CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONI UNITE – ORDINANZA del 02/08/2023 n. 23532
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONI UNITE - ORDINANZA del 02/08/2023 n. 23532
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: VINCENTI ENZO
– OMISSIS –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3766/2023 R.G. proposto da: FALLIMENTO DI A.C. CHIEVO VERONA S.R.L., in persona dei nominati Curatori, domiciliato all’indirizzo digitale, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO DE BOSIO;
-ricorrente-
contro
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato all’indirizzo digitale , rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO ANGELETTI;
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliata all’indirizzo digitale , rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO VIGLIONE;
-controricorrenti-
nonchè contro
COSENZA CALCIO SRL; LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE B; -intimatiavverso la SENTENZA del CONSIGLIO DI STATO ROMA n. 9876/2022, depositata il 10/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal Consigliere ENZO VINCENTI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale ALESSANDRO - OMISSIS - , il quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
FATTI DI CAUSA
1. - Il Consiglio Federale della Federazione Italiana Gioco Calcio (di seguito anche soltanto F.I.G.C.), con il Comunicato Ufficiale n. 252/A del 21 maggio 2021, approvò il cd. Manuale delle Licenze 2021/2022 con cui fissava gli adempimenti necessari per ottenere l’iscrizione al campionato di Serie B nella stagione calcistica 2021/2022. In particolare, per poter prendere parte alla competizione di Serie B, i punti 14 e 15 della Licenza prescrivevano che le società, entro il termine perentorio fissato alla data del 28 giugno 2021, avrebbero dovuto essere in regola con le rispettive posizioni tributarie.
1.2. - Tra le società calcistiche interessate alla partecipazione del campionato in Serie B 2021/ 2022 v’era l’A.C. Chievo Verona s.r.l. (di seguito anche soltanto Chievo), società già ammessa ad una procedura di rateazione del debito tributario (inizialmente pari ad oltre 38 milioni di euro) e che dal mese di marzo 2020 non aveva più provveduto a corrispondere le rate prescritte. Pertanto, a causa di tale posizione debitoria, la Commissione di Vigilanza Società di Calcio (Co.Vi.So.C.), con decisione n. 4650/2021 dell’8 luglio 2021, comunicò al Chievo (che in data 28 giugno 2021 aveva presentato all’Agenzia delle entrate una ulteriore istanza di rateazione, che, però, veniva rigettata) l’impossibilità di accedere al campionato di Serie B, in ragione della insussistenza dei requisiti fiscali previsti dai punti 14 e15 della Licenza. L’esclusione del Chievo dalla competizione calcistica venne confermata dal Consiglio Federale della F.I.G.C. con provvedimento pubblicato il 16 luglio 2021 nel Comunicato Ufficiale n. 12/A. Per l’annullamento di tale provvedimento, il Chievo propose ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport che, a sua volta, lo rigettò con decisione n. 1045/2021 del 26 luglio 2021.
1.3. – Quest’ultima decisione dell’organo di giustizia sportiva venne impugnata dal Chievo, con ricorso corredato anche da motivi aggiunti, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, al fine di ottenerne, nei confronti di CO.N.I., F.I.G.C. e Cosenza Calcio s.r.l., l’annullamento, unitamente ai relativi atti presupposti (la decisione della Co.Vi.So.C. dell’8 luglio 2021 e il provvedimento del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 16 luglio 2021), nonché al comunicato Ufficiale della FIGC n. 45/A del 3 agosto 2021, con cui veniva deliberato lo svincolo coattivo dei calciatori tesserati con il Chievo Verona, e al Sistema delle Licenze Nazionali 2021/2022 per la Lega Nazionale Professionisti di Serie B, con particolare riferimento ai punti 14 e 15. 1.3.1. - L’adito T.A.R. per il Lazio, con sentenza n. 7045/2022, rigettò il ricorso, così provvedendo: a) dichiarò inammissibile l’impugnazione del Manuale delle Licenze, per non esser stato previamente e tempestivamente impugnato dinanzi agli organi della giustizia sportiva, con conseguente inoppugnabilità del Manuale stesso (e, in particolare, dei punti 14 e 15), nonché irrilevante l’eccezione di incostituzionalità in ordine alla legislazione emergenziale in materia tributaria (sulla proroga delle rateazione esattoriali, ma non di quelle pre-esattoriali), per essersi consolidati gli effetti dell’applicazione delle regole dettate dal Manuale delle Licenze; b) dichiarò inammissibile l’impugnazione dell’atto di svincolo d’autorità dei calciatori tesserati per non esser stato, anche tale atto, previamente e tempestivamente impugnato dinanzi agli organi della giustizia sportiva; c) ritenne legittima l’esclusione del Chievo dal campionato di calcio di serie B per non aver la società calcistica rispettato i prescritti requisiti di regolarità fiscale imposti dal Manuale delle Licenze, non potendo avere rilievo, anche perché effettuata con ritardo ascrivibile a condotta dello stesso Chievo, la semplice richiesta di ulteriore rateazione fiscale; d) ritenne che lo svincolo d’autorità dei tesserati non costituisse “ingiusta sanzione punitiva”.
2. – L’appello avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio proposto dal Fallimento A.C. Chievo Verona S.r.l. veniva rigettato dal Consiglio di Stato con sentenza resa pubblica il 10 novembre 2022. Il giudice di appello, a fondamento della decisione (e per quanto strettamente rileva in questa sede), osservava: a) il mancato rispetto delle condizioni di regolarità fiscale prescritte dai punti 14 e 15 del Manuale delle Licenze per la partecipazione al campionato di calcio di serie B comportava “de plano la non ammissione al campionato stesso”; b) in forza del combinato disposto di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 220 del 2003 e agli artt. 12-bis e 12-ter dello Statuto del C.O.N.I. – delineante il sistema di cd. pregiudiziale sportiva, da ritenersi non confliggente con la Costituzione alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 160 del 2019 -, il Chievo Verona avrebbe dovuto previamente e tempestivamente impugnare il Manuale delle Licenze e il provvedimento di svincolo dinanzi agli organi di giustizia sportiva: ciò non era avvenuto e, quindi, era inammissibile il ricorso giurisdizionale direttamente esperito avverso tali provvedimenti; c) l’eccezione di illegittimità costituzionale della legislazione tributaria emergenziale era da rigettare per “difetto di rilevanza”, non potendo in ogni caso una eventuale pronuncia di accoglimento incidere sui rapporti processuali cd. esauriti, come quelli formatisi, per consolidamento dei relativi effetti, a seguito di declaratoria di inammissibilità o irricevibilità della impugnazione, ciò che era avvenuto in riferimento al Manuale delle Licenze, atto di “sostanziale recepimento della normativa emergenziale tributaria”; d) era ininfluente la normativa tributaria emergenziale sulla decadenza dal beneficio esattoriale (la rateazione) e, per l’effetto, sull’esclusione dal campionato per insussistenza dei requisiti fiscali: il rispetto di questi ultimi, infatti, avrebbe richiesto non la mera presentazione dell’istanza (come effettuato dal Chievo Verona in data 28 giugno 2021, termine ultimo per il rispetto dei requisiti in esame), bensì l’accettazione del beneficio da parte dell’Agenzia delle Entrate.
3. - Per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato propone ricorso per motivi di giurisdizione Fallimento A.C. Chievo Verona s.r.l., affidando le sorti della impugnazione a un motivo di censura. Resistono con controricorso sia il Cominato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), che la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.). Non hanno svolto attività difensiva in questa sede le intimate Lega Nazionale Professionisti Serie B e la società Cosenza Calcio a r.l. Tutte le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. Anche il Procuratore generale ha depositato memoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria in replica alle conclusioni del Procuratore generale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – La memoria in replica depositata dalla parte ricorrente in data 13 giugno 2023 è ammissibile, giacché il deposito è stato effettuato nel rispetto del termine di dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio (in data 4 luglio 2023), stabilito dall’art. 380-bis.1 c.p.c., che consente alle parti il deposito delle loro “memorie” nel predetto termine (cfr. Cass. n. 18127/2020 e Cass. n. 6279/2023).
2. - Con l’unico motivo il Fallimento di A.C. Chievo Verona s.r.l. ha denunciato, ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e in relazione agli artt. 111, ottavo comma, Cost. e 110 c.p.a., “eccesso di giurisdizione, abusivo diniego di accesso alla giurisdizione della Corte costituzionale, abnorme valutazione di irrilevanza della questione di legittimità costituzionale ictu oculi rilevante, omessa delibazione di non manifesta infondatezza, omessa rimessione alla giurisdizione costituzionale”. La parte ricorrente argomenta diffusamente in ordine all’eccesso di giurisdizione, con asserita violazione del principio del giudice naturale (la Corte costituzionale) del controllo di costituzionalità delle leggi, in cui sarebbe incorso il Consiglio di Stato affermando, con la sentenza impugnata in questa sede, sorretta da motivazione che si assume essere “abnorme”, il difetto di rilevanza – “per mancata valida impugnazione del Sistema delle Licenze nella parte in cui attribuisce rilevanza escludente alla decadenza dalle rateazioni pre-esattoriali” - dell’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata da essa società calcistica in riferimento alla legislazione tributaria emergenziale (emanata a seguito della pandemia da COVID-19), avente effetti diretti sulla legittimità del predetto Sistema Licenze recante i requisiti fiscali di ammissione al campionato di calcio di serie B. Nella specie, osserva ancora il Chievo, il caso prospettato di eccesso di giurisdizione per uso abnorme del potere del Consiglio di Stato “di non dare ingresso al processo costituzionale con una motivazione di irrilevanza palesemente illogica ed impossibile” non risulterebbe mai esaminato da questa Corte di cassazione. Sicché, sostiene la ricorrente, la soluzione che impedirebbe a questa Corte il sindacato “sotto il profilo del vizio assoluto di giurisdizione delle decisioni abnormi del Consiglio di Stato” sulla “abnormemente (asserita) irrilevanza di una questione di costituzionalità invece manifestamente rilevante, determinerebbe non solo un’ingiusta confisca del controllo”, da parte di questa Corte di cassazione, “del diniego di accesso alla giurisdizione costituzionale, ma anche una irragionevole disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 Cost., tra le cause sottoposte alla legislazione ordinaria (nelle quali il diniego di accesso alla giurisdizione costituzionale è sempre sindacabile mediante ricorso alla Corte di Cassazione contro la pronuncia del giudice a quo) e la identica situazione di diniego abnorme di accesso alla giurisdizione costituzionale commesso dal Consiglio di Stato”.
3. - Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.
3.1. - Alla luce del più recente e ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione - che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento (tra le altre, Cass., S.U., n. 8311/2019; Cass., S.U., n. 19675/2020; Cass., S.U., n. 15573/2021; Cass., S.U., n. 11549/2022; Cass., S.U., n. 14301/2022). Sicché, tale vizio non è configurabile per errores in procedendo o in iudicando, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (tra le molte, successivamente alla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, cfr.: Cass., S.U., n. 7926/2019, Cass., S.U., n. 8311/2019, Cass., S.U., n. 29082/2019, Cass., S.U., n. 7839/2020, Cass., S.U., n. 19175/2020, Cass., S.U., n. 18259/2021). In altri termini, il controllo del limite esterno della giurisdizione - che l’art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione - non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, anche per contrasto con il diritto dell’Unione europea, operando i limiti istituzionali e costituzionali del controllo devoluto a questa Corte, “i quali restano invalicabili, quand’anche motivati per implicito, allorché si censuri il concreto esercizio di un potere da parte del giudice amministrativo, non potendo siffatta modalità di esercizio integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale” (Cass., S.U., n. 12586/2019). Lo specifico motivo di ricorso per cassazione ex art. 111, ottavo comma, Cost., non rappresenta, pertanto, un ulteriore grado di giudizio tramite il quale procedere al sindacato delle decisioni dei giudici speciali, ma costituisce strumento attraverso il quale verificare la corretta individuazione del giudice fornito di giurisdizione. Dunque, non già uno strumento di controllo di un organo giurisdizionale su di un altro, bensì uno strumento che, mediante la chiarificazione dei confini delle rispettive giurisdizioni, concorre a delimitarne la distinzione e a ribadirne, per l’effetto, la rispettiva autonomia. Di qui, peraltro, la infondatezza manifesta della prospettata questione di costituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost., che si pone in ottica affatto estranea al sistema ordinamentale (artt. 102, 103, 111 e 113 Cost.).
3.2. - Ciò posto, nel perimetro del ricordato orientamento si colloca anche il principio enunciato da questa Corte in fattispecie sovrapponibile a quella (rigetto di eccezione di illegittimità costituzionale per difetto di rilevanza) oggetto di denuncia da parte della ricorrente; un caso, dunque, che - contrariamente a quanto opinato dallo stesso Chievo – è stato esaminato e in più di un’occasione. Si è, infatti, già affermato (Cass., S.U., n. 7929/2013; Cass., S.U., n. 20168/2018; Cass SU 11547/2022) che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso una decisione del Consiglio di Stato con cui si censuri il concreto esercizio del potere di sollevare questione di legittimità non potendo l’esercizio di tale potere integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale sindacabile dalla Corte di cassazione alla stregua degli artt. 111, comma 8, Cost. e 362, comma 1, c.p.c. La valutazione che ciascuna “autorità giurisdizionale” è chiamata a fare, su eccezione di una delle parti o di ufficio, in ordine alla rilevanza (ma anche alla non manifesta infondatezza) di una questione di legittimità costituzionale rimane, invero, confinata entro i limiti interni della rispettiva giurisdizione e non rientra, perciò, nell’ambito del controllo che l’art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione. Del resto, una tale valutazione è espressa in applicazione di disposizioni processuali - gli artt. 23 e 24 della legge n. 87/1953 -, che stabiliscono le condizioni (per l’appunto, rilevanza e infondatezza non manifeste della questione/eccezione) per l’accesso al giudizio incidentale di costituzionalità; sicché, l’error in procedendo, anche “abnorme”, eventualmente commesso dal giudice amministrativo a quo, dichiarando priva di rilevanza un’eccezione di legittimità costituzionale invece rilevante, rientra nei limiti interni della giurisdizione del medesimo giudice.
4. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il Fallimento dell’A.C. Chievo Verona s.r.l. condannato al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo. Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti rimaste soltanto intimate.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente Fallimento al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in euro 8.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni