CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 10/10/2022 N. 8662
Pubblicato il 10/10/2022
N. 08662/2022REG.PROV.COLL.
N. 06292/2017 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6292 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Gaetano Viciconte, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Turco in Roma, via Da Palestrina 63;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli e Luigi Medugno, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Panama 58; Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pisanelli 2;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma (sezione prima) n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C.;
Visto l’appello incidentale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I.;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza ex art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm. del giorno 20 settembre 2022 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Viciconte, Borgiotti, Medugno e Nisci, in dichiarata delega dell’avvocato Angeletti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con distinti ricorsi entrambi proposti al Tribunale amministrativo per il Lazio - sede di Roma, il signor -OMISSIS-, già -OMISSIS- - F.I.G.C. impugnava:
- (ricorso iscritto al n. di r.g. -OMISSIS-) dapprima la sanzione dell’inibizione per cinque anni da ogni carica federale, comminatagli dagli organi della giustizia sportiva (decisioni della Commissione di appello federale del 14 luglio 2006 e della Corte federale del 4 agosto 2006, e lodo della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport presso il CONI in data 12 aprile 2007), a conclusione del processo a suo carico per illecito sportivo rientrante nel noto filone denominato “calciopoli”, in conseguenza della quale veniva ulteriormente proposto per la radiazione (recte: preclusione in qualsiasi rango o categoria della Federazione);
- (ricorso iscritto al n. di r.g. -OMISSIS-) chiedeva quindi il risarcimento dei danni subiti per effetto dei provvedimenti sanzionatori adottati nei suoi confronti, compresa la radiazione successivamente inflittagli dagli organi giurisdizionali competenti secondo il nuovo codice di giustizia sportiva (decisioni della Commissione nazionale disciplinare del 9 giugno 2011, della Corte di giustizia federale del 15 luglio 2011 e dell’Alta Corte di giustizia sportiva presso il CONI dell’11 maggio 2012), previa disapplicazione di questi e della disciplina transitoria emanata dalla FIGC in conseguenza dell’entrata in vigore del nuovo codice (comunicato del consiglio federale n. 143/A del 3 marzo 2011, intitolato approvazione norme regolamentari), con cui era stabilito che la competenza ad applicare la sanzione accessoria alle condanne disciplinari già inflitte sulla base delle «sentenze rese» al momento dell’entrata in vigore del codice fosse degli organi di giustizia sportiva, anziché del presidente federale.
2. Riuniti i ricorsi per connessione, con la sentenza indicata in epigrafe l’adito Tribunale amministrativo regionale per il Lazio:
- dichiarava il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda di annullamento della condanna disciplinare, in ragione della riserva di giurisdizione a favore degli organi di giustizia sportiva sui provvedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti alle federazioni sportive;
- respingeva la domanda risarcitoria, sulla base del presupposto accertamento della legittimità della disciplina transitoria sopra richiamata, e dell’avvenuto consolidamento delle decisioni rese nei suoi confronti dagli organi di giustizia sportiva, in ragione del maturare della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni da esse asseritamente derivati.
3. Con il presente appello il -OMISSIS- ha riproposto la domanda risarcitoria formulata nel ricorso iscritto in primo grado al n. di r.g. -OMISSIS-.
4. Si sono costituiti in resistenza all’appello la FIGC e il CONI. Con appello incidentale subordinato quest’ultimo ha inoltre impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui non ha escluso la propria legittimazione passiva nella presente controversia.
DIRITTO
1. L’appello censura - con i motivi primo, terzo e quarto - la sentenza di primo grado nella parte in cui ha giudicato legittima la disciplina transitoria emanata in relazione all’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia sportiva, con il sopra citato al comunicato del consiglio federale n. 143/A del 3 marzo 2011. All’assunto posto a base della sentenza, secondo cui la disciplina in questione si sarebbe limitata a ridefinire la competenza per la sanzione accessoria della preclusione, «spostandola dal Presidente federale, che prima ne era titolare, a determinati organi di giustizia sportiva», senza introdurre nuove ipotesi di illecito, l’appello ripropone la tesi della sua natura sostanziale. Dal descritto inquadramento sarebbe conseguita la violazione: del principio di imparzialità sancito dall’art. 23 dello statuto del CONI, a causa del fatto che la radiazione non è stata comminata in casi analoghi di condanne per illeciti sportivi; dell’art. 238-bis cod. proc. pen., per l’automatismo sanzionatorio che connota il secondo procedimento disciplinare, finalizzato alla radiazione, dopo quello di accertamento dell’illecito sportivo all’esito del quale il ricorrente ha riportato la condanna a cinque anni di inibizione; del divieto di bis in idem, in ragione dei procedimenti sanzionatori in successione cui il ricorrente è stato sottoposto, il secondo dei quali non svoltosi a cognizione piena e con le correlative garanzie a difesa dell’incolpato, ma limitato ad una «mera presa d’atto del contenuto delle sentenze rese». Non sarebbe inoltre contestabile la duplicazione sanzionatoria, nella misura in cui essa ha tratto fondamento da un unico «fatto storico», con identità di valutazione nei due distinti procedimenti, la seconda delle quali destinata «a formarsi sulla base delle “sentenze rese”», rispetto al previgente ordinamento di giustizia sportiva, nel quale la sanzione accessoria era rimessa ad «una valutazione ed una decisione politica e discrezionale» del presidente federale.
2. Le censure così sintetizzate sono infondate.
3. Come sul punto ha correttamente statuito la sentenza di primo grado, la disciplina transitoria censurata si è limitata a definire la situazione di «quanti, come l’attuale ricorrente, erano stati destinatari di una sanzione principale ed oggetto di proposta per l’irrogazione di quella accessoria della radiazione dalla Federazione, senza che su tale proposta fosse già intervenuta una decisione». La disciplina transitoria è quindi intervenuta ad estendere alle condanne disciplinari già pronunciate il principio di «separatezza delle funzioni» di direzione e gestione della federazione da quelle di carattere giustiziale nei confronti dei tesserati introdotto con il nuovo codice di giustizia sportiva, entrato in vigore il 1° luglio 2007, con la devoluzione agli organi di giustizia sportiva della competenza a pronunciarsi sulla radiazione permanente, che nell’assetto ordinamentale precedente faceva invece capo al vertice federale. Deve pertanto essere confermata la qualificazione data dalla sentenza di primo grado al comunicato del consiglio federale n. 143/A del 3 marzo 2011, di atto recante una disciplina «meramente procedimentale» e non sostanziale.
4. La sentenza di primo grado è immune dalle censure contenute nell’appello anche nella parte in cui ha escluso che dall’assoggettamento del procedimento a carico del ricorrente alla medesima normativa transitoria sia derivato a danno di costui un automatismo sanzionatorio e sia stato inoltre violato il ne bis in idem. Con riguardo al primo profilo è infatti corretto il rilievo per cui l’accertamento definitivo della commissione dell’illecito sportivo e la conseguente definitività della sanzione disciplinare principale (inibizione da ogni carica federale per cinque anni) non esclude che gli organi di giustizia sportiva debbano a loro volta «compiere una propria autonoma ed ulteriore valutazione discrezionale» della gravità dei fatti ormai incontroversi «sulla base delle sentenze rese», ai fini della sanzione accessoria della radiazione permanente (o preclusione), nell’ambito di un procedimento ulteriore rispetto a quello già concluso in cui è assicurato il diritto al contraddittorio con l’incolpato («garantendo il rispetto dei termini e delle procedure previste dall’art. 30, commi 8 e 9, del codice di giustizia sportiva»: così il comunicato del consiglio federale n. 143/A del 3 marzo 2011). In relazione al secondo profilo, il bis in idem è stato condivisibilmente escluso in ragione del carattere discrezionale del giudizio finalizzato all’eventuale applicazione della sanzione accessoria, implicante la «valorizzazione di ulteriori elementi, quali la gravità dei fatti ascritti, che hanno determinato l’inflizione della sanzione principale», e dunque senza alcuna automatica duplicazione sanzionatoria.
5. Sulla base di quanto finora rilevato non è inoltre configurabile alcuna disparità di trattamento con altri casi di illeciti sportivi in tesi - solo genericamente affermata - analoghi a quello oggetto del presente giudizio, mentre per quanto concerne le garanzie difensive derivanti dalla nuova disciplina, estesa in via transitoria alle condanne disciplinari già inflitte, è altrettanto evidente che con la devoluzione della competenza a pronunciarsi sulla sanzione accessoria agli organi di giustizia sportiva la posizione dell’incolpato risulta maggiormente rafforzata rispetto ad un previgente sistema, in cui la decisione era invece rimessa al presidente federale. Come esposto in precedenza, l’appello suppone sul punto che mentre quest’ultimo disponeva di un margine di apprezzamento discrezionale sulla base dell’accertamento dell’illecito e dell’applicazione della sanzione principale, non altrettanto avverrebbe con la devoluzione della competenza agli organi di giustizia sportiva. L’asserzione è tuttavia apodittica, laddove è invece evidente che al mutamento di competenza in favore di organi di carattere giustiziale corrisponde un conseguente incremento delle garanzie difensive anche sotto il profilo dell’autonomia di giudizio dei medesimi organi.
6. Con un’ulteriore censura (secondo motivo) l’appello ribadisce che la pretesa punitiva della federazione si era prescritta, ai sensi dell’art. 18, commi 1 e 3, del codice di giustizia sportiva vigente al tempo dei fatti, quando è stata pronunciata la preclusione nei confronti del ricorrente, e cioè oltre la sesta stagione successiva alla commissione dell’ultimo atto diretto a commettere l’illecito, in presenza di un valido atto interruttivo (quattro anni aumentati della metà). La sentenza di primo grado avrebbe errato sul punto nel non ritenere applicabile al caso di specie il termine di prescrizione in questione, sulla base dell’erroneo assunto che l’illecito era già stato definitivamente accertato e che il secondo procedimento era finalizzato all’applicazione di una sanzione accessoria, avente come presupposto l’accertamento in questione. Del pari la sentenza sarebbe incorsa in errore nell’escludere che il secondo procedimento abbia in ogni caso ecceduto i limiti di una ragionevole durata, sul rilievo che la radiazione è stata «comunque emessa nel periodo di efficacia dell’interdizione di cinque anni da qualsiasi attività in Federazione» (avente scadenza nel luglio 2011). Si sottolinea a quest’ultimo riguardo che il potere sanzionatorio potrebbe in sostanza essere illegittimamente dilatato sine die, in contrasto con i principi generali valevoli in materia.
7. Il motivo è infondato nel duplice profilo in cui si articola.
8. La sentenza di primo grado ha innanzitutto correttamente preso atto, per un verso, che per l’applicazione della sanzione accessoria della radiazione, secondo la competenza ex novo introdotta con il codice di giustizia sportiva entrato in vigore il 1° luglio 2007, non è previsto alcun termine di prescrizione. E per altro verso che quello di cui all’art. 18 del codice invocato dal ricorrente è riferito al procedimento sanzionatorio finalizzato all’accertamento dell’illecito, in coerenza con le finalità dell’istituto della prescrizione in materia penale o punitiva in generale, di estinguere la potestà sanzionatoria per fatti risalenti nel tempo onde non tenervi soggetto per un periodo intollerabilmente prolungato l’incolpato. A quest’ultimo riguardo, il tempo impiegato dagli organi di giustizia sportiva per applicare al ricorrente la preclusione non può nemmeno essere considerato irragionevole, dal momento che la dilatazione dei tempi rispetto al procedimento disciplinare concluso con la condanna all’inibizione da ogni carica federale per cinque anni è stata dovuta all’obiettiva necessità di definire le questioni connesse con l’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia sportiva attraverso la disciplina transitoria di cui al più volte richiamato il comunicato del consiglio federale n. 143/A del 3 marzo 2011, la quale ha richiesto l’acquisizione dei relativi pareri da parte degli organi consultivi della federazione.
9. A fondamento della domanda risarcitoria l’appello ribadisce inoltre (quinto motivo) l’illegittimità della sanzione dell’inibizione quinquennale sotto il profilo della sproporzione, non esaminata in primo grado a causa dell’erronea applicazione sia della prescrizione quinquennale della domanda risarcitoria proposta nel 2012, con il secondo ricorso in sede giurisdizionale, rispetto a decisione rese dagli organi di giustizia sportiva nel 2006, sia del termine decadenziale ex art. 30, comma 5, cod. proc. amm. di 120 giorni. Con riguardo al merito della condanna disciplinare, si sottolinea che la motivazione a supporto della misura dell’inibizione è carente e non conforme al principio del gradualismo sanzionatorio, in rapporto all’effettiva gravità degli illeciti accertati nei confronti del ricorrente, ulteriormente aggravata con la sanzione accessoria della preclusione sulla base di una proposta in questo senso formulata nel giudizio di secondo grado davanti alla Corte federale, in violazione del divieto di reformatio in peius.
10. Le censure sono infondate, malgrado l’erronea applicazione in via cumulativa della prescrizione e della decadenza, la quale tuttavia non incide sulla correttezza della decisione ma sulla sola motivazione. Più nello specifico, esse colgono un errore laddove la sentenza ha applicato la decadenza ai sensi del sopra citato art. 30, comma 5, cod. proc. amm. e la prescrizione quinquennale (ex art. 2947, comma 1, cod. civ.) rispetto ad una domanda risarcitoria tempestivamente proposta in sede giurisdizionale amministrativa una volta esauriti i rimedi giustiziali previsti dall’ordinamento sportivo contro la sanzione della radiazione, da cui è sorto l’interesse risarcitorio, in conformità a quanto previsto dall’art. 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (recante Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva; convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280).
11. La domanda risarcitoria è nondimeno infondata nella misura in cui essa tende a rimettere in discussione decisioni ormai definitive dagli organi di giustizia sportiva. Occorre al riguardo muovere dal «principio di autonomia», regolatore ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, ora richiamato, i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale «sono regolati in base al principio di autonomia». La definizione dei rapporti tra i due ordinamenti secondo il principio di autonomia implica il riconoscimento dei reciproci valori giuridici e quindi degli atti rispettivamente adottati all’interno di ciascuno di essi, in conformità alle norme ivi vigenti. Nell’ambito della descritta dialettica, l’incontrovertibilità dell’accertamento di un illecito sportivo e la correlata definitività delle sanzioni per esso applicate dai competenti organi di giustizia sportiva, in base ad una competenza loro riservata in senso assoluto ai sensi dell’art. 2, commi 1, lett. b), e 2, del medesimo decreto-legge, comporta che queste ultime non possono essere considerate illegittime nell’ordinamento statale, e nello specifico nella presente sede giurisdizionale amministrativa.
12. Quanto ora precisato vale anche ai fini di un accertamento di tipo incidentale sui provvedimenti sanzionatori sportivi ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, come richiesto nel presente giudizio dal ricorrente. La legittimità ormai definitivamente accertata della sanzione dell’inibizione quinquennale, sulla cui base è stata successivamente comminata a quest’ultimo l’ulteriore sanzione della preclusione permanente, a sua volta confermata in tutti i gradi di giudizio previsti dall’ordinamento sportivo, impedisce di configurare l’elemento strutturale dell’illecito civile costituito dall’ingiustizia del danno, consistente nella lesione arrecata ad un interesse giuridicamente (contra ius) rilevante al di fuori di una causa di giustificazione (non iure). I pretesi danni subiti dal ricorrente per effetto delle sanzioni comminategli non possono infatti ritenersi ingiusti, e come tali meritevoli di ristoro economico per equivalente monetario, nemmeno all’esito di un accertamento incidentale di illegittimità delle stesse. Nel sovrapporsi comunque al giudizio disciplinare svoltosi presso i competenti si porrebbe comunque in contraddizione con la loro acquisita definitività, e nella misura in cui la competente federazione sportiva o il CONI fossero dichiarati tenuti al risarcimento dei danni quest’ultima si creerebbe un conflitto tra l’ordinamento sportivo e quello della Repubblica, che implicherebbe il disconoscimento da parte di quest’ultima delle decisioni autonomamente dai competenti organi del primo.
13. Pertanto, nell’ambito dell’astratta ammissibilità della tutela risarcitoria davanti agli organi della giurisdizione statale, secondo l’interpretazione ormai consolidata del già richiamato art. 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (in questo senso, per tutte: Cass., SS.UU. civili, ord. 28 dicembre 2020, n. 29654), la stessa non nello specifico caso oggetto del presente giudizio essere riconosciuta (all’opposto di quanto avviene pacificamente nel caso in cui la domanda risarcitoria abbia quale proprio presupposto decisioni di carattere disciplinare accertate come illegittime, come nel caso di recente esaminato da questa sezione, nella sentenza 9 luglio 2019, n. 4790).
14. L’appello principale deve pertanto essere respinto, dacché va conseguentemente dichiarato improcedibile l’appello incidentale del CONI. Per l’effetto la sentenza di primo grado deve essere confermata, ma per la natura delle questioni controverse le spese di causa possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge il principale e dichiara improcedibile l’incidentale; per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2022, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF, Estensore
Stefano Fantini, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere