CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 92/2016
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: Ministero dell'Interno, Questura di Firenze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE II, n. 00698/2015, resa tra le parti, concernente divieto di accedere ai luoghi ove si svolgono incontri di calcio per la durata di cinque anni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nei confronti dell’appellato il Questore di Firenze, in applicazione dell’art. 6 della legge 401/1989, ha adottato in data 23 aprile 2014 il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (c.d. DASPO), per cinque anni, in relazione a fatti verificatisi al termine della partita del campionato di calcio di serie A OMISSIS-Roma del 20 aprile 2014.
2. Nel provvedimento si afferma che l’appellante, in detta occasione, è stato denunciato per resistenza e violenza aggravata a pubblico ufficiale, e che dagli atti risulta che “unitamente ad altri tifosi viola in possesso di oggetti contendenti e travisati, si posizionava nella zona di deflusso delle auto della tifoseria ospite con il chiaro intento di aggredirli; evento non portato a compimento per l’intervento del personale della DIGOS” e che “alla vista del personale operante, al fine di sottrarsi all’identificazione, tentava la fuga, ma veniva prontamente fermato da personale operante”.
3. Per tale motivo egli è stato anche arrestato, e gli hanno contestato di essersi reso responsabile di resistenza e violenza aggravata a pubblico ufficiale in occasione di manifestazione sportiva.
4. Il TAR Toscana, con la sentenza appellata (II, n. 698/2015);
(a) - ha dichiarato il difetto di giurisdizione riguardo all’impugnazione della parte del provvedimento comportante l’obbligo di firma;
(b) - ha accolto il ricorso, riguardo alla parte comportante il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive; ciò, sottolineando che la valutazione di pericolosità del ricorrente trova supporto nella condotta tenuta nei confronti del personale di p.s. e nella relativa denuncia, e che tuttavia, prima dell’adozione del provvedimento, l’arresto non è stato convalidato dal GIP di Firenze (poiché il poliziotto che aveva proceduto all’arresto ha chiarito che l’appellato “si era solo divincolato senza opporre resistenza e senza colpirlo” - cfr. provvedimento n. 6167/14 in data 21 aprile 2014); mentre quanto emerge dalle relazioni di servizio circa gli intenti aggressivi nei confronti dei tifosi avversari addebitati al ricorrente non è sufficiente per legittimare il provvedimento (“restando assorbiti gli ulteriori motivi dedotti”).
5. Appella il Ministero, relativamente alla pronuncia di accoglimento, prospettando che:
(a) - il ricorrente risultava inequivocabilmente inserito in un gruppo di ultras che pose in essere atti di violenza comportanti anche il ferimento di appartenenti alle Forze dell’ordine; il GIP di Firenze (pur non avendo per l’appellato convalidato l’arresto) ha affermato la pericolosità dell’appellato e la gravità dei fatti, allorché in data 10 maggio 2014 ha convalidato l’obbligo di presentazione altresì contenuto nel provvedimento;
(b) - l’art. 6 della legge 401/1989 non richiede che venga accertato uno specifico atto di violenza da parte di ciascun soggetto appartenente al gruppo, in quanto i comportamenti sanzionati sono possibili proprio in quanto collettivi, e come tali risultano minacciosi per l’ordine pubblico.
6. L’appellato non si è costituito in giudizio.
7. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
La denuncia penale non è l’unico presupposto esternato nella motivazione del provvedimento impugnato.
La presenza dell’appellante nel gruppo di tifosi, il cui comportamento, oltre che sintetizzato nel provvedimento, è stato descritto e qualificato dalla Questura di Firenze nella comunicazione di notizia di reato e nel verbale di arresto in flagranza in data 20 aprile 2014, appare comunque riconducibile alla fattispecie dell’art. 6 della legge 401/1989, anche nel testo vigente prima del d.l. 119/2014 – applicabile alla controversia ratione temporis – che prevedeva che il divieto di accesso potesse essere disposto anche “nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse.”
In simili contesti, i comportamenti dei singoli sono in concreto resi possibili dalla forza di intimidazione e dalla relativa impunità assicurata dalla presenza del gruppo organizzato. Questa Sezione ha già affermato che, anche prima delle modifiche introdotte dal d.l. 114/2014, ai sensi dell’art. 6, cit., un comportamento di gruppo non escludeva la possibilità di sanzionare col DASPO (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo (cfr. Cons. Stato, III, n. 6075/2014).
La suddetta fattispecie prescinde dall’inizio di un procedimento penale, e pertanto la sanzione amministrativa non è impedita dalle vicende di tale (eventuale) procedimento.
Il giudizio di pericolosità dell’appellato, effettivamente formulato con specifico riferimento alla condotta oggetto di denuncia penale, non è un elemento necessario ai sensi dell’art. 6, cit.; in ogni caso, il provvedimento adottato dal GIP di Firenze nel negare la convalida dell’arresto indica soltanto la mancanza degli elementi delle fattispecie di reato contestate, ma nulla dice in ordine al comportamento tenuto prima dell’arresto (senza voler considerare, poiché successiva al DASPO, la valutazione del medesimo GIP ai fini della convalida dell’obbligo di firma).
Le ulteriori censure proposte in primo grado ed assorbite dal TAR non possono essere esaminate in questa sede, in assenza di espressa riproposizione.
Peraltro, può aggiungersi che, anche nel ricorso di primo grado, l’odierno appellato non ha fornito alcuna giustificazione alternativa del motivo per il quale si trovasse nella situazione in cui è avvenuto il suo arresto – limitandosi al riguardo a sottolineare la mancanza di elementi oggettivi da cui risulti la condotta contestatagli, quali ad esempio una fotografia o un filmato. In proposito, deve tuttavia ribadirsi che appare sufficiente quanto affermato negli atti della Questura di Firenze,
8. Ne discende, in riforma parziale della sentenza appellata, il rigetto parziale (limitatamente alla parte volta all’annullamento del divieto di accesso) del ricorso introduttivo.
9. Considerata la natura della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, respinge parzialmente (nella parte volta all’annullamento del divieto di accesso) il ricorso introduttivo.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2016