CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE TERZA CIVILE, Sentenza del 15/12/2022 n. 36819
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Presidente DE STEFANO FRANCO
Relatore VALLE CRISTIANO
– OMISSIS –
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3275/2020 R.G. proposto da:
AC CHIEVO VERONA S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato in ROMA, alla piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TOGNETTI CORRADO (TGNCRD64H11E349W)
-ricorrente -
contro
- OMISSIS - , elettivamente domiciliato in ROMA, alla via ALFREDO CASELLA n. 31, presso lo studio dell’avvocato MASTRACCI MARCO (MSTMRC69D16H501J) che lo rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO VENEZIA n. 4585/2019 depositata il 24/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/11/2022 dal Consigliere relatore Cristiano Valle, osserva quanto segue.
Simone - OMISSIS - chiese al Tribunale di Roma, sezione specializzata per le imprese, un provvedimento cautelare di inibitoria all’utilizzo della sua immagine quale calciatore, utilizzata per pubblicizzare la manifestazione agonistica, denominata «SportItalia Cup», in quanto alla data della diffusione delle immagini, su una locandina relativa al detto evento, programmato per il 10/08/2016, egli non era più tesserato con la AC Chievo Verona S.r.l., e figurava sulla locandina con la maglia della detta società calcistica.
Il Tribunale concesse il provvedimento cautelare di inibitoria, ai sensi dell’art. 156 della legge n. 633 del 22/04/1941 (in seguito legge dir. Autore) vietando alla A.C. Chievo Verona S.r.l. ed alla
U.S. Folgore Caratese l’utilizzo della locandina relativa al triangolare calcistico che rappresentava l’istante senza aver acquisito il consenso del medesimo, in considerazione della circostanza che al momento della diffusione delle immagini Simone - OMISSIS - non era più parte della compagine sportiva della AC Chievo Verona.
Il decreto cautelare, emanato senza previa instaurazione del contraddittorio, venne confermato dal Tribunale di Roma, con ordinanza del 18/08/2016, con condanna della AC Chievo Verona
S.r.l. e della US Folgore Caratese al pagamento delle spese legali.
Simone - OMISSIS - notificò, alla AC Chievo Verona S.r.l., il provvedimento di inibitoria, con formula esecutiva, in una con l’atto di precetto per il pagamento della penale per ogni giorno di violazione dell’inibitoria (pari a settecento euro al giorno) calcolata per quarantasei giorni, dal 4/08 (data di notifica del decreto cautelare) al 21/09/2016 e quindi per complessivi euro trentaduemila e duecento (€ 32.200,00).
La AC Chievo Verona S.r.l. procedette al pagamento delle sole spese legali vantate e propose, dinanzi al Tribunale di Verona, quale giudice competente per territorio e valore, opposizione a precetto in data 29/6/2016.
- OMISSIS - si costituì in giudizio e resistette all’opposizione.
Il Tribunale di Verona, in parziale accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, riformulò l’importo dovuto dalla società calcistica al Pepe, riducendola a poco più di settemila euro (€ 7.239,57) ed ordinando la restituzione della residua somma incassata.
Propose appello il - OMISSIS - per l’integrale riforma del provvedimento di primo grado; si costituì l’appellata proponendo appello incidentale, per vedersi riconoscere la restituzione di un importo maggiore.
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 4585 del 24/10/2019, accolse parzialmente il gravame, rigettando l’opposizione a precetto promossa dalla A.C. Chievo Verona S.r.l., condannando quest’ultima a rifondere le spese di lite, del doppio grado di giudizio, nei confronti dell’appellante e rigettando il solo capo di domanda relativo alla responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
A fondamento della propria decisione la Corte territoriale pose la circostanza che il provvedimento di inibitoria avrebbe implicato un obbligo di facere e, inoltre, che non sarebbe bastata la rimozione della locandina raffigurante il - OMISSIS - con i colori sociali della AC Chievo Verona S.r.l. a porre rimedio all’illegittimo uso dell’immagine del calciatore, ma sarebbe stato necessario rimuoverne le tracce anche dai siti internet.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia ricorre per cassazione la AC Chievo Verona S.r.l., con atto affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso - OMISSIS -
Per l’udienza pubblica del 9/11/2022 il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va dato preliminarmente atto della richiesta pervenuta in data 9/09/2022, e riveniente dal difensore della ricorrente AC Chievo Verona S.r.l., di dichiarazione dell’interruzione del giudizio a causa dell’intervenuto fallimento della detta società calcistica.
L’istanza di interruzione del giudizio non merita favorevole seguito.
In merito giova ricordare che una volta instaurato il processo innanzi a questa Corte, anche qualora la dichiarazione di fallimento sia intervenuta dopo la notifica del ricorso per cassazione, a seguito della modifica dell’art. 43 l. fall. per effetto dell’art. 41 del d.lgs. n. 5 del 2006, non vi è interruzione del giudizio (Cass. n. 15928 del 08/06/2021 - Rv. 661427 – 01 e in precedenza Cass. n. 27143 del 15/11/2017 Rv. 646008 - 01), trattandosi di processo dominato dall’impulso d’ufficio e pertanto insensibile alle vicende riguardanti la soggettività giuridica delle parti.
Il ricorso è improcedibile, ai sensi dell’art. 369, commi 1 e 2, n. 2 cod. proc. civ.
La AC Chievo Verona S.r.l. afferma in ricorso che la sentenza della Corte di Appello di Venezia le è stata notificata il 13/11/2019, ma non ha prodotto la copia della sentenza notificatale, posto che in atti vi soltanto una copia della sentenza d’appello prodotta dalla controricorrente non recante, tuttavia, alcuna attestazione di avvenuta notifica. Né in alcuno degli altri atti a disposizione di questa Corte si rinviene la copia notificata della sentenza gravata.
Sul punto deve ribadirsi la oramai costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio e alla quale si intende dare continuità (Cass. n. 15832 del 07/06/2021 Rv. 661874 - 01) che in punto di produzione della copia notificata della sentenza, e più in generale di decorrenza dei termini di impugnazione, afferma: «In tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine "lungo" di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art.372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art.369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio.» Tale approdo è stato ribadito, con alcune precisazioni, i cui presupposti fattuali di applicazione non ricorrono nella specie, anche dalla più recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 21349 del 06 07 2022 Rv. 665188 – 02).
Nella specie, alla mancanza in atti dell’indispensabile copia notificata della sentenza impugnata non soccorre neppure il principio di cui a Cass. 10/07/2013, n. 17066, di non necessità di tale produzione in caso di notifica del ricorso entro i sessanta giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento impugnato, poiché la sentenza gravata (che si assume essere notificata in data 13.11.2019) è stata pubblicata in data 24/10/2019 e il ricorso risulta essere notificato in data 13/01/2020 e, quindi, oltre il termine di sessanta giorni.
Il ricorso pertanto deve essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, cod. proc. civ.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.
Sussistono, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.
P. Q. M.
dichiara improcedibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.