CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 15/07/2021 N. 5348

Pubblicato il 15/07/2021

N. 05348/2021REG.PROV.COLL.

N. 04159/2018 REG.RIC.

N. 04160/2018 REG.RIC.

N. 04179/2018 REG.RIC.

N. 04180/2018 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4159 del 2018, proposto da FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Panama n. 58;

contro

OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

nei confronti

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia ed Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia; OMISSIS s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7;

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4160 del 2018, proposto da FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Panama n. 58;

contro

OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

nei confronti

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia ed Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia; OMISSIS s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7;

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4179 del 2018, proposto da OMISSIS s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7;

contro

OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40; FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4180 del 2018, proposto da OMISSIS s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7;

contro

OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40; FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4159 del 2018:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 4101/2018, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 4160 del 2018:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 4100/2018, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 4179 del 2018:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 4101/2018, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 4180 del 2018:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 4100/2018, resa tra le parti.

 

Visti i ricorsi in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di OMISSIS s.r.l., del OMISSIS s.c.a.r.l., della FIGC e del CONI;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Valerio Perotti, data la presenza degli avvocati Lipani, Sbrana e Grillo ed uditi per le parti gli avvocati Mazzarelli, Medugno, Gigliola e Fidanzia.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con nota prot. n. 19765 del 20 dicembre 2016 – trasmessa in pari data, tra gli altri, alla OMISSIS s.r.l. ed al OMISSIS s.c.a.r.l. – la Federazione Italiana Giuoco Calcio invitava alcuni operatori economici a formulare un’offerta – secondo le modalità previste dal Portale Acquisti FIGC – nell’ambito della “Procedura negoziata plurima per l’affidamento dei servizi di trasporto e facchinaggio”, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rispetto ad un importo presunto complessivo a base di gara, per la durata triennale del servizio, pari ad euro 1.000.000,00.

La lettera di invito precisava che le prime due società in graduatoria sarebbero state invitate a migliorare la propria offerta attraverso una successiva negoziazione, all’esito della quale la Commissione di gara avrebbe stilato la graduatoria finale.

Il 10 marzo 2017, la FIGC trasmetteva alla OMISSIS s.r.l., mediante il proprio Portale Acquisti, un messaggio del seguente tenore: “con riferimento al presente confronto concorrenziale, essendo la Vostra società risultata tra le prime due in graduatoria all’esito della prima fase esperita a mezzo Portale FIGC, siete convocati per la seconda fase di negoziazione presso i ns Uffici […] alle ore 10.30 di martedì 14/3/2017”.

Conclusasi la seconda fase di negoziazione e non avendo ricevuto dalla FIGC alcun riscontro circa l’esito della procedura, la società OMISSIS formalmente invitava la stazione appaltante a volerne dare comunicazione in via ufficiale, altresì evidenziando “che nell’esperimento della procedura in parola non sono stati rispettati i principi e le regole poste dall’ordinamento giuridico in materia di pubblicità delle sedute di gara e di conservazione dei plichi: l’apertura delle buste contenenti i dati amministrativi e le offerte è infatti […] avvenuta senza dare preventiva pubblicità alle operazioni di gara che avrebbero dovuto svolgersi in seduta pubblica”.

A fronte di tale richiesta la FIGC replicava, con nota del successivo 8 giugno 2017, che “l’esito della procedura di confronto concorrenziale di cui trattasi sarà a breve reso noto ai partecipanti tramite il Portale Acquisti FIGC”, altresì puntualizzando che “Le modalità e prescrizioni che hanno regolato il confronto concorrenziale ‘de quo’ sono indicate nella documentazione di gara in

osservanza alle procedure interne della scrivente Federazione, la quale non era tenuta al rispetto dei vincoli in materia di gare pubbliche di cui al D.Lgs. n. 50/2016”.

Con successiva email del 14 giugno 2017, la stazione appaltante comunicava alla OMISSIS che l’offerta da lei formulata non aveva avuto successo.

La società OMISSIS impugnava tale comunicazione e tutti i presupposti atti della procedura innanzi al Tribunale amministrativo del Lazio (iscritto al n.r.g. 7080 del 2017), deducendo un unico articolato motivo di gravame nel quale lamentava la violazione degli artt. 1 e 3 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dell’art. 97 Cost,, dei principi e delle norme in materia di evidenza pubblica, dei principi di imparzialità, buon andamento e correttezza dell’azione amministrativa, nonché eccesso di potere sotto i profili di difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza, contraddittorietà, travisamento e sviamento, avendo la FIGC, nell’espletare l’iter concorsuale, ritenuto di non essere assoggettata “al rispetto dei vincoli in materia di gare pubbliche di cui al D.Lgs. n. 50/2016”.

Tale presupposto veniva considerato erroneo, poiché ai sensi del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nel novero delle “amministrazioni aggiudicatrici” avrebbero dovuto essere ricompresi, oltre alle amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri enti pubblici non economici, pure gli “organismi di diritto pubblico”, categoria cui sarebbe stata riconducibile la FIGC, al pari delle altre Federazioni sportive nazionali.

Sia la FIGC che il OMISSIS s.c.a.r.l. si costituivano in giudizio, preliminarmente eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e quindi contestando, nel merito, la fondatezza del gravame.

Con sentenza 13 aprile 2018, n. 4100, il giudice adito accoglieva il ricorso, sul presupposto che la FIGC dovesse essere ricondotta al novero degli organismi di diritto pubblico, dovendo in tale veste necessariamente applicare – in relazione alle gare d’appalto da essa poste in essere – le regole di cui al d.lgs. n. 50 del 2016.

Parallelamente ai fatti sopra descritti, con nota n. 19766 del 20 dicembre 2016 sempre la FIGC aveva invitato diversi operatori economici – tra cui sempre la società OMISSIS s.r.l. ed il OMISSIS s.c.a.r.l. – a formulare una distinta offerta nell’ambito della “Procedura negoziata plurima per l'affidamento dei servizi di facchinaggio al seguito delle squadre nazionali e presso il magazzino Figc sito in Roma”, con caratteristiche sovrapponibili alla precedente.

Anche in questo caso seguiva, il 10 marzo 2017, una nota della FIGC con cui la OMISSIS s.r.l. veniva convocata per la seconda fase di negoziazione, in quanto collocatasi “tra le prime due in graduatoria”, cui non seguiva però alcuna successiva comunicazione della Federazione volta a pubblicizzare l’esito della procedura.

Seguiva la proposizione di un ulteriore ricorso innanzi al medesimo giudice amministrativo (iscritto al n.r.g. 7084 del 2017) con il quale venivano dedotte censure in tutto analoghe al precedente di cui si è innanzi detto; quindi, con sentenza 13 aprile 2018, n. 1401, l’adito Tribunale amministrativo del Lazio ribadiva il principio già espresso nella decisione n. 1400 del 2018, qualificando la FIGC come organismo di diritto pubblico.

Avverso le precedette sentenza la FIGC interponeva due separati appelli di identico contenuto, iscritti rispettivamente ai nn. r.g. 4159 e 4160 del 2018, con i quali deduceva i seguenti motivi di impugnazione:

1) Error in iudicando sull’eccezione di difetto di giurisdizione del G.A.

2) Error in iudicando quanto alla configurabilità della Federazione quale organismo di diritto pubblico e sulla riconducibilità dell’affidamento nel novero delle attività di rilevanza pubblicistica.

3) Sulla tardività del ricorso di primo grado.

4) Error in iudicando per omessa pronuncia in ordine al rispetto delle regole valevoli per l’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica per via telematica.

Costituitasi in entrambi i giudizi, la OMISSIS s.r.l. concludeva per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Anche il CONI si costituiva, insistendo invece sull’accogliento dell’appello (nelle successive difese, peraltro, chiedeva altresì al Collegio di precisare la tipologia e l’ampiezza dei propri poteri di vigilanza e di intervento nei confronti delle Federazioni sportive ad esso affiliate).

Si costituiva pure il OMISSIS s.c.a.r.l., parimenti concludendo per la fondatezza del gravame; detto Consorzio, peraltro, in precedenza aveva a sua volta proposto separati appelli – dal contenuto peraltro analogo, iscritti rispettivamente ai nn. r.g, 4179 e 4180 del 2018 – avverso le due sentenze, con i quali articolava i seguenti motivi di impugnazione:

1) Error in iudicando. Disapplicazione dell’art. 15 del d.lgs. n. 242/1999 e dell’art. 23 dello Statuto del CONI. Natura privatistica dell’attività esercitata, nel caso di specie, dalla FIGC. Conseguente difetto di giurisdizione del G.A.

2) Error in iudicando. Erronea qualificazione della FIGC come organismo di diritto pubblico. Erronea applicazione dell’art. 3, co. 1, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016.

3) Error in iudicando et in procedendo. Erroneo rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso di primo grado.

4) Omesso esame dell’eccezione di tardività del ricorso, formulata sotto altro profilo.

5) Error in proedendo et in iudicando. Erroneo rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso.

6) Error in iudicando et in procedendo. Omessa pronuncia in ordine al rispetto dei principi di trasparenza relativi alle gare telematiche.

In entrambi i giudizi si costituiva la società OMISSIS s.r.l., deducendo l’infondatezza del gravame e chiedendone la reiezione.

Con ordinanza 12 febbraio 2019, n. 1006, la Sezione rimetteva alla Corte di giustizia dell’Unione europea – conseguentemente sospendendo i giudizi – una serie di questioni pregiudiziali ex art. 267 Tfue così riassunte: “se sulla base dei rapporti giuridici tra il C.O.N.I. e la F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio il primo disponga nei confronti della seconda di un’influenza dominante alla luce dei poteri legali di riconoscimento ai fini sportivi della società, di approvazione dei bilanci annuali e di vigilanza sulla gestione e il corretto funzionamento degli organi e di commissariamento dell’ente;

- se per contro tali poteri non siano sufficienti a configurare il requisito dell’influenza pubblica dominante propria dell’organismo di diritto pubblico, in ragione della qualificata partecipazione dei presidenti e dei rappresentanti delle Federazioni sportive negli organi fondamentali del Comitato olimpico”.

Il giudice eurounitario si pronunciava sulle questioni con sentenza 3 febbraio 2021 (cause riunite C-155/19 e C-156/19).

Riassunti i giudizi, le parti ulteriormente precisavano le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 17 giugno 2021 le cause venivano trattenute in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente ad ogni considerazione sul merito delle vertenze, va disposta la riunione dei quattro giudizi d’appello indicati in epigrafe, in ragione della loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, avendo tutti ad oggetto una medesima vertenza insorta tra le stesse parti.

Aspetto decisivo ed assorbente della stessa è la possibilità o meno di attribuire, nel caso di specie, la natura di organismo di diritto pubblico alla FIGC, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 2, comma primo, p.to 4 della direttiva UE n. 24 del 2014 (cfr. già l’art. 2, par. 9 della direttiva 2004/18/CE).

La riconduzione a tale categoria, infatti, comporterebbe l’obbligo per la FIGC di applicare alle proprie gare d’appalto la disciplina prevista dal vigente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), ai sensi del combinato disposto degli artt. 1, comma primo e 3, comma primo lett. a) del medesimo decreto legislativo.

Tre sono, come noto, le condizioni perché possa parlarsi di un “organismo di diritto pubblico” ai fini dell’applicazione della normativa in questione: deve trattarsi, in particolare, di un soggetto 1) dotato di personalità giuridica; 2) sottoposto ad influenza pubblica dominante; 3) istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.

Si tratta, in ispecie, di una tipologia di amministrazione fondata su parametri oggettivi, ossia sulla tipologia delle attività esercitate e sulla natura delle stesse; i requisiti in questione non sono inoltre tra loro alternativi, ma devono essere posseduti cumulativamente (ex multis, Cons. Stato, V, 12 dicembre 2018, n. 7031) e sono valutati dal giudice caso per caso, in quanto l’elenco degli organismi di diritto pubblico – di cui all’allegato IV del Codice dei contratti pubblici – non ha carattere tassativo ma solo esemplificativo.

In questi termini, può ben condividersi la valutazione del primo giudice per cui, ai fini della qualificazione in esame, “occorre in primo luogo analizzare la configurazione data dal legislatore alle federazioni sportive. In merito il d.lgs. n. 242/1999, dopo avere previsto all’art. 1 che il “Il Comitato olimpico nazionale italiano … ha personalità giuridica di diritto pubblico … ed è posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali”, al successivo art. 15 dispone che “Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate nello statuto del CONI. Ad esse partecipano società ed associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate in relazione alla particolare attività, anche singoli tesserati” (comma 1), precisando che “Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione” (comma 2).

Si tratta, pertanto, di enti cui il legislatore ha attribuito personalità giuridica di diritto privato, cui però sono assegnate funzioni di rilievo pubblicistico quali, secondo lo Statuto del CONI, art. 23, quelle “relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di

affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione di contributi pubblici, alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello di formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi”.

Le Federazioni sportive sono quindi istituzionalmente deputate allo svolgimento delle funzioni sopra elencate, di modo che la connotazione privatistica della forma associativa dalle stesse rivestite convive, per definizione, con la valenza pubblicistica di parte delle attività svolte.

Dall’espressa dizione legislativa risulta la sussistenza del requisito, richiesto per la configurabilità dell’organismo di diritto pubblico, della personalità giuridica; né può dubitarsi del fatto che le fondazioni siano istituite per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, essendo le stesse, come visto, enti senza fini di lucro deputati al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici, alla preparazione olimpica, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi”.

Ritiene invece il Collegio di non poter condividere le conclusioni raggiunte nelle sentenze appellate in ordine al il terzo requisito, dato alternativamente: 1) dall’essere l’attività dell’ente finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico; 2) dalla circostanza che la gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi; 3) ovvero che l’organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Al riguardo, la richiamata decisione del 3 febbraio 2021 della Corte di giustizia dell’Unione europea è nel senso che “i criteri alternativi figuranti all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24, quali ricordati al punto 34 della presente sentenza, rispecchiano tutti la stretta dipendenza di un organismo nei confronti dello Stato, delle autorità regionali o locali o di altri organismi di diritto pubblico, e che, per quanto riguarda più precisamente il criterio relativo alla vigilanza sulla gestione, una vigilanza siffatta si basa sulla constatazione di un controllo attivo sulla gestione dell’organismo in questione idoneo a creare una dipendenza di quest’ultimo nei confronti dei poteri pubblici, equivalente a quella che esiste allorché è soddisfatto uno degli altri due criteri alternativi, ciò che può consentire ai poteri pubblici di influire sulle decisioni del suddetto organismo in materia di appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, EU:C:2003:110, punti 68, 69 e 73 nonché la giurisprudenza ivi citata)”.

Sulla base di tali presupposti, se è vero che, in linea di principio, un controllo a posteriori non soddisfa il secondo dei criteri alternativi previsti dall’art. 2, par. 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24/UE – il quale deve essere interpretato “nel senso che la gestione di una federazione sportiva nazionale deve considerarsi posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica, tenendo conto, da un lato, dei poteri di cui tale autorità è investita nei confronti di una federazione siffatta e, dall’altro, del fatto che gli organi fondamentali di detta autorità sono composti in via maggioritaria da rappresentanti dell’insieme delle federazioni sportive nazionali” – in quanto non consente ai poteri pubblici di influire sulle decisioni dell’organismo de quo in tale settore (cfr. Corte giust. UE 12 settembre 2013, IVD, C-526/11, EU:C:2013:543, p.to 29 e giurisprudenza ivi citata), va però verificato, caso per caso, se “nei fatti, i diversi poteri spettanti al CONI nei confronti della FIGC hanno l’effetto di creare una dipendenza di tale federazione rispetto al CONI, tale per cui quest’ultimo possa influire sulle decisioni di detta federazione in materia di appalti pubblici.

A questo proposito, lo spirito di competizione sportiva, la cui organizzazione e concreta gestione sono di spettanza delle federazioni sportive nazionali, come si è detto al punto 55 della presente sentenza, impone di non considerare tali diversi poteri del CONI in un’accezione troppo tecnica, ma di dare agli stessi un’interpretazione più sostanziale che formale”.

Ritiene il Collegio, ad un complessivo esame delle risultanze di causa, che i poteri di direzione e controllo del CONI nei confronti della FIGC non siano tali da imporre a quest’ultima – per la quale, va ricordato, non opera (a differenza della maggior parte delle Federazioni sportive nazionali) il decisivo principio del finanziamento pubblico maggioritario – regole di gestione dettagliate e pervasive.

Non è infatti dato riscontrare – per mutuare le parole della Corte di giustizia – che il riconoscimento della FIGC ai fini sportivi consenta, di per sé solo, al CONI di esercitare (sia pure successivamente) un controllo attivo sulla gestione di tale Federazione, al punto di consentirgli di influire sulle decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici. Né un potere di tal genere è implicito nella possibilità – attribuita sempre al CONI dall’art. 5, comma 2, lett. a) e dall’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 242 del 1999, oltre che dagli artt. 20, comma 4 e 23, commi 1-bis e 1-ter del relativo Statuto – di adottare nei confronti delle Federazioni sportive italiane atti di indirizzo, deliberazioni, orientamenti e istruzioni concernenti l’esercizio dell’attività sportiva disciplinata dalle stesse.

D’altro canto, le stesse difese del CONI in giudizio danno atto di come le disposizioni appena richiamate siano solamente finalizzate ad imporre alle Federazioni sportive nazionali regole generali ed astratte, relative più in generale all’organizzazione sportiva nella sua dimensione pubblica, ma non anche a consentire un intervento diretto ed attivo nella loro attività di gestione, così da poter influire sulle decisioni in materia di appalti pubblici.

In ordine poi al potere del CONI di approvare – limitatamente ai fini sportivi – gli statuti delle Federazioni sportive nazionali di cui agli artt. 7, comma 5 lett. 1) e 22, comma 5, del proprio Statuto, va rilevato che la sottostante valutazione è in realtà circoscritta al riscontro di conformità degli statuti alla legge, allo Statuto del CONI ed ai principi fondamentali stabiliti dal CONI stesso.

In questi termini, non è dato quindi individuare l’imposizione alla FIGC di vincoli idonei a comprimerne l’autonomia di gestione interna.

Neppure è decisiva, in favore della qualificazione come organismo di diritto pubblico della FIGC, l’attribuzione al CONI del potere di approvare i bilanci consuntivi e quelli di previsione annuali delle Federazioni sportive nazionali, ex artt. 15, comma 3, d.lgs. n. 242 del 1999 e 7, comma 5, lettera g2) e 23, comma 2, del relativo Statuto, non essendo stato fornito dal CONI alcun riscontro da cui poter desumere che, obiettivamente, si sia in presenza di un intervento più pervasivo rispetto alla mera verifica contabile dei bilanci consuntivi e dell’equilibrio del bilancio di previsione, sino a comportare un vero e proprio controllo attivo sulla gestione di detta Federazione.

Al riguardo, è la stessa difesa del CONI a riconoscere che “il CONI non ha, in materia, il potere di apporre un proprio veto sull’approvazione del bilancio, il quale, infatti, in caso di mancata approvazione da parte della Giunta, può (rectius: deve) essere approvato dall’Assemblea federale”.

Trattasi dunque di una forma di controllo solamente indiretto nei confronti delle attività economiche svolte dalle Federazioni, per di più limitato al rispetto dei vincoli di destinazione (in sé piuttosto generici) apposti alla contribuzione pubblica – contribuzione che nel caso della FIGC è minoritaria ai fini della copertura delle spese da questa sostenute, in quanto pari ad appena il 21% circa delle entrate della Federazione – ossia la promozione dello sport giovanile, la preparazione olimpica e lo svolgimento di attività di alto livello.

Analogamente dicasi per il potere – attribuito al CONI dall’art. 5, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 242 del 1999, nonché dall’art. 6, comma 4, lettere e) ed el), dall’art. 7, comma 5, lettera e) e dall’art. 23, comma 3, del relativo Statuto – di controllare l’esercizio delle attività a valenza pubblicistica affidate alle Federazioni sportive nazionali nonché, più in generale, il buon funzionamento delle stesse, circoscritto ai settori del regolare svolgimento delle competizioni, della preparazione olimpica, dell’attività sportiva di alto livello e dell’utilizzazione degli aiuti finanziari.

Tali conclusioni non vengono neppure contraddette dal combinato disposto degli artt. 7 e 9 della Deliberazione CONI n. 1271 del 2004, per cui il Comitato “può richiedere documenti e disporre ispezioni per verifiche nella gestione amministrativo contabile delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate riferita al contributo erogato. La Giunta Nazionale, qualora attraverso gli atti in suo possesso o gli accertamenti svolti, riscontri irregolarità relative all’utilizzazione dei finanziamenti per attività o spese non attinenti alle finalità delle Federazioni sportive nazionali […] adotta i provvedimenti necessari e può proporre al Consiglio Nazionale l’irrogazione delle sanzioni di cui all’articolo 9”.

Sebbene a detto riscontro possa far seguito, a seconda della gravità dell’infrazione riscontrata, la sospensione o la riduzione dei contributi – ovvero ancora la decadenza dagli stessi – laddove l’irregolarità non sia stata rimossa, non è dato desumere che “riguardi altresì la gestione in corso delle suddette federazioni, segnatamente sotto il profilo dell’esattezza delle cifre, della regolarità, della ricerca di economie di spesa, della redditività e della razionalità” (Corte giust. UE, 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, EU:C:2003:110, punto 73).

Circa poi il potere del CONI di nominare, a norma dell’art. 7, comma 5, lettera hi) del suo Statuto, dei revisori dei conti in propria rappresentanza nelle Federazioni sportive nazionali (lo Statuto della FIGC prevede, all’art. 31, che “Il Collegio dei revisori dei conti è composto dal Presidente, eletto dall’Assemblea, e da due componenti, nominati dal CONI”), è lo stesso Comitato Olimpico Nazionale a riconoscere, nei propri scritti difensivi, che ai detti “revisori dei conti non è consentito determinare la politica generale o il programma della Federazioni”. Il che a fortiori esclude che tali revisori possano influire sulla politica di gestione della Federazione suddetta, segnatamente in materia di appalti pubblici, non essendo decisivo a sminuire il precedente rilievo l’appunto per cui il collegio dei revisori dei conti – organo che esercita il controllo contabile della FIGC – nella sua composizione, subirebbe pur sempre la maggioranza delle nomine dal CONI (due revisori dei conti ed il Presidente, quest’ultimo eletto dall’Assemblea federale).

Analogamente non è possibile desumere la sussistenza dei presupposti per qualificare la FIGC quale organismo di diritto pubblico dal generale potere del CONI di commissariare le Federazioni sportive nazionali in caso di gravi irregolarità nella gestione, di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo, di impossibilità di funzionamento di tali federazioni o di problemi di regolarità delle competizioni sportive (ex atrt. 5, comma 2, lettera e-ter ed art. 7, comma 2, lettera f) del d.lgs. n. 242 del 1999, nonché art. 6, comma 4, lettera fi, art. 7, comma 5, lettera f e art. 23, comma 3, dello Statuto del CONI), non emergendo dagli atti di causa – e segnatamente dalle difese del Comitato Olimpico Nazionale – elementi da cui desumere che l’esercizio di tale potere implichi un controllo permanente sulla gestione di tali Federazioni.

Alla luce delle considerazioni che precedono, deve dunque concludersi che la Federazione Italiana Giuoco Calcio non è riconducibile al novero degli organismi di diritto pubblico, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016 ed all’art. 2, comma primo, p.to 4 della direttiva UE n. 24 del 2014. Ne consegue il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello civile, in ordine alla specifica vertenza per cui è causa, con conseguente applicazione del regime processuale di cui all’art. 11 Cod. proc. amm.

Gli appelli riuniti vanno dunque accolti in relazione a tale assorbente profilo, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, in ragione della novità e complessità della questione esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei termini di cui in motivazione, per l’effetto dichiarando – in riforma delle sentenze impugnate – il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

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