisi e l’altra destinata alle seconde analisi in conformità a quanto disposto dalle normative (articolo 6) emanate dalla Federazione delle Autorità Ippiche Mondiali (F.I.A.H.)”.

Il Consiglio di Stato ha, in più occasioni, affermato, sulla base di tali disposizioni, che:

- il laboratorio il quale abbia effettuato la prima analisi con esito di non negatività può essere investito anche delle seconde analisi. Le seconde analisi non possono, infatti, qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito;

- esse, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione e/o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo. Di conseguenza, le seconde analisi si inseriscono, quale subprocedimento, nel procedimento volto alla verifica della presenza di sostanze dopanti, forgiato secondo regole standardizzate a livello internazionale, in modo da garantire la scientificità dei risultati degli accertamenti medesimi;

- va, infine, considerato che alle seconde analisi può partecipare direttamente la parte privata, se del caso anche delegando un sanitario di fiducia, al fine di operare un controllo immediato e diretto sull’attività di analisi. Le maggiori garanzie procedimentali prescritte quindi dal citato regolamento (art. 10 comma 2) per lo svolgimento delle seconde analisi escludono la configurabilità della violazione di un diritto di difesa, atteso che la disciplina regolamentare abilita l’interessato a controdedurre rispetto alle prime analisi e persino a presenziarvi personalmente, cosicché non assume particolare rilievo, proprio in ragione della diversità strutturale e funzionale del subprocedimento delle controanalisi, che le stesse siano eseguite nel medesimo laboratorio e/o dalla medesima persona fisica in seno allo stesso laboratorio, non potendosi ravvisare – anche in relazione agli strumenti di difesa garantiti – una lesione dei principi di trasparenza e imparzialità;

- pertanto non sussiste una situazione di incompatibilità, in capo al laboratorio che ha eseguito le prime analisi, ad effettuare anche le seconde (Consiglio di Stato n. 7114/19, Cons. Stato n. 690/17, Cons. Stato n. 1096/15).

Parte ricorrente ha lamentato altresì (motivi 3 e 4) la violazione del Regolamento in quanto le analisi sarebbero state effettuate da un laboratorio non accreditato e privo dei requisiti previsti dal Regolamento stesso e perché la Commissione di disciplina non avrebbe acquisito la documentazione analitica delle analisi e, in particolare, i cromatogrammi e gli spettri di massa; in quest’ottica, la decisione della Commissione di disciplina di appello, che ha respinto la deduzione difensiva sul punto, sarebbe di conseguenza priva di motivazione.

Il motivo è infondato.

Sui Laboratori, l’Allegato 3 del Regolamento prevede espressamente, al punto 18 che “L’obiettivo dei paesi firmatari è che i loro laboratori: *siano accreditati conformemente alla guida ISO/IEC17025 “Condizioni generali di competenza richieste ai laboratori di analisi e di verifica” e al documento complementare ILAC G7 “Condizioni di accreditamento e criteri di funzionamento dei laboratori ippici”; * applichino le disposizioni della “Guida per il rilevamento delle sostanze proibite” (Parte B dell’ILAC G7); * rispettino le “Specifiche di rendimento della Federazione delle Autorità Ippiche”; * partecipino a test fra laboratori (comma 5 9/b) della Guida ISO/IEC 17025:1999”.

Come ha avuto modo di affermare il giudice di appello, “l’incipit della disposizione “l’obiettivo dei paesi firmatari…” qualifica la norma come programmatica, prefigurando sostanzialmente un risultato da raggiungere nella organizzazione e nel funzionamento dei laboratori”; la disposizione, pertanto, crea un obbligo di conformarsi ad essa, ma non prevedendo termini in proposito, non conduce affatto a ritenere la illegittimità delle attività svolte dai laboratori già esistenti, nelle more dell’adeguamento (Cons. Stato n. 692/17).

Deve, di conseguenza, ritenersi che i laboratori esistenti che svolgano analisi incaricati dall’UNIRE, legittimamente svolgano la loro attività, soprattutto quando, come nel caso di specie, siano determinate le procedure seguite nella effettuazione delle analisi, queste seguano modalità corrispondenti alle regole tecnico-scientifiche del settore e sia garantita la partecipazione ed il controllo, da parte dei privati, delle attività svolte.

Per ciò che concerne invece la dedotta mancanza di cromatogrammi e spettri di massa, dal Regolamento UNIRE per il controllo delle sostanze proibite, che pur disciplina analiticamente le operazioni di prelievo e confezionamento dei campioni (si vedano gli articoli 7 e 8), non si evince alcun obbligo di acquisizione nel fascicolo degli spettri e dei cromatogrammi delle analisi, i quali fanno parte essi stessi delle analisi effettuate dal laboratorio per giungere al risultato di positività; inoltre, alle seconde analisi ha diritto di assistere un sanitario di fiducia della parte (art. 10 del Regolamento), il quale può in tale sede avere accesso direttamente alla verifica degli spettri e cromatogrammi (così Cons. Stato n. 7114/19, Cons. Stato n. 7102/19).

Le doglianze sono dunque da respingere.

Parte ricorrente inoltre prospetta (motivo 5) la violazione dell’art. 11 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione di disciplina di appello nella decisione impugnata, la disposizione in esame prevederebbe la sola responsabilità dell’allenatore ma non anche la pena.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 11 del Regolamento, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie (quale desumibile dalla copia depositata dalla stessa parte ricorrente): - “la positività del cavallo o il rifiuto di sottoporre lo stesso ai previsti controlli antidoping, accertati in esito a procedimento disciplinare, comporta: la sospensione temporanea nelle autorizzazioni, licenze o patenti di cui è titolare, rilasciate dall’Ente, da un minimo di due mesi ad un massimo di dodici mesi e la multa da euro 500,00 a euro 6.000,00 oltre al distanziamento totale del cavallo dall’ordine di arrivo con conseguente perdita di ogni eventuale premio vinto e/o indennità” (comma 3); - “l’allenatore è in ogni caso ritenuto responsabile della positività rilevata, anche per atti commessi da suoi familiari, collaboratori e dipendenti nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti, salvo non provi che l’evento sia dipeso da fatto a lui non imputabile nemmeno a titolo colposo” (comma 6).

L’interpretazione sistematica delle disposizioni in esame induce a ritenere che, nei confronti dell’allenatore, debba essere applicata la sanzione prevista dal comma 3; ed, infatti, il comma 6 sancisce la responsabilità, “in ogni caso”, dell’allenatore in ordine alla “positività rilevata” ovvero proprio in relazione a quella condotta per la quale il comma 3 espressamente prevede la sanzione della sospensione delle qualifiche e la sanzione pecuniaria ivi indicate.

L’opzione ermeneutica in esame è, altresì, supportata da una considerazione di ordine logico per cui sarebbe non ragionevole ritenere che il Regolamento abbia espressamente previsto la responsabilità dell’allenatore per la positività rilevata nell’animale e abbia omesso di sanzionare tale condotta. E’ correlativamente infondata la censura (sub motivo 7) secondo cui la sospensione non potrebbe applicarsi alla società di allenamento, in quanto, come correttamente rilevato dalla Commissione di appello, la norma di cui all’art. 28 bis del regolamento invocata e riportata dalla parte ricorrente prevede espressamente che alle società di allenamento sono applicate tutte le disposizioni stabilite per gli allenatori.

Parimenti infondato è il motivo 6, secondo cui la Commissione disciplinare di appello avrebbe travisato il motivo di rito dedotto avverso la decisione della Commissione di prima istanza, per omesso esame di doglianze; in realtà, infatti, sul punto la Commissione di appello ha principiato specificando che la Commissione di prima istanza “nella decisione appellata ha esaminato i vari motivi di ricorso, ancorché alcuni di essi li abbia accorpati nel proprio esame”.

La Commissione, pertanto, non ha affatto travisato la doglianza in rito, bensì la ha respinta, per poi procedere in ogni caso a respingere anche nel merito le deduzioni.

Infine, con l’ultima censura (rubricata nel ricorso sub 8) parte ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 21 del Regolamento di disciplina dell’UNIRE in quanto la decisione della Commissione di disciplina sarebbe stata depositata oltre il termine di venti giorni previsto dall’articolo in esame e decorrente dalla data di svolgimento dell’udienza.

Il motivo è infondato.

L’art. 21 del Regolamento prevede, per la pubblicazione tramite deposito delle sentenze della Commissione, il termine di venti giorni dalla data di celebrazione dell’udienza.

In assenza di una espressa qualificazione normativa di rango primario, nella fattispecie mancante, nel senso della perentorietà, i termini in esame hanno natura evidentemente ordinatoria (cfr. per identica fattispecie Cons. St. n. 692/2017); la contraria prospettazione di parte ricorrente, postulando, senza una previsione legislativa, la perdita del potere dell’amministrazione di provvedere a causa del mero superamento del termine previsto per il suo esercizio, collide con i principi di riserva di legge e di legalità cui deve informarsi l’azione amministrativa ai sensi degli artt. 95 e 97 Cost..

Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il Collegio ritiene di non dovere emettere alcuna statuizione in ordine alle spese processuali stante la mancata costituzione, davanti a questo Tribunale, dell’ente intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 23.03.2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza secondo quanto disposto dall’art. 25 del D.L. 28.10.2020, n. 137, con l'intervento dei Magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Michelangelo Francavilla, Consigliere

Francesca Mariani, Referendario, Estensore

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