CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 8535/2020 Pubblicato il 30/12/2020

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG (…), proposto da AGCM-Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

contro

OMISSIS  s.r.l., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco D'Ostuni, Mario Siragusa e Marco Zotta ed elettivamente domiciliata in Roma, p.za di Spagna n. 15 e

nei confronti

– della Lega nazionale professionisti serie A - LNPA, con sede in Milano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Anglani, Bruno Ghirardi, Mario Libertini, Ruggero Stincardini e Giulio Napolitano, con domicilio eletto in Roma, via Boezio n. 14 (Studio Libertini),– della OMISSIS  s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Clarizia, Alberto Fantini, Avilio Presutti, Mario Morelli e Giorgio Alù Saffi, con domicilio eletto in Roma, via P.ssa Clotilde n. 7 (studio Fantini & Partners) e – di OMISSIS  s.p.a., corrente in Roma e di OMISSIS  s.p.a., corrente in Milano, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Guido Bellitti, Damiano Lipani, Gian Michele Roberti, Francesca Sbrana, Stefania Bariatti ed Antonio Catricalà, con domicilio eletto in Roma, via Vittoria Colonna n. 40 (studio Lipani);

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sez. I, n. 12814/2016, resa tra le parti e concernente la delibera con la quale l’AGCM accertò e sanzionò talune condotte poste in essere dalla LNPA e dalle appellate e consistenti nella spartizione dei diritti audiovisivi per il campionato di calcio di serie A, triennio 2015/2018, finalizzata ad alterare il confronto concorrenziale in violazione dell’art. 101 del TFUE (proced. I790);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 12 dicembre 2019 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Bellitti, Roberti, Bariatti, Catricalà, Clarizia, Fantini, Presutti, Alù, Anglani e Napolitano e l'Avvocato dello Stato Paolo Gentili;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. – Il combinato disposto degli artt. 8 (offerta dei diritti audiovisivi e formazione dei pacchetti) e 9 (modi d’assegnazione dei diritti) del D.lgs. 9 gennaio 2008 n. 9 (c.d. “Decreto Melandri”) impose lo svolgimento di apposite procedure competitive per l’assegnazione dei diritti audiovisivi relativi alle manifestazioni sportive, da parte degli enti relativi titolari, ai soli operatori della comunicazione in possesso del prescritto titolo abilitativo ed agli intermediari indipendenti.

Quanto ai diritti inerenti alle manifestazioni del campionato di calcio di serie A per le stagioni dal 2015/16 al 2017/18, la Lega nazionale professionisti serie A (LNPA), quale organizzatrice di detta competizione, intese svolgere l’assegnazione de qua elaborando, con l’ausilio del suo advisor per la commercializzazione di tali diritti (OMISSIS  s.r.l., corrente in Milano), un invito ad offrire a detti operatori abilitati.

In particolare, l’invito, favorevolmente vagliato dell’AGCM, previde la suddivisione di tal offerta in cinque c.d. “pacchetti”: 1) il “pacchetto A”, sui diritti per le piattaforme satellitare (DTH), Internet, TV Mobile (DTH), Telefonia mobile e IPTV relativi a otto società sportive considerate di maggior interesse, per un totale di 248 eventi (pari al 65% del totale); 2) il “pacchetto B”, sui diritti per le piattaforme digitale terrestre (DTT), Internet, TV Mobile (DTH), Telefonia mobile e IPTV relativi ai medesimi eventi del pacchetto precedente; 3) il “pacchetto C”, sui diritti accessori (interviste, immagini da spogliatoi ed altro) per il pacchetto A o B; 4) il “pacchetto D”, recante l’esclusiva per tutte le piattaforme per i rimanenti 132 eventi (pari al 35%), relativi a una squadra di “maggior seguito” ed alle altre di c.d. “minore seguito”; 5) il “pacchetto E”, concernente tre incontri a scelta tra quelli disputati di domenica alle ore 15.00, da trasmettere solo su piattaforma Internet. Giova rammentare che l’art. 8, co. 3 del D.lgs. 9/2008 impone al soggetto organizzatore di «…predisporre pacchetti tra loro equilibrati in modo da garantire la presenza, in ciascuno di essi, di eventi della competizione di elevato interesse per gli utenti…». Il successivo art. 9, co. 4 vieta «…a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette, fermi restando i divieti previsti in materia di formazione di posizioni dominanti…».

2. – Pervennero quindi le offerte da parte di OMISSIS  s.r.l. (OMISSIS ), OMISSIS  s.p.a. (RTI), OMISSIS  s.r.l. (OMISSIS ) ed OMISSIS  s.a.s. (OMISSIS ).

Tuttavia, in esito alla conoscenza di tali offerte, la LNPA ed il suo advisor OMISSIS  ritennero che le aggiudicazioni relative ai pacchetti A) e B), pur se superiori alla base d’asta, presentassero tuttavia due problematiche: 1) l’eventualità dell’aggiudicazione di questi ultimi ad un solo operatore (OMISSIS , miglior offerente), tale così da determinare una posizione dominante sotto il profilo della normativa antitrust; 2) la possibilità di considerare ammissibili offerte condizionate, come quelle della RTI (che aveva presentato un’offerta per il pacchetto A solo se non aggiudicataria di quello B, per il pacchetto B un’offerta incondizionata e una condizionata alla mancata aggiudicazione di quello A ed un’offerta per il pacchetto D condizionata all’aggiudicazione di quello A o di quello B). Sicché la Lega non dispose subito l’assegnazione e chiese un parere a un esperto “esterno” su tal vicenda, il quale reputò illegittima l’assegnazione dei pacchetti A) e B) al medesimo operatore e corretta la proposizione di offerte condizionate. Giova rammentare che fin dal 9 giugno 2014 —ossia, durante lo svolgimento di detta gara—, OMISSIS  comunicò all’AGCM l’andamento della stessa e le questioni in campo. Il successivo giorno 23 ed in vista degli imminenti lavori dell’assemblea della LNPA, OMISSIS  inviò all’AGCM copia della diffida rivolta alla Lega, colà riportando la disamina delle questioni in fatto e in diritto, che poi formarono oggetto del procedimento sanzionatorio in esame.

Ebbene, in esito all’assemblea svoltasi dal 23 al 26 giugno 2014, la Lega dispose: a) – la definitiva assegnazione del pacchetto A) a OMISSIS  e di quelli B) e D) a RTI; b) – di non assegnare il pacchetto C), essendo state le relative offerte inferiori al prezzo minimo indicato nell’invito a offrire; c) – di dare atto che, per il pacchetto E), non era pervenuta alcun’offerta.

Per vero, già il 25 giugno 2014, durante lo svolgimento di tal assemblea, era stata depositata anche all’AGCM una denuncia di un’associazione di consumatori, segnalando illeciti anticoncorrenziali sull’assegnazione dei predetti diritti televisivi. La denuncia fu poi archiviata dall’Autorità, giacché, a suo dire, «… l’esito finale della procedura di assegnazione dei diritti per il campionato di calcio di Serie A –anche in considerazione della sub-licenza per il pacchetto D tra RTI e OMISSIS  che comporta la condivisione tra i due operatori di alcuni eventi– permette di ottenere una concorrenza ‘per piattaforma’ nella trasmissione degli incontri di calcio, così come… auspicato dall’Autorità nel Provvedimento di approvazione delle Linee Guida per l’assegnazione dei diritti calcistici delle competizioni organizzate… per le stagioni 2015/2018…».

Il 27 giugno 2014 la RTI chiese alla LNPA l’autorizzazione per la concessione in sub-licenza, in tutto o in parte, dei diritti relativi al pacchetto D) assegnato a OMISSIS . Ne seguì l’istanza della Lega, ex art. 19, co. 1 del D.lgs. 9/2008, all’AGCM e all’AGCOM, per ottenerne la necessaria autorizzazione in deroga. Dette Autorità, dopo un’articolata interlocuzione tra loro e con la RTI, il 17 luglio 2014 concessero l’invocata deroga richiesta e la Lega ne trasmise la statuizione alle imprese coinvolte. In quella sede la Lega precisò che la sub-licenza si sarebbe dovuta conformare a quanto prospettato tra le parti e comunicato alle Autorità, senza ulteriori pattuizioni o a quelle già previste per il pacchetto D) nell’invito a presentare offerte.

Dopo altre interlocuzioni con la LNPA stessa, con specifica dichiarazione del 24 aprile 2015 dette Società regolarono il rapporto de quo in conformità alle prescrizioni stabilite nei provvedimenti autorizzativi del 17 luglio 2014.

3. – Accadde che da alcune notizie di stampa, apparse solo nel febbraio 2015, s’evinse il contenuto di talune conversazioni telefoniche di un presidente d’una società calcistica di serie A, su questioni ritenute spartitorie dei diritti audiovisivi in questione.

Sicché l’AGCM avviò l’istruttoria per verificare un’eventuale intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’art. 101 TFUE, tra la RTI, la OMISSIS , la Lega e OMISSIS  Italia s.r.l.

In esito alla complessa fase istruttoria ed acquisito il parere dell’AGCOM sul punto, intervenne la delibera n. 25966 del 19 aprile 2016, con cui l’Autorità procedente accertò, dopo l’ampia, articolata illustrazione dello svolgimento della fase d’avvio, della posizione delle parti e delle risultanze istruttorie, dell’indicazione del mercato rilevante e dei vari elementi acquisiti, che le condotte prese in esame erano state finalizzate alla spartizione dei diritti audiovisivi per il triennio 2015/18.

3.1. – In primo luogo l’AGCM ricordò che il D.lgs. 9/2008 era stato introdotto al fine d’imporre all’ente gestore dell’evento sportivo l’apposita procedura competitiva che garantisse, ai sensi del citato art. 9, co. 4, ai partecipanti condizioni di equità, trasparenza e non discriminazione, in base al divieto, là posto verso chiunque, d’acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette e di creare posizioni dominanti.

Ebbene, dopo l’apertura delle buste, il contenuto delle relative offerte fu noto a tutti i partecipanti e si riscontrò, tra l’altro, che per il pacchetto A) OMISSIS  propose l’offerta più alta e senza condizioni, mentre sul pacchetto B) la migliore offerta fu di RTI (pur se condizionata alla mancata attribuzione del pacchetto A), come d’altronde fu quella, incondizionata, per il pacchetto D). Seguì un contrasto tra RTI, OMISSIS  e Lega/OMISSIS , ove la prima sostenne l’illegittimità dell’eventuale aggiudicazione di entrambi i pacchetti A) e B) a OMISSIS  e prospettò che le fosse assegnato il pacchetto D) ed uno tra i pacchetti A) o B). Dal canto suo, OMISSIS  affermò legittima la sua aspirazione all’aggiudicazione di entrambi i pacchetti A) e B) tanto da trasmettere alla Lega ed a RTI un atto d’intimazione e diffida in tal senso.

Sussistendo i citati dubbi su una siffatta soluzione —tanto d’aver dovuto richiedere uno specifico parere ad un esperto esterno—, in data 23 giugno 2014 la Lega convocò un’assemblea decisoria in cui, a quanto pare, iniziò a delinearsi in concreto una soluzione, poi definita spartitoria, senza tener conto delle regole previste nelle Linee-Guida AGCM e nel bando. In quella sede furono richiamate alcune e-mail interne a RTI, in cui si faceva espresso riferimento alla possibilità d’un accordo con OMISSIS , alternativo al contenzioso, con eventuale estensione della trattativa anche ad alcuni diritti per la competizione calcistica europea Champions League. Ad avviso dell’Autorità, tutto ciò determinò l’alterazione del confronto concorrenziale di gara, evitando che vi fossero le ordinarie dinamiche fra gli operatori attivi sul mercato relativo ed ostacolando l’ingresso di potenziali nuovi operatori (OMISSIS ), con conseguente violazione dell’art. 101 TFUE.

Invero, sulla base di evidenze acquisite dall’Autorità nel febbraio 2015 e di un’ulteriore istruttoria sui verbali delle assemblee di Lega nel periodo d’assegnazione dei diritti in questione, nonché sulle audizioni svolte dagli Uffici con esponenti di varie società calcistiche, emerse che l’esito finale dell’assegnazione dei diritti audiovisivi in questione per il triennio 2015/18 fu alterato dall’accordo illecito tra OMISSIS  e RTI (i principali operatori a livello nazionale nel mercato delle pay-tv) e favorito dalla stessa Lega e dal suo advisor OMISSIS , con effetti nocivi sui mercati della pay-tv e della raccolta pubblicitaria.

3.2. – L’AGCM, nel motivare il proprio intervento e le conseguenti sanzioni, affermò che:

A) l’intesa illecita riguardò non la fase d’individuazione e presentazione delle offerte in gara, bensì quella antecedente all’aggiudicazione, mercé l’alterazione dell’esito naturale della gara, sostituito da una soluzione concordata tra i competitori, che ostacolò la concorrenza nell’immediato di nuovi operatori, la concorrenza “sul merito” e il possibile ingresso di altri operatori anche per il futuro, oltre a consolidare le rispettive posizioni di mercato delle emittenti interessate;

B) tal intesa, promossa da Lega e OMISSIS , avvantaggiò principalmente la RTI e la stessa OMISSIS  fu sì indotta ad aderire anche per la condotta delle altre parti, ma tal comportamento fu riconducibile pur sempre a tutti gli stessi dei soggetti coinvolti in istruttoria;

C) alla luce della giurisprudenza della CGUE sull’allora vigente art. 81, § 1 del Tratt. CE —per cui vi soggiacevano non solo le imprese attive nel mercato soggetto a illecite restrizioni, ma tutti coloro che avevano contribuito a falsare la concorrenza nel mercato comune—, pure la Lega vanificò di fatto gli obiettivi posti dal D.lgs. 9/2008 e compromise l’integrità dell’assegnazione mediante gara equa e non discriminatoria, mentre avrebbe dovuto rispettare le sue stesse Linee Guida e assegnare i pacchetti A) e B) al miglior offerente (OMISSIS ), per poi passare ad una nuova fase della procedura in relazione al pacchetto D) che non aveva ricevuto offerte valide sopra la base d’asta;

D) non risultavano, secondo le Linee Guida, il bando ed il citato art. 9, co. 4, divieti d’assegnare i pacchetti A) e B) ad un unico operatore e, se non riteneva possibile tal soluzione, avrebbe dovuto comunque annullare l’intera procedura e indirne una nuova con l’inserimento esplicito di tal divieto, invece di distribuire le assegnazioni in violazione della lex specialis, oltre a prevedere nella stessa delibera di assegnazione già la facoltà di sub-licenza, non richiedibile in quella fase della procedura; E) la stessa Lega fu poi consapevole delle possibili criticità di tal sub-licenza (cfr. il verbale della seduta della commissione tecnica diritti audiovisivi del 20 febbraio 2015, cui partecipò pure OMISSIS ) tant’è che RTI e OMISSIS  la sollevarono da ogni difformità rispetto al contenuto delle autorizzazioni rilasciate dalle Autorità di settore.

Quanto alla Lega, l’AGCM rimarcò gli stretti rapporti contrattuali intercorrenti tra essa e OMISSIS , di talché entrambe ebbero un interesse immediato e diretto al raggiungimento del risultato di tal intesa, fermo restando che l’advisor ebbe di vista gli ulteriori ricavi da parte della Lega stessa, cui suggerì la condotta da adottare, sia durante le riunioni assembleari del 26 giugno 2014 (svolgendo un ruolo di mediazione nelle discussioni fra le squadre di calcio), sia all’esterno (contattando direttamente i rappresentanti delle emittenti e delle varie squadre di calcio interessate, sì da esercitare un ruolo guida nell’intesa).

Il ruolo di RTI s’evidenziò nel suo interesse a sostenere una soluzione di assegnazione diversa da quella scaturente dall’esito della gara per i pacchetti A) e B), spettanti a OMISSIS.

Il ruolo di OMISSIS  fu riconosciuto nei limiti di contesto, ove ad un suo primo atteggiamento favorevole alla competizione seguì una condotta aperta all’accordo, anche in questo caso rilevato da una e-mail interna a RTI del 24 giugno 2014, onde tal Società, ben lungi dall’aver un ruolo meramente passivo nella vicenda, s’attivò invece nel ricercare la soluzione alternativa all’aggiudicazione.

Dal che, ad avviso dell’Autorità, la creazione tra tali imprese di un’intesa restrittiva “per oggetto”, per la quale: a) non fu necessaria la prova dell’intento soggettivo; b) fu irrilevante che l’accordo non fosse nell’interesse commerciale di alcuni dei partecipanti; c) si perseguirono pure altri scopi illeciti secondari; d) non fu necessario dimostrare un effetto diretto sui prezzi agli utenti finali, secondo le conclusioni sul punto della giurisprudenza CGUE; d) si ebbe così la ripartizione di imput strategici tra i due operatori attivi a livello nazionale nel mercato della pay-tv, con evidente effetto preclusivo in danno dei concorrenti presenti e potenziali, nonché la conseguente restrizione della concorrenza (nella specie, verso OMISSIS ), indipendentemente dall’accertamento degli effetti; e) tal condotta illecita si verificò in un mercato già in sé ad assetto oligopolistico altamente concentrato, ove le parti detengono sostanzialmente la totalità del mercato, in quanto l’acquisizione di contenuti c.d. premium costituisce una delle principali barriere all’entrata in esso; g) risultò sia la distorsione della concorrenza dinamica in un orizzonte temporale di medio-lungo termine (per la negativa incisione sulla credibilità delle future gare e sulle aspettative d’ingresso di eventuali nuovi player), sia la cristallizzazione delle posizioni di mercato determinate nel triennio precedente (nel quale RTI e OMISSIS  erano risultate già assegnatarie di diritti audiovisivi coincidenti).

Pertanto, fu disposta un’inibitoria per il futuro a porre in essere analoghi comportamenti e furono applicate perciò congrue sanzioni pecuniarie, pari a € 1.944.070,17 per la Lega, € 9.049.646,64 per OMISSIS , € 51.419.247,25 per RTI ed € 4 mln per OMISSIS , unico soggetto cui AGCM riconobbe un ruolo marginale e in pratica difensivo e di cui fu apprezzato l’apporto collaborativo in fase istruttoria.

4. – Avverso tal statuizione e gli atti connessi insorse la LNPA, col ricorso NRG 7121/2016, avanti al TAR Lazio, colà deducendo sette articolati gruppi di censure, ossia: I) l’omessa valutazione, da parte dell’Autorità, di tutti elementi che dimostrarono l’esistenza d’un boicattaggio a suo danno, ad opera delle altre parti dell’intesa acclarata; II) l’omessa dimostrazione nel provvedimento di AGCM che la ricorrente avesse realmente negoziato e raggiunto un accordo spartitorio con le altre parti e che vi fossero valide ipotesi alternative a tal scenario; III) l’omessa considerazione, nell’impugnato provvedimento, della denuncia proposta dalla ricorrente proprio alla stessa Autorità e della propria dissociazione dall’aggiudicazione; IV) la contraddittorietà e l’erroneità dell’assunto dell’Autorità sul momento di sua piena ed effettiva conoscenza dell’accordo spartitorio, almeno fin dal luglio 2014; V) l’omessa considerazione del legittimo affidamento ingenerato nella ricorrente, indotta a dar esecuzione all’accordo di sub-licenza e, dunque, a confidare sull’assetto dato dalla Lega; VI) la mancanza d’un oggetto anti-competitivo nel presunto accordo “a quattro” con Lega, RTI e OMISSIS , sotto ogni profilo; VII) l’illegittimità dell’applicazione della sanzione.

L’adito TAR, con sentenza n. 12814 del 23 dicembre 2016, ne accolse il ricorso e, assorbendo tutti i motivi diversi dal IV, dal II e dal VI, annullò il provvedimento impugnato, partendo anzitutto dalla considerazione che il D.lgs. 9/2008 intendesse, tra l’altro, garantire gli stessi partecipanti, anche con l’attenzione verso possibili formazioni, attuali e future, di posizioni dominanti.

Sul punto, ad avviso del TAR «… l’intervento di “vigilanza” e di conseguente applicazione dei poteri sanzionatori… in relazione alle procedure di cui al “decreto Melandri” è consentito, ed anzi auspicato, dallo stesso legislatore ma… tale intervento deve… verificare se, in concreto, vi siano state situazioni patologiche volte a evitare essenzialmente e principalmente la creazione di posizioni dominanti, secondo la preoccupazione… del legislatore delegante…». Sicché, secondo il TAR, l’applicazione dell’art. 101 TFUE non poteva prescindere dalle norme del D.lgs. 9/2008, nel senso che «… il richiamo di ordine generale di cui al ricordato art. 20 non impedisce all’AGCM di verificare la sussistenza di altre forme patologiche “anticoncorrenziali”, come le “intese”, ma ciò pur sempre in un’ottica contestualizzata al mercato di riferimento e ai soggetti in esso coinvolti, siano essi l’organizzatore della competizione, gli operatori della comunicazione e l’utente inteso quale consumatore finale, secondo le relative definizioni di cui all’art. 2 d.lgs.…».

Ciò posto, il TAR affrontò poi le censure sostanziali e procedurali avanzate dalle ricorrenti, relative: a) alla mancata prova dell’intesa c.d. “per oggetto”; b) al tardivo avvio dell’istruttoria del citato procedimento.

4.1. – Circa la questione sub a), il TAR reputò erronea la qualificazione giuridica dell’intesa c.d. “per oggetto” che l’AGCM ravvisò nelle condotte delle parti, giacché, non avendo esse concertato una strategia collusiva e spartitoria di qualunque tipo prima della presentazione delle offerte, non fu convincente che esse s’accordarono in un secondo tempo.

Infatti, «… se vi fosse stata la volontà di spartirsi il mercato – peraltro definito oligopolistico dalla stessa AGCM e occupato dai due operatori principali senza che si manifestassero segnali di effettiva concorrenzialità da parte di operatori terzi–... sarebbe stato più facile per (loro) formulare offerte solo per le rispettive piattaforme già occupate, non comportando l’invito ad offrire un obbligo di formulare offerte su tutti i pacchetti, anche senza pervenire a posizioni concordate sul punto…». Inoltre, nella specie mancò la prova di un «… interesse comune –non obbligatoriamente coincidente sotto un profilo economico– tra tutte le parti partecipanti…», la sussistenza d’un interesse “conforme” costituendo un requisito imprescindibile per la prova dell’illecito. Il TAR precisò che «… solo… se acquisita la certezza del vantaggio “soggettivo” in questione, ci si può soffermare sui risvolti “oggettivi”, individuando una forma di intesa “per oggetto” o “per effetto”…». In tal caso, «… un’intesa “per oggetto” può qualificarsi tale solo se vi è mercato sufficientemente definito che risulti “bloccato” dall’intesa come congegnata e se gli obiettivi riconducibili al momento della sua posizione… siano de plano considerabili anticoncorrenziali…», mentre l’errore dell’Autorità fu di ritenere delineata direttamente un’intesa “per oggetto” e «… soffermandosi in maniera poco convincente sul comune vantaggio che avrebbe spinto “a monte” le parti… a promuovere la condotta poi sanzionata… e sulle ripercussioni di questa sul mercato in quanto tale…».

Ebbene, «… non si rinviene, infatti, una uniformità di posizioni che unisca OMISSIS , Lega, RTI e OMISSIS  in una trama comune che abbia visto il consenso, sia pure implicito, alle rispettive iniziative…», né poté l’Autorità individuare qual fosse stato quel “vantaggio a monte” conseguito grazie a tal intesa.

Il TAR, muovendo dall’assunto che la nozione di intesa “per oggetto” andasse interpretata in modo rigoroso, ne fornì la definizione per cui essa è «… una forma di accordo, sia pure “atipica” e quindi non strettamente legata al bid rigging quale programmazione anticipata di risultati di una gara, priva di qualsiasi giustificazione economica diversa, in un contesto di mercato comunque ben definito che vede un certo numero di “competitors” e con caratteristiche idonee a contribuire al dispiegarsi naturale di forme di concorrenza “orizzontale”…». Sicché essa «… deve consistere in una fattispecie rivolta ad impedire l’ordinario confronto concorrenziale “a monte” del mercato, tale da impedire l’ingresso o il permanere in esso di altri operatori anche mediante una semplice allocazione di risorse idonea a condizionar(ne) il futuro funzionamento…». Tal caratteristica non fu colta dall’Autorità nella specie, sia per la particolare situazione concorrenziale del mercato dei diritti televisivi della “pay tv”, sia per la posizione di OMISSIS  che ad avviso del TAR non avrebbe tratto «… alcun sicuro vantaggio, anche in un’ottica concorrenziale “pura”, da un’eventuale riedizione della gara, una volta conosciute le sue potenzialità di offerta di gran lunga inferiori a quelle degli altri due unici “competitors”…». In particolare, «… nel provvedimento impugnato manca, quindi, l’illustrazione di elementi di ragionevole previsione sui quali fondare la convinzione che –in assenza dell’assetto poi concretamente formatosi a seguito dell’attribuzione distinta di A e B con sub-licenza per D ai sensi di legge e con la riedizione della gara– OMISSIS  (o… ulteriori operatori) avrebbe(ro) avuto concrete possibilità di entrare nel mercato in questione per competere con efficacia…». Pertanto, «… l’allocazione delle risorse in questione… ha assunto una funzione “pro - concorrenziale” nella peculiarità del mercato di riferimento, consentendo il confronto… tra i due unici operatori esistenti, con conseguenze tangibili anche… per i consumatori, che non hanno infatti visto un aumento dei prezzi per i rispettivi “abbonamenti”, come dimostrato da tabelle allegate nei contributi procedimentali delle parti…». Ecco perché l’assetto esaminato dall’Autorità non si poté definire «… “accordo spartitorio”, dato che le parti hanno consentito il perpetuarsi di una concorrenza che altrimenti non ci sarebbe stata…».

4.2. – In ordine poi al punto sub b), il TAR accolse la censura attorea per cui, in violazione dell’art. 14 della l. 689/1981, l’Autorità avviò in modo illogicamente tardivo, pur avendone avuto elementi fin dalla citata autorizzazione alla sub-licenza per il pacchetto D), il procedimento per accertare l’intesa illecita.

Ad avviso dell’adito TAR, il termine recato dall’art. 14 cit. «… è perentorio una volta accertato il suo presupposto e che quindi l’Autorità è tenuta a notificare la contestazione entro lo stesso, anche in riferimento ai principi generali di cui all’art. 6 CEDU e all’art. 41 della carta Fondamentale dei diritti UE, che costituiscono parametri di riferimento interpretativo ormai imprescindibili…». Nel caso di specie, il provvedimento impugnato non chiarì «… quale specifico profilo desumibile dall’ articolo di stampa del febbraio 2015 abbia accresciuto gli elementi già in possesso dell’Autorità a conclusione della fase di autorizzazione della sub-licenza…». Infatti, l’intercettazione telefonica in questione fece riferimento «… solo ad un’attività personale riconducibile al… presidente di una squadra di calcio ma non alla Lega quale soggetto collettivo, che esprime le sue determinazioni in argomento attraverso le decisioni di un organo assembleare secondo le maggioranze previste…».

5. – Dal che il presente appello dell’AGCM contro la OMISSIS , di cui al ricorso in epigrafe, col quale essa deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza anzitutto premettendo il contenuto del predetto accordo spartitorio, in cui l’appellata fu diretta interessata alla relativa conclusione, paventando, tra l’altro, il c.d. “secondo giro”, ossia la rinnovazione della gara.

A tal riguardo, l’appellante si sofferma per sommi capi sull’esito concertato dell’aggiudicazione dei diritti audiovisivi de quibus, mercé la sostituzione dei risultati della procedura competitiva con un accordo che garantì: a) la ripartizione del mercato tra i due operatori storici (RTI/Mediaset e OMISSIS ); b) il consolidamento delle rispettive posizioni di mercato e la cristallizzazione delle assegnazioni operate nelle stagioni calcistiche precedenti. Secondo l’Autorità, tali condotte, oltre ad annullare di fatto il confronto competitivo, distorsero il relativo meccanismo, tanto da elidere ogni concorrenza “sul merito” ed ogni possibilità d’ingresso di nuovi operatori nel mercato relativo pure per il futuro.

Ciò posto, l’Autorità appellante, dopo aver ricostruito i punti salienti dell’impugnata sentenza, ne contesta l’erroneità alla luce di cinque articolati gruppi di censure, pure per quanto attiene al ritardo dell’inizio del procedimento repressivo nei confronti di parte appellata, in relazione al quale essa chiede il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, nei termini che si diranno infra.

Resiste in giudizio la LNPA, che conclude, in base ad un’autonoma ricostruzione dei fatti e delle questioni in diritto, per il rigetto dell’appello. Intervennero ad opponendum la RTI e la OMISSIS  s.p.a., concludendo per l’infondatezza dell’appello.

6.1. – L’appello non convince e non può esser condiviso.

Lamenta anzitutto l’Autorità l’illogicità dell’assioma affermato dal TAR secondo cui, non avendo le parti concordato una strategia collusiva prima della presentazione delle offerte, non fosse plausibile un accordo ex post, mentre quest’ultimo sarebbe lo scenario corretto e, anzi, seguendo l’approccio della sentenza in pratica sarebbe sempre possibile la modifica del risultato di ogni gara in violazione della ratio sottesa al D.lgs. 9/2008.

Non è così: a ben vedere, il TAR rettamente esclude non già la possibilità, in astratto verificabile, di un’intesa spartitoria ex post quand’anche non ve ne fosse stata pure una ex ante, ma che tal scenario fosse, essendo stato accertato per indizi, quello veramente più plausibile.

La scansione degli eventi vide all’inizio, in una situazione di reciproca incertezza sui possibili esiti della gara de qua, i due maggiori competitor, OMISSIS  e RTI - OMISSIS  nella fase precedente all’aggiudicazione contestare a vicenda l’impossibilità per l’una di aggiudicarsi i pacchetti A) e B) e per le altre di far offerte condizionate o alternative. Sicché, in effetti, ben divaricate furono le loro posizioni sugli aspetti controversi d’una gara gestita senza la dovuta attenzione ad eventuali, ma probabili, esiti monopolistici. Tanto, si badi, in un contesto in cui la stessa Autorità, nel decidere in ordine alle Linee Guida propostele, aveva richiamato la circostanza per la quale, al fine di preferire un’assegnazione “per piattaforma” in luogo d’una “per prodotto”, la presenza di più soggetti titolari di diritti sui medesimi eventi avrebbe generato una maggior competizione nel mercato, con evidenti benefici per i consumatori.

A ridosso dell’assemblea della Lega, una volta acquisiti i risultati della gara stessa —ferme restando le posizioni d’entrambi i predetti competitor, l’una di voler acquisire i due pacchetti vinti e le altre di contestare la legittimità di tal assunto—, s’evince dal § 244) e ss. del provvedimento AGCM un probabile accordo tra loro già dal 24 giugno 2014. Tanto in contesto ove l’advisor della LNPA ne rese noto a OMISSIS  l’intento d’assegnarle il solo pacchetto A) ed a RTI-OMISSIS  i pacchetti B) e D), con possibilità di sub-licenza di quest’ultimo a favore di OMISSIS . Ma il giorno 23 fu redatto il parere pro veritate richiesta da LNPA al prof. Giorgio De Nova, il quale concluse per: a) la natura equilibrata dei pacchetti A) e B), aventi lo stesso oggetto e tali da consentire all’aggiudicatario di uno o dell’altro, ove avesse ottenuto pure il pacchetto D), l’acquisizione di tutti gli eventi del campionato di serie A, cosa in sé possibile senza con ciò comportare l’esclusiva per un numero di eventi preponderante rispetto al loro totale, ma a condizione che l’aggiudicatario non ottenesse i due pacchetti A) e B) insieme; b) un tal risultato sarebbe stato in contrasto con il principio posto dalla stessa Autorità in sede d’approvazione delle Linee-Guida LNPA, circa l’effetto proconcorrenziale e benefico per i consumatori dell’assegnazione dei medesimi eventi a soggetti diversi (concorrenza per piattaforme: cfr. il § 24, lett. f delle Linee-Guida); c) l’illegittimità dell’aggiudicazione dei due pacchetti ad un’unica impresa per contrasto tanto col sistema di commercializzazione dei diritti audiovisivi, quanto con l’art. 9, co. 6 del D.lgs. 9/2008; d) la natura di vera e propria condizione ex art. 1353 c.c. riconoscibile nel contenuto dell’offerta “condizionata” di RTI - OMISSIS , come tale lecita e non preclusa dall’invito ad offrire, stante il chiaro contenuto dell’elenco recante le condizioni di ammissibilità delle offerte di cui al § 34, I co. delle Linee-Guida (a differenza di quel che accade nell’evidenza pubblica: cfr., per tutti, Cons. St., V, 13 maggio 2019 n. 3059 - NDE). Entro il 26 giugno 2014, i predetti competitor raggiunsero un accordo sulla nuova ripartizione dei pacchetti, poi confermato dall’assemblea della Lega, cui accedette la richiesta di quest’ultima a OMISSIS , per il tramite di OMISSIS , affinché detta Società rinunciasse al ventilato contenzioso qual condizione per avviare la procedura di sub-licenza.

6.1. – Alla luce di quanto fin qui detto —e secondo il contenuto dello stesso provvedimento di detta Autorità—, c’è, eccome, una soluzione diversa, molto più aderente alla citata scansione temporale e che reputa il Collegio opportuno di accennare per sommi capi al fine di ridimensionare l’enfasi “spartitoria” di tal provvedimento e di riportarne le vicende a concretezza.

La ricostruzione che il Collegio intende effettuare parte dal dato normativo dell’art. 9, co. 4 del D.lgs. 9/2008, per cui è vietato «… a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette, fermi restando i divieti previsti in materia di formazione di posizioni dominanti…». Detta norma è di facile lettura ed è inderogabile pure per la stessa Autorità, quand’anche le Linee-Guida di LNPA (da essa approvate: delibera n. 150/14 - CONS del 9 aprile 2014) non avessero previsto da sole una siffatta clausola (recata appunto dal § 24, lett. f – vendita per piattaforma e lett. g – vendita per prodotto).

La norma è chiarissima: se, come dice l’AGCM, il D.lgs. 9/2008 perseguì trasparenza ed efficienza del mercato dei diritti audiovisivi, nonché la ripartizione delle risorse economiche generate dalla vendita di questi attraverso gare effettivamente competitive, l’art.9, co. 4 pone un divieto ulteriore, esclusivo della fase di aggiudicazione e non dello svolgimento della gara in sé, né dei suoi materiali risultati. Esso è tale da condizionarne il risultato materiale, oltre a ribadire il divieto generale sulla formazione di posizioni dominanti, di cui però anche detta norma è una declinazione, pretendendo sì la competizione in gara tra le offerte, ma entrando nel merito dell’aggiudicazione, proprio per attuare la concorrenza anche nei risultati.

Il divieto de quo implica così in particolare, oltre, cioè, il richiamo vago e vasto a quello generale sulle posizioni dominanti: 1) la liceità in sé di proporre “offerte “condizionate” da parte d’uno o più partecipanti alla gara; 2) l’impossibilità d’aggiudicare ad un’unica impresa, qualunque ne sia l’importo dell’offerta e al di là della presenza o meno nella lettera d’invito d’una clausola espressa di aggiudicazione per lotti, i pacchetti inerenti alle dirette audiovisive (cioè, l’A ed il B), ove questi avessero coperto la parte preponderante (come in effetti fu ognuno di essi) degli eventi sportivi su tutte le piattaforme TV, a loro volta maggioritarie rispetto a quelle informatiche. E ciò quand’anche non fosse stato assegnato a tal impresa pure il pacchetto D), essendo il risultato dei pacchetti A)+B) già di per sé solo presupposto per la creazione di una posizione dominante per il triennio d’efficacia della vendita dei relativi diritti.

Sicché l’attività della LNPA, unico soggetto (sì privato, ma) responsabile della gestione di pubblico interesse di tal assegnazione in forma competitiva ed allo stesso tempo condizionata, lungi da esser stata corriva verso uno o l’altro dei partecipanti o manipolatrice della graduatoria, fu solo correttiva dell’effetto illecito prodotto proprio dal mantenimento di quest’ultima, ove questo, in pratica, aveva fatto scattare la clausola ex art. 9, co. 4. La LNPA applicò così una norma imperativa e di ordine pubblico, subito rammentata ai partecipanti, che fu un a priori della gara e s’inserì automaticamente nel regolamento di gara sulla graduatoria, legittimando l’aggiudicatore alla virtuosa riformulazione dell’esito di quest’ultima. Si può discettare se l’uno o l’altro competitor fosse già dominante in passato sull’una o sull’altra piattaforma, ma ciò non mette in discussione né il significato dell’art. 9, co. 4, né i suoi effetti in caso di mancata concorrenza per piattaforme e di assegnazione totalitaria a un solo aggiudicatario, sicché, se per avventura, il predetto risultato si ripeté anche per il triennio di riferimento, sarebbe stato forse opportuno che le parti s’interrogassero su quali fossero i veri intenti del legislatore delegato, ma ciò non è avvenuto e vi si può sorvolare.

Resta invece l’erroneità della valutazione dell’Autorità, la quale si appuntò solo sul (preteso) dato spartitorio e, al contempo, sulla violazione/alterazione del risultato originario dell’aggiudicazione. In realtà, l’Autorità sembra di non tener in debito conto come la norma ex art. 9, co. 4, proprio per le medesime ragioni d’interesse pubblico e di piena contendibilità di tali diritti tra gli operatori (che a suo tempo avevano suggerito per legge la procedura competitiva), non tollerasse aggiudicazioni di fatto totalitarie ed in contrasto col principio di virtuosa concorrenza tra i titolari di ciascuna intera piattaforma. Con ogni evidenza, l’Autorità non ha colto la peculiarità del mercato rilevante com’è conformato da detto D.lgs. 9/2008, anche con riguardo alla decisione sia sulla quantità di beni scarsi contendibili (pacchetti), sia sulla loro assegnabilità di volta in volta (non tutti quelli di un’unica specie ad un solo operatore, sia pur migliore offerente assoluto). Eppure, la ferma giurisprudenza della Sezione impone di aver chiara contezza di detto mercato, la cui definizione è ex se funzionale all'individuazione delle stesse caratteristiche del contesto ove si colloca l'ipotizzato coordinamento illecito tra le condotte delle imprese (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 19 marzo 2020 n. 1943).

Ebbene, nella specie tal mercato è non solo regolato ex ante, ma è pure contingentato tanto nel tipo di beni da offrire, quanto nel tipo di operatori che possano apprenderli, nonché nella quantità dei tipi di prodotti apprensibili.

6.2. – Tal erronea interpretazione dei dati normativo e fattuale inficiò pure il giudizio sul reale contenuto del duplice accordo, transattivo-adesivo all’aggiudicazione definitiva (quello intercorso tra OMISSIS  e RTI-OMISSIS ) e transattivo per la sub-licenza dopo l’aggiudicazione stessa (tra OMISSIS  e la LNPA).

Per vero, l’Autorità, che pure autorizzò la sub-licenza —ed ebbe piena conoscenza non solo dei citati accordi, ma pure del definitivo assetto degli interessi post-aggiudicazione —, tanto da poter reprimere da subito un tal, preteso, illecito anticompetitivo.

Ma non è solo questo il punto. Essa non considerò che: a) l’assegnazione originaria fu tutt’altro che coerente col D.lgs. 9/2008 e con le Linee-Guida, come icasticamente poté evincersi dal parere del prof. De Nova; b) la LNPA fu chiara nel proporre unilateralmente, anche davanti alla diffida di OMISSIS  (che non ebbe seguito) del 22 giugno 2014, il suo assetto delle aggiudicazioni dei pacchetti all’assemblea; c) a sua volta OMISSIS , pur consapevole della scelta di LNPA, non intese opporvisi, onde è da chiedere per qual ragione, se era così sicura del suo buon diritto alle assegnazioni in base alla graduatoria originaria, non volle tutelarsi nelle opportune sedi e, anzi e sia pur col suggerimento di OMISSIS , il successivo giorno 26 iniziò la trattativa con RTI, poi stipulata; d) per paradosso, volendo seguire la tesi spartitoria indicata dall’Autorità, fu proprio siffatto atteggiamento ondivago e non fermo di OMISSIS  ad incoraggiare, in modo paritario con tutti gli altri soggetti poi sanzionato, la progressione verso l’assetto considerato illecito dall’Autorità (nuove graduatoria e assegnazioni; accordo OMISSIS /RTI; accordo di sub-licenza tra OMISSIS  e LNPA ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 9/2008); e) fu più corretto e giuridicamente plausibile lo scenario delineato nel parere del prof. De Nova e quindi perseguito da LNPA nei termini dianzi chiariti dal Collegio.

È solo da soggiungere che non sarebbe stato possibile l’annullamento in autotutela della graduatoria originaria, poiché, per i pacchetti A, B) e D) non vi erano stati errori o illegittimità nella valutazione delle offerte, ma al più s’era verificata la necessità di correggere la graduatoria in base all’art. 9, co. 4 del D.lgs. 9/2008, in sede di approvazione della definitiva aggiudicazione. Né tal annullamento non avrebbe avuto senso, stante, più che la diffida di OMISSIS , il fatto che tutti gli operatori partecipanti avevano proposto offerte e la gara era andata deserta solo per il pacchetto E). Al più un’autotutela si sarebbe potuta ipotizzare, se ritenuta conveniente, solo per quest’ultimo e per il pacchetto C), la cui aggiudicazione non poté avvenire in esito alla gara, ma ciò non avvenne e nessuno se ne dolse.

Ebbene, alla luce di quanto fin qui detto, lo scenario logicamente più appagante è questo: a fronte di una graduatoria non correttamente interpretata in base al ripetuto art. 9, co. 4, l’ente aggiudicatore sottopose in via unilaterale all’assemblea, in sede di aggiudicazione definitiva, la graduatoria finale con le nuove e più precise assegnazioni, a fronte delle, o dopo le quali, e dopo la divaricazione delle posizioni tra i vari attori procedimentali privati, non si vide altra soluzione non contenziosa se non quella adesiva di OMISSIS  e RTI e quella transattiva tra OMISSIS  e Lega. Ciò fu dunque la prova provata sì di un intento ormai divenuto comune, ma solo dopo la volizione della Lega, la quale non deflesse mai dal suo disegno, corroborato dal parere del prof. De Nova e che sarebbe stato lo stesso pure se le due Società avessero insistito nelle proprie posizioni o al di là dei suggerimenti o dei tentativi di raccordo di OMISSIS  con loro.

Fermo restando che ben diversi furono all’inizio ed alla fine i motivi che indussero gli attori della vicenda in esame, ciascuno per proprio conto, ad adeguarsi alla volontà della LNPA, questa non ebbe bisogno d’accordarsi con nessuno, essendo il decisore d’ultima istanza in soggetta materia.

Ci si può chiedere se l’assetto posto dalla Lega fu anticoncorrenziale in danno ad OMISSIS  s.a.s. La risposta è negativa, perché tal Società nella gara propose un’offerta non competitiva e non si dolse né della prima, né della seconda graduatoria. Infatti, rettamente il TAR osserva come detta Società, pur a seguire la tesi dell’Autorità, non sarebbe mai potuta esser un concorrente potenziale di RTI e di OMISSIS  anche nell’ottica propugnata dell’intesa anticoncorrenziale per oggetto, operando sul distinto mercato del wholesale supply of TV Channels e non su quello al dettaglio della pay tv. Avendo essa presentato un’offerta per il solo pacchetto D) inferiore di circa il 50% rispetto alla base d’asta, se tal Società fuoriuscì dalla competizione: a) imputet sibi, perché ciò avvenne prima dell’intervento della Lega ed a causa del contenuto di detta offerta; b) ciò non fu comunque dovuto alle parti del presente giudizio, che non erano obbligate d’alcunché nei suoi confronti; c) non avrebbe potuto aspirare sol per tal fatto al c.d. “secondo giro”, cioè alla rinnovazione della gara.

7. – Scolorano, quindi, tutte le censure mosse dall’Autorità col ricorso in epigrafe.

Non convincono quelle di cui al primo motivo, con cui l’Autorità lamenta la violazione delle norme a tutela della concorrenza a causa dell’erroneo ed illogico ragionamento seguito dal TAR nel negare che l’aggiudicazione definitiva e gli accordi connessi furono illeciti anticompetitivi.

In base alla ricostruzione operata dal TAR e fermo quanto fin qui detto, non vi fu alcuna combine tra i citati attori procedimentali, giacché, come rettamente eccepiscono RTI e consorte, ogni caso di intesa restrittiva della concorrenza «per oggetto» può riguardare solo quei tipi di coordinamento tra imprese che presentino un evidente grado di dannosità per la concorrenza, per cui si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario. Ora, sebbene possa non aver gran senso dire che sarebbe stato più semplice l’accordo collusivo ex ante con offerte che garantissero il mantenimento delle pregresse posizioni relative dei due maggiori competitor, anche a fronte di una gara molto combattuta tra questi ultimi, sarebbe stato possibile un accordo spartitorio pur dopo l’apertura delle buste. In realtà le posizioni di essi e della Lega non furono mai per davvero concilianti, né del tutto identiche, né prima, né dopo la gara: fu la Lega a volere ed ottenere un’aggiudicazione diversa dai dati usciti dalla lettura delle offerte, applicandovi la regola che essa ritenne più corretto ritrarre dal citato art. 9, co. 4 e dalle sue Linee-Guida e in esito ad un percorso interpretativo chiaro, aperto e mai smentito, peraltro condiviso dal Collegio. Tanto indipendentemente dagli atteggiamenti delle due imprese, che v’aderirono senza riserve e con responsabilità paritaria, grazie appunto all’accordo transattivo (tutto sommato, congruente col tipo e la funzione delineati dall’art. 1965 c.c.).

Che poi tal scelta fosse, se non indispensabile, ma utile allo sblocco dell’impasse e del contenzioso minacciato da OMISSIS  contro la Lega —ma che avrebbe determinato pure l’intervento di RTI, in base al suo reciso ripudio della prima graduatoria—, è cosa vera, ma non dirimente, poiché la transazione tra OMISSIS  e RTI fu contestuale alla nuova graduatoria e da questa indotta. Una volta che la Lega statuì l’aggiudicazione definitiva secondo la sua interpretazione dell’art. 9, co. 4, s’è evitò, ben lo dice il TAR, quella «… valutazione puramente formale di un accordo, completamente avulsa dalla realtà, (che poteva) condurre a censurare accordi innocui o che favoriscono la concorrenza…». La LNPA poi approvò l’istanza per il rilascio della sub-licenza, proposta da OMISSIS  e da RTI e confermata da AGCM, in quanto adesiva e, come s’è visto, nei fatti subordinata alla scelta della nuova graduatoria.

Sfugge allora al Collegio in qual preciso momento l’Autorità volle vedere un’intesa per oggetto, se, al di là dei tempi degli accordi tra le due imprese e tra OMISSIS  e la stessa AGCM, fu la scelta della Lega ad evitare la posizione dominante ed a garantire in concreto l’effettività della concorrenza.

Infatti, è fermo avviso del Collegio che, nella visione dell’Autorità, fu la violazione della regola procedurale ad innescare una cascata di accordi illeciti, mentre, a ben vedere, tal violazione fu solo creduta e non realizzata, non avendo l’intervento dell’aggiudicatore alterato la concorrenza in gara ed in esito alla gara. Utile è al riguardo il parere dell’AGCOM in data 15 aprile 2016, per cui «… gli esiti della gara hanno… contribuito a produrre effetti positivi non solo per la tutela del pluralismo, ma… in termini di minore spesa per i consumatori, ai quali è stato reso possibile fruire della programmazione degli eventi in discorso senza dover sostenere costi aggiuntivi…». Deve il Collegio condividere quanto detto dal Giudice di prime cure laddove «… l’allocazione delle risorse in questione, anche se collegata ad un accordo per la sub-licenza, ha assunto una funzione “pro-concorrenziale” nella peculiarità del mercato di riferimento, consentendo il confronto… tra i due unici operatori esistenti, con conseguenze tangibili anche sul piano dei vantaggi per i consumatori, che non hanno infatti visto un aumento dei prezzi per i rispettivi “abbonamenti…».

Né ha gran senso ritenere che l’accordo spartitorio vi fu per il timore del rifacimento della gara, in quanto, come s’è visto, non vi furono i presupposti dell’autotutela. Al più, quest’ultima avrebbe avuto ad oggetto i solo pacchetti C) e E), ché in tal scenario utile per inutile non vitiatur e, in ogni caso, il soggetto aggiudicatore avrebbe potuto ricalibrare la gara per lotti, elidendo in radice tutte le presenti questioni.

8. – È materialmente vero che un terzo (qui, l’advisor OMISSIS ) può esser qualificato come parte di un’intesa collusiva orizzontale, purché v’abbia un interesse diretto, come d’altronde è vero che tal interesse in capo ad OMISSIS  vi fosse e fu testimoniato dalla ricerca d’una soluzione non contenziosa con gli operatori.

Sebbene l’illecito collusivo può vedere coinvolto il terzo pur se il suo interesse non coincida con quello delle imprese direttamente partecipanti alla combine, in realtà fu la LNPA a decidere qual sarebbe dovuto esser l’assetto legittimo delle aggiudicazioni, pure se OMISSIS  non l’avesse condiviso o non avesse neppure tentato un abboccamento con le imprese. Insomma OMISSIS  ebbe una funzione ancillare, non già concorrente nella causazione delle condotte pretese illecite degli altri soggetti e men che mai condizionante la volizione della Lega, tant’è che essa entrò in assemblea proponendo uno scenario preciso per definire le aggiudicazioni, quando il suo advisor tentava di far convergere i due maggiori competitor verso una possibile, ma non ancora chiara, soluzione transattiva.

È appena da soggiungere che l’Autorità, prima di lamentare eventuali vulnera alla propria meritoria attività d’enforcement contro le intese anticoncorrenziali, è tenuta a valutare non solo se il mercato rilevante al suo esame sia, o no, contingentato, ma anche i relativi poteri di governo che la legge assegna al decisore, pur quando, recte soprattutto quando esso sia l’aggiudicatore dei beni della vita contingentati.

Il TAR non ha mai messo in discussione i noti principi del concorso del terzo nell’illecito altrui, ma ha sottolineato l’inconsistenza della di lui attività verso gli effettivi e soli responsabili. Pertanto il suggerimento di OMISSIS  alla Lega sulle decisioni sulla riformulazione della graduatoria, non cambia la natura di volizione autonoma ed unilaterale di essa assunta (quando ancora non v’era l’accordo transattivo tra OMISSIS  e RTI) alla luce della no single buyer rule che è il vero significato dell’art. 9, co. 4. L’Autorità non tenne in debita considerazione tal aspetto, nelle sue concrete dimensioni fattuale e giuridica, nonostante da queste si sarebbe potuta fin da subito evincere la subordinazione di tutti gli altri soggetti e dei loro accordi alla volizione della Lega e, quindi, quell’assenza di vero interesse comune contestuale di tutti i soggetti sanzionati alla combine spartitoria.

In tal caso, non vale rammentare i capisaldi normativi dell’intesa illecita per oggetto restrittiva della concorrenza, perché inerente alla spartizione del mercato e delle fonti di approvvigionamento ex art. 101, lett. c) del TFUE. Si può discettare se, in realtà e per tal tipo d’illecito hardcore, sussista una presunzione assoluta d’illiceità, visto che le condotte eventualmente restrittive son censurabili sempreché, alla luce del contesto di riferimento, siano ex se idonee a produrre effetti restrittivi della concorrenza. Solo dopo aver compiuto tale valutazione sempre necessaria, è possibile differenziare il livello di approfondimento gravante sull’Autorità, giacché, nei casi astrattamente riconducibili ad una fattispecie hardcore, quest’ultima deve sempre verificare che non vi siano vicende specifiche che possano mettere in dubbio la presunta natura illecita dell’accordo. Ma pure a voler seguire la tesi per cui un’intessa siffatta non sia giammai giustificabile mercé l’analisi del contesto economico in cui s’iscrive la condotta anticoncorrenziale, la norma, però, non è congruente con la fattispecie.

Infatti, la ristrettezza della risorsa assegnabile fa sì che la legge ne delinei un mercato contingentato, onde, a date e rigorose condizioni e quantità, tal risorsa cessa di essere contendibile e va assegnata solo in via autoritativa e per le quantità discrete disponibili per ciascun operatore e non più, pure se questi offra un prezzo appetibile per acquisirne l’intero.

La restrizione, dunque, è non nelle condotte illecite concordate tra gli operatori, ma nella risorsa in sé, onde il relativo governo conforma il mercato, nel quale vige la regola che un solo acquirente non può apprenderla del tutto. In tal caso e ferma la predetta presunzione (coi suoi limiti), quest’ultima non può vietare e sanzionare comunque comportamenti che non hanno, né possono avere un effetto restrittivo della concorrenza quando nel mercato contingentato scatti la clausola di salvaguardia.

Ma l’Autorità affermò nel provvedimento che il divieto d’assegnazione congiunta dei pacchetti A) e B) non fosse previsto dal D.lgs. 9/2008, il quale si limitò a vietare l’acquisizione in esclusiva di tutti i pacchetti relativi alle dirette ed i due citati pacchetti non le esaurivano, essendovi pure il pacchetto D). In disparte la non appetibilità in sé di tal pacchetto D) —quantunque non si possa escluderne in astratto l’interesse di qualcuno ad aggiudicarselo—, a tal conclusione osta il dato testuale dell’art. 9, co. 4 e del bando, l’uno rivolto a censurare l’acquisizione di tutte le dirette e l’altro, non impugnato neppure in via incidentale, volto ad imporre la competizione per piattaforme, per i pacchetti A) e B) e per oggetto, per i restanti. L’assegnazione dei pacchetti A) o B), anche se riguardò due pacchetti sì preponderanti ma non totalitari, non avrebbe violato il divieto stesso né snaturato la concorrenza di cui alla lex specialis, né alterato l’equilibrio tra i pacchetti, giacché ciascun pacchetto, da solo o col pacchetto D), avrebbe costituito per la clientela, da solo, un’offerta comunque unitaria e, insieme al pacchetto D), completa. Invece, l’assegnazione d’entrambi i pacchetti A) e B) sarebbe stata di fatto totalitaria, coinvolgendo sia le due piattaforme con più ampia audience (TV digitale terrestre e digitale satellitare), sia il 65% delle partite del campionato, determinando la dominanza sul mercato relativo e la marginalità, se non l’impossibilità di vendere i restanti pacchetti. Anche l’all. 6) alla lettera d’invito contemplò sì la possibilità di un’aggiudicazione combinata di pacchetti, ma partendo sempre dal presupposto, non irrazionale né manifestamente arbitrario o discriminatorio, che vi fosse un aggiudicatario del pacchetto A) distinto da quello del pacchetto B), pur ammettendo soltanto che si potesse combinare o l’uno o l’altro al pacchetto D), come fin dalla sua entrata in assemblea la Lega appellata aveva deciso di proporle.

È necessario dunque guardare al mercato della vendita dei diritti audiovisivi ex D.lgs. 9/2008, senza tralasciarne tali peculiari aspetti e valutando se e in qual misura il contingentamento in sé e il modo con cui esso è applicato costituisca una condotta effettivamente idonea a determinare l’alterazione delle dinamiche concorrenziali. Allo stesso modo l’Autorità avrebbe dovuto fare, quand’anche vi avesse ravvisato un’intesa hardcore di ripartizione del mercato, ché tal semplificazione istruttoria su intese spartitorie è sì legittima, ma sempreché sia stata effettuata l’analisi del contesto economico e giuridico in cui si colloca la pratica, nonché l’idoneità dell’accordo a restringere la concorrenza.

9. – Né possono dirsi spartitori i due accordi intercorsi tra i tre attori procedimentali.

Non quello tra OMISSIS  e RTI, che in varia guisa aderì alla statuizione della Lega sul corretto riparto dei diritti audiovisivi, unico decisore responsabile di tal scelta. Né quello tra OMISSIS  e Lega, ai fini della sub-licenza, tal tipologia d’accordo essendo espressamente prevista dal combinato disposto dell’art. 11, co. 7 e dell’art. 19 del D.lgs. 9/2008. Nei limiti colà previsti e ferma la vigilanza dell’AGCM e dell’AGCOM, ciascuna per la propria competenza, il decreto n. 9 ammette accordi in deroga, che si sostanziano in modifiche, parziali quanto si vuole, degli esiti delle procedure di aggiudicazione dei diritti audiovisivi già aggiudicati. A più forte ragione, dunque, l’Autorità avrebbe dovuto effettuare un approfondimento sulla liceità o sull’illiceità anti-competitiva delle condotte delle imprese in sé e con particolar riguardo alla finalità economica da esse concretamente perseguita.

Non sfugge al Collegio che l’art. 101 TFUE possa qualificare restrizione "per effetto", la quale ha un regime probatorio di quella “per oggetto”, un accordo di composizione amichevole che impinga sulla concorrenza, quale al più si deve ritenere quello intercorso tra OMISSIS  e RTI dopo che la LNPA statuì la graduatoria definitiva della gara de qua. Nondimeno, la dimostrazione dell'esistenza di effetti sensibili potenziali o reali di tal accordo sulla concorrenza non impone l’accertamento che, senza di esso, una o l’altra parte sarebbe potuta risultare vittoriosa nell’eventuale giudizio che si sarebbe potuto instaurare contro l’altra, né che le parti stesse avrebbero probabilmente concluso un accordo compositivo meno restrittivo. Tuttavia e a tutto concedere, un’intesa restrittiva "per effetto" è caratterizzata dall’idoneità di produrre effetti, da dimostrare in concreto, tali per cui il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo (cfr. così Cons. St., VI, 2 settembre 2019 n. 6027; id., 23 settembre 2019 n. 6314).

9.1. – Appunto per questo non ha pregio l’inferenza attorea di un’intesa per oggetto.

L’Autorità afferma che, a seguito dell’analisi del contesto economico di riferimento, essa palesò un sufficiente grado di dannosità per la concorrenza, tale da poter configurare un’ipotesi d’illecito per oggetto. A tal conclusione l’Autorità dice d’esser giunta in quanto: I) – i diritti audiovisivi in parola costituiscono un input strategico; II) – il mercato della pay tv è un mercato oligopolistico e l’acquisizione di contenuti premium costituisce una delle principali barriere all’entrata; (III) – la contendibilità di tali input è garantita grazie alle gare ex D.lgs. 9/2008.

Ebbene, le prime due proposizioni sono in sé notorie e non connotanti della fattispecie in esame, descrivendo la seconda uno dei rimedi previsti dalla legge nazionale per risolvere i problemi posti o indicati dalla prima. Pertanto, esse non paiono aggiungere o togliere alcunché né alla qualificazione della natura dell’intesa per oggetto in sé, né alla sua efficacia dannosa sulla concorrenza, tranne che non si voglia con ciò predicare una sorta di responsabilità meramente oggettiva dei duopolisti per il sol fatto d’operare e proporre offerte nel mercato de quo.

La terza, com’è formulata nel ricorso in epigrafe, non è utile alla tesi attorea, in quanto, anzitutto non è evidente l’ingresso costante di newcomers nel mercato relativo, né che cosa implichi la posizione della LNPA qual soggetto aggiudicatore, preminente rispetto alle imprese coinvolte. In ogni caso, l’art. 9 del D.lgs. 9/2008 e le Linee-Guida assicurano sì tal contendibilità, ma in un modo diverso da quel che adombra l’Autorità, ossia che tutti gli operatori (qualificati) possono offrire su tutto, ma potranno ottenere solo quei beni che non li trasformino in monopolisti di fatto.

Il TAR ha correttamente evidenziato sul punto: a) la notorietà della struttura duopolistica del mercato delle pay-tv; b) l’assenza di elementi, non ipotetici e futuri, da cui inferire che tal mercato sia veramente in espansione soggettiva; c) la soluzione certo non pro-competitiva dell’Autorità, per cui in pratica OMISSIS  avrebbe goduto dei pacchetti principali A) e B), ossia le predette due piattaforme per intero.

Tali osservazioni, qui condivise, sono nulla più che la mera constatazione delle criticità logiche, nei presupposti e negli effetti, della valutazione del caso in esame da parte dell’Autorità. E quand’anche il TAR vi si fosse veramente sostituito in siffatta valutazione, ciò sarebbe stato del pari corretto. Ciò grazie al principio di full jurisdiction di questo Giudice non solo sull’attendibilità presuntiva dell’accertamento dell’Autorità, ma pure sull’intrinseca veridicità delle questioni di fatto, senza dimenticare che, se nella specie, intesa illecita vi fu, essa fu per effetto, non per oggetto.

9.2. – Non mette conto parlare ancora di OMISSIS  s.a.s., qual competitor preteso danneggiato dalla combine spartitoria illecita, in quanto, al di là di quali intenzioni sottintendesse detta Società nel proporre un’offerta del tutto anomala, tal vicenda ne avrebbe comunque (cioè: indipendentemente da ogni condotta di terzi) imposto l’esclusione dalla gara de qua, atto, questo, dovuto e in sé non discriminatorio.

Lamenta poi l’Autorità appellante l’erroneità dell’assunto del TAR sull’effetto pro-concorrenziale della vicenda in esame, in quanto questo non si tradusse in minori prezzi per i consumatori, ma pure questa censura non può esser condivisa.

Già il riferimento attoreo al generale andamento in rialzo dei prezzi delle pay-tv indebolisce la questione così posta, essendo evidente che, a tutto concedere e se un aumento vi fu per la combine illecita, esso non è più distinguibile da quelli dovuti ad altre e non meglio chiarite ragioni. Tanto non volendo considerare che, in effetti, non si vede in che cosa abbia errato il TAR, se poi i dati RTI in atti, su cui l’Autorità basa la censura, mostrano nel 2015 un andamento opposto, tale per cui OMISSIS  iniziò a proporre offerte in ribasso dal 10% al 31%, a seconda delle aree geografiche ed anche ai vecchi clienti, rispetto a quelle fino ad allora praticati, fermo quanto disse l’AGCOM nel citato parere del 15 aprile 2016 su tali benefici al consumo.

Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo alla tesi attorea che, in contrario avviso al TAR, contesta che l’attivazione del procedimento sanzionatorio fosse stata tardiva, per la violazione dell’art. 14 della l. 10 ottobre 1990 n. 287 in relazione al termine ex art. 14 della l. 24 novembre 1981 n. 689. A ben vedere, invece, tal censura non è perfettamente in linea con quanto dice il TAR, secondo cui AGCM «… era a piena conoscenza (dell’intesa spartitoria) al momento del rilascio della sua autorizzazione in deroga… ed era nelle condizioni di effettuare i medesimi ragionamenti e interpretazioni giuridiche sulle modalità applicative delle Linee Guida e dell’invito ad offrire, sostenute invece nel provvedimento di avvio formale dell’istruttoria procedimentale …». Il TAR afferma quindi il mancato intervento dell’Autorità «… nei termini di legge o comunque in un lasso di tempo logico e proporzionato…», ma non ha incentrato l’impugnato accoglimento sulla necessità dell’applicazione nella specie del termine perentorio di 90 giorni previsto dall’art. 14 della l. 689/1981, né tampoco ha affermato l’impossibilità d’esercitare, anche per i casi previsti dal D.lgs. 9/2008, i poteri generali di accertamento e sanzione previsti dalla l. 287/1990. Il TAR, giustamente senza intrufolarsi in tal ginepraio normativo, ha semplicemente, ma con dovizia di dati e commenti giuridici, ritenuto insussistente nel merito la combine spartitoria, donde l’inutilità di formulare il rinvio pregiudiziale richiesto dall’Autorità a pag. 33 del ricorso in epigrafe.

5. – L’appello va quindi rigettato nei sensi fin qui visti, mantenendo fermo anche l’assorbimento dei motivi del ricorso di primo grado, in quanto incompatibili con la posizione paritaria di OMISSIS  nei suoi due accordi transattivi ed adesivi con RTI ed agli atti della LNPA. Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

La complessità della vicenda esaminata suggerisce la compensazione integrale, tra tutte le parti, delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso NRG 2441/2017), lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2019, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Paolo Carpentieri, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

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