T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9409 /2016 Pubblicato il 20/08/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: Società A.S. OMISSIS S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Antonio Conte e Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Saverio Sticchi Damiani in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina n. 26;

contro

l’Alta Corte di Giustizia Sportiva, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio; la Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC-, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Panama n. 58; il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI -, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Giancarlo Guarino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nibby n. 7;

per la condanna

al risarcimento del danno per equivalente,

previo accertamento dell’illegittimità,

- della decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 6 del 26.02.14, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla Società ricorrente avverso i provvedimenti con cui è stata comminata l’ammenda di euro 50.000,00, con obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva nord privi di spettatori, disponendo la revoca della sospensione della sanzione comminata con provvedimento del 21.10.2013;

- dei presupposti provvedimenti C.U. della Corte di Giustizia Federale n. 206 del 14.2.2014, integrato con C.U. 210/GF, nonché C.U. del Giudice Sportivo n. 123 del 6.2.2014;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;

nonché per l’accertamento dell’illegittimità e, ove occorra, per la disapplicazione

dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva, nella parte e per le motivazioni espresse nel corpo del testo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC - e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI -;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2016, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

A seguito di cori della tifoseria romana nei confronti di quella napoletana, quali: “Lavali, lavali lavali col fuoco, o Vesuvio lavali col fuoco” e “OMISSIS  m..., OMISSIS  colera sei la vergogna intera”, in occasione della partita di Campionato di serie A OMISSIS-OMISSIS  tenutasi presso lo stadio olimpico in data 18.10.2013, con decisione pubblicata sul C.U. 63 del 21.10.2013 il Giudice Sportivo ha sanzionato, a titolo di responsabilità oggettiva, l’A.S. OMISSIS con l’ammenda di € 50.000 e l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori.

Tuttavia, in applicazione della previsione di cui all’art. 16, comma 2 bis, del Codice di Giustizia Sportiva, il Giudice Sportivo ha sospeso per anni uno l’esecuzione delle sanzioni irrogate “con l’avvertenza che, nel caso di specifica recidività nell’ambito di tale periodo, la sospensione verrà revocata e la sanzione si aggiungerà a quella deliberata per la nuova violazione”.

Tale decisione è rimasta inoppugnata.

Nel corso della gara di Campionato OMISSIS -  OMISSIS del 16.12.2013 si sono riproposti cori ritenuti di discriminazione razziale provenienti dal settore ospiti, per cui, con decisione pubblicata sul C.U. n. 94 del 17.12.2013, il Giudice Sportivo ha sanzionato la Società ricorrente con l’ammenda di € 50.000 e l’obbligo di disputare una gara con il settore denominato Curva Sud privo di spettatori, disponendo nel contempo, ex art. 16, comma 2 bis, del Codice di Giustizia Sportiva, la revoca della sospensione dell’esecuzione della sanzione deliberata con C.U. n. 63 del 21.10.2013.

Con ordinanza interlocutoria della I Sezione, la Corte di Giustizia Federale, su reclamo dell’A.S. Roma, ha disposto “supplementari accertamenti istruttori”, precisando che “resta(va) vigente la sospensione condizionale delle sanzioni, ex art.16.2 bis CGS, disposta in esito all’incontro Roma - Napoli del 18 ottobre 2013” (C.U. della Corte di Giustizia Federale n. 147 del 20.12.2013).

La Corte di Giustizia Federale ha poi annullato la sanzione irrogata dal Giudice Sportivo all’A.S. Roma in relazione a quanto accaduto nella gara OMISSIS - OMISSIS del 16.12.2013 (C.U. n. 336 del 19.6.2014).

In occasione della semifinale di andata della TIM CUP OMISSIS – OMISSIS  del 5.2.2014 presso lo stadio Olimpico, spettatori occupanti i settori Curva Nord e Curva Sud hanno nuovamente intonato cori identici a quelli già sanzionati con il C.U. 63 del 21.10.2013.

Pertanto il Giudice Sportivo, rilevato che la A.S. OMISSIS era “già incorsa nella medesima violazione”, con decisione pubblicata sul C.U. n. 123 del 6.2.2014, ha sanzionato detta Società con l’ammenda di € 50.000 e con l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori, disponendo la revoca della sospensione della sanzione disposta con provvedimento del 21.10.2013.

Tale pronuncia è stata gravata dinanzi alla Corte di Giustizia Federale, la quale ha respinto il reclamo dell’A.S. OMISSIS, con decisione resa nota nel dispositivo con C.U. n. 206 del 14.2.2014 e in forma integrale con C.U. n. 210 del 18.2.2014.

È stato, perciò, proposto ricorso dinanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva, la quale, con decisione n. 6/2014 del 26.2.2014, lo ha respinto.

Con il presente ricorso la A.S. OMISSIS S.p.A. ha chiesto la condanna al risarcimento del danno per equivalente, previo accertamento dell’illegittimità della decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 6 del 26.2.2014 e dei presupposti provvedimenti C.U. della Corte di Giustizia Federale n. 206 del 14.02.2014, integrato con C.U. 210/CGF, nonché del C.U. del Giudice Sportivo n. 123 del 06.02.2014 e degli atti connessi, nonché l’accertamento dell’illegittimità e, ove occorra, la disapplicazione dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva.

I motivi di diritto dedotti sono i seguenti:

I - Illegittimità e inapplicabilità dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva – illegittimità della sanzione per indeterminatezza del contenuto precettivo dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva – erronea e falsa applicazione del concetto di discriminazione territoriale – disparità di trattamento.

La sanzione presenterebbe profili di illegittimità inerenti l’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva.

Detta norma avrebbe una portata precettiva lacunosa, tale da ingenerare incertezza, idonea ad inficiare la norma stessa ed i provvedimenti assunti nella sua osservanza.

Essa prevede: “le Società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione”.

Specifica poi che “costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica”.

Il concetto di discriminazione e, in particolare, quello di discriminazione territoriale avrebbe dovuto essere ben definito nel precetto della norma al fine di delineare una specifica differenza tra i cori discriminatori e quelli declassati a semplici “sfottò”.

La lacuna normativa de qua genererebbe un clima di incertezza nell’applicazione del diritto, nonché di disparità di trattamento, dal momento che non sarebbe consentito sapere con certezza ciò che è passibile di sanzione e ciò che non lo è.

L’indeterminatezza della disposizione in esame sarebbe tanto più ingiustificabile se si considera che la sua violazione determina una responsabilità a titolo oggettivo della Società, i cui tifosi si rendono protagonisti di comportamenti vietati.

Anche l’Alta Corte si sarebbe pronunciata al riguardo, rilevando le difficoltà applicative e decidendo di rimettere la questione agli organi competenti per colmare le lacune riscontrate.

Nella specie non sarebbe ragionevole ritenere che il riferimento, da parte della tifoseria romana, al Vesuvio costituisca elemento idoneo a identificare una discriminazione territoriale.

II - Violazione del “principio generale Coppa Italia” – erronea e falsa applicazione dell’art. 19, comma 11.1, del Codice di Giustizia Sportiva – indeterminatezza del contenuto precettivo dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva ,sotto altro profilo – contraddittorietà – irragionevolezza – eccesso di potere.

Il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui le due sanzioni – l’una ricevuta il 21.10.2013 in Campionato e l’altra del 6.2.2014 in TIM Cup – sono collocate sullo stesso piano, così che la seconda è considerata recidiva della prima ed è ritenuta legittima la scelta di far scontare durante una partita di Campionato una sanzione subita in TIM Cup.

Mancherebbe nell’ordinamento sportivo una norma che prevede che le sanzioni possano essere applicate indifferentemente su ogni tipo di competizione.

L’art. 19, par. 11.1, del Codice di Giustizia Sportiva, sebbene dettato in tema di sanzioni disciplinari per i tesserati, esprimerebbe il principio fondamentale per cui le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva nelle gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni organizzate dai Comitati regionali si scontano nelle rispettive competizioni.

Detta norma è l’unica dell’intero Codice di Giustizia Sportiva a trattare delle conseguenze disciplinari in Coppa Italia e sarebbe, pertanto, estendibile per analogia anche al caso in esame, soprattutto in considerazione del fatto che l’art. 18 del Codice, concernente la responsabilità delle Società, non dice nulla sulle modalità di irrogazione della sanzione e quindi non esiste una norma specifica in tal senso.

La possibilità di procedere a tale estensione si ricaverebbe anche dall’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva, secondo il quale, “in assenza di specifiche norme del presente Codice e degli altri regolamenti federali, gli Organi della Giustizia sportiva adottano le proprie decisioni in conformità ai principi generali di diritto applicabili nell’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale, nonché a quelli di equità e correttezza sportiva”.

Secondo l’Alta Corte, il principio generale sarebbe quello dell’applicabilità delle sanzioni senza alcuna distinzione tra le competizioni, mentre il principio di cui all’art. 19 sarebbe derogatorio e, in quanto tale, applicabile solo in alcune circostanze, ma essa stessa avrebbe dichiarato che il principio derogatorio di cui all’art. 19 del Codice di Giustizia Sportiva Giustizia va nella direzione indicata dal ricorrente per alcune manifestazioni (Coppa Italia, Coppe Regioni e le fasi di play off e play out). Sarebbe, perciò, evidente la contraddittorietà della decisione dell’Alta Corte.

Conseguentemente la sanzione irrogata sarebbe illegittima, in quanto, in applicazione del principio espresso all’art 19 del Codice di Giustizia Sportiva, il Giudice Sportivo, all’esito di quanto accaduto in Coppa Italia il 5.2.2014, avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 16.2 bis del Codice, irrogare la sanzione e al contempo sospenderla perché prima violazione della A.S. Roma in quella competizione, restando ferma quella già vigente in campionato.

Peraltro, anche nel caso in cui la sanzione fosse stata in qualche modo legittima, in virtù del principio di divisione tra diverse competizioni, mai gli Organi Sportivi avrebbero potuto legittimamente consentire che la sanzione irrogata in TIM Cup venisse scontata durante una partita di Campionato, atteso che la norma che sanziona i cori discriminatori con la chiusura dei settori da cui provengono ha la duplice funzione di corroborare la responsabilità oggettiva della Società e di punire proprio i tifosi responsabili di tali violazioni.

Anche in questo caso, l’Alta Corte, pur respingendo il ricorso, si sarebbe espressa sulla fondatezza delle censure proposte avverso l’impianto normativo, affermando: “In principio, è innegabile che in una partita di Coppa Italia, rispetto ad una gara di campionato, i settori che tradizionalmente accolgono le tifoserie (nel nostro caso le curve) sono occupati ed occupabili da platee di spettatori diverse, giacché per il campionato si tratta di abbonati mentre per la Coppa Italia si tratta di acquirenti dei biglietti. La conseguenza, secondo cui gli abbonati, che si vedono precluso l’ingresso alla curva per un fatto almeno astrattamente imputabile ad una diversa platea di spettatori (cioè quelli paganti, della partita di Coppa Italia), costituisce un elemento su cui solo una modifica normativa - che certo la Corte non può proporre né invocare - potrebbe intervenire. Tanto, dunque, nel respingere anche questo motivo del ricorso sulla base delle norme in vigore, la Corte può limitarsi a segnalare, ai sensi dell’art. 5, co. 1, lett. d) del Codice alla Giunta Nazionale del Coni e, per suo tramite, alla FIGC per le valutazioni di rispettiva competenza”.

III - Erroneità della revoca della sospensione per litispendenza.

In via subordinata la ricorrente censura la legittimità della revoca della sospensione disposta in data 21.10.2013 per litispendenza. In proposito rileva che la sanzione impugnata contiene un doppio contenuto precettivo, vale a dire l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori e la revoca della sospensione della sanzione disposta con provvedimento del 21.10.2013.

Tuttavia con C.U. del 17.12.2013, il Giudice Sportivo, acquisiti gli atti ufficiali della partita Milan - OMISSIS del 16.12.2013, aveva già comminato la sanzione di € 50.000 di ammenda e disposto l’obbligo di disputare una gara con il settore denominato Curva Sud privo di spettatori, nonché la revoca della sospensione della sanzione disposta con provvedimento del 21.10.2013.

A seguito dell’impugnazione proposta dalla ricorrente, la Corte di Giustizia Federale aveva disposto supplementi istruttori e nelle more sospeso l’esecutività della sanzione inflitta dal Giudice Sportivo, specificando: “Resta altresì vigente la sospensione delle sanzioni, ex art. 16, co. 2 bis, CGS, disposta in esito all’incontro OMISSIS - OMISSIS  del 18.10.2013”.

È stata sospesa, quindi, tanto la sanzione maturata a seguito della partita Milan -OMISSIS del 16.12.2013, quanto la revoca della sospensione della sanzione risalente alla gara del 18.10.2013.

La terza sanzione del 17.12.2013 ha soppiantato la seconda sanzione, quanto meno in parte qua, non considerando che all’epoca pendeva il relativo giudizio.

IV - In subordine: violazione del principio di proporzionalità.

I cori incriminati sarebbero provenuti dall’intera Curva Sud e da solo 1/5 dei tifosi della Curva Nord, perciò soltanto da circa 1.500 spettatori, ma il Giudice Sportivo ha deciso di chiudere l’intero settore, sottraendo la possibilità di assistere alla partita una percentuale di platea estremamente superiore rispetto a quella che aveva originato la sanzione (ogni curva contiene circa 8000 posti).

V - Violazione e/o erronea e falsa applicazione dell’art. 22 del Codice di Giustizia Sportiva.

La sanzione è stata irrogata con C.U. nel quale non era specificato da quale gara decorresse l’obbligo di tenere chiusi i settori Curva Sud e Curva Nord.

L’art. 22 del Codice di Giustizia Sportiva, l’unica norma che si occupa dell’esecuzione delle sanzioni, stabilisce che “le sanzioni inerenti alla squalifica del campo sono eseguite con decorrenza dalla seconda giornata di gara successiva alla data di pubblicazione del comunicato ufficiale e, nel caso in cui debbano disputarsi gare infrasettimanali, dalla terza giornata, salvo diverse disposizioni dell’Organo di Giustizia sportiva, per motivi di particolare rilievo”.

La chiusura di un settore dello stadio presenterebbe similitudine con la squalifica del campo, per cui, applicando l’art. 22 citato anche per la chiusura di un settore dello stadio, tale chiusura può ritenersi legittima solo ove avvenga a decorrere dalla seconda giornata successiva al C.U., salvo che gli Organi di Giustizia sportiva prevedano diversamente.

Nella specie invece la sanzione è stata irrogata alla prima gara utile, peraltro di Campionato, a soli due giorni di distanza dalla decisione della Corte di Giustizia Federale.

In ricorso viene poi asserita la sussistenza in concreto degli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria: a) elemento oggettivo, che consterebbe dell’illegittimità dei provvedimenti censurati; b) elemento soggettivo, rappresentato dalla colpa grave imputabile all’Alta Corte di Giustizia Sportiva (essa ha respinto il ricorso nonostante avesse evidenziato le criticità della norma alla base della sanzione e l’incertezza della sua portata precettiva); c) danno, consistente nella perdita economica causata dalla chiusura dei settori e nel danno all’immagine e nel danno causato ai tifosi titolari di abbonamento per le partite casalinghe; d) nesso di causalità, integrato nella riferibilità del danno alla chiusura dei settori dello stadio.

È stata infine fatta una quantificazione del danno sofferto per effetto della sanzione de qua: € 50.000,00 a titolo di ammenda già corrisposta, oltre la somma per mancato guadagno derivante dalla chiusura dei due settori e, in via subordinata, contestando le modalità di esecuzione della sanzione, il maggior danno derivante dall’esecuzione durante una partita di Campionato anziché di TIM Cup.

Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC – e successivamente si è costituito anche il Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI.

Entrambe le controparti, con riferimento all’impugnativa proposta avverso l’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva, hanno eccepito l’inammissibilità, per mancata osservanza della pregiudiziale sportiva, sostenendo che la predetta disposizione sarebbe stata censurata per la prima volta dinanzi a questo Tribunale, in contrasto con l’art. 3 della legge n. 280/2003.

Nel merito esse hanno rimarcato il carattere eccezionale delle norme invocate dalla Società ricorrente a fondamento delle censure dedotte sub II e V.

La parte ricorrente ha resistito alle eccezioni ed alle difese delle controparti.

Nella pubblica udienza del 4.7.2016 il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1 - Con il presente ricorso l’ A.S. OMISSIS S.p.A. ha chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 6 del 26.2.2014, con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla stessa avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale, resa nota nel dispositivo con C.U. n. 206 del 14.2.2014, con la quale è stato rigettato il reclamo contro la decisione del Giudice Sportivo resa con decisione pubblicata sul C.U. n. 123 del 6.2.2014, di irrogazione alla medesima Società ricorrente dell’ammenda di € 50.000,00, con obbligo di disputare una gara con i settori denominati “Curva Sud” e “Curva Nord” privi di spettatori.

1.1 - Essa ha altresì impugnato l’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva, di cui è stata fatta in concreto applicazione.

2 - Deve preliminarmente rilevarsi che l’A.S. OMISSIS ha chiamato in giudizio sia la Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC – sia il Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI -, senza, tuttavia, esplicitare il soggetto nei confronti del quale ha rivolto la domanda risarcitoria.

In altre parole, non si compOMISSIS  se il destinatario della domanda risarcitoria proposta in questa sede sia la FIGC, essendo stata la sanzione disciplinare de qua irrogata dal Giudice Sportivo e confermata dalla Corte di Giustizia Federale, che ha respinto il reclamo avverso la sanzione stessa, entrambi afferenti appunto alla FIGC, oppure il CONI, presso il quale è istituita l’Alta Corte di Giustizia Sportiva.

Va poi detto che, come sarà esaminato più approfonditamente dappresso, con il presente ricorso è stato impugnato anche l’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, approvato con deliberazione del CONI.

2.1 - Tale rilievo in ordine alla mancata individuazione del soggetto nei confronti del quale è rivolta la domanda risarcitoria OMISSIS  generica la domanda stessa, rispetto ai cui elementi costitutivi sarà in ogni caso successivamente condotto un esame.

3 - Al fine di accertare la sussistenza o meno dell’antigiuridicità dell’azione occorre verificare se gli atti censurati siano o meno illegittimi.

4 - L’esame pOMISSIS  le mosse dal citato art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva, norma in concreto applicata alla specie, la quale, nel prevedere una responsabilità oggettiva, in capo alle Società sportive, per cori discriminatori di propri tifosi, così specificava (nel testo vigente quando è stata comminata la sanzione qui contestata): “costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di…origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”.

Si denuncia l’indeterminatezza di tale disposizione, la quale mancherebbe di definire in modo puntuale il concetto di discriminazione e, in particolare, quello di discriminazione territoriale, e si lamenta il clima di incertezza nell’applicazione del diritto, nonché di disparità di trattamento causato dalla rilevata lacuna normativa.

4.1 - In via preliminare va vagliata l’eccezione, mossa da entrambe le controparti, secondo cui al riguardo non sarebbe stata rispettata la pregiudiziale sportiva, essendo stata la suindicata disposizione censurata per la prima volta dinanzi a questo Tribunale.

Va rilevato in proposito che l’art. 3 del d.l. n. 220/2003, convertito, con modificazioni dalla legge n. 280/2003, prevede che, “esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”.

È palese che, quando, come nel caso che ci occupa, non sussista il vincolo di giurisdizione sportiva, l’impugnazione di atti del CONI o delle Federazioni sportive è disciplinata dal codice del processo amministrativo ed evidentemente si svolge dinanzi al giudice amministrativo, solo dopo che siano esauriti i gradi della giustizia sportiva. In altre parole, non può essere adito il giudice amministrativo se prima non si sono percorsi tutti i gradi della giustizia sportiva.

Questo iter processuale non sarebbe stato esperito rispetto alla disposizione del Codice di Giustizia Sportiva de qua.

4.2 - In effetti, a seguito dell’esame del reclamo proposto dinanzi alla Corte di Giustizia Federale avverso la decisione del Giudice Sportivo e del ricorso (anche dei motivi aggiunti) instaurato davanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva contro la decisione della Corte di Giustizia Federale, si perviene proprio alla suddetta conclusione.

In primo luogo l’art. 11 in questione non ha costituito oggetto di precipua impugnazione dinanzi ai suddetti organi di giustizia sportiva. Ciò emerge ictu oculi.

Ma neppure si rinvengono contestazioni alla previsione della norma, essendo queste rivolte nei confronti dell’interpretazione data alla stessa, sfavorevole alla Società ricorrente; nell’ambito della giurisdizione sportiva, infatti, si muove il rilievo che, data l’ampiezza di contenuti presentata dalla norma, si sarebbe fornita un’interpretazione non corretta, foriera di disparità di trattamento.

4.3 - L’inammissibilità dell’impugnazione della disposizione di che trattasi per le ragioni suesposte non impedisce al Collegio di rilevare comunque l’impossibilità concreta, per la norma, di enucleare le singole fattispecie integranti la discriminazione territoriale, stante l’ampia casistica connessa con “la fantasia e l’inventiva” dei tifosi.

4.4 - Con riferimento al caso in esame può solo evidenziarsi che non appare affatto debordare dai limiti del concetto di discriminazione territoriale il contenuto dei cori eseguiti dai tifosi, la cui recidiva ha dato luogo alla sanzione dell’ammenda di € 50.000 e dell’obbligo di disputare la partita successiva in assenza di tifosi nelle Curve Sud e Nord dello Stadio Olimpico.

Va rammentato, infatti, che si è trattato dei seguenti cori: “Lavali, lavali lavali col fuoco, o Vesuvio lavali col fuoco” e “OMISSIS  m..., OMISSIS  colera sei la vergogna intera”, rispetto ai quali è inequivocabile il riferimento territoriale e sono evidenti la portata offensiva ed il carattere fortemente discriminatorio.

5 - Una volta eseguito tale accertamento e riconosciuto che ricorre in concreto l’ipotesi di cui all’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva, resta da verificare se la Società ricorrente avesse ancora diritto ad una sospensione della sanzione o ne meritasse la concreta irrogazione, ravvisandosene i presupposti e non individuandosi al contrario quelli per l’ulteriore sospensione.

Si rammenta che, con decisione pubblicata sul C.U. n. 63 del 21.10.2013, il Giudice Sportivo aveva sanzionato, a titolo di responsabilità oggettiva, l’A.S. OMISSIS per cori discriminatori con l’ammenda di € 50.000 e l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori, ma, in applicazione dell’art. 16, comma 2 bis, del Codice di Giustizia Sportiva, ne aveva sospeso l’esecuzione per un anno, “con l’avvertenza che, nel caso di specifica recidività nell’ambito di tale periodo, la sospensione” sarebbe stata “revocata e la sanzione” si sarebbe aggiunta “a quella deliberata per la nuova violazione”.

Successivamente, per una situazione similare, con decisione pubblicata sul C.U. n. 94 del 17.12.2013, il Giudice Sportivo aveva nuovamente sanzionato la Società ricorrente con l’ammenda di € 50.000 e l’obbligo di disputare una gara con il settore denominato Curva Sud privo di spettatori, disponendo nel contempo, ex art. 16, comma 2 bis, del Codice di Giustizia Sportiva, la revoca della sospensione dell’esecuzione della sanzione deliberata con C.U. n. 63 del 21.10.2013.

La sanzione non ha avuto esecuzione solo in quanto, avendo l’A.S. OMISSIS proposto reclamo avverso quest’ultima decisione, la Corte di Giustizia Federale ha disposto supplementari accertamenti istruttori ed ha mantenuto “la sospensione condizionale delle sanzioni, ex art.16.2 bis CGS, disposta in esito all’incontro OMISSIS - OMISSIS  del 18 ottobre 2013”.

5.1 - Tuttavia deve evidenziarsi che, essendo intervenuta entro l’arco temporale di un anno dalla prima sanzione (quella disposta con C.U. n. 63 del 21.10.2013) una nuova sanzione, disposta con C.U. n. 123 del 6.2.2014, a seguito di cori discriminatori registrati nella semifinale di andata della TIM CUP OMISSIS – OMISSIS  del 5.2.2014, correttamente è venuta meno la sospensione in precedenza accordata ai sensi dell’art. 16, comma 2 bis.

Pertanto la litispendenza riferita alla sanzione irrogata con C.U. n. 94 del 17.12.2013 (successivamente annullata) certamente non impediva l’esecuzione delle sanzione dell’obbligo di disputare una partita con i settori Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori.

6 - In ordine poi alle modalità di esecuzione di detta sanzione, nel presente ricorso sono state mosse diverse censure.

6.1 - In primo luogo si assume che il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo nella parte in cui le due sanzioni – l’una ricevuta il 21.10.2013 in Campionato e l’altra del 6.2.2014 in TIM Cup – sono collocate sullo stesso piano, così che la seconda è considerata recidiva della prima ed è ritenuta legittima la scelta di far scontare durante una partita di Campionato una sanzione subita in TIM Cup.

In proposito si sostiene che, in assenza di una norma all’interno dell’ordinamento sportivo che prevede che le sanzioni possano essere applicate indifferentemente su ogni tipo di competizione, si applicherebbe l’art. 19, par. 11.1, del Codice di Giustizia Sportiva, il quale, in relazione alle sanzioni disciplinari per i tesserati, esprimerebbe il principio fondamentale per cui le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva nelle gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni organizzate dai Comitati regionali si scontano nelle rispettive competizioni.

6.2 - Non può condividersi l’illustrata prospettazione di parte ricorrente.

È la stessa Società ricorrente a riconoscere che l’ordinamento sportivo non ha in via generale previsto alcuna modalità di esecuzione delle sanzioni disciplinari. Ne deriva che ordinariamente non sono state dettate regole in materia.

Ciò che può affermarsi è soltanto che la sospensione dell’esecuzione è prevista dall’art. 12, comma 2 bis, del Codice di Giustizia Sportiva per la durata di un anno. Se nel corso di tale periodo si incorre nuovamente nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella comminata per la nuova violazione.

Il riferimento al periodo di un anno è generico, non attribuendosi rilevanza, perciò, al tipo di competizione nel corso della quale si è verificata la recidiva.

Conseguentemente, al solo accertarsi di una seconda infrazione, indipendentemente dalla competizione in cui essa ha avuto luogo, la sanzione va in concreto eseguita, non rilevando la competizione in cui ciò deve avvenire.

La ricorrente, a fondamento della ritenuta illegittimità della sanzione che obbliga di far disputare la successiva partita con i settori Curva Nord e Curva Sud privi di spettatori, invoca l’art. 19, par. 11.1, del Codice di Giustizia Sportiva.

Tuttavia tale disposizione, la quale stabilisce che le sanzioni inflitte dagli Organi della giustizia sportiva in relazione a gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni organizzate dai Comitati regionali si scontano nelle rispettive competizioni, si riferisce specificamente alle sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati delle società. In altre parole, solo per determinate sanzioni (ammonizione, ammonizione con diffida, ammenda, ammenda con diffida e squalifica per una o più giornate di gara) inflitte ai danni di dirigenti, soci e tesserati delle società si prevede tale speciale modalità di esecuzione.

Proprio in quanto norma speciale, la sua portata applicativa non può estendersi in via analogica anche a sanzioni diverse, comminate nei confronti di soggetti diversi.

7 - Va inoltre puntualizzato che le sanzioni sono tassative, nel senso che il Codice di Giustizia Sportiva ne individua alcune determinate in relazione a specifici comportamenti degli stessi soggetti che ne sono colpiti o, a titolo di responsabilità oggettiva, delle Società sportive cui fanno capo i tifosi che li hanno posti in essere e non ne possono essere applicate in concreto altre.

7.1 - Le sanzioni a carico delle Società sono individuate all’art. 18 del Codice di Giustizia Sportiva. Tra tali sanzioni si annovera quella qui in concreto comminata, rappresentata dall’obbligo di disputare la partita con uno o più settori senza spettatori.

In questo caso, provenendo i cori da entrambi i settori delle Curve (non importa in che misura percentuale rispetto al totale degli spettatori occupanti ciascuno di tali settori), correttamente è stata irrogata la sanzione dell’obbligo di disputare la partita con ambedue i settori privi di spettatori, non essendo consentito al Giudice Sportivo di graduarne la portata, limitando l’accesso solo ad una parte della Curva Nord, come erroneamente sostiene l’A.S. OMISSIS S.p.A..

8 - Va infine rilevato che correttamente la sanzione è stata eseguita nella prima partita utile disputata successivamente alla sua irrogazione.

8.1 - Il Codice di Giustizia Sportiva non detta al riguardo una regola generale, mentre evidentemente la decisione attuata costituisce una conseguenza logica del venir meno della sospensione della sanzioni per recidiva dell’infrazione nell’arco temporale di un anno.

8.2 - La norma indicata dalla ricorrente per sostenere la differibilità dell’esecuzione della sanzione non può trovare invece applicazione nel caso in esame, sempre in ossequio al principio di specialità.

In particolare, la A.S. OMISSIS asserisce che dovrebbe applicarsi l’art. 22 del Codice di Giustizia Sportiva, l’unica norma che si occupa dell’esecuzione delle sanzioni, secondo cui “le sanzioni inerenti alla squalifica del campo sono eseguite con decorrenza dalla seconda giornata di gara successiva alla data di pubblicazione del comunicato ufficiale e, nel caso in cui debbano disputarsi gare infrasettimanali, dalla terza giornata, salvo diverse disposizioni dell’Organo di Giustizia sportiva, per motivi di particolare rilievo”.

La norma richiamata si riferisce specificamente ed unicamente alla squalifica del campo, che integra una sanzione diversa da quella qui in concreto irrogata, e, pertanto, dato il suo carattere di specialità, non può applicarsi analogicamente.

9 - A conclusione della presente disamina deve affermarsi che non ricorre l’elemento oggettivo della fattispecie aquiliana, necessario, unitamente agli altri, per poter riconoscere il risarcimento del danno, atteso che la sanzione assunta a presupposto della domanda risarcitoria è stata correttamente e legittimamente irrogata.

9.1 - Ne deriva che il ricorso in esame, recante appunto la domanda risarcitoria correlata alla sanzione de qua, è infondato e deve essere rigettato.

10 - Le spese di giudizio seguono la soccombenza, ponendosi a carico dell’A.S. OMISSIS S.p.A., e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:

- rigetta il ricorso in epigrafe;

- condanna la Società ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in forfetari € 6.000,00 (seimila/00), oltre oneri di legge, da imputarsi in parti uguali in favore delle controparti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2016, con l’intervento dei Magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

Francesca Petrucciani, Primo Referendario

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