CORTE DI APPELLO DI ROMA – SEZIONE CIVILE – – SENTENZA N. 1088/2021 DEL 11/02/2021

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

quarta sezione civile

 

composta dai magistrati

 

Giovanni Buonomo                                presidente

Maria Enrica Puoti                                 consigliere

Antonella Miryam Sterlicchio                 consigliere rel.

riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2839 del registro generale degli affari contenziosi dell’anno 2014, passata in decisione in data 11.6.2020 e vertente tra (...) MARIO

Avv. VECCHIO GIANLUCA Avv. MARESCA FRANCESCO

E

FEDERAZIONE ITALIANA  GIUOCO CALCIO Avv. MAZZARELLI LETIZIA Avv. GENTILE GIANCARLO Avv. MEDUGNO LUIGI 

FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA

§1 – Con citazione ex art. 828 c.p.c., (...) proponeva impugnazione avverso il lodo emesso dal Collegio Arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS) presso il CONI in data 30 aprile 2013, chiedendo di dichiararne la nullità, di accogliere le domande formulate al TNAS, con conseguente annullamento o  rideterminazione della sanzione della squalifica di 5 anni e di preclusione a far parte dell’ordinamento sportivo. Chiedeva di espletare l’istruttoria negata in sede arbitrale.

La Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva, contestava quanto dedotto nell’atto di citazione e chiedeva il rigetto della impugnazione.

Con provvedimento dell’8 giugno 2020, questa Corte, in applicazione della normativa sull’emergenza sanitaria da Covid-19, disponeva la trattazione scritta della causa, ordinando alle parti il deposito del foglio di precisazione delle conclusioni e, trattenuta la causa in decisione, assegnava alle parti il termine di venti giorni per il deposito della comparsa conclusionale e di ulteriori venti giorni per il deposito della memoria di replica.

§ 1.1 - Il (...) precisava le conclusioni come segue:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione: - accertare e dichiarare la nullità del lodo arbitrale impugnato per i motivi esposti nell’atto di impugnazione del lodo; nel merito, previo eventuale espletamento di ulteriore istruzione probatoria, accogliere le domande formulate dalla difesa (...) nel corso del procedimento arbitrale, rigettando ogni contraria domanda ed eccezione; conclusioni che si richiamano: - in via principale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30, comma III, T.N.A.S., ravvisatine i presupposti, accogliere il presente ricorso ed annullare, ovvero dichiarare nulla la sanzione della squalifica per 5 anni con preclusione inflitta al calciatore (...) incolpato come da deferimento del procuratore Federale n. 8011/33pf11-12/SP/BLP con il quale venivano contestate le violazioni di cui agli artt. 9, 7, commi 1-2-5-6-, ed agli artt. 6, 1 del C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale . Com. Uff. b. 101/CDN del 18.06.2012) confermata della Corte di Giustizia Federale a Sezioni Unite con Comunicato Ufficiale n. 002/CGF (2012/2013) pubblicato in Roma il 6.07.2012 a seguito delle riunioni del 2, 3, 5 e 6 luglio 2012 con la quale ha respinto il ricorso dell’esponente; - In via subordinata, vista la carenza degli elementi costituenti, alla luce delle argomentazioni in premessa, la fattispecie di cui all’art. 9 C.G.S., annullare la sentenza in parte qua e rideterminare la relativa sanzione; - in via subordinata alternativa e/o cumulativa alla domanda sub. 2: vista la carenza degli elementi costituenti, alla luce delle considerazioni in premessa, la fattispecie di cui all’art. 7 C.G.S., annullare la sentenza in parte qua e rideterminare la relativa sanzione; In via subordinata alternativa e/o cumulativa alla domanda sub. 2: vista la carenza degli elementi costituenti, alla luce delle argomentazioni in premessa, la fattispecie di cui all’art. 6 C.G.S., annullare la sentenza in parte de qua e rideterminare la relativa sanzione. In via istruttoria: - Acquisire il fascicolo di ufficio presso la segreteria del Collegio Arbitrale del TNAS (verbali di udienza, ordinanze e produzioni documentali delle parti); - ammettere prova testimoniale dei seguenti capitoli: (...) , sulle seguenti circostanze: “in relazione alle dichiarazioni rese al GIP presso Tribunale di Cremona in data 22 e 23 dicembre 2011 nonché alle dichiarazioni rese in data 27 dicembre 2011 e 12 marzo 2012 innanzi a P.M. Dott. .... – Procuratore Capo di Cremona (procedimento penale b. ..../2010 r.g.n.r. Mod. 21) – affinché precisi la fonte della propria conoscenza dei fatti riferiti”; - (...) , domiciliato presso l’avv. Roberto Ruggiero, via Marsilio Ficino, 5 Roma. Tale nuova prova si rende necessaria in quanto in un diverso procedimento innanzi agli organi della Giustizia Federale della FIGC nel corso dell’udienza davanti la Commissione Disciplina Nazionale del 25 luglio 2013 (...) riferiva esclusivamente la circostanza della conoscenza con (...) tramite Mario (...) specificando però, inoltre, che lo stesso incolpato non si adoperava ulteriormente per i contatti con i cosiddetti zingari autonomamente sviluppati dai soli (...) e (...). Si chiede eventualmente che laddove il giudice dovesse aprire la fase istruttoria la concessione di un termine per il deposito di memorie istruttorie. Si chiede il rigetto delle domande  e/o eccezioni promosse  da controparte nella comparsa di costituzione ed in particolar modo si contesta l’illegittimità della correzione dell’errore materiale del lodo essendo intervenuta oltre i limiti stabiliti dall’art. 826 c.p.c.; si contesta l’applicabilità al caso di specie della cosiddetta normativa sui filtri in appello in quanto il presente procedimento non è un appello bensì una impugnazione tipizzata a cui il legislatore ha deciso di indicare la Corte di Appello come giudice competente; l’autonomia dell’ordinamento sportivo non può mai pregiudicare l’applicazione della normativa di ordine pubblico processuale su tutti il rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa; infondata è l’eccezione di difetto di giurisdizione in quanto le parti aderendo al Regolamento TNAS hanno accettato il richiamo alle norme ivi contenute che prevedono l’impugnazione del lodo nelle forme di cui all’art. 827 c.p.c. Con vittoria di spese, funzioni ed onorari del procedimento arbitrale e del presente giudizio. Richiamata ogni difesa.”

§ 1.2 - La F.I.G.C. precisava nel modo seguente:

“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis: -a) in via pregiudiziale, dichiarare il difetto di giurisdizione sull’azione e sulle richieste formulate da parte avversa; - b) in via preliminare, dichiarare inammissibile l’appello per violazione  dell’art.  342  c.p.c:  -c)  in  via  principale,  rigettare  l’appello  di   (...), perché inammissibile ed infondato, per i motivi dedotti in narrativa; -d) in via meramente subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto delle richieste di cui alle precedenti lett. a),b),c) e di accoglimento di un motivo di nullità del lodo, rimettere il giudizio rescissorio al competente organo presso il CONI. Con vittoria di spese e compensi di legge per entrambi i gradi di giudizio. In via istruttoria, ci si oppone all’ammissione della prova testimoniale del Sig.  (...), poiché generica, non articolata in capitoli ed irrilevante ai fini del decidere. Ci si oppone, altresì, all’ammissione della prova testimoniale del Sig. (...), poiché inammissibile, non essendo stata richiesta nel giudizio arbitrale oggetto del presente gravame”.

§ 2. – L’impugnazione contiene due motivi.

§ 2.1 – Il primo è intitolato: “VIOLAZIONE ART. 829 NN. 7 E 9 C.P.C.”.

Si  duole  il  (...)  che  il  Collegio  arbitrale  non  abbia  fissato l’udienza di discussione così violando il diritto di difesa.

§ 2.2 –  Il secondo motivo è intitolato: “VIOLAZIONE ART. 829 NN. 7 E 9   C.P.C ”.

Il (...) lamenta che sia stato violato il diritto di difesa poiché il Collegio arbitrale non ha ammesso la sua istanza di escussione del teste (...) Carlo, già escusso in altre sedi senza il contraddittorio dell’impugnante.

3.         -        L’impugnazione  è        inammissibile      per    difetto  di giurisdizione.

Ritiene il Collegio, anche sulla scorta di quanto eccepito dalla FIGC in sede di comparsa conclusionale, di dover ribadire l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 4149 del 2017, pronunciata in fattispecie del tutto analoga.

Nella citata sentenza, questa Corte ha affermato che L’insussistenza della giurisdizione deriva dall’esegesi degli artt. 1, 2 e 3 del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge17 ottobre 2003, n. 280.

 Tale    fonte primaria,       nel     rispetto        dei     principi        costituzionali, “riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”.

Conseguentemente, ispira al “principio di autonomia” “i rapporti tra l’ordinamento sportivo” e il diritto statuale, con l’unica eccezione dei “casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

L’art. 2 del decreto in esame fissa positivamente alcuni casi in cui tale rilevanza, per definizione dello stesso legislatore, senz’altro non ricorre.

È dunque riservata all’ordinamento sportivo, in forza di tale norma di legge (con il corollario che ogni giudice statuale difetta in radice di giurisdizione in proposito), ogni questione avente ad oggetto:

“a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.

Ne  consegue  che  nessuna  violazione  di  tali  norme  sportive  può considerarsi di alcun rilievo per l’ordinamento giuridico dello Stato.

Infatti, l’art. 3 del decreto in esame conferma che – “ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti” (in quanto si tratta non già di norme interne dell’ordinamento sportivo, ma della disciplina di rapporti di lavoro subordinato o autonomo, o comunque ad essi assimilati)tra “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive” soltanto quelle “non riservat[e] agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, [sono] devolut[e] alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

Solo per queste ultime, perciò, l’art. 3 del decreto stabilisce, al comma 2, la competenza funzionale del T.A.R. del Lazio con sede in Roma.

Essendo riservate all’ordinamento sportivo, per definizione di legge tali controversie sono infatti prive di ogni rilievo per il diritto statuale. Il Collegio ritiene che questa sia l’unica interpretazione del dato normativo coerente e compatibile con esso.

Nessun rilievo può essere attribuito, pertanto, a tali fini alle conseguenze ulteriori -  anche se patrimonialmente rilevanti - che possano indirettamente derivare da atti che la legge considera propri dell’ordinamento sportivo e a quest’ultimo puramente riservati.

Risulta evidente, infatti, la scelta operata dal legislatore pur consapevole che l’applicazione di una norma regolamentare sportiva ovvero l’irrogazione di una sanzione disciplinare sportiva possono avere anche un consistente rilievo patrimoniale indiretto.

Il  che  impedisce  un’opzione  interpretativa  differente  da  quella operata dal legislatore.

È palese che l’erronea applicazione del regolamento sportivo può comportare ricadute economiche e che identiche conseguenze derivino dall’applicazione di sanzioni disciplinari.

Non ignora certo il Collegio che l’applicazione del regolamento e l’irrogazione delle più gravi sanzioni disciplinari quasi sempre producono conseguenze patrimoniali indirette di rilevante entità.

Tuttavia tali conseguenze normativamente non dispiegano alcun rilievo ai fini della verifica di sussistenza della giurisdizione statuale che, infatti, il legislatore ha radicato solo nei casi diversi da quelli, espressamente eccettuati, di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legge citato, e di cui si è già detto.

Una tale opzione normativa, essendo stata operata a livello primario, non è soggetta ad altro vaglio che a quello costituzionale.

Nella legge, infatti, non vi è alcuna affermazione che gli atti, giusti o sbagliati, di applicazione delle norme regolamentari sportive o delle sanzioni disciplinari debbano avere rilievo, o meno, nell’ordinamento giuridico dello Stato, secondo che derivino conseguenze patrimoniali (più o meno gravi) dalla decisione sportiva; in essa, viceversa, è espressamente stabilita l’irrilevanza per l’ordinamento statuale di ogni applicazione di norme regolamentari o di sanzioni disciplinari sportive, quali che ne siano le relative conseguenze indirette.

Conforme risulta l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza resa a Sezioni unite del 23 marzo 2004, n. 5775, ha così ricostruitoper quanto viene ora in rilievo – il sistema normativo introdotto dal cit. “decreto legge 19 agosto 2003, n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n.280”

“Il        decreto, prendendo        implicitamente atto     della   complessità organizzativa  e  strutturale  dell’ordinamento  sportivo,  stabilisce  che  I rapporti tra questo e l’ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1 primo comma)”.

“La “giustizia sportiva” si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive; quella statale è chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi”.

“Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti         controversie,  è stabilito che all’ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a)l’osservanza       e l’applicazione delle    norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell’ordinamento e delle sue articolazioni,  al  fine  di  garantire  il  corretto  svolgimento  delle  attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma)”. “In queste materie vige il sistema del cd. “vincolo sportivo”. Le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle federazioni sportive indicate negli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo” (art. 2, secondo comma)”.

“I casi di rilevanza per l’ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l’ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo”.

Il primo comma dell’art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi  di  giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2.

La constatazione che anche le Sezioni Unite abbiano ricostruito il sistema  in  termini  strettamente  aderenti  a  quelli  posti  dal  legislatore ordinario, conforta nel ritenere che è questa l’unica corretta esegesi del decreto legge n. 220/2003, in esame.

Ebbene, poiché nel caso in esame la posizione giuridica soggettiva di cui si lamenta la lesione è quella di un calciatore che contesta la legittimità di una sanzione disciplinare di una Federazione sportiva (F.I.G.C.), onde ottenere in via rescindente la declaratoria di nullità del lodo e nella eventuale fase rescissoria l’annullamento della misura punitiva, è agevole inferirne che la materia oggetto del contendere è insuscettibile di sindacato giurisdizionale, in quanto vertente su questione non patrimoniale.”

Orbene, va osservato che la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha di recente stabilito che “In tema di sanzioni disciplinari sportive, vi è difetto assoluto di giurisdizione sulle controversie riguardanti i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative   sanzioni,   riservate,    tutela   dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, agli organi di giustizia sportiva che le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire ai sensi del n. 220 del 2003, conv. in legge n. 280 del 2003, anche ove si invochi la tutela in forma specifica della rimozione della sanzione disciplinare, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133, comma 1, lett. z), c.p.a., in ordine alla tutela risarcitoria per equivalente, non operando in tal caso alcuna riserva a favore della giustizia sportiva e potendo il giudice amministrativo conoscere in via incidentale e indiretta delle sanzioni disciplinari, ove lesive di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento statale. (Cass. sez. un. n. 33536 del 2018).

Per fugare anche alcune perplessità in ordine alla legittimità della esclusione della giurisdizione, le Sezioni Unite hanno anche affermato che Il ricorso  a  forme  di giustizia arbitrale  non  costituisce  un  diniego di giustizia rilevante ai fini dell'art. 6 della CEDU, quale norma interposta all'art. 24 Cost., in quanto non ostacola il diritto di accesso al giudice, purché il rimedio sia effettivo e non illusorio (sentenza Corte EDU 1 marzo 2016 Tabbane c/o Svizzera). (Principio applicato  in  tema  di  riserva alla giustizia sportiva, ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 220 del 2003, conv. con mod. dalla l. n. 280 del 2003, delle questioni attinenti le sanzioni disciplinari comminate a società sportive).” (Cass. sez. un. n. 32358 del 2018). Né, va aggiunto, la riserva a favore della giustizia sportiva può ledere la facoltà di chi ritenga di essere stato leso nelle sue posizioni soggettive, ivi comprese quelle di interesse per ottenere il risarcimento del danno; con il che si attua il dovuto bilanciamento tra l’autonomia sportiva e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.

Peraltro, a modificare la valutazione che precede, non può assumere alcuna rilevanza l’obiezione sollevata nella memoria di replica dal (...) il quale ha invocato l’art. 28 del regolamento riguardante il giudizio dinanzi al TNAS, Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, il quale prevede: Azioni di nullità dinanzi alla Corte d’Appello 1. I lodi arbitrali aventi ad oggetto controversie rilevanti anche per l’ordinamento della Repubblica sono sempre impugnabili, in conformità di quanto disposto nell’articolo 12 ter, comma 3, dello Statuto del CONI, anche in presenza della cosiddetta “clausola di giustizia” eventualmente contenuta negli statuti, regolamenti e accordi di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, con i mezzi previsti dal codice di procedura civile.”

Risulta evidente che la predetta previsione consente alle parti di impugnare il lodo davanti alla corte di appello solo nelle materie “rilevanti per l’ordinamento della Repubblica” e, pertanto, come sopra accertato, non per le sanzioni disciplinari.

D’altro canto, laddove dovesse diversamente opinarsi in ordine al difetto di giurisdizione, l’impugnazione deve ritenersi infondata.

La Suprema Corte ha affermato il principio che segue “In tema di giudizio arbitrale, la questione della violazione del contraddittorio deve essere esaminata non sotto il profilo formale ma nell'ambito di una ricerca volta all'accertamento di una effettiva lesione della possibilità di dedurre e contraddire, onde verificare se l'atto abbia egualmente raggiunto lo scopo di instaurare un regolare contraddittorio e se, comunque, l'inosservanza non abbia causato pregiudizio alla parte; ne consegue che la nullità del lodo e del procedimento devono essere dichiarate solo ove nell'impugnazione, alla denuncia del vizio idoneo a determinarle, segua l'indicazione dello specifico pregiudizio che esso abbia arrecato al diritto di difesa.” (Cass. 18600 del 2020).

Sul punto il (...) nulla ha dedotto. Ed invero, laddove pure potesse ravvisarsi una violazioni del suo diritto di difesa, non risulta allegato il danno che ne sarebbe derivato posto che il Collegio arbitrale è giunto all’accertamento della sua colpevolezza dopo aver rigettato l’istanza di escussione del teste (...) in quanto, ai fini dell’applicazione della sanzione disciplinare, non era necessario raggiungere la prova certa (piena)

della colpevolezza del tesserato essendo sufficiente un alto grado di probabilità che costui avesse posto in essere la condotta incriminata. Il Collegio, pertanto, ha ritenuto che gli indizi raccolti fossero sufficienti in quanto connotati dal carattere di gravità, precisione e concordanza.

Orbene, essendo stati ritenuti sufficienti i vari indizi raccolti (desumibili da testimonianze rese anche in sede penale da differenti giocatori coinvolti, a diverso titolo, nei procedimenti penali e disciplinari), il (...) avrebbe dovuto dedurre e dimostrare (per fornire la prova del danno derivato dalla lesione del diritto di difesa) che l’escussione in contraddittorio del solo teste (...) sarebbe stata idonea a sovvertire la decisione relativa alla commissione dell’illecito sportivo.

Il che non è stato.

Lo stesso è a dirsi della mancata fissazione dell’udienza  di discussione, rispetto alla quale, pure, nulla è stato dedotto.

Il (...) ha, inoltre, chiesto l’escussione di (...) Alessandro ma non ne ha fatto oggetto di impugnazione.

§ 4. – Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate, ex decreto n. 55 del 10/3/14, in rapporto allo scaglione di riferimento delle cause di valore indeterminabile di complessità media.

Competenza: Corte d' Appello

Valore della Causa: Indeterminabile - complessità media

Fase Compenso 

Fase di studio della controversia, valore medio:€ 2.398,00

Fase introduttiva del giudizio, valore medio:€ 1.585,00

Fase istruttoria e/o di trattazione, valore medio:€ 3.510,00

Fase decisionale, valore medio:€ 4.083,00

Compenso tabellare (valori medi)€ 11.576,00

PQM

La Corte, definitivamente  pronunciando; ogni contraria istanza  ed eccezione reietta;

dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;

condanna l’impugnante (...) alla refusione, in favore della convenuta F.I.G.C., delle spese di lite liquidate secondo i criteri indicati in motivazione in euro 11.576,00 oltre spese generali e accessori di legge;

dichiara  che  sussistono  i  presupposti  di  cui  all’art.  13  comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12 per il pagamento, da parte dell’impugnante (...), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per la stessa impugnazione. 

Firmato con firma digitale:

Il Consigliere estensore

Antonella Miryam Sterlicchio

Il Presidente

G. Buonomo

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