T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 12514/2018 Pubblicato il 24/12/2018

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dal sig.-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudia Salvador e Matteo Sperduti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandra Petti in Roma, piazza Prati degli Strozzi, 32;

contro

Comitato Olimpico Nazionale Italiano - Coni, rappresentato e difeso dall'avvocato Michel Martone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia,11; Federazione Italiana Giuoco Calcio - Figc, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58;

Collegio di Garanzia dello Sport presso il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Procura Federale presso La Figc, Corte Federale di Appello presso la Figc, Tribunale Federale di Appello presso la Figc, Lega Italiana Calcio Professionistico, Lega Nazionale Dilettanti - Lnd, Dipartimento Interregionale presso la Lnd, Procura Generale dello Sport presso il Coni, tutti non costituiti in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

- dell’atto di deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. -OMISSIS-del 30.07.2015 prot. n. 1319/859 bis pf14-15/SP/blp;

- della delibera emanata dal Tribunale Federale Nazionale – Sez. Disciplinare presso la FIGC, pubblicata sul C.U. n. 17/TFN del 20.08.2015;

- del ricorso alla Corte Federale di Appello della F.I.G.C., contro il C.U. 17/TFN, a firma del Procuratore Federale FIGC del 22 agosto 2015;

- del dispositivo emanato dalla Corte Federale di Appello - Sez. Unite della F.I.G.C. con C.U. n. 017/CFA (2015/2016) del 29 agosto 2015;

- della motivazioni della delibera emanata dalla Corte Federale di Appello presso la F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 020/CFA (2015/2016);

- del dispositivo della decisione emessa dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI Prot. n. 00714/2015, emesso in data 27 ottobre 2015;

- delle motivazioni della decisione emessa dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI Prot. N. 00765/2015 con decisione n. 58 Anno 2015, pubblicata in data 24 novembre 2015;

nonché di ogni eventuale ulteriore atto (allo stato non noto), anteriore o conseguente ai sopra citati, che abbia un contenuto analogo ad essi e collegato agli stessi;

di tutti gli atti presupposti costituiti dall'insieme del Procedimento Prot. 1319 /859bis pf14-15/SP/blo della Procura Federale e del Procedimento Prot.00765/2015 e dei relativi giudizi collegati e connessi agli atti sopra indicati ed impugnati in relazione all'applicazione dei Regolamenti interni del Codice di Giustizia Sportiva e degli enti EsoFederali, nei quali è previsto l'istituto giuridico dell'illecito contestato;

di tutti gli atti (regolamentari, normativi o di altro genere), presupposti o conseguenti, ad essi comunque connessi;

per l’accertamento

della fondatezza della pretesa del ricorrente ad ottenere il proscioglimento completo dalle contestazioni avanzate nel giudizio in essere derivanti dal deferimento Prot. 1319 /859bis of14-15/SP/blp e dei giudizi connessi allo stesso nonché annullamento dello decisioni avverse al ricorrente derivanti dai giudizi sopra indicati;

per la condanna

della Federazione Italiana Giuoco Calcio e di tutte le parti resistenti al risarcimento di tutti i danni cagionati al ricorrente dagli atti e provvedimenti impugnati e sopra menzionati, che ci si riserva di quantificare;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della Federazione Italiana Giuoco Calcio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2018 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso, spedito per la notifica il 22 gennaio 2016 e depositato il successivo 5 febbraio, il sig. -OMISSIS-, impugna gli atti del procedimento disciplinare sportivo, meglio descritti in epigrafe, conclusosi con la pronuncia del Collegio di Garanzia dello Sport per chiederne l’annullamento e la condanna al risarcimento dei danni cagionati dagli atti impugnati.

Il ricorrente premette in fatto che:

- la Procura Federale della FIGC, a seguito delle indagini portate avanti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, mai sfociate in atti di accusa a suo carico, in data 30/07/2013 lo ha deferito, insieme ai sigg.ri -OMISSIS- Srl, per la violazione dell'art. 7, commi I e 2, del CCP., per avere, prima della gara OMISSIS - OMISSIS del 29.10.2014 di Coppa Italia Lega Pro, in concorso fra loro, con altri soggetti non tesserati ed altri allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta OMISSIS ndo contatti ed accordi diretti allo scopo sopra indicato;

- con delibera C.U. n. 117/TFN, pubblicata il 20 agosto 2015, il TFN, non ritenendo raggiunta la prova della contestazione avanzata a carico del ricorrente in merito alla contestazione dell'illecito da parte della Procura Federale, condannava il sig. -OMISSIS-alla sanzione di anni 2 di inibizione e 25.000,00 euro di ammenda, riconoscendolo responsabile esclusivamente per la violazione dell’art. 6 comma 1 del CGS (divieto di scommesse) al pari degli altri incolpati -OMISSIS-;

- la decisione del Tribunale Federale veniva impugnata sia dalla Procura Federale che, quale società terza interessata, dall'-OMISSIS- 1919 s.r.l., sia dall'odierno ricorrente, dinnanzi alla Corte Federale d'Appello, la quale, con decisione pubblicata, limitatamente al dispositivo, sul C.U. n. 017/CFA del 29 agosto 2015 e, completa di motivazioni, sul CU n. 020/CFA del 09.09.2015, aveva accolto i soli gravami presentati dall'organo requirente e dall'-OMISSIS- (con integrale rigetto, quindi, del gravame proposto dall'odierno ricorrente), disponendo nei confronti del -OMISSIS-la sanzione dell’inibizione per anni 5 (cinque) con preclusione e ammenda di € 80.000 (ottantamila/00) ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 e 6, C.G.S.;

- l’argomento probatorio esposto nella decisione della CFA, secondo cui la realizzazione dell'illecito come contestato, le circostanze di tempo e di luogo in occasione dello quali si realizzarono gli incontri, le telefonate e le comunicazioni tra i soggetti coinvolti, tutte a ridosso del giorno della gara, consentono di escludere — contrariamente a quanto sostenuto dal TFN - che le attività dei deferiti si limitarono a scommette sul risultato della gara, capitalizzando la notizia, peraltro di dominio pubblico da settimane, che la società Torres avrebbe schierato per l'occasione una formazione di giovani e di seconde linee, non si fonda su condotta idonea e causalmente adeguata;

- non ci sarebbero, pertanto, ad avviso del ricorrente, elementi chiari e precisi a comprova dell’illecito, consistito nell’accordo sul risultato della gara, ma sarebbe stata sanzionata l’intenzione;

- la decisione veniva appellata dal ricorrente innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del Coni per violazione dei principi in materia di valutazione della prova da parte dalla Corte Federale d'Appello ed insufficiente ed omessa motivazione della decisione;

- la Procura Generale esponeva l'attività di indagine posta in essere dal proprio ufficio e richiedeva l’accoglimento dei ricorsi presentati dalle parti;

- il ricorso del ricorrente veniva, tuttavia, dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato, ed accoglieva il ricorso della Procura Federale e della società -OMISSIS-;

- nel motivare l’inammissibilità, la decisione evidenzia che, atteso il carattere di giudizio di legittimità spettante al Collegio di garanzia, sarebbero state prospettate censure non aventi ad oggetto vizi sindacabili nel giudizio di legittimità (violazioni di norme e omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia) e non specificamente argomentate in relazione a detti vizi, inoltre, talune doglianze sarebbero volte a contrapporre una possibile soluzione diversa da quella cui la decisione impugnata è pervenuta relativamente ad un fatto, né sarebbero stati precisati i casi tassativi di cui ai motivi specificati nell’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva;

- quanto al merito la sentenza del Collegio di garanzia ha affermato che non integra alcuna violazione delle regole processuali la difforme valutazione delle medesime prove da parte del Corte Federale rispetto al giudice di primo grado, nè la configurazione dell’illecito di cui si tratta richiedeva necessariamente il l’accertamento del coinvolgimento anche dei giocatori, avendo i giudici d’appello ritenuto sufficienti le prove raccolte peraltro oggetto anche di un procedimento penale.

Ciò premesso il ricorrente impugna la decisione del Collegio di Garanzia e tutti gli atti presupposti, chiedendo l’accertamento della pretesa al proscioglimento ed al risarcimento di tutti i danni subiti.

La difesa articola i seguenti motivi di gravame, argomentando in premessa in ordine alla piena cognizione del giudice amministrativo e, ove non ritenuta, la riproposizione di questione preliminare di legittimità costituzionale delle norme di cui all’art. 1, lett. b) e 2 d.l. 220/2003, nella parte in cui riservano al giudice sportivo la cognizione diretta delle sanzioni disciplinari sportive e limitando la loro cognizione in via indiretta ed incidentale al giudice amministrativo ai fini della sola tutela per equivalente, mediante risarcimento del danno:

1) violazione e falsa applicazione dell'art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, con contestuale violazione dei principi del giudizio di legittimità; erronea valutazione dei fatti ed eccesso di potere con decisione fondata su illogicità e genericità della motivazione. Secondo il ricorrente la decisione del Collegio di Garanzia avrebbe erroneamente dichiarato inammissibili censure fondate sulla dedotta omessa o insufficiente motivazione, come previsto dall’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva, atteso che il ricorrente ha contestato “l'assenza di conseguenzialità tra la natura della sanzione applicata rispetto alla scarna ed illogica motivazione” e “l’omessa motivazione” della decisione della Corte Federale d’Appello;

2) violazione degli artt. 24, 97 e 111 della Costituzione; eccesso di potere per errore e difetto di istruttoria, dei presupposti della motivazione; illogicità o ingiustizia manifesta; violazione dell’art. 3 della legge 241/1990, in quanto la decisione del Collegio di Garanzia non avrebbe esplicitato le ragioni della assenza di corrispondenza tra le disposizioni dell’art. 54 del CGS e il ricorso, alla luce della circostanza che il ricorrente aveva denunciato l’impossibilità di esplicitare il proprio diritto di difesa e contestava l’acquisizione delle prove nel giudizio sportivo, non limitandosi a chiedere una diversa lettura degli elementi acquisiti. La decisione, inoltre, nulla direbbe in merito alle richieste avanzate dalla Procura Generale del CONI per l’accoglimento dei ricorso ed affermerebbe il principio che possa ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta in base a indizi gravi, precisi e concordanti, anziché un accertamento assoluto al di là di ogni ragionevole dubbio;

3) violazione dei principi costituzionali di cui agli art. 3, 15 e 27 Costituzione; eccesso di potere per errore e difetto di istruttoria, dei presupposti, della motivazione, travisamento, illogicità ed ingiustizia manifesta in relazione al principio del contraddittorio e formazione della prova. Violazione dell'art. 3 L. 241/1990, in quanto sarebbero state illegittimamente usate nel procedimento disciplinare sportivo intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, in violazione delle previsioni costituzionali in materia di segretezza della corrispondenza, da qui l’insufficienza dell’apparato probatorio e la contraddittorietà della motivazione della decisione della Corte Federale in merito alla valutazione delle prove acquisite ove riconosce che esse non permettono l’accertamento assoluto della commissione dell’illecito. Il ricorrente lamenta, inoltre, che siano state ritenute rilevanti solo una minima parte delle intercettazioni disponibili e si sarebbe impedita una valutazione dei comportamenti dei soggetti indagati nel loro complesso, anche respingendo per inammissibilità le prove a difesa articolate dalla difesa del ricorrente in quanto ritenute non rilevanti o valutative, non tenendo conto della mancata audizione dei calciatori scesi in campo da parte dell’organo requirente;

4) violazione delle norme dei Codice di Giustizia Sportiva della FIGC e del CONI; difetto di motivazione, erronea, ingiusta, illogica e generica, violazione dell'art. 3 L. 241/1990; eccesso di potere nella valutazione dei fatti; violazione dell'art. 6 CEDU, apparendo illogica la totale difformità tra la decisione del giudice di secondo grado rispetto a quella di 1° grado senza rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in violazione dell’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte di Cassazione, ove statuirebbe che la Corte d’Appello è tenuta a rinnovare l’istruttoria dibattimentale quando intende operare un diverso apprezzamento rispetto al giudice di 1° grado, che aveva ritenuto integrata solo la violazione del divieto di scommesse;

5) violazione ed erronea applicazione dell’art. 133 c.p., dell’art. 3 L. 241/90 e ss. mm., errore dei presupposti e della motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta, attesa la sproporzione tra l’illecito indimostrato e la sanzione, la cui determinazione in concreto non risulta motivata.

Con memoria depositata l’11 febbraio 2016 la Federazione Italiana Giuoco Calcio si è costituita e controdeduce chiedendo il rigetto del ricorso ove non ritenuto inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella parte in cui si chiede l’annullamento delle sanzioni disciplinari.

Il 16 febbraio 2016 si è costituito il CONI con atto di rito.

Il 12 novembre 2018 la FIGC ha depositato documenti ed il 15 novembre successivo ha prodotto memoria con cui insiste nell’eccezione di difetto di giurisdizione e resiste nel merito.

Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Il Collegio può pertanto esimersi dall’affrontare la questione pregiudiziale relativa all’ambito della cognizione del giudice amministrativo in materia di sanzioni disciplinari sportive, come già optato con la sentenza n. 3375/2017, pronunciata dalla Sezione sul ricorso proposto dal sig. -OMISSIS-, coinvolto nel medesimo episodio che ha dato luogo alle sanzioni di cui qui si tratta.

Con argomentazioni a cui si rinvia, la citata sentenza, alla luce della infondatezza nel merito del ricorso, ha affermato l’inammissibilità della questione di costituzionalità delle norme di cui al d.l. 220/2003, per la loro irrilevanza, ben potendo il giudice conoscere delle sanzioni disciplinari in via incidentale ed indiretta al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

I motivi di doglianza, sopra sinteticamente riportati, si appuntano, anche mediante le censure alla decisione del Collegio di Garanzia (che ha in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso), sulla decisione della Corte Federale d’Appello la quale, in parziale accoglimento del ricorso della Procura federale, ha riformato in pejus la decisione del TFN nei confronti del ricorrente e ha disposto la sanzione dell’inibizione per anni 5 con preclusione e ammenda di € 80.000,00 ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 e 6, CGS, in quanto ritenuto colpevole della effettiva alterazione del risultato della gara e non solo della violazione del divieto di scommesse, come sanzionato dal TFN.

La Corte Federale ha ritenuto sussistente “ampia prova della responsabilità del -OMISSIS-” il quale, in base a quanto si legge nella sentenza, “per sua stessa ammissione a conoscenza della circostanza che il gruppo serbo, con l’intermediazione e l’aiuto dei sigg.ri -OMISSIS-, stava scommettendo sulla partita della sua squadra (Pisa/Torres del 29 ottobre 2014) e in particolare sul suo risultato finale”, è stato artefice della combine.

La suddetta responsabilità in ordine all’illecito si ricaverebbe, in base a quanto si legge nella decisione, dai contatti del -OMISSIS- con il -OMISSIS-, i quali avevano rapporti, tramite il -OMISSIS-, con un gruppo di scommettitori serbi. In occasione di un pranzo tenutosi il giorno prima a Valmontone, il -OMISSIS- afferma che non fu affrontato l’argomento della partita da disputare a Pisa, ma solo dell’acquisto di alcuni giocatori, ma le incongruenze emerse dal confronto delle deposizioni di -OMISSIS- e Sampino confermerebbe che l’argomento fosse proprio la partita da disputarsi.

Dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni rese innanzi alla Procura della Repubblica di Catanzaro sarebbe emerso che i sopra menzionati concordarono il risultato (1 handicap e over), come poi si è verificato con la vittoria del Pisa per 4 a 0 sul Torres.

Le circostanze di tempo e di luogo in cui si sono verificati gli incontri, le telefonate e le comunicazioni tra i soggetti coinvolti, tutti a ridosso del giorno della gara, consentono, ad avviso della CFA, di escludere che le attività dei deferiti si limitassero alla scommessa sul risultato della gara, come tenta di giustificarsi il ricorrente con argomentazioni ritenute “inverosimili”.

Ad avviso della Corte Federale, inoltre, non rileva che, allo stato, non fossero stati identificati i giocatori coinvolti.

Ciò premesso, con il primo motivo di gravame il ricorrente sostiene che la decisione del Collegio di Garanzia avrebbe erroneamente dichiarato inammissibili censure fondate sulla dedotta omessa o insufficiente motivazione, come previsto dall’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva, atteso che il ricorrente ha contestato “l'assenza di conseguenzialità tra la natura della sanzione applicata rispetto alla scarna ed illogica motivazione” e “l’omessa motivazione” della decisione della Corte Federale d’Appello.

Il motivo è infondato.

Attraverso la formale censura della omessa motivazione il ricorrente punta a chiedere una diversa valutazione degli elementi di prova acquisiti al procedimento sanzionatorio, elementi che, secondo il ricorrente, non sarebbero sufficienti a provare la contestata combine, mentre, di contro, per quanto si legge nella decisione del Collegio di Garanzia, quest’ultimo ha ritenuto che il giudice di secondo grado sia legittimamente, “sulla base del medesimo materiale probatorio già esaminato in primo grado (…) giunto ad una valutazione diversa trattandosi di circostanza che ben può essere possibile nei diversi gradi di giudizio”.

Il Collegio di garanzia ha ritenuto del pari legittimo configurare l’illecito della alterazione del risultato della partita anche senza l’accertamento di un coinvolgimento anche dei giocatori, “avendo i giudici d’appello evidentemente ritenuto sufficienti gli elementi comunque già raccolti sulla vicenda (peraltro oggetto di un procedimento penale)”.

Piuttosto che di difetto di motivazione, insussistente, alla luce di quanto sopra riportato del contenuto della decisione della CFA, il ricorrente lamenta l’inadeguatezza del quadro probatorio, mirando a offrire della vicenda accertata una diversa lettura.

Gli incontri con gli altri deferiti, le telefonate ed i messaggi, per il loro contenuto non sempre esplicito, offrono al ricorrente agio di offrire una interpretazione che, tuttavia, la CFA ha respinto giudicandola inverosimile.

Su detta valutazione, a meno di opporre elementi idonei ad integrare un vizio di manifesta illogicità o travisamento, il Collegio non poteva accogliere la richiesta di una nuova e diversa valutazione, sostituendo la propria a quella della Corte.

Il motivo va, quindi, respinto, poiché infondato.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la sufficienza di un grado inferiore di certezza, ottenuta in base a indizi gravi, precisi e concordanti, anziché un accertamento assoluto al di là di ogni ragionevole dubbio.

Anche questo motivo è infondato.

La Sezione ha già avuto modo di evidenziare che “ai fini dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte degli organi di giustizia sportiva, non può richiedersi quella certezza ed incontrovertibilità della prova richiesta dinanzi al giudice penale” (così Tar Lazio I ter 3530/2017).

Nel caso di specie le circostanze accertate hanno consentito al CFA di ritenere, con giudizio non affetto da illogicità o travisamento, che gli accordi intervenuti tra i soggetti deferiti, ivi compreso il ricorrente, avessero come obiettivo quello di modificare il risultato della partita, e tale ipotesi ha trovato riscontro nell’esito della gara, nei contenuti e nella modalità delle comunicazione intercorse tra gli incolpati a ridosso della partita, modalità che non avrebbero trovato altra verosimile spiegazione, e nelle incongruenze delle deposizioni dei soggetti coinvolti.

Con il terzo motivo il ricorrente ritiene illegittimo l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche acquisite nel procedimento penale.

Anche questo motivo è infondato.

Si tratta di intercettazioni regolarmente autorizzate, se utilizzate nel procedimento penale, e, a maggior ragione, se acquisite dalle Procure Federali, titolari dell’azione disciplinare, in forza di quanto prevede l’art. 2, comma 3 della legge 401/1989 sugli “Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive”, ove dispone che “Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'art. 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'art. 114 dello stesso codice”.

La giurisprudenza è di regola pacifica nel ritenere che “(l)egittimamente viene assunto e utilizzato a fondamento di una decisione adottata in sede amministrativa, il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche acquisite agli atti di un procedimento penale, atteso che, in linea generale, nel procedimento amministrativo, è vigente il principio della libera utilizzazione degli elementi di prova acquisiti in processi diversi” (T.A.R. Lazio Roma 08/06/2007, n. 5280).

Del pari infondata è la dedotta mancata acquisizione di ulteriori prove richieste dalle parti al fine di una valutazione complessiva degli indagati.

Le prove per le quali può censurarsi la mancata acquisizione sono solo quelle ammissibili e rilevanti ai fini del giudizio.

Nel caso di specie la rilevanza non può essere data da una considerazione tanto generica quale è quella della mancata valutazione complessiva dei comportamenti dei soggetti deferiti, posto che deve invece trattarsi di elementi di prova idonei a smentire il quadro indiziario risultante dall’istruttoria.

Della idoneità di detti elementi di prova al suddetto fine, la difesa del ricorrente non offre argomenti.

La Corte Federale aveva già escluso la verisimiglianza delle giustificazioni addotte dal ricorrente per spiegare le ragioni dei contatti e dello scambio di informazioni a ridosso della partita oggetto dell’accordo e delle scommesse.

Quanto alla mancata identificazione dei calciatori coinvolti, si tratta di circostanza inidonea a smentire l’impianto accusatorio fondato sulle intercettazioni e le deposizioni, e come tale irrilevante, se non ai fini della estensione delle contestazioni anche a questi ultimi, ma inutile ai fini di una più favorevole considerazione del caso sub judice, atteso il ruolo svolto dal ricorrente quale Presidente della Torres e il comportamento tenuto.

Anche ove fosse impossibile acquisire elementi a carico dei singoli calciatori, la responsabilità del ricorrente per i fatti di cui si tratta non verrebbe meno, atteso che l’identificazione dei calciatori ed il loro deferimento non costituisce elemento essenziale della fattispecie disciplinare.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 6 CEDU, che imporrebbe alla Corte d’Appello di rinnovare l’istruttoria dibattimentale nel caso in cui intendesse operare un diverso apprezzamento rispetto al giudice di 1° grado.

In disparte l’inammissibilità del motivo, per essere stato proposto per la prima volta proposto con l’odierno ricorso, il motivo è altresì infondato.

Nel caso sub judice il TFN, in prima istanza, aveva ritenuto integrata solo la violazione del divieto di scommesse, mentre la Corte Federale ha riformato in pejus la decisione senza rinnovare l’istruttoria dibattimentale.

L’art. 6 della CEDU non è pertinente, non contenendo alcuna prescrizione di tale tenore, da ritenersi, peraltro, estesa a qualsivoglia procedimento, anche disciplinare.

Non a caso il principio riportato è tratto dalle massime della Corte di Cassazione Penale che si riferisce ai giudizi penali e non risulta applicabile anche ai procedimenti amministrativi, posto che tali sono i procedimenti avanti agli organi di giustizia sportiva (vedi CdS V 24/08/2018 n. 5046).

Con il quinto motivo il ricorrente contesta la sanzione irrogata sul presupposto della fondatezza delle doglianze sopra esaminate.

A tale riguardo il ricorrente, rilevando l’inesistenza di un limite edittale, si duole di una mancata motivazione della sanzione in concreto irrogata.

Anche questo motivo è infondato, oltre che inammissibile per non essere stato dedotto nel ricorso avverso la decisione della CFA.

Precisato che la violazione disciplinare è quella di cui all’art. 7, commi 1 e 2 del CGS con l’aggravante del comma 6 della effettiva alterazione del risultato della gara, il -OMISSIS- è stato sanzionato con l’inibizione per 5 anni, oltre la preclusione e l’ammenda per euro 70.000,00 per illecito sportivo e 10.000,00 per l’aggravante contestata, in conformità alla richiesta della Procura Federale avendo, all’evidenza, la Corte Federale ritenuto congrua la misura.

Si nota che il soggetto di cui si tratta era all’epoca Presidente della SEF Torres 1903, proprio da quest’ultimo coinvolta nella infrazione disciplinare, da cui è altresì scaturito il procedimento penale nell’ambito del quale sono state raccolte le prove dell’accordo illecito.

Con riguardo, pertanto, all’illecito disciplinare per il quale è risultato responsabile, il motivo è inammissibile per genericità, non specificando quali sarebbero gli elementi e le circostanze che avrebbero dovuto condurre ad una diversa e meno severa determinazione della sanzione.

Per quanto premesso, il ricorso va respinto.

La reiezione del gravame, alla luce della infondatezza dei motivi sopra scrutinati, comporta altresì il rigetto della domanda risarcitoria, mancando il presupposto della illegittimità del provvedimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione in favore del CONI e della FIGC delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge da ripartirsi in parti uguali tra ciascuna di dette parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone fisiche menzionate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Daniele Dongiovanni, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore

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