CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE TERZA – SENTENZA DEL 03/08/2021 N. 5731
Pubblicato il 03/08/2021
N. 05731/2021REG.PROV.COLL.
N. 01929/2021 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1929 del 2021, proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Questura di Parma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
i signori -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, -OMISSIS-, che ha accolto il ricorso, proposto dai signori -OMISSIS-, per l’annullamento dei Daspo nn. -OMISSIS-, adottati dalla Questura di Parma a seguito di una rissa avvenuta, prima della partita valevole per il campionato di Lega pro fra -OMISSIS-”, situato nei pressi dello stadio “Ennio Tardini” di Parma.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 29 luglio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Consigliere Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I signori -OMISSIS- hanno impugnato (ricorso n. -OMISSIS-), dinanzi al Tar Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, i provvedimenti di Daspo, nn. -OMISSIS-, adottati dalla Questura di Parma a seguito di una rissa avvenuta, prima della partita valevole per il campionato di Lega pro fra -OMISSIS-”, situato nei pressi dello stadio “Ennio Tardini” di Parma.
Era stata dedotta l’illegittimità dei Daspo sul rilievo che la partecipazione alla rissa dei signori -OMISSIS-non era confermata dalla testimonianza del titolare del bar teatro dello scontro, il quale si era riparato all’interno del locale con la saracinesca abbassata e non era, perciò, in grado di riconoscere i protagonisti dei tafferugli.
2. Con sentenza -OMISSIS-, il Tar Parma ha accolto il ricorso rilevando il difetto di istruttoria del provvedimento prefettizio.
Il giudice di prime cure, in particolare, rifacendosi ad un precedente dello stesso Tribunale, sentenza n. -OMISSIS-(della quale viene riprodotto interamente l’impianto motivazionale) relativo a Daspo adottati nei confronti di altri soggetti non identificati nella rissa presso il -OMISSIS-”, ha affermato che la mancanza della certezza della partecipazione all’evento delittuoso dei destinatari del provvedimento rilevasse come circostanza ostativa all’adozione dello stesso, determinando la sua caducazione.
3. La sentenza del Tar Parma -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 1 marzo 2021 e depositato il successivo 3 marzo.
La decisione di primo grado è affetta da nullità per difetto di motivazione, limitandosi a riportare il percorso argomentativo di una precedente sentenza emessa dal Tar sulla stessa materia senza che, però, emerga una autonoma valutazione da parte del giudice.
La sentenza sarebbe errata, inoltre, anche nel merito, atteso che affermare che serva la certezza della partecipazione all’evento delittuoso per l’adozione di un Daspo si pone in contrasto con la natura dell’istituto, che non richiede una valutazione globale dei vari elementi di fatto della vicenda al fine di valutare se il coinvolgimento di destinatari del provvedimento sia “più probabile che non” e non certo, come vuole il Tar.
4. I signori -OMISSIS-non si sono costituiti in giudizio
5. All’udienza del 29 luglio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, l’impugnata sentenza del Tar Parma - conformandosi ad un precedente intervenuto su fatti occorsi nella stessa giornata del 19 novembre 2016 prima della partita valevole per il campionato di Lega pro fra -OMISSIS-”, situato nei pressi dello stadio “Ennio Tardini” di Parma – ha ritenuto illegittimo il “divieto di accesso agli impianti sportivi” (Daspo), disposto dal Questore di Parma per un anno, per “assenza di presupposti certi”.
L’atto di appello, pur nella sua sinteticità, ha ben centrato (secondo motivo) il vizio della sentenza impugnata, id est che il Daspo prescinde da un accertamento giudiziale di una responsabilità penale e non è richiesta una prova identificativa incontrovertibile, occorrendo e bastando che la prova fornita risponda al criterio probabilistico ovvero del “più probabile che non”.
Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, l. 13 dicembre 1989 n. 401, il Daspo anche nel nostro ordinamento può essere altresì disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico.
La giurisprudenza ha qualificato la fattispecie come tipicamente appartenente al diritto amministrativo della prevenzione per l’inequivoca volontà del legislatore di anticipare la soglia della prevenzione alle situazioni di pericolo concreto, per le quali vale la logica del "più probabile che non", non richiedendosi anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del Daspo, ma, appunto, una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 866).
E’ dunque sufficiente una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato a una elevata attendibilità e, quanto alla identificazione dei responsabili, sono sufficienti i rilievi ed i riscontri effettuati dalla autorità di pubblica sicurezza, a prescindere da accertamenti più approfonditi, anche in altra sede (Cons. St., sez. III, 15 dicembre 2016, n. 5304).
Il provvedimento è connotato da ampia discrezionalità, spettando all'Autorità amministrativa la valutazione in concreto dell'inaffidabilità del soggetto in forza di un equo bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi; in ogni caso, è sempre necessario che al destinatario del divieto sia ascrivibile un comportamento concreto, volto con chiarezza e univocità alla commissione del fatto potenzialmente pericoloso o espressamente previsto dalla legge come tale.
In particolare, sul punto relativo alla riconducibilità causale delle condotte ascritte ai soggetti destinatari di Daspo, come pure ha chiarito di recente la Corte europea dei diritti dell'uomo (sez. I, 8 novembre 2018, ric. n. 19120/15, Seražin c. Croazia) pronunciandosi sulle analoghe misure previste dalla legislazione croata, è stato precisato che l'applicabilità della misura prescinde da una condanna penale, sia per la finalità prevalente della misura, consistente nella creazione di un ambiente che prevenga comportamenti violenti o pericolosi a protezione dell'ordine pubblico e degli altri spettatori, sia per la mancanza di afflittività, non consistendo in una privazione della libertà o in una imposizione di obbligazione pecuniaria.
2. Ciò chiarito, ad avviso del Collegio, in concreto, il provvedimento impugnato, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, si fonda su indizi da ritenersi sufficienti a identificare gli appellati e a fondare la presunzione di responsabilità, secondo la regola del “più probabile che non”.
Elemento di fatto preponderante è l’identificazione attraverso le immagini tratte da registrazioni che hanno ripreso gli appellati vicino e all’interno del bar -OMISSIS- pochi istanti prima l’inizio dei tafferugli e poi vicino al centro commerciale -OMISSIS-, dove erano giunti a bordo di un furgone i cui occupanti, almeno in parte, erano stati protagonisti degli atti di violenza. E’ dunque “più probabile che non” che i due appellati facessero parte del gruppo che ha partecipato alla rissa vicino al bar -OMISSIS-.
Gli elementi istruttori raccolti dall’amministrazione sono quindi idonei a dimostrare la gravità della condotta contestata all’appellante certamente adeguata a innescare possibili episodi pericolosi, alla stregua del giudizio prognostico questorile, in contesti alquanto delicati come quelli che traggono origine a causa di un avvenimento sportivo e che ben possono facilmente degenerare creando pericoli per l’ordine e sicurezza pubblica (Cons. St., sez. III, 28 maggio 2021, n. 4123).
Di qui la legittimità dei provvedimenti di Daspo impugnati dinanzi al Tar Parma, sulla base di concreti elementi di fatto e secondo la cennata logica del “più probabile che non”, applicabile – come si è detto – a tutto il diritto amministrativo della prevenzione, non esclusi, quindi, i provvedimenti di Daspo in ragione della loro essenziale, innegabile, finalità di prevenzione di atti di violenza.
3. L’appello deve quindi essere accolto.
Sussistono i presupposti per esonerare gli appellati, non costituiti, dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tar Parma -OMISSIS-, che annulla, respinge il ricorso di primo grado.
Esonera gli appellati, non costituiti, dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità degli appellati, nonché, di qualsiasi altro dato riferito alla denunzia presentata a carico dei medesimi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
Umberto Maiello, Consigliere