CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 91/2016
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Romano, con domicilio eletto presso Giovanni Romano in Roma, Via Valadier, 43;
contro
Questura di Bari; Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE II, n. 00666/2015, resa tra le parti, concernente divieto di accedere a tutte le competizioni calcistiche e manifestazione sportive per un triennio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Questura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Lizza su delega di Romano e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante ha impugnato dinanzi al TAR Puglia il provvedimento in data 15 ottobre 2014 con cui il Questore di Bari, a seguito di fatti verificatisi in occasione dell’incontro di Coppa Italia Lega Pro OMISSIS-OMISSIS del 23 agosto 2014, gli ha comminato il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (c.d. DASPO), per tre anni, ai sensi dell’art. 6 della legge 401/1989.
2. All’appellante, con riferimento all’art. 6-bis, comma 2 (fattispecie richiamata dall’art. 6) della legge 401/1989, è stato contestato che “inveiva nei confronti di un tifoso barese, arrampicandosi alla vetrata che delimita il settore ospiti dalla curva sud presidiata dai tifosi baresi”, in tal modo provocando turbativa per l’ordine e la sicurezza pubblica.
3. Il TAR Bari, con la sentenza appellata (II, n. 666/2015), ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il provvedimento, perché notificato a mezzo PEC.
4. Nell’appello viene censurata tale decisione, in quanto assunta in violazione dell’art. 3-bis della legge 53/1994, nonché per la mancata rimessione in termini in violazione degli artt. 37, cod. proc. amm. e 6 par. 1, della CEDU. Vengono inoltre riproposte le censure di violazione dell’art. 6, comma 1, e 6-bis, comma 2, della legge 401/1989, in quanto la condotta contestata non è riconducibile alle relative fattispecie sanzionatorie, e di violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della sanzione, in quanto il divieto è stato comminato per una durata superiore a quella minima, ma senza alcuna motivazione ed in assenza di indici di pericolosità.
5. Per l’Amministrazione si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, con memoria di stile.
6. Con ordinanza n. 4401/2015 questa Sezione, ipotizzando - sulla base della visione del filmato depositato in atti - un indebito superamento delle barriere divisorie per accedere al settore presidiato dagli addetti alla sicurezza, ha chiesto alla Questura di Bari chiarimenti in ordine al comportamento specificamente ascrivibile all’appellante.
7. L’incombente istruttorio è stato eseguito mediante deposito della nota n. 206069 in data 7 ottobre 2015, corredata dalla fotografia n. 0038, che ritrae l’appellante mentre, a dire della Questura, “inveisce nei confronti di un tifoso barese, arrampicandosi alla vetrata che delimita il settore ospiti dalla curva sud presidiata dai tifosi baresi, nel tentativo di superare indebitamente tale separazione”.
8. Con memoria finale, l’appellante ribadisce che non vi è stato superamento della barriera divisoria e che è spontaneamente ritornato al posto assegnatogli.
9. Il Collegio osserva anzitutto, quanto alla validità della notifica del ricorso introduttivo, che l’orientamento del TAR è stato sconfessato dalle recenti pronunce di questo Consiglio, secondo le quali la mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, cod. proc. amm. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo posta elettronica certificata (PEC), atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la legge 53/1994 (ed in particolare gli articoli 1 e 3 bis), nel testo modificato dall’art. 25 comma 3, lett. a) della legge 183/2011, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale… a mezzo della posta elettronica certificata”. di Stato (cfr. Cons. Stato, V, n. 4863/2015; III, n. 4270/2015 e VI, n. 2682/2015).
10. Tale orientamento merita di essere condiviso.
Pertanto, risultando fondate le censure dedotte riguardo alla pronuncia in rito, occorre esaminare quelle rivolte nei confronti del provvedimento impugnato.
11. L’art. 6-bis, comma 2, della legge 401/1989, considera il comportamento di chi “… supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco … ”.
Questa Sezione ha già avuto modo di precisare che la disposizione è applicabile solo nell’ipotesi in cui vi sia scavalcamento o superamento di un ostacolo materiale (cfr. Cons. Stato, III, n. 5926/2013).
Il Collegio osserva che l’appellante sostiene di non aver oltrepassato il settore nel quale erano ospitati i tifosi dell’OMISSIS, ma di essere salito per pochi secondi sulla vetrata di plexiglass che separava detto settore dalla zona interdetta ai tifosi e presidiata dagli stewards (tra settore ospiti e curva sud del San Nicola), di aver invitato un tifoso barese ad allontanarsi da quella parte presidiata dagli addetti alla sicurezza e di essersi poi posto al riparo volontariamente, senza partecipare in alcun modo agli atti di violenza che hanno visto contrapporsi le tifoserie.
In effetti, la documentazione depositata dalla Questura (mentre – superando l’ipotesi formulata in sede cautelare - consente di capire che i tifosi presenti nella zona presidiata dagli stewards sono quelli baresi) conferma la tesi dell’appellante, in quanto nella “fotografia n. 0038” (fotografia che ritrae il “Tifoso n. 8”, ivi indicato con le generalità dell’appellante) si vede l’appellante seduto sulla ringhiera metallica del settore assegnato alla tifoseria ospite (di cui egli stesso faceva parte) con il braccio destro appoggiato sul divisorio in plexiglass, e nell’atto di rivolgersi (con atteggiamento non univocamente interpretabile) verso uno spettatore che sta dall’altra parte del divisorio.
Non sembra che abbia intenzione di scavalcare, né vi è alcuna prova che abbia invano tentato di farlo.
Poiché, dunque, non è dimostrato lo scavalcamento o il tentativo di scavalcamento (e poiché inveire contro un tifoso avversario non è sufficiente ad integrare le fattispecie di cui agli artt. 6 e 6-bis, citt., né è stato contestato all’appellante di avere altrimenti dato un contributo causale ai disordini tra i tifosi), deve concludersi che il provvedimento impugnato è basato su un presupposto insussistente.
12. Dalle considerazioni esposte discende l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, l’accoglimento del ricorso introduttivo e l’annullamento del divieto di accesso impugnato.
13. Considerata la natura della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso introduttivo ed annulla il provvedimento con esso impugnato.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2016