TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE CIVILE SENTENZA N. 4642/2015 DEL 27/02/2015
IL TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE XII CIVILE
in persona del giudice dott.ssa Silvia Antonioni, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 7236 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2013, ritenuta in decisione all'udienza del 27.11.2014, vertente
TRA
(...) , elettivamente domiciliato in Roma, via G. Tagliacarne 63, presso lo studio dell’avv. Gerardo Di Ruocco, che lo rappresenta e difende per procura a margine dell’atto di citazione
ATTORE
E
(...) , elettivamente domiciliato in Roma, via M, Montefusco 4, presso lo studio dell’avv. Marco Sbrocca, che lo rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di risposta
CONVENUTO
GENERALI ITALIA s.p.a.,in persona del l.r.p.t., con sede in Mogliano Veneto, via Marocchesa 14
TERZO CHIAMATO CONTUMACE
OGGETTO: risarcimento danni
CONCLUSIONI
All'udienza del 27.11.2014 i difensori delle parti concludevano come da verbale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato (...) , premesso di essere stato tesserato preso la Federazione Italiana Giuoco Calcio nella Lega Nazionale Dilettanti nell’anno agonistico 2011-2012, conveniva avanti il Tribunale di Roma (...) per ivi sentirlo condannare, previo accertamento della sua responsabilità, al risarcimento dei danni patiti a causa ed in conseguenza del sinistro del 10.12.2011, avvenuto durante l’incontro tra le compagini delle Associazioni Sportive Nuova Santa Maria delle Mole e Polisportiva Cecchina Al.Pa calcio, presso l’impianto sportivo sito nel Comune di Albano Laziale, in località Cecchina, sito nell’oratorio della chiesa San Filippo Neri (via Nettunense 67), durante il quale “incappava durante il gioco in un violento scontro con un calciatore avversario, procurandosi un grave infortunio alla gamba…” e dal quale erano residuati a suo carico seri postumi permanenti, a seguito, peraltro, di lunghe e dolorose cure (tra le quali un intervento chirurgico e successiva riabilitazione).
Si costituiva in giudizio il (...) il quale, eccepita preliminarmente l’esistenza della clausola compromissoria di cui all’art. 24 del Regolamento Federale della FIGC, resisteva nel merito alla domanda, infondata e non provata quanto alla responsabilità di esso convenuto, estraneo ad ogni comportamento colpevole, nonché al quantum della pretesa risarcitoria: chiedeva, in ogni caso, ed otteneva di essere autorizzato a chiamare in causa la Compagnia Generali Italia
s.p.a. (già Ina Assitalia), con la quale deduceva la vigenza di una polizza contratta dalla Lega Nazionale Dilettanti per il rischio specifico, per essere dalla stessa manlevato e garantito in caso di condanna.
Ritenuta l’inammissibilità delle prove orali articolate dall’attore, la causa era istruita documentalmente; all’udienza del 27.11.2015, sulle conclusioni delle parti, veniva trattenuta per la decisione con assegnazione di termini in misura di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di improponibilità sollevata dalla difesa del (...), fondata sulla esistenza e vincolatività, nel regolamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio, di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, non essendo stato prodotto agli atti il detto Regolamento e non essendo pertanto apprezzabile il contenuto della invocata clausola da parte del Tribunale. Giova al proposito sottolineare che gli statuti e i regolamenti interni dell’ordinamento sportivo, costituito dal Coni – Comitato Olimpico Nazionale Italiano - e dalle federazioni sportive nazionali, configurano atti amministrativi ed atti normativi secondari provenienti da un ente pubblico in relazione ai quali il principio iura novit curia - la cui influenza nella logica del giudizio sta nell’elevare a dovere d’ufficio la ricerca del diritto lasciando sempre a carico delle parti la prova del fatto - va inteso nel suo giusto limite e con un temperamento, dovendo trattarsi, cioè, con riguardo al dovere di conoscenza, di vere e proprie fonti di diritto oggettivo – atr.1 disp. preliminari c.c. – ossia di precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, con esclusione quindi sia di quelli che aventi carattere normativo ma non giuridico – come le regole della morale e del costume – sia di quelli aventi carattere giuridico ma non normativo – come gli atti di autonomia privata o i negozi di diritto amministrativo – o la cui normatività è puramente interna – come, nel caso di specie, gli statuti degli enti o i cosiddetti regolamenti interni (cfr. Cass. sent. n. 1742/1976; in ordine alla non operatività del principio in ordine alle norme secondarie cfr. anche Cass. sent. n. 23093/2005).
La domanda è nondimeno infondata nel merito.
La difesa dell’attore, con laconica espressione, si è limitata a prospettare, nell’atto introduttivo del giudizio, peraltro riferendosi a quanto riportato nel Referto Arbitrale redatto nell’occasione, che il (...), nel corso dell’incontro di calcio indicato, “incappava, durante il gioco, in un violento scontro con un calciatore avversario, procurandosi un grave infortunio alla gamba…”: omessa qualsivoglia descrizione della asserita violenta azione del calciatore avversario, l’ha tuttavia definita quale “condotta assolutamente avulsa dal gioco e senza alcun collegamento finalistico con esso, e come tale non riconducibile ad alcuna causa di giustificazione…” cf. pag. ( atto di citazione, I cpv).
Ora è che sulla scorta di detta generica descrizione non è dato in alcun modo apprezzare la natura dell’azione posta in essere dal convenuto (...) , né, a ben vedere, il suo effettivo rilievo nell’ambito dell’evento sportivo dedotto in giudizio.
Giammai, del resto, la articolata prova orale avrebbe potuto, qualora espletata con esito positivo, avere l’effetto di fornire utili elementi ai fini dell’apprezzamento della condotta concretamente tenuta dal convenuto e del suo effettivo rilievo ai fini della sua responsabilità per i danni ad essa causalmente riconducibili.
Si osserva in proposito che “la disposizione dell'art. 244 cod.proc.civ., con la quale è imposto alla parte di specificare i fatti da dedurre a prova in articoli separati, ha il duplice scopo di consentire all'avversario
di formulare i capitoli di prova contraria indicando i propri testimoni e di dare modo al giudice di valutare se la prova richiesta sia concludente e pertinente; specie in relazione a tale ultimo scopo, la norma in questione deve considerarsi di carattere cogente, sicché la sua inosservanza, da parte di chi propone la prova, determina l'inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non potrà essere tenuto in considerazione dal giudice” (cfr. Cass, Sez. 1, Sentenza n. 2201 del 31/01/2007).
A prescindere dall’ininfluenza, ai fini dell’odierno giudizio, delle circostanze relative alle pretese azioni violente degli altri giocatori (cfr. cap. 1 pag. 15 atto di citazione) e, in ogni caso, dell’atteggiamento dell’allenatore (asseritamente incitatorio dei giocatori, cfr. cap. 3 pag.
15 atto di citazione), la difesa del (...) – omessa qualsivoglia specificazione - ha chiesto unicamente di provare, con la articolata prova per testi, che il (...), nell’occasione dell’incontro di calcio di causa, fosse il giocatore che “con intervento violento provocava la frattura della gamba destra del signor (...)”.
Qualora confermata detta (in astratto rilevante) circostanza, è chiaro che, a meno di non voler inammissibilmente integrare il capitolato di prova (cfr., in relazione alla divieto per il giudice di supplire officiosamente alle genericità e alle deficienze dell’articolazione probatoria, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3280 del 12/02/2008), non sarebbe stato dato sapere in cosa sia realmente consistito l’intervento violento di cui trattasi, la natura dello stesso e le modalità concrete con le quali sia stato realizzato.
Giova, a questo punto, ricordare che l’esercizio dell’attività sportiva, compresa quella del calcio, costituisce una causa di giustificazione non codificata, nel senso che, essendo essa tutelata dallo Stato, quale attività lecita e idonea a favorire lo sviluppo e il benessere fisico della popolazione, è consentita, nel suo svolgimento, l’assunzione del rischio della lesione di un interesse individuale relativo all’integrità fisica. Tale esimente presuppone che non sia travalicato il dovere di lealtà sportiva nel senso che il giocatore “non deve esporre l’avversario ad un rischio superiore a quello consentito in quella determinata pratica ed accettato dal partecipante medio” (cfr. Cass. 12.11.1999, n. 2765). In sostanza, quindi, non può configurarsi una responsabilità civile per le lesioni cagionate da un calciatore ai danni di un avversario se la condotta è esplicata nel contesto dell’attività sportiva e se la stessa, funzionalmente collegata al gioco, è posta in essere con una violenza compatibile con le caratteristiche concrete del gioco praticato (cfr. Cass. Sez. III 8 agosto 2002, n.12012).
All’esito del giudizio, tuttavia, la dedotta assoluta carenza (di allegazione ancor prima che) di prova in ordine alla natura concreta della condotta imputata al convenuto, non consente in alcun modo di apprezzare la sua eventuale antigiuridicità sulla scorta di concreti elementi di non proporzionalità con il contesto sportivo nel quale si sarebbe esplicata e di non compatibilità con le caratteristiche del gioco nell’occasione praticato.
La domanda deve pertanto essere respinta.
Il rigetto della eccezione pregiudiziale sollevata del convenuto e la effettiva verificazione di un fatto lesivo, ragionevolmente riconducibile all’evento sportivo dedotto in giudizio, nella sua sfera personale, integrano giusti motivi per compensare tra le parti un terzo delle spese di giudizio; la condanna dell’attore alla rifusione dei restanti due terzi, liquidati nella misura di cui al dispositivo, nei confronti del convento, segue la residua soccombenza.
P.Q.M.
il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattese, così provvede:
- rigetta la domanda;
- condanna (...) alla rifusione di due terzi delle spese di giudizio – liquidate, per i detti due terzi, in complessivi € 5.500,00 per compensi, oltre spese generali e accessori come per legge - nei confronti del (...) ;
- compensa per un terzo le spese di giudizio tra le parti di causa.