T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 7838/2019

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto da OMISSIS  s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Cota, Alessandro Lolli, Fabrizio Duca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli, Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luigi Medugno in Roma, via Panama 58; Lega Nazionale Professionisti Serie B, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Avilio Presutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Salvatore in Lauro 10;

Lega Italiana Calcio Professionistico - Lega Pro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini 17;

nei confronti

Robur Siena s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Di Ciommo, Antonio De Rensis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

C.o.n.i., Lega Nazionale Professionisti Serie A, OMISSIS  s.p.a., OMISSIS 1892 S.r.l., OMISSIS s.r.l., OMISSIS s.p.a., in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della decisione del Tribunale Federale Nazionale - sez. Disciplinare - comunicato ufficiale n. 22/TFN - Sez. Disciplinare 2018/2019 del 1° ottobre 2018, nonché del calendario della Lega Serie B pubblicato con CU n. 10.doc.n.8/2;

- delle delibere del Commissario straordinario della F.I.G.C. pubblicate con i CU nn. 47,48 e 49 del 13 agosto 2018;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 5 marzo 2019 :

per la condanna

al risarcimento dei danni conseguenti ai gravati provvedimenti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della F.I.G.C - Federazione Italiana Giuoco Calcio, della Lega Nazionale Professionisti Serie B, della Lega Italiana Calcio Professionistico - Lega Pro e del OMISSIS s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2019 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso notificato l’8 ottobre 2018 e depositato il giorno successivo, il OMISSIS  s.p.a. ha adito questo Tribunale al fine di ottenere l’annullamento:

- della delibera del Tribunale Federale Nazionale – sezione Disciplinare – comunicato ufficiale n. 22/TFN pubblicata il 1° ottobre 2018;

- del calendario della Lega Serie B pubblicato con CU n. 10.doc.n. 8/2;

- delle delibere del Commissario Straordinario della F.I.G.C. nn. 47,48 e 49 del 13 agosto 2018.

2. La ricorrente società espone che al termine della stagione calcistica 2017/2018 retrocedeva in Serie C.

Con delibera del 30 maggio 2018, C.U. n. 54/A, il Commissario Straordinario della Federazione Italiana Giuoco Calcio stabiliva, dunque, i criteri per il ripescaggio, segnatamente le modalità con cui, in caso di vacanze di organico, le compagini aventi diritto avrebbero potuto presentare domanda per essere “ripescate” nella categoria superiore.

Il 29 giugno 2018 la scrivente società impugnava il citato comunicato per ottenere l’annullamento della preclusione D4 ivi prevista (per i club che hanno subito nelle ultime 3 stagioni sportive sanzioni per mancato pagamento degli emolumenti, ritenute IRPEF, contributi INPS e Fondo Carriera a tesserati/dipendenti) al Tribunale Federale della FIGC che accoglieva la domanda (CU n. 7 e 8 /TFN del 17/07/2018).

In considerazione della mancata iscrizione al campionato Serie B stagione sportiva 2018/2019 delle società F.C. OMISSIS 1908 s.p.a., U.S. OMISSIS 1912 e A.C. OMISSIS S.p.a., si determinava una vacanza di organico di tre posti in forza della quale la Federazione determinava le modalità per avanzare la domanda di ripescaggio.

Il Novara, unitamente ad altre squadre, provvedeva dunque al deposito della richiesta di ripescaggio.

Pro OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e FIGC, intanto, impugnavano la decisione assunta dal TFN avanti alla Corte Federale d’Appello.

Le impugnazioni venivano respinte con conseguente conferma della decisione di primo grado (CU n. 7 e 8/CFA del 1/8/2018).

Successivamente, i medesimi club impugnavano tale decisione davanti al Collegio di Garanzia del CONI per ottenerne l’annullamento con conferma della delibera del Commissario Straordinario sui criteri di ripescaggio e integrazione dell’organico del Campionato di Serie B.

Il Presidente del Collegio di Garanzia, con decreto presidenziale prot. n. 544 del 10 agosto 2018, sospendeva cautelarmente gli effetti della decisione impugnata, fissando per la trattazione del merito della questione l’udienza pubblica del 7 settembre 2018.

In data 13 agosto 2018 il Commissario Straordinario della FIGC, tenuto conto dei ricorsi pendenti sui criteri di ripescaggio e a fronte dell’intendimento espresso dall’assemblea della Lega di B, che non aveva provveduto ad esaminare i titoli delle società richiedenti il ripescaggio, pubblicava con i C.U. nn. 47-48-49 del 13 agosto 2018 le tre delibere impugnate, con le quali modificava il campionato di Serie B, portandolo a 19 squadre, con conseguente annullamento del C.U. n. 54 del 30 maggio 2018 e della procedura di integrazione del relativo organico.

La OMISSIS e il Pro OMISSIS impugnavano le delibere commissariali del 13 agosto 2018, unitamente al calendario di Serie B pubblicato in data 14 agosto 2018, dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, ed il OMISSIS  si costituiva in giudizio.

In data 11 settembre 2018 il Collegio di Garanzia dello Sport dichiarava il ricorso inammissibile, in quanto i provvedimenti gravati avrebbero dovuto essere impugnati dinanzi agli organi di giustizia della FIGC.

Il OMISSIS, in data 22 agosto 2018, proponeva ricorso al T.F.N. avverso le delibere di cui ai CC.UU. 47, 48 e 49 della FIGC nonché avverso il C.U. del 14 agosto 2018, n. 10 della Lega Nazionale Professionisti Serie B.

La ricorrente, insieme al OMISSIS, al Pro OMISSIS e alla OMISSIS, si costituiva nel giudizio, proponendo, tra l’altro, ricorso autonomo, chiedendo al T.N.F di annullare le delibere assunte dal Commissario Straordinario della F.I.G.C. , pubblicate sul C.U. n. 47, 48 e 49 del 13 agosto 2018, nonché il calendario relativo al campionato di Serie B 2018/2019 pubblicato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie B con il C.U. n. 10 del 14 agosto 2018 nella parte in cui non dispone modalità per la sua integrazione con le tre squadre da ripescare per il completamento dell'organico.

Il TFN, previa riunione dei procedimenti e discussione all’udienza del 28 settembre 2018, riteneva inammissibili i ricorsi con decisione pubblicata con comunicato ufficiale n. 22/TFN — Sezione Disciplinare (2018/2019) del 1° ottobre 2018.

Infine, con decreto legge 5 ottobre 2018, n. 115, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 233 il 6 ottobre 2018 ed entrato in vigore il 7 ottobre 2018, sono state emanate “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive” ed in particolare, all’art. 1, sono state apportate modifiche al codice del processo amministrativo, riservando al giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

Al successivo comma 4 del medesimo art. 1 è stata prevista l’applicazione delle disposizioni del d.l. n. 115/2018 “anche ai processi ed alle controversie in corso”, con espressa previsione di impugnazione in sede giurisdizionale delle decisioni degli organi di giustizia sportiva pubblicate anteriormente all’entrata in vigore del citato decreto per le quali siano pendenti i termini di impugnazione.

Sulla base di tali disposizioni la ricorrente ha pertanto proposto il gravame avverso la decisione del TFN-Sezione Disciplinare pubblicata sul C.U. N. 22/TFN Sez. Disc. del 1° ottobre 2018.

3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto:

3.1. Avverso le delibere commissariali impugnate, richiamate le censure svolte innanzi al TFN, parte ricorrente deduce:

I. Violazione dell’art. 3, Statuto F.I.G.C. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione art. 6 CEDU, violazione art. 97 cost.

L'art 3 dello Statuto FIGC prevede che al fine di promuovere e disciplinare il giuoco del calcio, la F.I.G.C. esercita, tra l'altro le seguenti funzioni:

- determinazione dell'ordinamento e delle formule dei campionati d'intesa con le Leghe interessate, sentite le Componenti tecniche (lett. g);

- determinazione dei requisiti e dei criteri di promozione, di retrocessione e di iscrizione ai campionati e, in particolare, l'adozione di un sistema di licenze per la partecipazione ai campionati professionistici in armonia con i principi dell'UEFA in materia di licenze per le competizioni europee, stabilendo sistemi di controllo, anche attraverso appositi organismi tecnici, dei requisiti organizzativi, funzionali, economico gestionali e di equilibrio finanziario delle società (lett h);

Quindi, benché la competenza all'organizzazione dei campionati sia attribuita alla Federazione, le Leghe interessate devono svolgere, unitamente alle componenti tecniche, una funzione istruttoria e consultiva di supporto.

Inoltre, poiché l'organizzazione del campionato di una categoria produce effetti immediati anche con riguardo ai campionati delle altre categorie, conseguentemente la Federazione deve avvalersi dell'attività consultiva di tutte le Leghe coinvolte e sentire le tutte le Componenti tecniche interessate.

Dalle delibere adottate dalla FIGC, oggetto del presente giudizio, non sarebbe al contrario evincibile alcuna partecipazione delle Leghe, né delle Componenti tecniche interessate alla formazione del provvedimento finale.

Le modifiche apportate con l'introduzione del nuovo art. 50 delle N.O.I.F. avrebbero determinato un radicale cambiamento all'ordinamento dei Campionati e, sostanzialmente, una improvvisa e intempestiva modifica del format non consentita.

Ne discende che le delibere assunte in assenza della prescritta attività istruttoria, sarebbero del tutto illegittime in quanto adottate in palese violazione delle prescrizioni statutarie.

L'azione dei poteri aventi rilevanza pubblica, poi, andrebbe esercitata sempre nel rispetto del principio di buona amministrazione sancito dall' art. 6 CEDU, e il cui fondamento di diritto interno è identificato nell'art. 97 Cost.

Nel concreto la mancata consultazione e partecipazione delle Leghe e delle Componenti tecniche al procedimento si tradurrebbe in un difetto di istruttoria sui presupposti del provvedimento, in violazione dei fondamentali principi di cui sopra.

II. Violazione degli artt. 49 e 50 delle norme organizzative interne della F.I.G.C. - violazione del principio di affidamento, quale principio generale del diritto - eccesso di potere per sviamento della causa tipica, avendo il Commissario previsto la modifica dell’ordinamento dei Campionati con effetto immediato, intervenendo anche sull’art. 50 N.O.I.F. secondo cui tali modifiche sarebbero dovute entrare in vigore a partire dalla seconda stagione successiva a quella della loro adozione.

III. Eccesso di potere per carenza e genericità della motivazione - eccesso di potere per contraddittorietà tra più atti successivi - eccesso di potere per carenza di potere.

L’attività della Federazione avrebbe dovuto essere esercitata secondo i principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di legittimo affidamento del privato, con una motivazione idonea a sostenere le ragioni di una determinazione che arreca una gravissima lesione dell'interesse della esponente.

Il sacrificio richiesto da parte della FIGC non troverebbe, invece, riscontro in alcuna giustificazione logica, né coinvolgerebbe interessi generali e particolari.

Ne discende che la FIGG, non avendo in alcun modo motivato le ragioni di pubblico interesse a fondamento degli atti adottati, avrebbe esercitato del tutto arbitrariamente il potere ad essa riconosciuto.

Le gravate delibere sarebbero altresì affette da eccesso di potere per carenza in capo al Commissario Straordinario del potere di modificare l'ordinamento dei campionati.

Con il C.U. n. 1 del 2 febbraio 2018 e n. 2 del 2 febbraio 2018 il Commissario Straordinario risulta essere stato nominato al solo fine di porre in essere gli atti necessari per il funzionamento della Federazione e limitatamente a questo profilo.

Le ulteriori iniziative adottate (e impugnate) dal Commissario non avrebbero nulla a che vedere con la finalità per la quale ha ricevuto il suddetto incarico.

La Corte Federale d’Appello della FIGC, peraltro, con C.U. n. 014/CFA dell'8 agosto 2018, ha specificato come, nel mandato conferito al Commissario Straordinario, sia stato specificato che il suo fine precipuo fosse quello di pervenire nel minor tempo possibile alla ricostituzione degli organi federali.

I compiti ed i poteri conferiti al Commissario Straordinario sono pertanto di ordinaria amministrazione e non di straordinaria amministrazione, mentre la modifica dell'ordinamento dei campionati si porrebbe al di fuori degli atti di ordinaria amministrazione rappresentando un atto tipicamente di straordinaria amministrazione che il Commissario Straordinario non avrebbe potuto esercitare.

IV. Nullità delle delibere emanate dal commissario straordinario della F.I.G.C. per violazione dell'art. 6 comma 2 e 28 bis comma 3 lett. b) dello statuto F.I.G.C. in relazione agli artt. 11 comma 3 e 13 comma 1 delle N.O.I.F, in quanto risultano essere prive della firma del Segretario della F.I.G.C.

V. Impossibilità del format a 19 squadre. Eventuali nuovi criteri per la redazione della graduatoria utile al ripescaggio. Eccesso di potere, violazione di legge, violazione dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, perché non sarebbe possibile celebrare un campionato di serie B, nella stagione in corso, con un numero di compagini partecipanti inferiore a 20, essendovi un minimo strutturale pari almeno a 20, confermato anche da tutti i precedenti della Giustizia Sportiva e dalla stessa Lega Nazionale Professionisti Serie B che, anche nello scorso mese di luglio, ha più volte ribadito, anche ufficialmente mediante delibere assembleari, la propria volontà di dar luogo a un torneo a 20 squadre (e non a 19).

3.2. Avverso la decisione del TFN del 1° ottobre 2018, più specificatamente, sono dedotti i seguenti motivi:

I. Violazione del principio della effettività della tutela giurisdizionale - violazione degli art. 24, 103 e 113 cost. – violazione dell’art. 30 CGS Coni – violazione dell’art. 2 del codice della giustizia sportiva – erroneità, contraddittorietà ed illogicità della decisione, in quanto del tutto inopinatamente il Tribunale Federale Nazionale ha denegato tutela alla posizione giuridica sostanziale del Novara affermando l’inammissibilità del ricorso.

II. Illogicità, contraddittorietà ed erroneità della decisione, difetto di istruttoria, violazione dei principi del legittimo affidamento, di proporzionalità e adeguatezza, perché secondo il TFN la Federazione godrebbe di un’ampia discrezionalità nella scelta se effettuare o meno i ripescaggi.

3.3. Infine, la società ricorrente ha formulato espressa riserva di dettagliare, con successivi motivi aggiunti, la domanda risarcitoria di tutti i danni subiti in conseguenza dei provvedimenti impugnati.

4. Si sono costituite in giudizio la Lega Italiana Calcio Professionistico – Lega Pro, la Lega Nazionale Professionisti serie B, la F.I.G.C. e, infine, la Robour Siena s.p.a., quest’ultima, in adesione al presente gravame.

5. All’esito della camera di consiglio del 23 ottobre 2018, è stata accolta l’istanza cautelare proposta, rilevando che la controversia in esame rientra nella giurisdizione di questo Tribunale per effetto delle disposizioni del decreto-legge 5 ottobre 2018, n. 115, che ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, e ritenendo sussistente una posizione differenziata e qualificata, rispetto alla determinazione dell’organico del campionato, in capo alle aspiranti che avevano presentato la domanda di partecipazione, posizione lesa dalla revoca della già avviata procedura di ripescaggio, adottata nel corso della gestione commissariale, senza acquisire il parere delle leghe interessate e con immediata efficacia sul campionato che sarebbe a breve iniziato.

6. Con decreto monocratico n. 5269 del 27 ottobre 2018 il Consiglio di Stato, adito con appello cautelare dalla Lega Nazionale Professionisti Serie B, ritenuto prima facie insussistente l’effettivo superamento – da parte del Commissario Straordinario della F.I.G.C. nell’adozione degli atti impugnati – dei limiti della delega conferitagli, e ritenute, altresì, corrette le considerazioni di cui alla decisione del Tribunale Federale Nazionale 1° ottobre 2018, n. 22, circa la qualificazione, in termini di mero interesse semplice non tutelabile, della posizione delle società non “ripescate”, in considerazione anche dell’esigenza di garantire il regolare ulteriore svolgimento dei campionati già in corso, ha sospeso gli effetti dell’ordinanza cautelare di accoglimento.

7. All’esito della camera di consiglio del 15 novembre 2018, con ordinanza cautelare n. 5514/2018 il Consiglio di Stato, rilevato che in sede collegiale il OMISSIS s.p.a. ha dichiarato di non avere più interesse alla domanda cautelare proposta innanzi al T.a.r. Lazio e da questo accolta, ha dichiarato l’originaria istanza cautelare improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e, conseguentemente, improcedibile l’appello cautelare proposto dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie B.

8. Con motivi aggiunti depositati il 5 marzo 2019 la ricorrente ha chiesto altresì la condanna della FIGC, del CONI e della Lega Nazionale Professionisti Serie B al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per effetto dei provvedimenti impugnati.

9. Alla pubblica udienza del 26 marzo 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame, sollevata dalla resistente Federazione.

Al riguardo si rileva che con il decreto legge 5 ottobre 2018, n. 115, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive”, pubblicato il 6 ottobre 2018 ed entrato in vigore il giorno successivo, è stata introdotta (sub lettera «z-septies») una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva all’elenco di cui all’art. 133, comma 1, c.p.a., avente ad oggetto “le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”; con riferimento a tali controversie è stata prevista, poi, la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ampliando le ipotesi di cui all’art. 135 c.p.a., e l’applicazione del rito abbreviato di cui all’art. 119 c.p.a..

Il decreto legge non è stato convertito, né la comunicazione di mancata conversione contiene norma di disciplina transitoria.

Successivamente l’art. 1 della legge di bilancio (legge 30 dicembre 2018, n. 145), è nuovamente intervenuta in materia, reintroducendo disposizioni di contenuto analogo a quelle del decreto decaduto.

In particolare, il comma 647 ha apportato modificazioni all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, aggiungendo, questa volta nel testo della norma che delinea l’assetto dei rapporti tra giurisdizione statale e ordinamento sportivo, la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e della competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, sulle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche; è stata ribadita anche l’applicazione, in questi casi, del rito speciale di cui all’art. 119 c.p.a..

In relazione a tali controversie il legislatore ha escluso, allo stato attuale, ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, facendo comunque salva la possibilità per il CONI e le Federazioni sportive di prevedere organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che decidano tali questioni anche nel merito ed in unico grado, e le cui statuizioni siano impugnabili dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

In via transitoria è stata prevista la possibilità di riproporre innanzi al T.A.R., nel termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, le controversie pendenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive, introducendo a tal fine il meccanismo della translatio iudicii codificato dall'articolo 11, comma 2, del codice del processo amministrativo.

Il comma 650 ha previsto espressamente l’applicabilità delle disposizioni citate ai processi ed alle controversie in corso alla data della sua entrata in vigore.

Il presente ricorso è stato proposto dopo la pubblicazione del decreto legge n. 115/2018, poi decaduto per la mancata conversione in legge, e prima dell’entrata in vigore della legge n. 145/2018, intervenuta successivamente.

Come noto, la decadenza del decreto legge comporta che le relative disposizioni perdano efficacia ex tunc, se non ne sia disposta la salvezza dal legislatore ai sensi dell’art. 77 Cost., cosa nella specie non avvenuta espressamente.

Ciò comporterebbe, di conseguenza, l’inapplicabilità del meccanismo di cui all’art. 5 c.p.c., per il quale giurisdizione e competenza si determinano con riguardo alla legge vigente alla data della proposizione della domanda e su di esse non rilevano i successivi mutamenti normativi, in deroga alla regola dell'art. 11 disp. gen. (tempus regit actum), di tal che, essendo venuta meno retroattivamente la nuova disciplina, sulla cui base è stato presentato il ricorso, non potrebbero applicarsi le norme di nuova introduzione.

Tuttavia, la riproposizione del contenuto del decreto legge non convertito in modo quasi identico nella legge di bilancio 2018, e l’espressa previsione della sua applicazione ai processi pendenti, ben può essere interpretata nel senso di una sanatoria impropria degli effetti del decreto, consentendo di ritenere applicabili alla controversia in esame le nuove disposizioni.

Inoltre, anche con riferimento all’applicabilità o meno dell’art. 5 c.p.c. e, quindi della regola della irrilevanza dei mutamenti normativi intervenuti dopo la proposizione della domanda, la Suprema Corte ha precisato che:

il principio sancito dall'art. 5 c.p.c., alla stregua del quale la giurisdizione si determina "con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda", trova la sua ragion d'essere in esigenze di economia processuale e riceve applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto comporti l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo", dovendosi in questo caso confermare la giurisdizione di esso (così, tra altre, S.U. 12 marzo 2008 n. 6532, ord. 20 settembre 2006 n. 20315, 28 novembre 2005 n. 25031 e 29 luglio 2005 n. 15916). In effetti, prima che con la L. 26 novembre 1990, n. 353 fosse prevista l'irrilevanza dei mutamenti anche legislativi sulla competenza e sulla giurisdizione individuate alla data della domanda, le novelle normative che modificavano i poteri dei giudici erano rilevanti anche nei casi dell'art. 5 c.p.c. e non davano luogo a perpetuatio jurisdictionis ma alla modifica in corso di causa del giudice competente o avente giurisdizione, applicandosi sempre la regola generale di cui all'art. 11 preleggi per la quale le norme non hanno effetto retroattivo e incidono sui giudizi pendenti, per il principio ermeneutico di cui alle disposizioni sulla legge in generale tempus regit actum. Tale regola ritrova piena attuazione nel caso sia adito un giudice al momento della domanda privo di giurisdizione, anche se apparentemente ne è dotato, qualora, nel corso della controversia, una norma immediatamente applicabile gli abbia attribuito i poteri cognitivi di cui originariamente egli era mancante. Alla luce dei principi dell'art. 111 Cost. e della circostanza che il legislatore ordinario deve assicurare la ragionevole durata del processo, allorché la causa sia iniziata dinanzi a giudice privo di giurisdizione, in seguito attribuitagli nel corso del processo da una legge sopravvenuta, questa deve trovare applicazione e regolare il procedimento, riconoscendosi per la novella la cognizione sulla domanda del giudice adito” (Cass. civ., Sez. Un., Ord. 16 aprile 2009, n. 8999).

Alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite allorquando, come nella fattispecie in esame, alla data della domanda si è adito un giudice incompetente o privo di giurisdizione, sulla base di una legge venuta meno retroattivamente, non può ad ogni modo applicarsi la norma eccezionale dell'art. 5 c.p.c., relativa al caso di corretta scelta iniziale del giudice adito, ma deve trovare applicazione la regola dell’art. 11 delle preleggi, secondo la quale rilevano le modificazioni normative che intervengono in corso di causa, per tal via attribuendosi al giudice adito il concreto potere che ad esso mancava al momento della proposizione della domanda.

Deve quindi concludersi per la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla controversia in esame, in applicazione delle citate norme di nuova introduzione.

2. Ciò premesso, deve essere esaminata la questione di legittimità costituzionale delle norme che hanno attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sull’ammissione ai campionati, prospettata dalla Lega Professionisti Serie B.

La controinteressata ha sostenuto che la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia violerebbe l’autonomia dell’ordinamento sportivo, tutelata dagli artt. 2 e 18 della Costituzione, nella lettura datane, in particolare, dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 49/2011, secondo cui “l’autonomia dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità» e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive”.

Tale questione si palesa infondata.

Sotto un primo profilo, infatti, deve evidenziarsi che, già nell’assetto delineato dal decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, secondo i principi generali individuati dall’art. 1, «I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo».

Nel solco di tale principio, le disposizioni citate hanno individuato in via residuale, rispetto alla giurisdizione ordinaria sui rapporti patrimoniali e a quella sportiva sulle questioni tecniche aventi rilievo esclusivamente interno – ovvero in relazione a “l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive”-, l’ambito di competenza del giudice amministrativo, riguardante “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2”.

Anche di recente la giurisprudenza in materia ha ribadito, al riguardo, che “I principi generali così espressi recepiscono alcuni criteri individuati, nel tempo, da giurisprudenza e dottrina in tema di rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statuale. In particolare, l’art. 1 d.l. n. 220 del 2003 definisce l’ambito di autonomia del primo: ma, essendo comunque quello sportivo un ordinamento infra-statuale, la norma comporta che le sue peculiarità non possono sacrificare le posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale, perché inviolabili o comunque meritevoli di tutela rafforzata in quanto non disponibili” (Cons. St., 24 agosto 2018, n. 5046).

La chiave di volta di tale sistema risiede quindi nell’individuazione, o meno, di una situazione soggettiva rilevante per l’ordinamento statuale, a fronte della quale si giustifica ed anzi è indispensabile – pena, in senso contrario, semmai, l’incostituzionalità delle disposizioni in materia – la tutela innanzi all’autorità giurisdizionale statuale.

E, proprio con riferimento alla situazione soggettiva vantata dai soggetti che ambiscono all’ammissione ai campionati sportivi professionistici, la giurisprudenza amministrativa si è più volte espressa, nel senso della rilevanza di tali posizioni per l’ordinamento nazionale.

In tal senso il Consiglio di Stato ha osservato, in particolare, che, secondo la originaria versione del decreto legge n. 220 del 2003, fra le fattispecie che, essendo inserite al comma 1 dell'art. 2, potevano considerarsi sottratte alla cognizione del giudice statale, erano incluse, tra le altre, le questioni relative alla organizzazione e allo svolgimento delle attività agonistiche ed alla ammissione ad esse di squadre ed atleti.

La circostanza che, in sede di conversione del decreto legge, il legislatore abbia espunto le lettere c) e d) del comma 1 dell'art. 2, ove erano indicate le summenzionate fattispecie, come chiarito dalla stessa Corte costituzionale nella citata sentenza 11 febbraio 2011, n. 49, induce a ritenere che si sia inteso ricondurle nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Invero, la sottrazione dell'originario testo normativo si spiega se si considera che la possibilità, o meno, di essere ammessi a svolgere attività agonistica - disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI - non è una situazione certo irrilevante per l'ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo.

Si tratta di una questione riguardante l'organizzazione stessa delle manifestazioni sportive, con immediata e diretta incidenza su contrapposti fondamentali diritti di libertà, oltre che di posizioni soggettive di sicuro rilievo patrimoniale (Cons. St., sent. n. 6010/2011; TAR Lazio, I ter, sent. nn. 12153 e 12127 del 2016).

Questo indirizzo si fonda sull’assunto che nell’attività di organizzazione di competizioni calcistiche nazionali la F.I.G.C. agisce come organo delegato del CONI, e dunque partecipa della natura di ente pubblico di quest’ultimo, esercitando poteri di carattere autoritativo.

Alla luce di tali considerazioni le nuove disposizioni sopra citate devono ritenersi conformi ai principi che debbono guidare il legislatore nell'istituire una nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche secondo quanto affermato dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, in quanto nella materia in questione vengono in rilievo situazioni di interesse legittimo correlate a profili autoritativi dell'azione amministrativa.

Occorre rilevare, altresì, che le disposizioni della legge n. 145/2018, all’art. 1, comma 647, dopo avere attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, precisano che resta esclusa ogni competenza in materia degli organi di giustizia sportiva, fatta salva, tuttavia, “la possibilità che lo statuto e i regolamenti del CONI e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell’ordinamento sportivo che, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del presente decreto decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili ai sensi del precedente periodo, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato”.

Anche tale inciso consente di escludere una lesione effettiva e irragionevole dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, consentendo allo stesso di autoriformarsi prevedendo apposite competenze e regole procedurali per la decisione delle controversie sull’ammissione ai campionati, in tal modo ricostituendo il meccanismo della pregiudiziale sportiva che, in difetto, avrebbe potuto risultare compromesso.

Alla luce di tali considerazioni non risulta, pertanto, ravvisabile la prospettata lesione della sfera di autonomia dell’ordinamento sportivo, né, di conseguenza, possono ritenersi sussistenti rilevanti profili di incostituzionalità della nuova disciplina.

3. Venendo all’esame del merito, deve essere innanzitutto rilevato il venir meno dell’interesse della ricorrente alla decisione della domanda impugnatoria, come espressamente dichiarato nel corso dell’udienza pubblica del 26 marzo 2019.

Residua, pertanto, esclusivamente l’interesse alla decisione sulla domanda risarcitoria, come meglio precisata, da parte ricorrente, nel ricorso per motivi aggiunti.

Al riguardo assume rilievo preminente l’analisi della posizione soggettiva fatta valere dalla ricorrente nella procedura di ammissione.

È innanzitutto pacifico che la ricorrente, in ragione della posizione di classifica registrata nella stagione sportiva 2017/2018, era legittimata a partecipare, per merito sportivo, unicamente al campionato di Serie C.

La stessa ha lamentato in questa sede l’illegittimità dei provvedimenti per effetto dei quali è venuta meno la procedura di ripescaggio nel campionato di serie superiore e, quindi, la possibilità di essere ammessa a partecipare, all’esito dell’eventuale ripescaggio, alla Serie B.

Altrettanto indubbio è che non sussista in capo alla ricorrente alcun diritto in senso proprio al ripescaggio, in quanto il procedimento di integrazione dell’organico del campionato superiore non risulta in alcun modo disciplinato dalle normative federali, come affermato dal TFN nella decisione impugnata, ove si specifica che «l’art. 49 delle NOIF prima delle modifiche contestate si limitava a disciplinare il numero delle squadre facenti parte del campionato, nonché il numero delle promozioni e retrocessioni; alcuna norma invece disciplina l’obbligo o la possibilità di procedere ad integrazioni dell’organico, né sembra possibile individuare nelle ricorrenti tale diritto dal semplice fatto che le NOIF individuino il numero delle squadre partecipanti ai vari campionati».

Tuttavia, nel caso di specie, è stata la Federazione Italiana Giuoco Calcio che, a fronte della vacanze nell’organico rispetto al numero di 22 squadre previsto dal citato art. 49 NOIF, ha avviato la procedura di ripescaggio, precisandone i relativi criteri con il C.U. n. 54/2018 e fissando il termine per la presentazione delle domande con successivo comunicato ufficiale, tanto che la ricorrente e altre squadre hanno potuto presentare l’istanza.

Solo a fronte di tale autodeterminazione e dell’esercizio dei poteri della Federazione Italiana Giuoco Calcio in ordine all’avvio della procedura di ripescaggio, la posizione della ricorrente ha assunto un rilievo differenziato al corretto esercizio di tali poteri.

Nella specie, trattandosi di procedura sostanzialmente concorsuale, le partecipanti lamentano la lesione di una chance di ottenimento del risultato sperato, ovvero il ripescaggio che, in ipotesi, avrebbe potuto condurre all’ammissione, alla serie superiore, di ulteriori 3 squadre (da 19 a 22), ove non fossero stati adottati i provvedimenti, poi impugnati, di riduzione dell’organico del campionato al numero di 19 squadre e di revoca della procedura in itinere.

Tuttavia, che il risultato sperato potesse essere concretamente raggiunto, almeno con un rilevante grado di probabilità, è circostanza che è rimasta del tutto indimostrata nel presente giudizio.

Come si evince dall’esame del C.U. n. 54/2018, infatti, l’esito del procedimento in questione era tutt’altro che scontato e, di contro, subordinato all’analisi di una serie di requisiti la cui sussistenza, e comparazione rispetto alla posizione delle altre aspiranti, non è stata né allegata né comprovata dalla ricorrente.

In merito è stato anche di recente ribadito dal Consiglio di Stato che la pretesa al risarcimento del danno ingiusto derivante dalla lesione dell’interesse legittimo si fonda su una lettura dell’art. 2043 c.c. che riferisce il carattere dell’ingiustizia al danno e non alla condotta, di modo che presupposto essenziale della responsabilità non è tanto la condotta colposa, ma l’evento dannoso che ingiustamente lede una situazione soggettiva protetta dall’ordinamento ed affinché la lesione possa considerarsi ingiusta è necessario verificare attraverso un giudizio prognostico se, a seguito del corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente spettato al titolare dell’interesse. L’obbligazione risarcitoria, quindi, affonda le sue radici nella verifica della sostanziale spettanza del bene della vita ed implica un giudizio prognostico in relazione al se, a seguito del corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente o probabilmente (cioè secondo il canone del “più probabile che non”) spettato al titolare dell’interesse; di talché, ove il giudizio si concluda con la valutazione della sua spettanza, certa o probabile, il danno, in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, può essere risarcito, rispettivamente, per intero o sotto forma di perdita di chance (Cons. St. , sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3657).

Su tale ultima questione, benché dall’esame della giurisprudenza in materia emergano posizioni non del tutto allineate, come evidenziato dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 118 dell'11 gennaio 2018, che ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione della necessità, o meno, ai fini del risarcimento della chance, della prova in ordine ad un determinato grado di probabilità del raggiungimento del risultato sperato, deve tuttavia evidenziarsi che permane assolutamente prevalente, allo stato, la tesi della necessità di dimostrazione di una rilevante probabilità di successo ai fini del risarcimento.

In particolare, nella materia dei contratti pubblici, che presenta aspetti di rilevante similitudine con la fattispecie in esame, la giurisprudenza ha precisato che la risarcibilità della chance di aggiudicazione sussiste solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato dovendosi, per converso, escludere la risarcibilità allorché la chance di ottenere l'utilità perduta resti nel novero della mera possibilità.

Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di una chance è, quindi, necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta (v., da ultimo, Cons. St., sez. III, 21.1.2015, n. 179; IV, 15.9.2014, n. 4674)

Secondo la giurisprudenza l'operatore può beneficiare del risarcimento per equivalente solo se la sua chance di ottenere il bene cui aspira ha effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule "probabilità seria e concreta" o anche "significativa probabilità" di conseguimento. Al di sotto di tale livello, dove c'è la "mera possibilità", vi è solo un ipotetico danno comunque non meritevole di reintegrazione, poiché in pratica nemmeno distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto (Consiglio di Stato, sez. V, 11 luglio 2018, n. 4225; 18 giugno 2018, n. 3733; 26 aprile 2018, n. 2527 e ivi citate, in tema di pubblici concorsi, Cons. Stato, III, 27 novembre 2017, n. 5559, nonché Cass., lav., 25 agosto 2017, n. 20408; in tema di contratti pubblici, Cons. Stato, V, 7 giugno 2017, n. 2740).

Occorre, pertanto, stabilire se il pretendente sia titolare di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la conclusione positiva del procedimento, e cioè di una situazione che, secondo la disciplina applicabile era destinata, in base a un criterio di normalità, ad un esito favorevole, secondo il canone del "più probabile che non", al fine di escludere il risarcimento di mere possibilità di successo, statisticamente non significative.

Del resto, tali considerazioni si pongono in linea con l’indirizzo costantemente seguito dalla Corte di Cassazione, secondo cui risulta insufficiente anche il mero criterio di probabilità quantitativa superiore al 50% dell’esito favorevole.

La Suprema Corte ha chiarito, in merito, che rispetto alla prova del nesso causale tra comportamento illegittimo e danno risarcibile per perdita di chance, occorre attestarsi su parametri valutativi che richiedono l'apprezzamento del probabile trasformarsi della chance in reale conseguimento del beneficio in termini di "elevata probabilità, prossima alla certezza" (così, Cass. 12 maggio 2017, n. 11906; Cass. 30 settembre 2016, n. 19604; Cass. 11 maggio 2010, n. 11353; Cass. 19 febbraio 2009, n. 4052; v. anche Cass. 1 marzo 2016, n. 4014, ove il danno è stato riconosciuto sul presupposto che fosse stimabile un novanta per cento di probabilità di promozione).

Tale impostazione è stata ribadita anche di recente, affermando la necessità del rigore dei criteri di valutazione della rilevanza di un pregiudizio che è addirittura incerto nella sua reale verificazione in senso giuridico (ovverosia quale perdita di un'utilità che si avesse diritto ad avere), quale è il danno da perdita di chance (Cassazione civile, sez. lav., 9 maggio 2018, n. 11165), e della conseguente collocazione verso i range più elevati della scala probabilistica della probabilità di verificazione di cui è necessaria la prova.

Nel quadro di tali coordinate, nel caso concreto, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, al fine di comprovare la sussistenza di una chance risarcibile che, qualora fosse stata legittimamente espletata la procedura di ripescaggio, avrebbe avuto i necessari requisiti e una elevata probabilità di rientrare tra le squadre ammesse al campionato superiore, secondo i criteri stabiliti per la formazione della graduatoria e tenuto conto delle condizioni delle altre concorrenti.

Tale circostanza non è stata in alcun modo dedotta né provata, essendosi la ricorrente limitata a specificare i danni subiti per la mancata ammissione alla Serie B, senza offrire alcun concreto elemento di valutazione in ordine alle effettive possibilità di ripescaggio che avrebbe avuto ove la relativa procedura fosse stata condotta a termine.

Ne consegue l’infondatezza della domanda così formulata.

Peraltro, la richiesta risarcitoria non potrebbe trovare accoglimento neppure facendo applicazione dei principi in tema di nesso di causalità affermato dalla giurisprudenza e codificati dall’art. 30, comma 3, del Codice del processo amministrativo, secondo il quale “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

Tale disposizione, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, secondo comma, c.c., afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza.

Nel caso di specie non può non evidenziarsi che la ricorrente, dopo avere ottenuto l’accoglimento dell’istanza cautelare in primo grado innanzi al TAR, in sede di appello innanzi al Consiglio di Stato, alla camera di consiglio fissata per la discussione collegiale dell’istanza, dopo la pronuncia del decreto presidenziale che ha sospeso l’ordinanza di accoglimento in primo grado, ha dichiarato di non avere più interesse alla domanda cautelare proposta innanzi al T.a.r. per il Lazio e da questo accolta con l’impugnata ordinanza n. 6359 del 2018, rappresentando, in particolare, l’oggettiva impossibilità (alla luce del notevole tempo ormai trascorso dell’inizio del campionato) di ottenerne un’esecuzione in forma specifica, tanto che il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5514/2018, sulla base di tale condotta processuale ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dalla Lega Professionisti Serie B.

Tale condotta processuale assume rilievo sotto il profilo eziologico, costituendo fattore idoneo a precludere la risarcibilità dei lamentati danni, che avrebbero potuto essere evitati, in quanto la scelta di non coltivare l’istanza cautelare e l’espressa rinuncia ad avvalersi degli effetti della pronuncia favorevole di primo grado hanno innegabilmente contribuito alla causazione del pregiudizio lamentato.

Le considerazioni suesposte assumono rilievo dirimente ai fini della decisione della domanda risarcitoria, potendo pertanto prescindersi dall’esame della sussistenza degli ulteriori presupposti a tal fine richiesti dalla legge.

4. In conclusione, il ricorso principale deve, quindi, essere dichiarato improcedibile con riferimento alla domanda di annullamento degli atti impugnati, mentre la domanda di risarcimento del danno, come meglio specificata nei motivi aggiunti, deve essere respinta.

5. La complessità e la peculiarità delle questioni controverse giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara improcedibile il ricorso principale con riferimento alla domanda di annullamento;

- respinge la domanda risarcitoria proposta con motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Francesca Petrucciani, Consigliere

Francesca Romano, Primo Referendario, Estensore

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