CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 2546/2001

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Club Catania s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Enzo Silvestri, Andrea Scuderi e Vincenzo Ingrassia, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Eleonora Pimentel n.2 (presso lo studio dell’Avv. Michele Cosa);

contro

- il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Coccia, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla via Fagarè, n.15;

- la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Guarino, Cesare Persichelli ed Alberto Angeletti e presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Pierluigi da Palestrina, n.19, appellante incidentale;

- della Lega Professionisti Serie C, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa in giudizio dell'Avv. Bruno Biscotto, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via G. Pisanelli n.40;

e nei confronti

- dell’Avv. Piccione Giuseppe, nella qualità di curatore del Fallimento “A.S. Siracusa Calcio”, non costituito;

- della società A.S. Siracusa, non costituita;

- dell’Avv. Vito Ripoli, quale curatore del fallimento della società Matera s.p.a., non costituito;

- della società polisportiva Matera s.p.a., non costituita;

del sig. Orazio Russo, non costituito;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, 24 settembre 1998, n.2394;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del C.O.N.I. e della F.I.G.C.;

Visto l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2000 relatore il Consigliere Francesco Caringella;

Uditi, l’Avv. Costa per delega dell'Avv. Scuderi, l'Avv. Coccia, l'Avv. Angeletti per sé stesso e per delega dell'Avv. Biscotto e l'Avv. Guarino;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

         Con atto notificato in data 6-7 settembre 1993 il Club OMISSIS Calcio s.p.a. impugnava innanzi al TAR Sicilia, sezione di Catania, i provvedimenti con i quali la Federazione Italiana Giuoco Calcio aveva disposto la revoca dell’affiliazione della società e l'esclusione della stessa dal campionato di calcio Serie C/1.

         Investito della controversia a seguito di regolamento di competenza, il TAR del Lazio ha annullato il provvedimento di revoca dell’affiliazione ed ha dichiarato il difetto di giurisdizione sui provvedimenti relativi all’esclusione dal campionato.

         In sede di appello il Consiglio di Stato, con decisione 2 ottobre 1995, n.1050, ha confermato la decisione di prime cure per la parte relativa alla revoca dell’affiliazione e, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo anche relativamente ai restanti provvedimenti, ha disposto il rinvio della causa al Giudice di primo grado.

Sul ricorso per regolamento di giurisdizione proposto dalle amministrazioni resistenti, la Corte di legittimità ha dichiarato l’inammissibilità del gravame.

Il giudizio è stato quindi riassunto innanzi al TAR del Lazio, per essere poi interrotto con Ordinanza n.878/1996 e, quindi, ancora riassunto ad opera della società ricorrente.

Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno respinto il ricorso.

Il Club Calcio OMISSIS s.p.a. appella riproponendo e sviluppando le censure disattese in primo grado.

Si sono costituite, per chiedere le reiezione del gravame, la F.I.G.C. ed il CONI. La FIGC ha anche proposto appello incidentale.

All’udienza del 12 dicembre 2000 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1)      Con l’appello in epigrafe specificato il Club Calcio OMISSIS s.p.a. impugna la sentenza con la quale i primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento con il quale la Federazione Italiana Giuoco Calcio aveva disposto l’esclusione della stessa dal campionato di calcio Serie C/1.

2)      La circostanza che nelle more del giudizio la società abbia riconquistato sul campo il diritto a partecipare al campionato di calcio di serie C/1 non fa venir meno l’interesse alla coltivazione del ricorso, in quanto, a prescindere dal profilo dell’interesse morale, l’esito positivo del gravame può giovare all’appellante nella prospettiva della tutela risarcitoria ora estesa anche alle posizioni aventi la consistenza dell’interesse legittimo ai sensi dell’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

3)      L’infondatezza dell’appello principale esime il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni proposte con appello incidentale da parte della FIGC.

4)      La società appellante ripropone il primo motivo del ricorso introduttivo con il quale si era dedotto che, una volta proposto ricorso al Tribunale civile di Catania ai fini della messa in liquidazione della società a norma dell’art.13 della legge 23 marzo 1981, n.91, non sarebbe stato possibile sottrarre al competente giudice ordinario la cognizione della controversia per riattrarla nell’orbita dell’ordinamento sportivo.

Il Collegio non condivide l’assunto dell’appellante secondo il quale, in pendenza del giudizio civile per la messa in liquidazione, alla federazione sarebbe inibita l’adozione di misure sanzionatorie. L’art.12 della legge n.91 del 1981 attribuisce, infatti, alle Federazioni, per delega del CONI e secondo modalità approvate dal CONI medesimo, il generale potere di controllo sulla gestione delle società sportive affiliate. Detto potere, correlato alla necessaria verifica della uniformazione alle regole della vita associativa ed alle finalità perseguite, opera quindi su di un piano diverso da quello, proprio del giudice ordinario, del rispetto delle regole civilistiche; non persuasiva risulta quindi, in assenza di qualsivoglia conforto sul versante positivo, la tesi secondo cui detto potere di controllo gestionale, pena la surrettizia sostituzione all’accertamento demandato all’organo giudiziario, dovrebbe essere paralizzato nelle more del giudizio pendente ai sensi del citato art.13.

5)      Con il secondo motivo di appello si ripropone il profilo di censura di cui alla lettera B del ricorso iniziale. Ad avviso della ricorrente, l’art.88 della NOIF e le disposizioni contenute nel comunicato ufficiale n.53/A, nella parte in cui impongono il rispetto di un parametro (rapporto ricavi-indebitamento) predefinito ai fini dell’iscrizione ai campionati, sarebbero illegittimi in quanto non supportati da alcuna norma positiva che autorizzi le federazioni sportive a limitare l’accesso ai campionati. La censura è stata ulteriormente illustrata sulla scorta di motivi aggiunti dell’8.11.1993, dichiarati tardivi dal primo Giudice, intesi a mettere in risalto l’illogicità e l’irragionevolezza del parametro indebitamento-ricavi in uno con l’assenza di alcuna motivazione a sostegno del criterio selettivo.

Il Collegio ritiene, in questo caso come per le ulteriori censure di cui si tratterà in seguito, ritiene di dover procedere anche all’esame dei motivi aggiunti, e tanto in considerazione del duplice rilievo che i motivi aggiunti costituiscono ulteriore esplicazione integrativa delle censure articolate con il ricorso base e che, in ogni caso, gli stessi, considerato il periodo di sospensione feriale dei termini, sono stati notificati nel termine rituale di 60 a far data dalla piena conoscenza delle determinazioni oggetto di impugnazione.

Le censure non meritano tuttavia favorevole considerazione.

Osserva la Sezione che il potere della Federazione di emanare norme organizzative dell’attività sportiva – in cui deve farsi rientrare anche l’ammissione ai campionati- è espressamente contemplato dall’art. 14, comma 2, della più volte citata legge n. 91/1981. L’estensione di tale potere - riguardante anche i profili economici e gestionali oltre che a quelli meramente tecnici, ai sensi del ricordato art.12 - rende plausibile e per certi versi necessaria, in omaggio ai principi in tema di controlli, la fissazione di criteri preventivi di riferimento, quale il parametro economico-finanziario del rapporto ricavi-indebitamenti, alla stregua dei quali esplicare la funzione tutoria anche ai fini dell’ammissione ai campionati. Non è pertanto convincente la tesi dell’appellante diretta ad inferire l’impossibilità di porre requisiti preventivi dalla previsione, ai sensi dell’art.12 della legge n.91/1981, di controlli a posteriori in caso di carenze di ricavi o gravi irregolarità di gestione, vista la ricordata immanenza ad una funzione di controllo del potere di procedere alla preventiva fissazione dei relativi criteri delimitativi, e tanto a tutela anche dell’interesse delle società alla conoscenza dei criteri ai quali uniformarsi al fine di evitare misure sanzionatorie o determinazioni limitative.

Del tutto privo di supporto è l’assunto, sostenuto dall'appellante, della riserva all’organo giurisdizionale del compito di verificare la solidità economica delle società, visto che l’ingresso in un’associazione dotata di un proprio ordinamento rende naturale l’esplicazione di controlli e verifiche, anche sul versante economico, ai fini della garanzia del corretto ed efficace perseguimento dei fini associativi. Nell’esplicazione di tale potere di controllo, con deliberazione assunta nella riunione del 19/30.3.1993 il Consiglio Federale della FIGC ha dettato i requisiti per l’ammissione ai campionati della stagione sportiva 1993/1994, prescrivendo, al primo punto, un rapporto ricavi-indebitamento non superiore a 3. Assumono altresì rilievo i commi 5, 6 e 7 dell’art.86, che definiscono i contenuti ed i criteri per la corretta individuazione dei ricavi e dell’indebitamento, nonché il comma 1 dell’art.88, che prevede il rispetto del rapporto ricavi/indebitamento non inferiore a 3 alla stregua di condizione per l’ammissione ai campionati. Alle diffuse argomentazioni svolte dalla società appellante, con i motivi iniziali ed in sede di motivi aggiunti, intese a far valere il difetto di motivazione e l’illogicità di tale parametro, si deve obiettare che la fissazione dei criteri per l’ammissione ai campionati, con particolare riguardo al profilo che qui viene in rilievo della solidità economico- finanziaria delle società, costituisce espressione di autonomia organizzativa e di discrezionalità tecnica suscettibile di sindacato solo in caso di manifesta irrazionalità o di palese errore sul piano dei presupposti e dell'applicazione. Tanto premesso sul versante dei limiti del controllo consentito al giudice amministrativo, il Collegio reputa che non sia connotato dai ricordati profili di incoerenza e non necessiti di ulteriore motivazione un criterio inteso ad introdurre un principio di equilibrio gestionale, sulla base della comparazione tra i ricavi riferiti all’ultimo bilancio e l’indebitamento complessivo della società verso terzi.

Del criterio di cui sopra è stata fatta corretta applicazione nel caso di specie, constando dalla documentazione in atti versata (verbale del Consiglio federale) un’eccedenza di indebitamento al 31.3.1993 pari a L. 5.987.000.999, di cui lire 5.018.000.000 per arretrati IRPEF e previdenziali differiti, comunque costituenti debito, giusta il criterio ex art. 86 delle N.O.I.F., e, quindi, da computare ai fini del rispetto di detto parametro.

6)      Si duole ulteriormente la ricorrente dell’omessa applicazione della dilazione consentita dal D.M. 31.7.1993, e successive modificazioni ed integrazioni.

La censura non è fondata.

I Giudici di prime cure hanno correttamente osservato che la dilazione non incide sulla “quantificazione” del debito ex art.86 cit., che individua solo nei soli “debiti infruttiferi e postergati verso soci” e nelle “annualità residue” di mutuo garantito dalla FIGC (previa determinazione della medesima federazione) i debiti da non considerare ai fini della verifica del rispetto del parametro. La circostanza che la società fosse autorizzata ad una procrastinazione del pagamento alla luce della normativa rammentata, non vale quindi a scalfire l’emersione di un indebitamento eccedente i limiti considerati dalla normativa in parola e coerentemente calcolati alla stregua dei criteri ivi cristallizzati.

Per gli stessi motivi non risulta conferente lo sforzo condotto dalla società per eliminare altre passività in misura superiore a sette miliardi di lire, inidoneo ad incidere sul presupposto oggettivo dell’indebitamento da calcolarsi alla stregua dei parametri esposti e, comunque, sintomatico di  costanti difficoltà finanziarie di notevole rilievo.

7)      L’appellante si lamenta altresì della violazione dell’art.88 delle N.O.I.F., il quale prevede che la carenza nel rapporto ricavi-indebitamento, possa essere ripianata mediante apposita fidejussione bancaria. Si osserva, in particolare, che nella specie le fidejussioni sarebbero state regolarmente rilasciate dal Banco di Sicilia il 30 luglio 1993 per un importo complessivamente superiore a 2 miliardi di lire. All’osservazione del Collegio di primo grado secondo la quale il rilascio delle dichiarazioni di garanzia sarebbe stato irrilevante in quanto successivo alla scadenza del termine perentorio del 30 giugno della stagione sportiva precedente, l’appellante replica che detta scadenza temporale, di cui all’art. 4 del Regolamento di lega, sarebbe riferibile al “quantum” delle obbligazioni riferite al precedente campionato che devono essere soddisfatte ai fini dell’ammissione al successivo non certo al quando dell’adempimento delle obbligazioni medesime. In ogni caso lo sbarramento temporale in parola non assume una connotazione perentoria., come confermato dal riconoscimento, ex art.4 secondo comma, in capo al Consiglio direttivo della lega, del potere di fissare un termine per consentire la regolarizzazione della situazione. La conferma della natura perentoria del termine può essere, infine, tratta dalla condotta osservata per casi simili da parte della Federazione.

Le censure non meritano accoglimento.

Osserva la Sezione che l’art. 4 del regolamento della lega stabilisce il termine del 30 giugno per l’adempimento di ogni obbligazione verso i tesserati, gli organismi e le società affiliate nonché per la prestazione di garanzie fidejussorie bancarie. Il termine è richiamato anche dal comunicato ufficiale n.53/A, che prevede altresì il termine del 15.7.1993 per il ripianamento delle carenze debitorie. Infine l’art.4 prima rammentato prevede che l’inadempimento dei descritti obblighi prescritti, nel termine fissato per la regolarizzazione dal Consiglio direttivo, comporta l’impossibilità di iscrizione al campionato di competenza. Ne deriva la caratterizzazione sicuramente perentoria del termine concesso ai fini della regolarizzazione. Premesso che la portata delle prescrizioni in esame comprende anche la prestazione delle fidejussioni ai fini della verifica del rispetto del parametro ricavi-indebitamento, la Sezione reputa che la natura perentoria dei limiti temporali, pur se non sancita dal dato testuale, sia ricavabile dalla natura e della finalità del termine in rilievo. Non è allora contestabile che la funzione, assolta da tali termini, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato, implica la necessità di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato al fine di garantire l’espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all’avvio del campionato. In punto di fatto è in ogni caso provato che né alla data del 24.7.1993 (termine fissato dalla Lega con nota 22.7.1993 per la presentazione della fidejussione e delle liberatorie dei calciatori) né alla data del 26.7.1993, di riunione del consiglio direttivo della lega in ordine all’ammissione al campionato, la società ricorrente non aveva presentato la documentazione in esame. La documentazione, prodotta in data 9.8.1993 non risulta peraltro idonea a dimostrare la copertura integrale di ogni pendenza.

Il dato oggettivo del mancato rispetto delle prescrizioni relative alla situazione debitoria e dei termini sanciti per il relativo risanamento, depotenzia sul piano pratico le censure intese a mettere in risalto il comportamento tenuto dagli organi federali negli anni precedenti verso la stessa società al pari delle condotte tenute verso altre società versanti in condizioni di indebitamento.

8)      Non meritano infine accoglimento le censure dirette a stigmatizzare il ruolo attribuito, in assenza di copertura normativa, al CO.VI.SO.C. (Commissione di Vigilanza sulle società di calcio professionistiche). La creazione di detto organo qualificato deriva dalla naturale esigenza di assicurare la tecnicità delle verifiche de quibus. Non assume rilievo, al fine di connotare in termini di illegittimità le determinazioni impugnate, la caratterizzazione vincolante attribuita al parere in esame, posto che nella specie non si verte in tema di delega ad un organo esterno del potere decisorio, in contrasto con la disciplina legale delle competenze, ma di espletamento dell’attività istituzionale da parte della Federazione per il tramite di un organo appositamente istituito, nell’esplicazione del potere organizzatorio e di gestione di cui all’art. 14 della legge n. 91/1981. Non risulta, infine, fondata la censura intesa a mettere in discussione la mancata approvazione, da parte del Consiglio Nazionale del Coni delle modifiche dello statuto relative all’istituzione dell’organismo (art. 13, punto 3). La censura non è fondata in punto di fatto, risultando in atti la prova dell’approvazione del nuovo statuto da parte del Consiglio nazionale in data 23 luglio 1987.

9)      Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello principale e l’improcedibilità, per difetto di interesse, dell’appello incidentale.

Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta respinge l’appello principale e dichiara l’improcedibilità dell’appello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2000, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI                                       Presidente

Sergio SANTORO                                               Consigliere

Calogero PISCITELLO                                        Consigliere

Giuseppe MINICONE                                         Consigliere

Francesco CARINGELLA                                    Consigliere Est.

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