T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4391/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-elettivamente domiciliato in Roma, via G. Paisiello n. 55 presso lo studio dell’avv. Franco Gaetano Scoca che, unitamente all’avv. Massimo Krogh, lo rappresenta e difende nel presente giudizio

contro

- FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO – F.I.G.C., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via Panama n. 58 presso lo studio degli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli che la rappresentano e difendono nel presente giudizio;

- COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO – C.O.N.I., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via G. Pisanelli n. 2 presso lo studio dell’avv. Alberto Angeletti che lo rappresenta e difende nel presente giudizio;

nei confronti di

- OMISSIS  FOOTBALL CLUB S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. – non costituita in giudizio;

--OMISSIS-– non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:

CODACONS (COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI A TUTELA DELL’AMBIENTE ED A DIFESA DEI DIRITTI DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI) e ASSOCIAZIONE UTENTI SERVIZI TURISTICI, SPORTIVI E DELLA MULTIPROPRIETA’ – SEZIONE TIFOSI DELL’ OMISSIS E DELLA OMISSIS, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., elettivamente domiciliate in Roma, viale Mazzini n. 73 presso l’Ufficio Legale del Codacons e rappresentate e difese nel presente giudizio dall’avv. Carlo Rienzi;

per l'annullamento

dei seguenti atti:

a) decisione della Corte Federale della F.I.G.C., datata 25 luglio 2006 (con relative motivazioni emanate con Comunicato Ufficiale n. 2/Cf 2006/2007 del 4 agosto 2006), nella parte in cui conferma, nei confronti del ricorrente, le sanzioni comminate per la commissione di illecito sportivo;

b) ogni altro atto connesso tra cui il Comunicato Ufficiale n. 12 del 15 giugno 2006, con cui il Commissario Straordinario della F.I.G.C. ha ridotto i termini per i procedimenti dinanzi alla C.A.F. e alla Corte Federale;

c) Comunicati Ufficiali nn. 14 e 15 del 16 giugno 2006 con cui il Commissario Straordinario ha nominato il presidente e sei componenti della C.A.F.;

d) provvedimento con cui il neo-presidente della C.A.F. ha scelto i componenti del Collegio giudicante;

e) decisione della Corte di Appello Federale (di seguito CAF) del 14 luglio 2006;

f) atto di deferimento della Procura Federale, per quanto attiene alle incolpazioni nei confronti del ricorrente;

g) decisione dell’Alta Corte Sportiva del C.O.N.I. n. 7 del 3 aprile 2012, con cui è stato respinto il ricorso presentato dal ricorrente avverso la decisione emessa dalla Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. di cui al Comunicato Ufficiale n. 002/CGF del 9 luglio 2011 che aveva confermato la decisione della Commissione Nazionale Disciplinare della F.I.G.C. resa con Comunicato Ufficiale n. 96/CDN del 15 giugno 2011 di irrogazione della sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.,

e per la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe indicati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 marzo 2016 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in date 09/08/06 e 10/08/06 e depositato il 12/08/06 -OMISSIS-ha impugnato la decisione della Corte Federale della F.I.G.C., datata 25 luglio 2006 (con le relative motivazioni emanate con Comunicato Ufficiale n. 2/Cf 2006/2007 del 4 agosto 2006), nella parte in cui conferma, nei confronti del predetto, le sanzioni comminate per la commissione di illecito sportivo, il Comunicato Ufficiale n. 12 del 15 giugno 2006 (con cui il Commissario Straordinario della F.I.G.C. ha ridotto i termini per i procedimenti dinanzi alla C.A.F. e alla Corte Federale), i Comunicati Ufficiali nn. 14 e 15 del 16 giugno 2006 (con cui il Commissario Straordinario ha nominato il presidente e sei componenti della C.A.F.), il provvedimento con cui il neo-presidente della C.A.F. ha scelto i componenti del Collegio giudicante, la decisione della C.A.F. del 14 luglio 2006 e l’atto di deferimento della Procura Federale, per quanto attiene alle incolpazioni nei confronti del ricorrente.

La F.I.G.C. ed il C.O.N.I., costituitisi in giudizio con comparse depositate rispettivamente il 16 agosto 2006 e il 17 agosto 2006, hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Con atto depositato il 21 agosto 2006 il Codacons e l’Associazione utenti servizi turistici, sportivi e della multiproprietà – sezione tifosi dell’Inter e della Roma hanno chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, nel caso di ritenuta ammissibilità dello stesso, l’annullamento, per i motivi ivi indicati, della decisione della CAF del 14 luglio 2006 e la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni.

Con ordinanza n. 4671/2006 del 22 agosto 2006 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

Con atto spedito per la notifica a mezzo posta il 10/07/12 e depositato il 18/07/12 il-OMISSIS-ha chiesto l’annullamento della decisione n. 7 del 3 aprile 2012, con cui l’Alta Corte di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. ha respinto il ricorso, presentato dal predetto, avverso la decisione emessa dalla Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. di cui al Comunicato Ufficiale n. 002/CGF del 9 luglio 2011 che aveva confermato la decisione della Commissione Nazionale Disciplinare della F.I.G.C. resa con Comunicato Ufficiale n. 96/CDN del 15 giugno 2011 di irrogazione della sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., e la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni.

Con atto spedito per la notifica a mezzo posta il 27/07/12 e depositato il 28/07/12 la F.I.G.C. ha impugnato, in via incidentale, la decisione del 3 aprile 2012 dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del C.O.N.I..

All’udienza pubblica del 17 marzo 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è, in parte, inammissibile e, per il resto, infondato secondo quanto in prosieguo verrà specificato.

Con il ricorso principale -OMISSIS-chiede l’annullamento della decisione della Corte Federale della F.I.G.C., datata 25 luglio 2006 (con le relative motivazioni emanate con Comunicato Ufficiale n. 2/Cf 2006/2007 del 4 agosto 2006), nella parte in cui conferma, nei confronti del ricorrente, le sanzioni comminate per la commissione di illecito sportivo, il Comunicato Ufficiale n. 12 del 15 giugno 2006 (con cui il Commissario Straordinario della F.I.G.C. ha ridotto i termini per i procedimenti dinnanzi alla C.A.F. e alla Corte Federale), i Comunicati Ufficiali nn. 14 e 15 del 16 giugno 2006 (con cui il Commissario Straordinario ha nominato il presidente e sei componenti della C.A.F.), il provvedimento con cui il neo-presidente della C.A.F. ha scelto i componenti del Collegio giudicante, la decisione della C.A.F. del 14 luglio 2006 e l’atto di deferimento della Procura Federale, per quanto attiene alle incolpazioni nei confronti del ricorrente.

Il ricorso principale è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Gli atti impugnati sono stati emessi da organi dell’ordinamento sportivo; i rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento della Repubblica sono regolati dal decreto legge n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, secondo cui:

- “1. La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.

2. I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” (art. 1);

- “in applicazione dei principi di cui all'articolo 1, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” (art. 2);

- ”esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, e' disciplinata dal codice del processo amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91” (art. 3).

Nell’interpretare le disposizioni in esame, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2011 ha evidenziato che l’ordinamento sportivo nazionale “costituisce l'articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una dimensione internazionale e che esso risponde ad una struttura organizzativa extrastatale riconosciuta dall'ordinamento della Repubblica” aggiungendo che “l'autonomia dell'ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l'uomo] svolge la sua personalità» e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive” (punto 4.1 della motivazione).

Nell’occasione la Consulta ha ritenuto infondata la questione di legittimità degli artt. 2 e 3 d.l. n. 220/2003, sollevata dal TAR Lazio, richiamando l’interpretazione costituzionalmente orientata, fornita dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5782/2008, ed evidenziando che “qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell'ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo, in base al ritenuto "diritto vivente"…è riconosciuta la tutela risarcitoria” ma non quella caducatoria in ragione di un “non irragionevole bilanciamento di interessi” che tiene conto dell’esigenza, anch’essa di rilevanza costituzionale, di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo.

In quest’ottica il Giudice delle Leggi ha specificato che quella risarcitoria “è sicuramente una forma di tutela, per equivalente, diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice amministrativo (ed infatti si verte in materia di giurisdizione esclusiva), ma non può certo affermarsi che la mancanza di un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente potrebbe produrre effetti ripristinatori, dato che in ogni caso interverrebbe dopo che sono stati esperiti tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, e che costituirebbe comunque, in questi casi meno gravi, una forma di intromissione non armonica rispetto all'affermato intendimento di tutelare l'ordinamento sportivo) venga a violare quanto previsto dall'art. 24 Cost.. Nell'ambito di quella forma di tutela che può essere definita come residuale viene, quindi, individuata, sulla base di una argomentata interpretazione della normativa che disciplina la materia, una diversificata modalità di tutela giurisdizionale” (punto 4.5 della motivazione).

Nel ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 luglio 2012 (il merito del quale sarà esaminato in prosieguo) il-OMISSIS-contesta l’interpretazione fornita dalla Consulta e chiede al Tribunale di sollevare nuovamente la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 d. l. n. 220/2003 per i seguenti motivi:

- nella fattispecie verrebbe in rilievo la violazione, oltre che dell’art. 24 Cost., anche degli artt. 103 e 113 Cost. non espressamente considerati dalla Corte e la cui “lettura sistematica…non consente….la sopravvivenza di forme di tutela dimidiata dinanzi al giudice amministrativo nei confronti di atti equiparati a provvedimenti amministrativi” (pag. 9). In quest’ottica si evidenzia che la tutela risarcitoria costituirebbe uno strumento di tutela meramente complementare, rispetto all’annullamento, e che, comunque, la tutela caducatoria non arrecherebbe alcun significativo pregiudizio per l’autonomia dell’ordinamento sportivo;

- gli organi di giustizia sportiva si porrebbero “al di fuori del circuito giurisdizionale costituzionalmente disegnato” (pag. 13) con conseguente violazione degli artt. 101, 102, 104, 106, 108 e 111 Cost. in quanto “delle due l’una: o si nega che tali soggetti siano giudici e allora non si capisce perché possano sindacare su situazioni giuridiche tutelate dall’ordinamento generale sottraendo al giudice dello Stato – nella lettura della Corte – il pieno esercizio dei propri poteri giurisdizionali; o non si tratta di veri e propri giudici, così come descritti dalla Costituzione, e, dunque, non è lecito negare il pieno, sostanziale ed effettivo accesso alla giustizia statale con violazione degli artt. 24, 103 e 113 da intendersi in senso complessivo e unitario e non nella interpretazione <ritagliata> fatta propria dalla Corte Costituzionale” (Pag. 16).

La questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente è manifestamente infondata.

Ed, infatti, contrariamente a quanto dedotto dal -OMISSIS- nella sentenza n. 49/2011 la Corte Costituzionale ha espressamente preso in considerazione (punto 4.4 della motivazione) gli artt. 103 e 113 Cost. quali parametri di valutazione della legittimità delle disposizioni del d.l. n. 220/2003, sottoposte al suo esame, e, nell’ottica del “non irragionevole bilanciamento di interessi” di cui si è dato atto, ha escluso la violazione di tali norme proprio sulla base di quella analisi “sistematica” degli artt. 24, 103 e 113 Cost. specificamente riferita al profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale (si veda il punto 4.4 della motivazione laddove si evidenzia che, “anche se nell'ordinanza si fa riferimento ai sopracitati tre articoli della Costituzione, la censura ha un carattere unitario, compendiabile nel dubbio che la normativa censurata precluda «al giudice statale»… di conoscere questioni che riguardino diritti soggettivi o interessi legittimi”), invocata a più riprese da parte ricorrente.

A ciò si aggiunga che la qualificazione del risarcimento come “strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio”, prospettata nel gravame (pag. 11) sulla base di quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204/2004, non esclude che tale forma di tutela possa assurgere ad idonea modalità di garanzia del principio di effettività della tutela giurisdizionale nelle ipotesi (tra cui l’art. 2058 c.c., espressamente richiamato dalla sentenza n. 49/2011 della Consulta) in cui il legislatore, per la necessità di contemperare interessi contrapposti dotati di pari dignità costituzionale (come accade nella fattispecie), individua il risarcimento come esclusiva e “diversificata modalità di tutela giurisdizionale” (punto 4.5 della motivazione della sentenza n. 49/2011).

Nello stesso senso deve essere evidenziato che il nuovo codice del processo amministrativo consacra, in termini netti, la reciproca autonomia processuale tra i diversi sistemi di tutela, con l'affrancazione del modello risarcitorio dalla logica della necessaria "ancillarità" e "sussidiarietà" rispetto al paradigma caducatorio (Adunanza Plenaria n. 3/2011).

La manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale è, poi, confermata dal fatto che, contrariamente a quanto prospettato nel ricorso per motivi aggiunti, il sindacato, a fini caducatori, sugli atti delle federazioni sportive è sicuramente pregiudizievole per l’autonomia dell’ordinamento sportivo (si veda il punto 4.5 della motivazione della sentenza n. 49/2011 secondo cui “la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari” è “posta a tutela dell'autonomia dell'ordinamento sportivo”).

In relazione, poi, alla manifesta infondatezza della prospettata violazione degli artt. 101, 102, 104, 106, 108 e 111 Cost., deve essere evidenziato che le norme in esame non sono applicabili agli organi di giustizia sportiva i quali non hanno natura giurisdizionale e, secondo la sentenza n. 49/2011, sono competenti a valutare solo questioni giuridicamente non rilevanti per l’ordinamento statale (e non già, come prospettato nel ricorso per motivi aggiunti a pag. 15, diritti soggettivi od interessi legittimi); laddove, invece, il provvedimento degli organi di giustizia sportiva coinvolga anche situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale subentra la tutela giurisdizionale (seppure solo risarcitoria) del giudice amministrativo al quale sono sicuramente riferibili i parametri costituzionali di cui sopra.

Sempre nel ricorso per motivi aggiunti il-OMISSIS-prospetta il contrasto tra l’interpretazione costituzionalmente orientata, fornita dalla Consulta con la sentenza n. 49/2011, ed i diritti all’effettività della tutela giurisdizionale e alla libera circolazione delle persone e dei servizi quali desumibili dall’ordinamento comunitario che viene invocato quale parametro di legittimità sia in relazione ad una possibile questione di legittimità costituzionale, attraverso il richiamo all’art. 117 comma 1° Cost. quale norma interposta, che attraverso la questione interpretativa che il ricorrente chiede al Tribunale di sollevare davanti alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Il Tribunale ritiene che tale contrasto non sia ravvisabile.

La stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente (Corte di Giustizia UE sent. 13 maggio 2007 in causa C-432/05), nell’affermare che il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, specifica che “spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario” (punto 39 della sentenza della Corte di Giustizia del 13 maggio 2007 citata) potendosi ritenere la violazione di tale principio solo ove emerga “dall'economia dell'ordinamento giuridico nazionale… che non esiste alcun mezzo di gravame che permette, anche in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario” (punto 41 della predetta sentenza; nello stesso senso Corte di Giustizia UE sent. 18 marzo 2010 in causa C/317 punto 47 della motivazione; Corte di Giustizia UE sent. 15 aprile 2008, causa C-268/06, punti 44 e 45).

Nella fattispecie, la garanzia di effettività della tutela giurisdizionale, come postulata dalla normativa comunitaria, deve essere ritenuta sussistente alla luce di quanto evidenziato dalla sentenza n. 49/2011 della Corte Costituzionale che, in virtù della tutela risarcitoria esperibile nella fattispecie, ha escluso la violazione dell’art. 24 Cost., costituente parametro di legittimità del tutto coerente e omogeneo – per contenuto - rispetto a quelli di matrice comunitaria.

Del resto è lo stesso ordinamento comunitario che ammette che la tutela giurisdizionale possa essere limitata al solo strumento risarcitorio, ove vengano in rilievo interessi di pari rilevanza rispetto alla tutela giurisdizionale stessa (va ricordato che la tutela dello sport e dell’ordinamento sportivo è espressamente garantita dall’art. 165 TFUE); esempi in questo senso sono rinvenibili, tra gli altri, nella normativa in materia di appalti allorchè, in determinati casi, è precluso l’annullamento del contratto (Corte di Giustizia UE, sez. VI n. 448 del 04/12/2003 con riferimento all’art. 2 n. 6 Direttiva 89/665/CEE; si vedano anche il 19° e 22° Considerando e l’art. 2 – nella parte in cui introduce l’art. 2 quinquies alla direttiva 89/665/CEE - della Direttiva 2007/66/CE).

In quest’ottica, va richiamato quanto evidenziato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 3/2011) circa la configurabilità, secondo l’ordinamento comunitario, del risarcimento del danno come rimedio autonomo, anche processualmente (ma non solo), rispetto all’annullamento dell’atto amministrativo (la sentenza richiama vari precedenti tra cui Corte Giust. 28 aprile 1971, in causa C-4/69, Lutticke; Corte Giust. 2 dicembre 1971, in causa C-5/71, Actien-Zuckerfabrik; Corte Giust. 4 ottobre 1979, in cause riunite 241, 242, 245-250/78, DGV-Deutsche Getreivertretung; Corte Giust. 17 maggio 1990, in causa C-87/89, Sonito).

Solo per esigenza di completezza il Tribunale rileva che l’ipotizzata violazione del diritto alla libera circolazione di persone e servizi non è, comunque, riconducibile agli atti impugnati nel presente giudizio, che esplicano efficacia nell’ordinamento nazionale, ma eventualmente alle disposizioni dell’UEFA e della FIFA che consentono l’estensione in ambito sovranazionale di tali sanzioni.

Quanto fin qui evidenziato induce il Tribunale a condividere l’interpretazione degli artt. 2 e 3 d.l. n. 220/2003 fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2011 (seguita anche dalla giurisprudenza successiva alla stessa: si veda Cons. Stato sez. VI n. 5065/2012 riferibile a vicenda che riguarda un altro incolpato che aveva impugnato il medesimo provvedimento gravato nel presente giudizio con il ricorso principale; nello stesso senso Cons. Stato sez. VI n. 5514/2013; TAR Lazio – Roma n. 10158/2013) e ad applicare alla fattispecie oggetto di causa i principi dalla stessa indicati.

Con il ricorso principale il-OMISSIS-chiede esclusivamente l’annullamento delle decisioni della Corte Federale del 25 luglio 2006 e della Corte di Appello Federale del 14 luglio 2006 (oltre agli atti connessi, endoprocedimentali e non, in epigrafe indicati) nella parte le stesse hanno applicato, in relazione all’illecito sportivo contestato al predetto, la sanzione disciplinare dell’inibizione per anni cinque, con proposta al Presidente federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., e dell’ammenda di euro 20 mila.

La domanda caducatoria, pertanto, concerne atti di una federazione sportiva applicativi di una sanzione disciplinare e, quindi, sulla base delle indicazioni provenienti dalla citata sentenza della Corte Costituzionale, in relazione ad essa il giudice amministrativo è sfornito di giurisdizione così come previsto dall’art. 2 comma 1° lettera b) d.l. n. 220/2003.

Ne consegue che il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Il carattere assolutamente pregiudiziale di tale statuizione, concernente la giurisdizione, induce il Tribunale ad assorbire l’eccezione d’inammissibilità, per mancata notifica del ricorso alla controinteressata, proposta dal Codacons e dall’associazione utenti servizi turistici, sportivi e della multiproprietà nella memoria di costituzione depositata il 21 agosto 2006.

Nella medesima memoria i predetti enti hanno chiesto, in via incidentale (nel caso di accoglimento del ricorso principale), l’annullamento della decisione della Corte Federale del 25 luglio e la condanna “per ciascuno dei soggetti coinvolti” (pag. 3) al risarcimento dei danni.

Le predette domande sono inaccoglibili; in particolare, il ricorso incidentale è inammissibile per effetto della dichiarata inammissibilità – per difetto di giurisdizione - del ricorso principale, rispetto al quale il gravame incidentale ha carattere accessorio, mentre la domanda risarcitoria risulta del tutto generica (non sono precisati nemmeno i destinatari della stessa) e sfornita di prova alcuna in ordine agli elementi costitutivi dell’illecito, ivi compresi nesso di causalità e danno.

Con ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica a mezzo posta il 10/07/12 e depositato il 18/07/12, il-OMISSIS-chiede l’annullamento della decisione n. 7 del 3 aprile 2012, con cui l’Alta Corte di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. ha respinto il ricorso, presentato dal predetto, avverso la decisione emessa dalla Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. di cui al Comunicato Ufficiale n. 002/CGF del 9 luglio 2011 che ha confermato la decisione della Commissione Nazionale Disciplinare della F.I.G.C. resa con Comunicato Ufficiale n. 96/CDN del 15 giugno 2011 di irrogazione della sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., e la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni.

Alla luce di quanto in precedenza evidenziato, la domanda di annullamento proposta con il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

A tale statuizione consegue la declaratoria d’inammissibilità, anche in virtù del requisito di accessorietà che lo lega al ricorso per motivi aggiunti, del ricorso incidentale spedito per la notifica a mezzo posta il 27/07/12 e depositato il 28/07/12 con cui la F.I.G.C. ha chiesto l’annullamento della decisione del 3 aprile 2012 dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva.

Per quanto concerne la domanda proposta nel ricorso per motivi aggiunti, con cui il-OMISSIS-ha chiesto il risarcimento dei danni derivanti dagli atti impugnati nel presente giudizio, il Tribunale ritiene che la stessa sia infondata e debba essere respinta stante la legittimità degli atti gravati.

Con riferimento a tale ultimo profilo va rilevato che con il ricorso principale il-OMISSIS-impugna (unitamente agli atti in epigrafe meglio indicati) le decisioni della Corte Federale della F.I.G.C. e della Corte di Appello Federale, emesse rispettivamente il 25 luglio 2006 ed il 14 luglio 2006 ed irrogative della sanzione disciplinare ivi menzionata, deducendo con la prima censura la violazione dei principi del giudice naturale e di imparzialità e legalità, difetto di motivazione ed eccesso di potere; in particolare, il Collegio giudicante sarebbe stato nominato senza alcun criterio oggettivo e dopo che erano stati nominati, senza alcuna necessità, 7 nuovi membri della Corte di Appello Federale (CAF) il che avrebbe comportato l’illegittima individuazione di un Collegio ad hoc.

La doglianza è infondata in quanto, come correttamente rilevato dalla Corte Federale con la sentenza impugnata, la nomina dei componenti della commissione (nella fattispecie necessitata alla luce della decisione del 15/06/06 con cui il CSM ha vietato ai magistrati di ricoprire incarichi presso gli organi di giustizia sportiva) costituisce esercizio di un potere insindacabile del Commissario straordinario rispetto al quale l’art. 31 comma 2° dello Statuto FIGC, all’epoca vigente, prevedeva solo un numero minimo di componenti. Da ciò l’inipotizzabilità di criteri oggettivi predeterminati per la nomina, invocati dal ricorrente.

Con la seconda censura il-OMISSIS-prospetta l’incompetenza ed illegittimità del C.U. del 15/06/06 per falsa applicazione dell’art. 30 dello Statuto della F.I.G.C. e degli artt. 25 e 37 del codice di giustizia sportiva in quanto la competenza a conoscere, in primo grado, del procedimento nei confronti del ricorrente sarebbe spettata alla commissione disciplinare e non alla CAF, come è effettivamente avvenuto, ed, inoltre, la riduzione dei termini procedurali avrebbe pregiudicato i diritti di difesa e di partecipazione al procedimento amministrativo dell’interessato.

Il motivo è infondato.

Nella fattispecie la competenza a giudicare in primo grado della CAF è desumibile dall’inequivoco tenore letterale dell’art. 31 comma 1° dello Statuto secondo cui tale Organo “giudica, in prima istanza, in ordine ai procedimenti disciplinari riguardanti i dirigenti federali” nel cui ambito rientrava, all’epoca dei fatti, anche il ricorrente; il carattere speciale della disposizione e la natura disciplinare delle sanzioni applicate nel caso d’illecito sportivo inducono ad escludere nella fattispecie la competenza della commissione disciplinare invocata da parte ricorrente sulla base dell’art. 30 dello Statuto.

Per quanto concerne, poi, l’abbreviazione dei termini procedurali la stessa è oggettivamente giustificata dalle peculiari esigenze di celerità della fattispecie (riconosciute dallo stesso ricorrente: si veda pag. 28 dell’atto introduttivo), correlate alla necessità di pronta definizione dei campionati, ed è, dal punto di vista formale, legittimata dall’art. 29 c. 11 del codice di giustizia sportiva; a ciò si aggiunga che il-OMISSIS-non ha specificamente comprovato in che modo tale abbreviazione gli abbia impedito l’esercizio del diritto di difesa.

Con la terza censura il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del giusto procedimento sotto vari profili, violazione degli artt. 15, 24, 25, 97 e 111 Cost. nonché 238 e 238 bis e 266 e ss. c.p.p. ed eccesso di potere sotto vari profili; le decisioni impugnate sarebbero viziate perché fondate su intercettazioni provenienti da procedimenti penali non ancora definiti con sentenza, inutilizzabili perché individuate in assenza di contraddittorio e in violazione delle regole del c.p.p. (sul punto è richiamata la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 5895/1998) e non congruenti con gli ulteriori elementi di prova raccolti che comproverebbero l’inesistenza di responsabilità in ordine agli illeciti addebitati.

Il motivo è infondato.

L’utilizzazione nel processo per illecito sportivo di intercettazioni provenienti da un procedimento penale è legittimata dal disposto dell’art. 2 comma 3 l. n. 401/89 secondo cui “gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice”.

Per altro, la Corte Federale nella sentenza (pagg. 56-57) ha spiegato che nella fattispecie le trascrizioni vengono in rilievo non quali prove in sé degli addebiti “ma come mera circostanza storica – non disconosciuta nella sua esistenza, né nel suo oggetto, né nella sua veridicità, dagli incolpati – suscettibile di lettura critica, interpretazione logica, collegamento con gli altri elementi probatori acquisiti”.

Non pertinente, poi, risulta il richiamo della censura alle regole sull’utilizzabilità delle intercettazioni previste dal codice di procedura penale.

Come ha già avuto modo di precisare questo Tribunale (TAR Lazio – Roma n. 5280/2007) “le decisioni degli organi di giustizia sportiva… sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiate dalle garanzie del processo. In particolare, alla "giustizia sportiva" si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi. Richiamando anche la giurisprudenza formatasi in tema di ricorsi amministrativi di cui al D.P.R. 24/11/1971, n. 1199, si evidenzia l'inapplicabilità delle regole processuali di formazione in contraddittorio della prova (tipiche specialmente del processo penale)”.

Il precedente richiamato nel gravame (Cass. SS.UU. n. 5895/98) non è, poi, conferente con la presente fattispecie perché riguarda il procedimento disciplinare a carico dei magistrati ordinari (disciplinato dagli artt. 59 e ss. l. n. 916/58) che ha natura giurisdizionale (Cass. SS.UU. n. 11964/2011; Corte Cost. n. 1995/71) e, quindi, diversa da quella – amministrativa – del procedimento davanti agli organi di giustizia sportiva.

Con la quarta censura il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 6 del codice di giustizia sportiva ed eccesso di potere sotto vari profili in quanto le sentenze impugnate avrebbero illogicamente considerato collegate le posizioni di-OMISSIS-e di altro incolpato (OMISSIS) al quale ultimo sarebbero esclusivamente imputabili le condotte illecite, avrebbero erroneamente ritenuto la condotta del ricorrente sussumibile sotto l’ambito applicativo dell’art. 6 del codice di giustizia sportiva (non ipotizzabile per la mancanza dell’attitudine della condotte contestate all’alterazione delle gare e per la non sanzionabilità di eventuali casi di alterazione della classifica senza alterazione delle gare), avrebbero operato un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai dirigenti di altre società (le cui condotte sarebbero state qualificate ai sensi dell’art. 1 c.g.s.) e avrebbero violato il principio di proporzionalità.

La censura è inaccoglibile perché mira a censurare inammissibilmente le valutazioni di merito degli organi della giustizia sportiva.

A ciò si aggiunga che la corretta qualificazione della fattispecie ai sensi dell’art. 6 del codice di giustizia sportiva, in termini di idoneità delle condotte contestate ad alterare le competizioni sportive, ed il rapporto con l’altro incolpato menzionato nella censura risultano comprovate dalla natura di illecito a consumazione anticipata (espressamente valorizzata dalla CAF a pag. 90 della sentenza) e dagli elementi di fatto congruamente valutati dalla Corte Federale nella sentenza, alla quale si rinvia (si vedano, in merito, le pagg. 64-65 sui rapporti tra-OMISSIS-e OMISSIS e 67-69 sull’idoneità causale delle condotte ai fini della produzione degli effetti vietati dall’art. 6 del codice di giustizia sportiva).

Le circostanze in esame sono, altresì, confermate dalla sentenza n. 31623/2015 con cui la Cassazione (nel dichiarare la prescrizione dei reati contestati) ha definitivamente accertato, a carico del ricorrente, l’esistenza dei reati di associazione a delinquere ex art. 416 c.p. e di illecita alterazione di una partita ex art. 1 l. n. 401/89; nell’occasione la Suprema Corte ha espressamente affermato (pag. 47 e 70-74 della sentenza) che le condotte poste in essere dal ricorrente, tra cui l’alterazione delle griglie arbitrali, sono sicuramente idonee a falsare il risultato delle partite di campionato.

La correttezza della qualificazione della fattispecie, operata dalla Corte Federale, e la natura vincolata di tale attività inducono il Tribunale a ritenere non rilevante la prospettata disparità di trattamento rispetto agli altri incolpati.

Nella fattispecie, poi, la sanzione applicata è giustificata dalla “gravità” e reiterazione delle condotte addebitate al ricorrente, quali desumibili dagli atti del procedimento sportivo (si vedano, in merito, le pagg. 76-77 della sentenza della Corte Federale; sul punto si richiama anche quanto in prosieguo sarà esplicitato in relazione ad analoga censura proposta con il ricorso per motivi aggiunti); da ciò l’insussistenza della prospettata violazione del principio di proporzionalità.

Con il ricorso per motivi aggiunti il -OMISSIS- poi, censura la decisione n. 7 del 3 aprile 2012, con cui l’Alta Corte di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. ha respinto il ricorso dal predetto presentato avverso la decisione emessa dalla Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. di cui al Comunicato Ufficiale n. 002/CGF del 9 luglio 2011 che aveva confermato la decisione della Commissione Nazionale Disciplinare della F.I.G.C. resa con Comunicato Ufficiale n. 96/CDN del 15 giugno 2011 di irrogazione della sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. deducendo i seguenti vizi:

- violazione del principio di proporzionalità di cui agli artt. 3 e 27 Cost. nonché 49 comma 3° della Carta di Nizza in quanto la sanzione della preclusione definitiva alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. non si giustificherebbe alla luce delle condotte concretamente riferibili al ricorrente;

- eccesso di potere per illogicità, manifesta irragionevolezza e difetto d’istruttoria in quanto la sanzione della radiazione definitiva sarebbe stata irrogata in assenza di attività istruttoria e senza tenere conto della non assimilabilità della posizione del ricorrente a quella di altro incolpato (OMISSIS) e del fatto che il-OMISSIS-avrebbe, comunque, rispettato le prescrizioni inibitorie comminate dalle sentenze emesse dagli organi di giustizia sportiva nel 2006.

I motivi in esame (a prescindere dalla tardività degli stessi, dedotta dalla resistente F.G.C.I., irrilevante in questa sede in cui non viene scrutinata la legittimità della domanda caducatoria) sono infondati.

I vizi dedotti, infatti, ripropongono censure formulate davanti alla Corte di Giustizia e dalla stessa ritenute inaccoglibili con valutazione immune da vizi di legittimità sindacabili in questa sede.

In particolare, ai fini dell’applicazione della sanzione della radiazione (avente finalità sanzionatoria e preventiva: pag. 24 della sentenza), l’Alta Corte ha valorizzato la “gravità” dei fatti, come desumibili dalle decisioni emesse nel 2006 (divenute definitive per l’ordinamento sportivo), richiamando, a tal fine, la gravità delle condotte e la riconducibilità delle stesse ad un quadro complessivo di significativa rilevanza e la posizione soggettiva rivestita dall’incolpato nell’ambito dell’ordinamento sportivo (all’epoca dei fatti Consigliere federale della F.I.G.C.) e di una delle società di calcio più prestigiose a livello nazionale ed internazionale (amministratore delegato della società OMISSIS ) il che, secondo la Corte, ha comportato una significativa “valenza suggestiva di rischi di modello e di esempio” (pag. 24).

La valutazione dell’Alta Corte, in punto di “gravità”, risulta, poi, supportata dalle risultanze del procedimento penale che ha coinvolto il ricorrente; in quest’ottica significativa rilevanza assume quanto desumibile dalla sentenza di condanna emessa all’esito dell’udienza del 14/12/09 in cui il GUP del Tribunale di Napoli ha evidenziato che il ricorrente “fu inserito stabilmente nel sodalizio che ebbe lo scopo di determinare l’andamento del campionato di calcio oggetto del processo, partecipando in modo attivo ai momenti essenziali della sua vita e contribuendo in modo determinante, anche tramite la partecipazione diretta alla consumazione di tre dei delitti scopo, al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi e non solo di quelli legati agli interessi della sua società” (pagg. 194-5).

Nello stesso senso deve essere riguardata la sentenza n. 31623/2015 con cui la Corte di Cassazione, nell’assolvere il ricorrente a seguito dell’intervenuta prescrizione, ha definitivamente accertato, nei confronti del predetto, i reati di cui agli artt. 416 c.p. e 1 l. n. 401/89 (quest’ultimo in relazione ad un solo episodio) ed il significativo ruolo rivestito dal-OMISSIS-nel sodalizio criminoso.

L’accertata gravità delle condotte riferibili al ricorrente giustifica la valutazione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva che ha ritenuto, ai fini dell’individuazione della sanzione applicabile, non significativo, anche perché “necessitato”, il comportamento successivo all’irrogazione dell’inibizione del 2006.

Quanto fin qui evidenziato induce il Tribunale ad escludere profili d’illegittimità degli atti impugnati che possano giustificare una responsabilità risarcitoria degli enti intimati.

Per questi motivi la domanda risarcitoria formulata nel ricorso per motivi aggiunti è infondata e deve essere respinta.

L’assoluta novità e la particolarità delle questioni giuridiche oggetto di causa (alcune delle quali sono state definite da una sentenza della Corte Costituzionale emessa dopo la proposizione del ricorso) giustificano la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ai sensi dell’art. 52 comma 2° d. lgs. n. 196/2003 il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti (desumibili anche dal richiamo ai procedimenti penali citati nella motivazione) per disporre, in caso di riproduzione della sentenza, l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente -OMISSIS-e di-OMISSIS-, intimato non costituito, citato negli atti impugnati, nel gravame e nel presente provvedimento come interessato dal procedimento disciplinare e dal procedimento penale;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) dichiara l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

2) dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dal Codacons e dall’associazione utenti servizi turistici, sportivi e della multiproprietà – sezione tifosi dell’Inter e della Roma con la memoria depositata il 21 agosto 2006;

3) respinge la domanda di risarcimento del danno presentata dal Codacons e dall’associazione utenti servizi turistici, sportivi e della multiproprietà – sezione tifosi dell’Inter e della Roma con la memoria depositata il 21 agosto 2006;

4) dichiara l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, della domanda di annullamento formulata dal-OMISSIS-con il ricorso per motivi aggiunti spedito per la notifica a mezzo posta il 10/07/12 e depositato il 18/07/12;

5) dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla F.I.G.C. con atto spedito per la notifica a mezzo posta il 27/07/12 e depositato il 28/07/12;

6) respinge la domanda di risarcimento del danno presentata da -OMISSIS-con il ricorso per motivi aggiunti spedito per la notifica a mezzo posta il 10/07/12 e depositato il 18/07/12;

7) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità delle parti indicate in motivazione, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente -OMISSIS-e-OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

Michelangelo Francavilla, Presidente FF, Estensore

Maria Grazia Vivarelli, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/04/2016

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