CORTE D’APPELLO DI ROMA – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 3238/2017 DEL 17/05/2017
La Corte di Appello di Roma
Sezione III^ Civile
composta dai signori magistrati
Dott. Giuseppe Lo Sinno Presidente, relatore ed est.,
Dr.ssa Antonella Miryam Sterlicchio Consigliere
Dott. Michele Di Mauro Consigliere,
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di II° grado iscritta al N. (…)/2013 del Reg. Gen. Affari Contenziosi, posta in decisione ex art.352 c.p.c. all’udienza del 20.12.2016 (con concessione dei termini ex art.190 c.p.c. di gg. 60 + 20 scaduti il 13.03.2017) e vertente
tra
(...) rapp.to e difeso dall’avv. Nicola Maria Alifano del foro di Roma e dom.ta in Roma, via G. Nicotera n. 29, presso lo studio del medesimo avv.to, giusta delega in atti;
- appellante -
c/
S.S. (...) S.p.A., con sede legale in Roma, p. Iva 02124651007 – in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dagli avv.ti Gian Michele e Marco Gentile del foro di Roma ed elettivamente dom.ta in Roma, via G. G. Belli n. 27, presso lo studio dei medesimi avv.ti, giusta delega in atti;
- appellata -
Oggetto: Appello a sentenza del Tribunale di Roma - N. 24065/12 (inadempimento contrattuale e pagamento spettanze professionali).
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da rispettivi atti e verbale dell’udienza di p.c..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 21.1.2008 l'avv. ...conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la S.S. (...) S.p.A. esponendo che:
- in data 18.1.2000, a seguito di denuncia presentata dal Ministero degli Affari Esteri, era stata avviata dalla Procura della Repubblica di Roma una indagine in relazione a presunte falsificazioni di documenti posti in essere al fine di far ottenere al calciatore della società Sportiva (...), (...), di cittadinanza argentina, anche quella italiana;
- per gli stessi fatti era stata instaurata una procedura innanzi alla Commissione Disciplinare e alla Commissione d'Appello Federale della Lega Nazionale Professionisti, per la violazione dell'art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva;
- le indagini avevano interessato oltre al suddetto calciatore anche i vertici della società convenuta;
- a conclusione delle indagini era stato disposto dal G.U.P. del Tribunale di Roma, con decreto del 7.5.2001, il rinvio a giudizio degli imputati (...), (...), (...), (...), (...) , (...), (...), (...) e (...)
- i reati contestati all’imputato (...)erano quelli previsti e puniti dagli artt. 61 n. 2, 81 cpv., 110, 476 comma 2 e 482 c.p., 81 cpv., 110, 476 comma 2, 471 e
482, 61 n. 2 e 9 c.p., 81 cpv., 110, 479 e 48 d.p. ed il Comune di Roma era stato indicato quale persona offesa;
- la Società Sportiva (...) aveva incaricato un collegio difensivo costituito dal prof. Franco Coppi e dagli avv.to Ugo Longo, Antonio Andreozzi, Giulia Buongiorno, Massimo Ciardullo, Marcello Petrelli e Fabio Alonzi;
- il processo penale si era sviluppato in 6 udienze camerali dinanzi al GIP e n. 38 udienze dibattimentali dinanzi al Tribunale di Roma;
- nei primi mesi dell'anno 2003, dopo che il processo si era prolungato già per due anni, in ragione della crisi economica che aveva investito la società (...) quest'ultima gli aveva richiesto di rinunciare al mandato e di sottoscrivere una dichiarazione predisposta dalla stessa società convenuta;
- con dichiarazione del 5.5.2003 aveva quindi rinunciato - temporaneamente e parzialmente - al credito maturato nei confronti della società, ammontante a quella data ad euro 205.759,91, al netto di imposte e C.A., come da preavvisi di parcella del 23.7.01, del 19.10.01 e del 9.4.03;
- la società convenuta aveva versato la somma di euro 102.879,95 in due rate di euro 52.674,54 ciascuna, come da fatture nn. 10 e 11 del 2003;
- al termine del processo il Tribunale Penale di Roma, con sentenza n. 4816/07, aveva condannato gli imputati (...) e (...) ed aveva assolto gli altri imputati, fra i quali anche (...).
Tanto premesso in fatto, l’avv. ... aveva sostenuto di aver maturato per la difesa del (...) competenze professionali per €. 285.986,28, relative alle attività poste in essere successivamente alla data del 5.5.2003, e tenuto conto della complessità della causa penale chiedeva la condanna della società convenuta al pagamento del predetto importo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Si costituiva in giudizio la S.S. (...) S.p.a. che eccepiva che la richiesta formulata dall'attore era eccessiva rispetto all'attività effettivamente svolta e che in ogni caso non aveva conferito incarico all'avv. .... e che il fatto che la società avesse effettuato in passato dei versamenti all'attore non costituiva impegno a proseguire detti versamenti, ma solo un gesto di disponibilità nei confronti del proprio dirigente sig. (...); evidenziando, inoltre, come sia nel verbale del 7.4.2000 che in quello del 12.5.2000 il Consiglio di amministrazione della S.S. (...) aveva sempre sostenuto la sua estraneità alle indagini penali relative alla posizione del calciatore (...) e pertanto non vi erano motivi che potessero giustificare l'assunzione da parte della società di oneri finanziari relativi alla difesa delle persone coinvolte nella indagine.
Relativamente al pagamento effettuato nel maggio 2003, non vi era stato alcun riconoscimento di debito, da parte della società, né assunzione di impegno a provvedere ulteriormente a sostenere le spese successive di difesa maturate nei confronti del (...), né vi era stato un accordo diretto tra la società e l'avv.....che consentisse a quest'ultimo di agire direttamente nei confronti di essa convenuta. Peraltro anche il fatto che l'avv. A... avesse re(...)nato la società anche in merito al processo penale nel quale assisteva il (...) non poteva comportare il riconoscimento di assunzione, da parte della società convenuta, di oneri economici nei suoi confronti.
Pur non contestando l'attività effettivamente svolta dall'attore, la convenuta contestava anche l'ammontare dell'onorario richiesto, tenuto conto della avvenuta corresponsione di oltre 102.000,00 euro.
L’adito Tribunale decideva la causa con sentenza in data 5.12.2012, pubblicata il 7.12.2012, con la quale rigettava le domande attrici e condanna l’attore a pagare le spese del giudizio.
Con citazione notificata in data 4.06.2013 l’avv......ha proposto appello deducendo e sostenendo l’erroneità della sentenza di primo grado e chiedendone la riforma.
Si é costituita in questo grado la SS (...) S.p.A. ed ha chiesto il rigetto dell’appello.
All’esito della verifica della costituzione delle parti, sono state precisate le conclusioni all’udienza collegiale del 20.12.2016 ove la causa è stata trattenuta per la decisione ai sensi dell’art.352 c.p.c. con concessione dei termini fissati dall’art.190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il proposto appello (primo motivo pag.14) si censura la sentenza con riferimento al c.d. contratto di patrocinio, e si sostiene che il Tribunale aveva errato nel non considerare gli esatti termini della vicenda inter partes con riferimento al soggetto che aveva avuto l’interesse a conferire l’incarico professionale all’avv...... La sentenza appellata aveva motivato il rigetto della domanda esponendo quanto segue:
<<l'attore non ha dimostrato che la società convenuta gli abbia conferito l'incarico di difendere (...), all'epoca dei fatti dirigente della S.S. (...) s.p.a., nel processo penale instaurato a suo carico, né tanto meno che la società convenuta abbia assunto l'impegno di provvedere al pagamento delle competenze professionali vantate dall'odierno attore per l'attività di difesa espletata in favore del (...).
Non si disconosce che per costante orientamento giurisprudenziale, in tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cd. contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, con la conseguenza che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, e non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio della libertà di forma ( Cass. 612.88 n. 6631, Cass. 9615336).
L'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato è stato ribadito anche recentemente dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 25816 del 2011, la quale ha precisato che "obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera prestata, se ed in quanto la stessa sia stata svolta, non è necessariamente colui che ha rilasciato la procura alle liti, potendo anche essere colui che ha conferito al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e sia svolto nell'interesse di un terzo, instaurandosi in tale ipotesi, collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura "ad litem", un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l'opera professionale".
Deve tuttavia considerarsi che, pur potendo il . mandato professionale essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della attività e dell'opera del professionista, della esistenza di tale mandato deve essere ovviamente fornita la prova, quantomeno in via presuntiva sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, e l'onere di fornire la prova dell'avvenuto conferimento dell'incarico grava sul professionista che agisca per ottenere il compenso, quando il diritto al compenso sia contestato dalla parte convenuta sotto il profilo della mancata instaurazione del rapporto contrattuale (Cass. 2000/1244).
Nel caso di specie manca la prova del mandato che l'attore asserisce gli sia stato conferito dalla società convenuta ed a supporto della domanda sono stati richiamate soltanto circostanze che costituiscono meri indizi di per sé non idonei e sufficienti ad assurgere ad elementi di prova. E' pacifico tra le parti che l'attore, con dichiarazione del maggio 2003, dopo avere comunicato di avere maturato onorari per euro 205.791,91, abbia dichiarato al dott. (...), amministratore della società convenuta, di rinunziare al 50% del suo credito per favorire la continuità aziendale ed ottenere il pagamento dell'importo di difesa residuo; è altresì incontestato che la società abbia provveduto ad effettuare dei versamenti all'avv. Andreozzi, come d'altro canto risulta dalle fatture nn. 10 e 11 del 2003, da quest'ultimo emesse.
Tali circostanze, tuttavia, non provano la esistenza di un rapporto contrattuale diretto tra l'attore e la società convenuta. E' ben possibile, infatti, che la società abbia pagato gli onorari spettanti all'avv. ...per l'attività espletata sino al maggio 2003 in forza di un accordo raggiunto con il dirigente della società, (...), nei cui confronti aveva assunto l'impegno di provvedere al pagamento di tutte le spese legali relative alla difesa nel processo penale. La eventuale conclusione di un accordo di tal genere, in ogni caso, non fa sorgere alcun obbligo a carico della società di provvedere anche al pagamento delle competenze maturate dal professionista in epoca successiva al maggio 2003, poiché difetta un negozio formale di assunzione da parte della società convenuta degli oneri della difesa prestata dall'avv. ....in favore del (...).
Il pagamento eseguito dalla S.S. (...) s.p.a., contrariamente a quanto asserito dall'attore, non è stato accompagnato da alcun atto di riconoscimento di debito, né da un impegno a provvedere al pagamento delle spese successive di difesa del (...), non essendo mai intervenuto tra l'attore e la S.S. (...) s.p.a. un accordo in tal senso che consenta all'avv.... di agire direttamente nei confronti della odierna società convenuta.
Allo stesso modo l'invio dei rapporti trimestrali dall'attore alla S.S. (...) s.p.a. per informarla sull'andamento del procedimento penale può trovare giustificazione, come già detto, nell'interesse che la società aveva di conoscere lo stato del processo nel quale era coinvolto un suo dirigente, nei cui confronti, in base ad un accordo raggiunto esclusivamente con quest'ultimo, aveva deciso di assumere gli oneri economici della difesa legale. Trattandosi, però, di un impegno assunto esclusivamente nei confronti del dirigente, è evidente che l'attore, in assenza di un mandato da parte della società; non può formulare alla società richieste di pagamento dei suoi compensi professionali.
Neppure rileva, peraltro, che la società convenuta, nonostante la indicazione, contenuta nelle re(...)ni trimestrali, dell'importo degli onorari ancora non liquidati relativi alla difesa del (...), non li abbia mai contestati; tale comportamento non denota alcuna volontà contrattuale e non può certamente essere interpretato come assunzione di obbligo di pagamento o come riconoscimento di Un debito, trattandosi di un atteggiamento omissivo dal quale non può farsi discendere alcuna obbligazione. e Gli indizi che emergono dalle risultanze processuali, non essendo gravi, precisi e concordanti, non possono dunque confermare l'esistenza di un incarico difensivo conferito dalla S.S. (...) s.p.a. all'avv. ...., né la esistenza di un impegno contrattuale a carico della società convenuta di assumere gli oneri economici relativi alla difesa in giudizio di (...)>>.
Ritiene questa Corte che la sentenza appellata non sia condivisibile e che meriti accoglimento l’appello proposto dall’avv.....
Ed a questa conclusione è possibile pervenire sulla base delle medesime considerazioni esposte dal primo giudice, seppur con valenza opposta di quella attribuitale dal Tribunale.
Emerge, infatti, come l’attività professionale svolta dall’appellante trovasse la sua prima e principale ragione in un interesse specifico della società appellata a voler tutelare il suo assetto societario e dirigenziale per come rimasto coinvolto nelle vicende di giustizia sportiva e di giustizia ordinaria dipanatesi dopo l’emersione dell’affaire “(...)” dal nome del famoso calciatore argentino (che si era tentato di far riconoscere come comunitario per passaporto italiano collegato a sue asserite origini nazionali).
Gli elementi probatori allegati dall’appellante (di fonte documentale) in primo grado – pur non contenendo la priva diretta del conferimento dell’incarico della S.S. (...) all’avv. .... – erano di matura e consistenza tali da non potersi negare in alcun modo che l’incarico al legale appellante provenisse dalla dirigenza della società appellata e a tal proposito il primo indizio (grave, preciso e concordante) si ricava proprio dalla dichiarazione del maggio 2003 (vedi documento
n. 5.16 di I grado) con la quale l’avv. .... (in considerazione della grave crisi finanziaria della società) rinunciava al 50% del credito professionale maturato verso la SS (...) SpA e comunicava tale rinuncia al dirigente della società appellata (dott. (...) – amministratore delegato), con espressa indicazione che tale rinuncia veniva fatta “ anche in considerazione del mio interesse alla continuità aziendale ai fini del pagamento del mio credito residuo” posto che la rinuncia stessa era stata fatta “con riferimento agli onorari e competenze da me maturate alla data odierna”.
Non par dubbio che proprio tale comunicazione di rinuncia del creditore avv.... consentiva di individuare nella S.S. (...) la parte debitrice che, difatti, ricevuta la missiva 5.5.2003 provvedeva al pagamento della esatta somma pari al 50% del credito indicato dall’appellante (€ 102.879,95).
E tutta la successiva corrispondenza tra le parti (risultante dai documenti allegati sotto il n.4 delle produzione di I grado ....) non poteva essere letta e valutata in maniera differente, nel senso che l’incarico professionale all’avv. ....era stato conferito direttamente dalla S.S. (...) S.p.A: e che questa stessa era la parte interessata a seguire tutti gli sviluppi della vicenda giudiziaria per come gestita (anche) dall’avvocato appellante.
Solo a mò di esempio è eloquente la missiva datata 2 aprile 2003 che la S.S. (...) S.p.A. (affari legali e societari) inviava all’avv. .... (document 4.22) nella quale si esordiva esponendo che <<con riferimento alle pratiche e/o attività da Lei curate nell’interesse della nostra società ……” (e così pure nelle successive missive riportate con i doc.ti nn. 4.23 -25- 26-27-29 – 30 ….).
L’esistenza e realtà del rapporto di mandato (il conferimento dell’opera professionale) emergeva in modo chiaro ed incontrovertibile a prescindere da quello che risultava l’oggetto specifico dell’attività professionale che l’avv..... doveva porre in atto (la difesa penale del sig. Nello (...), dirigente della appellata); l’avvenuto pagamento della somma di € 102.879,95 pari al 50% del credito maturato al 5.5.2003, la continua richiesta di informazioni sulle pratiche e attività trattate dall’avv.to appellante “nel nostro interesse” e la fatturazione a nome della S.S. (...) S.p.A. (fatture accettate da quest’ultima e registrate in contabilità), non possono essere lette se non come conferme dirette dell’esistenza di un rapporto contrattuale tra l’avv. ....e la S.S. (...) S.p.A..
ED a fronte di tale quadro probatorio nessuna prova od elemento contrario era stato fornito od addotto dalla appellata che si era limitata ad una generica contestazione della domanda attorea negando di aver conferito alcun incarico all’appellante ma senza dare conto di una diversa lettura di quanto emergente da documenti provenienti da sé stessa (le missive sopra indicate ed i pagamenti eseguiti).
Le ragioni evidenziate dal Tribunale a confutazione della domanda attrice (ed in particolare circa una ipotetico accordo tra la SS (...) ed il suo dirigente (...), non estensibile al terzo avv. ....) cozza in modo palese con il contenuto specifico delle missive provenienti dalla società appellata nella quale questa indicava, senza alcun uso di parole equivoche, che le partiche legale cui si faceva riferimento erano state curate “nell’interesse della nostra società” a dimostrazione che non si trattava di un mero accordo (quasi un accollo) col debitore (...) per il pagamento del suo debito verso l’avvocato prescelto, ma piuttosto di un riconoscimento che il debito era della società e che il creditore era l’avvocato appellante.
E considerato che ai fini di individuare il soggetto obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore, occorre distinguere tra rapporto endoprocessuale nascente dal rilascio della procura ad litem e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato ed il soggetto che ha conferito l’incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura; e che, in tal caso, chi agisce per il conseguimento del compenso ha l’onere di provare il conferimento dell’incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente sia colui che ha rilasciato la procura (Cass. civ., sez. II, 27-12-2004, n. 24010), non par dubbio a questa Corte che l’avvocato....abbia fornito la prova che fu la SS (...) a conferirgli l’incarico professionale; società che, infatti, eseguì una parte dei pagamenti legati all’incarico professionale, li eseguì in base alle fatture emesse dall’appellante (fatture n. 10 e 11 del 2003) e nella quali risultava la espressa dicitura di “anticipazione sugli onorari e competenze relative all’assistenza del sig. (...) nel procedimento penale….”.
L’appello, pertanto, va accolto e così la originaria domanda dell’avv. .....sulla cui quantificazione v’è poco da dire a fronte dell’assolutamente generica contestazione delle parcelle del legale formulata dalla appellata nella sua costituzione in prime cure (dove oltre all’imbarazzo dei legali della parte convenuta nel formulare delle contestazioni del collegava avversario, si era una semplice rimessione alla valutazione del giudice circa la congruità delle somme richieste dall’attore).
Contestazioni che, per vero, non risultano essere state fatte neppure nel momento in cui l’appellante inoltrò dette parcelle alla società appellata.
Nel caso in esame, la convenuta non aveva sollevato, nella propria comparsa di risposta, alcuna specifica contestazione in merito alle singole voci della parcella redatta dall'attore/appellante e, di conseguenza, si deve confermare l'importo di euro 285.986,28 richiesto dall'attore a titolo di compenso delle prestazioni professionali, di cui è stata offerta documentazione (v. doc. allegati alla citazione di I grado).
Di conseguenza la società appellata va condannata al pagamento delle somme indicate in citazione con interessi legali sino al saldo, ed alle spese dei due gradi del giudizio; spese liquidate tenuto conto del valore della controversia e delle attività compiute dal procuratore della parte nel giudizio secondo i parametri ministeriali attualmente in vigore (d.m. 10.3.2014 n.55):
I°) per le cause avanti al Tribunale i suddetti parametri prevedono:
*scaglione di valore in questa causa è quello tra € 260.000,01/520.000,00;
*fasi processuali tenutesi in questo grado: n.1 (studio controversia) n.2. (introduttiva) +3 (istruttoria) + n.4 (decisoria);
*importi applicati (medi) = per un compenso totale €.21.387,00 (oltre le spese vive documentate e le spese generali forfettarie).
II°) per le cause avanti alla Corte di Appello i suddetti parametri prevedono:
*scaglione di valore in questa causa è quello tra € 260.000,01/520.000,00;
*fasi processuali tenutesi in questo grado: n.1 (studio controversia) n.2. (introduttiva) – n.4 (decisoria);
*importi applicati (medi) = per un compenso totale €. 13.560,00 (oltre le spese vive documentate e le spese generali forfettarie).
La società appellata dovrà restituire all’appellante l’importo delle spese legali di I grado che il Tribunale aveva posto a carico dell’appellante (per il totale di € 16.988,40) oltre interessi legali dal 15.5.2013 al saldo.
P. Q. M.
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA - Terza Sezione Civile -definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma emessa in data 5.12.2012 (depositata il 7.12.2012 con il N.24065/2012) proposto da ..... nei confronti di S.S. (...) S.p.A.:
in accoglimento dell’appello, ed in totale riforma della sentenza appellata, Condanna la S.S. (...) S.p.A., in persona del suo legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ....., della somma di €. 285.986,28#, con aggiunta degli interessi al tasso di legge a decorrere dal 10.09.2007 sino al saldo effettivo;
Condanna la appellata alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dall’appellante nei due gradi di giudizio, liquidandole: per il I° grado in €. 800.00 per spese e €. 21.387,00 per compenso (oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge), e per questo grado di giudizio in €. 1.584,00 per spese, €. 13.560,00 per compenso (oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge);
condanna, infine, la società appellata a restituire all’appellante la somma di € 16.988,40 con maggiorazione di interessi legali dal 15.05.2013 al saldo.
Così decisa in Roma il 27.03.2017.
Il Presidente, est. (dr. Giuseppe Lo Sinno)