CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE SESTA CIVILE, Ordinanza del 13/05/2021 n. 12732
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Presidente VALITUTTI ANTONIO
Relatore DOLMETTA ALDO ANGELO
– OMISSIS –
ORDINANZA
sul ricorso 8030-2019 proposto da:
B. L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato GIACOMO GIRIBALDI;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO N. 532006 della S. SPORT SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE, 04, presso lo studio dell'avvocato FABIO TRINCA, rappresentato e difeso dall'avvocato LUIGI AMENDOLA;
- controricorrente –
avverso la sentenza n. 1237/2018 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 29/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- Il Fallimento della s.p.a. S. Sport ha convenuto avanti al Tribunale di Salerno l'avvocata L.B., chiedendo la revoca ex art. 67, comma 2, legge fall. Del pagamento eseguito in suo favore nel marzo 2006 dalla Lega nazionale Calcio Professionisti, quale terzo pignorato nel procedimento espropriativo mobiliare promosso presso il Tribunale di Milano verso la società poi fallita.
Con sentenza n. 1262/201 , Tribunale ha accolto la domanda attorea.
2.- L'avv. B. ha interposto appello avanti alla Corte di Salerno. Che lo ha rigettato con sentenza depositata in data 29 agosto 2018.
3.- A fronte del rilievo dell'appellante, per cui il Fallimento è nel concreto sprovvisto di interesse ad agire, posto che il credito di cui alla richiesta revocatoria risulta assistito da privilegio generale, la Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che tale circostanza non esclude «possibili menomazioni e lesioni» della regola della par condicio, né fa venire meno l'interesse ad agire: «è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo concorsuale che può verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragion, di altri creditori privilegiati, che potrebbero insinuarsi anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria».
Dietro altra sollecitazione dell'appellante, la Corte di Appello ha poi rilevato che, in tema di revocatoria fallimentare di pagamenti, la «prova della conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore può anche fondarsi su elementi indiziari caratterizzati dai requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, a norma dell'art. 2729 cod. civ». Secondo quanto accaduto — ha aggiunto - nella specie concreta: «al fine di esercitare l'azione di recupero coattivo del credito vantato, l'appeLante non poteva non avere preventivamente effettuato sia una visura camerale per accertare l'eventuale sussistenza di protesti e dunque la solvibilità della società debitrice, sia una ricognizione del suo patrimonio immobiliare mediante ispezioni ipotecarie»; inoltre, l'appellante, «quale avvocato esperto di diritto sportivo, avendo difeso più volte calciatori e agenti dinnanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI e avendo tenuto corsi di formazione professionale in materia, doveva necessariamente conoscere le vicende, aventi una risonanza nazionale tale da assurgere al rango di fatto notorio, ... che nell'anno 2005 avevano comportato l'esclusione dal campionato di serie B» della S. s.p.a.; così come non poteva non essere consapevole del fatto che tale esclusione dipendeva dall'«ingente esposizione debitoria maturata nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali», anche in ragione delle «plurime e reiterate notizie divulgate a mezzo stampa e siti internet».
4.- Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione l'avvocata L. B., facendo valere due motivi.
Resiste, con controricorso, I Fallimento.
Il ricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.- Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente assume «violazione e/o falsa apolicazione di norme di legge in relazione agli artt. 67 legge fall. e 100 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.».
E' incontestato nella specie — spiega il ricorrente — che il credito, a suo tempo estinto col pagamento di cui si chiede la revoca, è assistito da privilegio ex art. 2751 bis cod. civ. Perciò, manca nel Fallimento ogni interesse ad agire: le somme recuperate in revocatoria sarebbero poi destinate a essere nuovamente attribuite allo stesso soggetto.
6.- Il motivo non può essere accolto.
Secondo l'attuale orientamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, nella revocatoria fallimentare di debiti liquidi ed esigibili, prevista dall'art. 67, comma 2 , legge fall., l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, rcollegabile, per presunzione legale assoluta, all'atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal fallito.
Ne consegue che sul curatore grava soltanto l'onere di provare la conoscenza dello stato ci insolvenza da parte dell'accipiens, mentre la circostanza che il pagamento sia stato effettuato per soddisfare un credito assistito da privilegio (secondo quanto propriamente accade nella specie) non esclude tale possibile lesione, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore: è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che può verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che potrebbero insinuarsi anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria (su questi punti cfr., ex plurimis, Cass.. S.U., n. 7028/2006; Cass., 25571/2010; Cass., n. 7563/2011; Cass., n. 23430/2012; Cass., n. 11652/2018).
7.- Col secondo motivo, il ricorrente lamenta «violazione e/o falsa applicazione di norme di legge in relazione agli artt. 67 legge fall. e 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.».
Rileva il motivo che, in punto di scientia decoctionis, «non basta una astratta conoscibilità oggettiva accompagnata da un presunto dovere di conoscere, richiedendosi la presenza di concreto collegamenti di quel creditore con i sintomi conoscibili dello stato di insolvenza». La sentenza appare pertanto errata nella parte in discorso, «avendo ritenuto apoditticamente e senza alcun supporto logico giuridico, che l'avv. B. avrebbe dovuto porre in essere tutta una serie di attività di intelligence, tese a scrutinare la situazione economicofinanziaria della S. Sport s.p.a.».
8.- Il motivo non merita di essere accolto.
9.- A proposito dello stesso, è bene ricordare, prima di tutto, che i contenuti di base della giurisprudenza, che questa Corte è venuta a consolidare in tema di revocatoria fallimentare e di scientia decoctionis, di recente sono stati opportunamente sintetizzati, tra le altre, dalle pronunce di Cass. n. 9257/2019; Cass., n. 3327/2020; Cass., n. 11515/2020.
Hanno in specie rilevato i detti provvedimenti che la «conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purché idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività.
Orbene, se è vero che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fattc che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (ex multis, Cass. n. 3845/2019; Cass., n. 3336/2015), è pur vero che, per giurisprudenza altrettanto consolidata in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento».
«Da tempo questa Corte segnala che il giudice è tenuto a seguire un procedimento articolato in due fasi logiche:
dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria;
successivamente, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi). In tal senso è stata ritenuta censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, atomisticamente considerati, senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero però in grado di acquisirla ove valutati secondo un giudizio complessivo di sintesi e di vicendevole completamento (ex multis, Cass. n. 18822/2018; Cass. n. 9059/2018; Cass., n. 5374/2017)».
10.- Fermati questi punti d, base, va adesso osservato che, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha motivatamente desunto elementi di prova presuntiva, in ordine alla scentia decoctionis in capo all'odierno ricorrente, da una serie di circostanze ampie e di segno affatto univoco.
In particolare, la pronuncia ha valorizzato - sia nella loro singolarità, che nel loro insieme complessivo - le peculiari indicazioni derivanti: dalle azioni creditorie nel concreto sviluppate; dalla specifica competenza professionale di questi, quale avvocato specializzato in diritto sportivo e con esperienza direttamente maturata nel settore delle squadre professionistiche; dal clamore e «impatto sociale» provocato dalle vicende della squadra salernitana, come anche enfatizzate dai mezzi di comunicazione mediatica.
A tutto ciò consegue che la soluzione raggiunta dalla Corte territoriale, in punto di conoscenza dello stato di insolvenza da parte del contraente in bonis, si manifesta oggettivamente ragionevole e del tutto plausibile.
11.- In conclusione, il ricorso dev'essere respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di € 2.500,00 (di cui € 100,00 per esborsi), oltre a spese forfetarie e accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato parti a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma del comma 1 bis dell'art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta