T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 556/2021 Pubblicato il 15/01/2021
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento n.11;
contro
CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Fidanzia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 6;
Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli e Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Po, n. 9;
Collegio di Garanzia dello Sport non costituito in giudizio;
nei confronti
Figc - Federazione Italiana Gioco Calcio non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 14, pubblicato in data 14 febbraio 2017, di cui al prot. n. -OMISSIS-, con cui il Collegio di Garanzia dello Sport in Sezioni Unite ha respinto il ricorso avverso la decisione della Corte Federale d'Appello della F.I.G.C., pubblicata con C.U. n. 067/CFA del 5 ottobre 2016, che ha irrogato al ricorrente la sanzione della inibizione per anni tre;
- di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale;
nonché per il risarcimento
dei danni patiti e patendi dal ricorrente a causa dei suindicati provvedimenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della FIGC- Federazione Italiana Giuoco Calcio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2020 il dott. Vincenzo Blanda come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente, dirigente sportivo tesserato della F.I.G.C., ha adito questo Tribunale per ottenere l’annullamento del provvedimento n. 14 del 14 febbraio 2017 con cui il Collegio di Garanzia dello Sport ha confermato l’irrogazione nei suoi confronti della sanzione disciplinare della inibizione per tre anni, disposta dalla Corte Federale d’Appello con decisione del 5 ottobre 2016 nonché il risarcimento dei danni in conseguenza patiti.
2. Avverso la decisione dell’organo di giustizia sportiva di ultima istanza, il ricorrente deduce, quale unico motivo di illegittimità, la manifesta violazione dell’art. 34 bis, codice giustizia sportiva F.I.G.C. (di seguito anche c.g.s. FIGC).
Senza entrare nel merito dei fatti che hanno originato il procedimento disciplinare di cui è causa, le censure di parte ricorrente si appuntano esclusivamente sulla violazione delle norme procedurali dettate dal codice della giustizia sportiva FIGC per i giudizi disciplinari.
Il vizio di legittimità, più in particolare, inficerebbe in modo radicale l’atto impugnato, perché il Collegio di Garanzia ha ritenuto di non dover dichiarare estinto il procedimento disciplinare a carico del ricorrente, nonostante l’intervenuto spirare del termine perentorio previsto dalla suddetta norma per la pronuncia della decisione disciplinare di secondo grado.
L’interessato espone, infatti:
- di aver proposto appello, con atto di reclamo del 26 luglio 2016, avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale del 20 luglio 2016, che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare dell’inibizione per 3 anni e 6 mesi e l’ammenda di € 60.000;
- la Corte Federale d’Appello ha fissato l’udienza di trattazione in data 21 settembre 2016, senza rispettare i termini fissati dall’art. 41, c.g.s. FIGC per l’avviso di convocazione;
- richiesti i termini a difesa, l’udienza è stata differita al 5 ottobre 2016, data in cui è stata pronunciata la decisione con pubblicazione del dispositivo, quando ormai risultava essere spirato il termine perentorio fissato dall’art. 34 bis, c.g.s. FIGC, per la pronuncia di secondo grado.
L’art. 34 bis “Termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”, cit., statuisce, infatti, al comma 2, che “il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del reclamo.”
Il successivo comma 5 stabilisce, poi, che “il corso dei termini di estinzione è sospeso nelle ipotesi previste dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, fatta salva la facoltà del Collegio giudicante di disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare.”
Le ipotesi di sospensione espressamente previste dal richiamato art. 38, comma 5, c.g.s. CONI, sono, dunque, le seguenti:
“a) se per lo stesso fatto è stata esercitata l’azione penale, ovvero l’incolpato è stato fermato o si trova in stato di custodia cautelare, a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna, fermo che l’azione disciplinare è promossa e proseguita indipendentemente dall’azione penale relativa al medesimo fatto;
b) se si procede ad accertamenti che richiedono indispensabilmente la collaborazione dell’incolpato, e per tutto il tempo necessario;
c) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;
d) in caso di gravi impedimenti soggettivi dei componenti del collegio giudicante, per il termine strettamente necessario alla sostituzione”.
Nella specie, secondo la prospettazione di parte ricorrente, non essendosi verificata alcuna delle quattro ipotesi di sospensione su citate, il procedimento disciplinare nei confronti del sig. -OMISSIS- avrebbe dovuto essere dichiarato estinto, stante il decorso del termine di giorni 60 dalla data di proposizione del reclamo.
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano e la Federazione Italiana Giuoco Calcio si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 3759 del 19 luglio 2017, questa Sezione, ritenendo sussistenti dubbi di legittimità costituzionale in relazione all’art. 2, D.L. 19 agosto 2003, n. 220, come convertito dalla Legge 17 ottobre 2003, n. 280 e che ricorressero, altresì, i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ha accolto la domanda cautelare sospendendo la sanzione disciplinare fino alla decisione da parte della Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale.
Con successiva ordinanza n. 10171 dell’11 ottobre 2017, questa Sezione ha poi sollevato, “ritenendola rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, primo comma, lett. b) e, in parte qua, secondo comma, d.l. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, così come interpretato dalla Corte Costituzionale nelle sentenza, 11 febbraio 2011, n. 49, nel senso secondo cui è sottratta al sindacato del giudice amministrativo la tutela annullatoria nelle controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari sportive incidenti su situazioni giuridicamente rilevanti per l’ordinamento statale”, disponendo, per l’effetto, la sospensione del giudizio fino alla pronuncia da parte della Consulta.
L’ordinanza cautelare n. 3759 del 2017 è stata impugnata dalla FIGC innanzi al Consiglio di Stato, che, con ordinanza n. 4818 del 10 novembre 2017, ha accolto l’appello cautelare e respinto quindi la richiesta di sospensione promossa dal ricorrente, “…atteso che, alla stregua della consolidata giurisprudenza amministrativa e della sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, difetta la giurisdizione del giudice amministrativo sull’azione di annullamento esperita avverso la sanzione disciplinare dell’inibizione per tre anni irrogata ad un tesserato con provvedimento del Collegio di Garanzia (a sezioni unite) dello Sport della F.I.G.C. (in termini, da ultimo, Cons. Stato, V, 15 marzo 2017, n. 1173)”.
Con sentenza n. 160 del 17 aprile 2019, trasmessa a questo Tribunale e comunicata alle parti con nota del 25 giugno 2019, la Corte Costituzionale ha concluso per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata.
In particolare, condividendo l’interpretazione costituzionalmente orientata già offerta con sentenza n. 49 del 2011, la Consulta ha osservato come la normativa di cui al D.L. n. 220 del 2003 sia “frutto del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il menzionato principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo”, riconoscendo che, una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva, al Giudice amministrativo spetti unicamente la giurisdizione sugli aspetti risarcitori.
In vista dell’udienza di merito il CONI e la FIGC hanno presentato memorie in cui eccepiscono in via preliminare l’estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 295 c.p.c. e 80 c.p.a. e/o dell’art. 81 c.p.a., sull’assunto che il ricorrente non avrebbe presentato istanza di riassunzione del giudizio presentato istanza di fissazione di udienza (né diverso atto di impulso) entro il termine di novanta giorni (rectius: quarantacinque trattandosi di controversia sottoposta a rito accelerato ex art. 119 c.p.a.) dalla data di comunicazione del deposito della sentenza della Corte Costituzionale per cui si sarebbe realizzata l’ipotesi di estinzione di cui all’art. 35, comma 2, lett. a), c.p.a.-.
Hanno eccepito inoltre: il difetto di giurisdizione con riferimento all’azione impugnatoria, il difetto di legittimazione passiva sia della FIGC che del CONI rispetto alla domanda risarcitoria, l’inesistenza degli elementi integrativi della responsabilità risarcitoria.
All’udienza del 1.12.2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. La vicenda in esame ha ad oggetto la decisione del 14 febbraio 2017, n. 14/2017 con cui il Collegio di Garanzia dello Sport a Sezioni Unite ha respinto l’impugnazione del ricorrente, dirigente sportivo di una società di calcio, notificata al CONI in data 19 aprile 2017 avverso la decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC del 5 ottobre 2016, n. 67 (con motivazione depositata in data 28 novembre 2016) con cui era stata irrogata la sanzione della inibizione per tre anni.
2. In via preliminare occorre disattendere la eccezione di difetto di legittimazione passiva del CONI, formulata da quest’ultimo, sul presupposto che il Collegio di Garanzia dello Sport non costituirebbe organo del CONI, per cui il primo avrebbe propria legittimazione.
L’eccezione è infondata.
Secondo un condivisibile recente orientamento della giurisprudenza amministrativa il Collegio di Garanzia dello Sport non ha personalità giuridica autonoma e distinta da quella del C.O.N.I. ed emette atti a natura amministrativa e non giurisdizionale, sicché la legittimazione processuale va riconosciuta in capo al C.O.N.I. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7165/2018).
Il Collegio di Garanzia appartiene all’ente pubblico C.O.N.I. in ragione di quanto disposto nello Statuto di quest’ultimo (atteso che l’art. 12, con cui viene definito nel suo complesso il sistema di giustizia sportiva – al cui vertice è posto il predetto Collegio di garanzia, ex art. 12-bis – è parte integrante del Titolo II, che ne disciplina l’organizzazione interna).
3. Analoghe considerazioni valgono per la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) atteso che il ricorso (presentato presso gli organi della giustizia sportiva) è volto all'annullamento della sanzione disciplinare di tre anni di inibizione disposta dagli organi della medesima FIGC e, in particolare, dal Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare (Comunicato Ufficiale n. 4/TFN del 20.7.2016) e dalla Corte Federale d’Appello (Comunicato Ufficiale n. 067/CFA del 5.10.2016 con motivazione depositata il 28 novembre 2016).
In altri termini il presente contenzioso trae origine da un provvedimento disciplinare irrogato dagli organi della FIGC, per cui ogni attività conseguente, ivi compreso il giudizio in esame - anche ai soli fini risarcitori - non può che coinvolgere la medesima Federazione.
L’eccezione va quindi respinta.
4. Occorre ora soffermarsi sulla ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del CONI e della FIGC nelle memorie di costituzione.
In particolare le parti resistenti, con un primo ordine di eccezioni, sostengono la inammissibilità dell’azione impugnatoria per difetto di giurisdizione, trattandosi di vicenda di natura disciplinare, riservata ai sensi dell’art. 2 della legge n. 280/2003, all’autonomia dell’ordinamento sportivo.
Il CONI e la FIGC sostengono, in particolare, che l’impugnazione avrebbe, seppure in via incidentale, richiesto, l’annullamento della sanzione disciplinare inflitta all’incolpato per violazione di regole endoassociative (artt. 1 bis e 7 del C.G.S.).
4.1. La prima questione che si pone, quindi, è quella di verificare la sussistenza o meno della giurisdizione del Giudice amministrativo, per cui occorre richiamare, sia pur brevemente, la disciplina in materia.
In proposito, secondo l’art. 133, comma 1, lett. z), c.p.a., sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per “le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.
L’art. 2, comma 1 del D.L. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, riserva all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: “a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e al comma 2 stabilisce che “Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”.
In particolare, nel presente giudizio viene in rilievo la fattispecie enucleata sub b), atteso che nessun dubbio può residuare in ordine all’inquadramento in tale ambito dell’oggetto della controversia in esame.
4.2. Il successivo art. 3, titolato “Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria”, dispone poi che “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all’articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.
4.3. Ciò premesso, il sistema che riserva alla giustizia sportiva l’impugnativa delle sanzioni disciplinari è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 49/2011, che ha dichiarato non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b), del d.l. n. 220/ 2003, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina del 2003, di modo che, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari, ad essere preclusa, innanzi al giudice statale, sarebbe la sola tutela annullatoria, ma non anche quella risarcitoria.
In senso conforme alla sentenza n. 49 del 2011 si è pronunciata più di recente la medesima Corte Costituzionale, nuovamente sollecitata con l’ordinanza 10171/2017 (cfr. sentenza n. 160/2019) pronunciata a seguito di ordinanza sollevata proprio nell’ambito del presente giudizio.
4.4. Al Giudice Amministrativo è, quindi, preclusa la tutela impugnatoria nei confronti dei provvedimenti disciplinari, anche idonei ad incidere su situazioni giuridiche protette dall’ordinamento statale, permanendo in capo allo stesso una cognizione meramente incidentale volta all’esclusiva valutazione dei presupposti del risarcimento del danno a favore dei soggetti che ritengano di aver subito, per l’effetto, una lesione.
Sulla base di tali premesse la domanda di annullamento della sanzione disciplinare disposta in via definitiva dal Collegio di Garanzia con la decisione n. 14 del 14 febbraio 2017 va, quindi, dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione.
5. E’ possibile procedere, dunque, all’esame dei motivi della impugnazione finalizzati all’accertamento della sussistenza dei presupposti per la tutela risarcitoria.
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 34-bis, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC nella parte in cui la decisione del Collegio di Garanzia (Capo 5) avrebbe respinto il quarto motivo di reclamo con il quale era stata dedotta la violazione del termine di conclusione del giudizio di 60 giorni, per l’intervenuta sospensione del procedimento in assenza dei presupposti previsti dall’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI.
La tesi non convince.
In proposito occorre osservare che secondo l’art. 34 bis, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC “Il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del ricorso”; nell’ipotesi in cui tale termine non venga osservato, “il procedimento disciplinare è dichiarato estinto, anche d’ufficio, se l’incolpato non si oppone” (cfr. comma 4).
5.1. Tuttavia, come eccepito dalla difesa del CONI e della FIGC, il decorso del termine di estinzione può essere sospeso “nelle ipotesi previste dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, fatta salva la facoltà del Collegio giudicante di disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare” (cfr. art. 34 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC).
Inoltre, in base all’art. 38, comma 5, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, “Il corso dei termini è sospeso: a) se per lo stesso fatto è stata esercitata l’azione penale, ovvero l’incolpato è stato arrestato o fermato o si trova in stato di custodia cautelare, ripOMISSIS ndo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna, fermo che l’azione disciplinare è promossa e proseguita indipendentemente dall’azione penale relativa al medesimo fatto;
b) se si procede ad accertamenti che richiedono indispensabilmente la collaborazione dell’incolpato, e per tutto il tempo necessario;
c) se si procede ad accertamenti di particolare complessità, ove ne facciano congiuntamente richiesta tutte le parti costituite, e per tutto il tempo necessario;
d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;
e) in caso di gravi impedimenti soggettivi dei componenti del collegio giudicante, per il tempo strettamente necessario alla sostituzione”.
6. Nella vicenda in esame, come emerge dalla sentenza della Corte Federale d’Appello, la discussione del reclamo era stata fissata per la riunione del 21 settembre 2016, tuttavia in tale occasione il ricorrente ha eccepito di aver ricevuto l’avviso d’udienza via PEC soltanto il 13 settembre 2016, per cui non era decorso il termine di 20 giorni liberi per la comparizione previsto dall’art. 41, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC. Per tale ragione ha chiesto che gli venisse concesso un nuovo termine per sviluppare le proprie difese.
I Giudici d’Appello hanno così fissato la nuova udienza di comparizione al 5 ottobre 2016, disponendo la sospensione del termine di conclusione del giudizio di secondo grado ai sensi del combinato disposto dei richiamati artt. 34 bis, commi 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC e 38, commi 2 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI.
6.1. In particolare, la Corte Federale d’Appello ha disposto la sospensione del termine di estinzione del procedimento avendo rilevato la sussistenza dell’ipotesi prevista dalla lettera d) del comma 5 dell’articolo 38 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI (secondo la versione vigente dopo le modifiche apportate la deliberazione n. 1590 del consiglio nazionale del 9 aprile 2018), attesa la richiesta di rinvio dell’udienza di comparizione presentata dal difensore del reclamante.
7. L’opzione interpretativa seguita dalla Corte di appello e dal Collegio di Garanzia nel respingere il reclamo si rivela immune dai vizi dedotti dal ricorrente.
La disposizione del C.G.S. afferma in termini inequivoci che il corso dei termini è sospeso qualora “il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore”; dal chiaro e ampio tenore della norma si evince che la sospensione dei termini può essere disposta anche nelle ipotesi in cui la richiesta di differimento sia stata avanzata da una parte al fine di consentirle di sviluppare meglio le proprie tesi difensive, come è accaduto nel caso di specie.
7.1. In senso contrario non vale l’argomentazione del ricorrente secondo cui il procedimento disciplinare deve essere definito entro i termini fissati per la singola fase e nel rispetto delle regole che governano il procedimento, perché altrimenti l’applicazione della sospensione vanificherebbe la perentorietà dei termini di durata del procedimento disciplinare (e di ciascuna sua fase).
7.2. In particolare, dal tenore letterale del richiamato art. 38, comma 5, lettera d), del C.G.S. del CONI, non può trarsi alcuna conferma dell’opzione interpretativa sostenuta dal ricorrente, volta a restringere il campo di applicazione della norma (e quindi della proroga dei termini) alle sole ipotesi in cui il rinvio venga chiesto dall’incolpato in ragione di un proprio impedimento (o del proprio difensore).
La disposizione, infatti, non discrimina le ragioni della proroga sulla base di condizioni, per così dire, soggettive dell’incolpato ovvero in base alle ragioni (oggettive) della richiesta di rinvio: distinguendo quelle che derivano da un impedimento personale della parte o del suo difensore, da quelle connesse ad esigenze di difesa (come nel caso di specie).
8. Peraltro, qualora si seguisse la tesi interpretativa suggerita dall’interessato, nel senso di non considerare l’ipotesi applicata nel caso di specie dalla Corte federale tra quelle che comportano una sospensione d’ufficio del procedimento, la proroga del termine di conclusione del procedimento potrebbe essere invocata (in modo distorto) al solo fine di conseguire l’estinzione del procedimento disciplinare per superamento del termine di conclusione mediante la concessione di rinvii dell’udienza.
9. Alla luce di tutto quanto sopra, deve ritenersi, quindi, che il Collegio di Garanzia abbia correttamente ritenuto applicabile il combinato disposto degli articoli 34 bis del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC e 38 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, ritenendo che la Corte Federale d’Appello abbia legittimamente disposto la sospensione del procedimento di reclamo avviato dall’interessato.
10. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con riguardo alla domanda caducatoria per difetto di giurisdizione e infondato con riguardo alla richiesta condanna al risarcimento del danno.
La domanda deve, conseguentemente, essere respinta.
11. L’infondatezza della impugnazione consente, pertanto, di prescindere dall’esame dell’ulteriore eccezione di procedibilità del ricorso sollevata dal CONI e dalla FIGC nelle memorie depositate in vista dell’udienza di merito, secondo cui il ricorso promosso si sarebbe estinto in forza del combinato disposto di cui agli articoli 295 c.p.c. 80 e/o 81 c.p.a.-.
La particolarità e la relativa novità di alcune delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda di annullamento e rigetta la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore
Anna Maria Verlengia, Consigliere