T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 11/02/2025 N. 3012

N. 03012/2025 REG.PROV.COLL.

N. 07014/2020 REG.RIC.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7014 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Ferriero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

C.O.N.I., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Nado Italia, non costituito in giudizio;

per la richiesta di risarcimento dei danni subiti in conseguenza:

- della decisione n. -OMISSIS-, pronunciata in data 3 luglio 2017 e depositata in data 11 settembre 2017 dal Tribunale Nazionale Antidoping, prima sezione con il quale “[…] visti gli artt. 2.1, 4.2.1 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine all'addebito ascrittogli e gli infligge la sanzione della squalifica per anni 4 (quattro), a decorrere dal 3 luglio 2017 e con scadenza al 3 maggio 2021, detratto il presofferto. Dispone l'invalidazione del risultato conseguito in gara. Condanna l'atleta al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00”;

- della decisione n. -OMISSIS-, posta in essere dal Tribunale Nazionale Antidoping, seconda sezione, con la quale si “respinge il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- in data 13 settembre 2017, avverso la decisione pronunciata dal TNA-Prima sezione in data 11 settembre 2017 e per l'effetto conferma la decisione impugnata; condanna altresì -OMISSIS- al pagamento delle spese processuali, quantificate forfettariamente in 350,00 €”;

- dell'ordinanza n. -OMISSIS- posta in essere dal Tribunale Nazionale Antidoping, seconda sezione, con la quale “dichiara inammissibile il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- ex art. 38.1 CSA per la revisione della decisione emessa da questa sezione del TNA in data 16 novembre 2017 nel procedimento a carico dello stesso”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del C.O.N.I.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2025 la dott.ssa Silvia Simone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con l’odierno ricorso il sig. -OMISSIS- ha agito contro il CONI e contro NADO Italia per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dalla citata decisione n. -OMISSIS- con cui il Tribunale Nazionale Antidoping, visti gli artt. 2.1, 4.2.1 delle Norme sportive antidoping (“NSA”), ha: i) accertato la responsabilità del ricorrente in ordine all’addebito ascrittogli e gli ha inflitto la sanzione della squalifica per anni 4, a decorrere dal 3 luglio 2017 e con scadenza al 3 maggio 2021, detratto il presofferto, ii) disposto l’invalidazione del risultato conseguito in gara, iii) condannato l’atleta al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00, statuizione confermata dalla decisione n. -OMISSIS- del Tribunale Nazionale Antidoping, e derivanti dall’ordinanza n. -OMISSIS- del Tribunale Nazionale Antidoping, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo stesso sig. -OMISSIS- ex art. 38.1 delle Norme sportive antidoping per la revisione della decisione n. -OMISSIS-.

2. In punto di fatto, i passaggi salienti della controversia possono essere riassunti come segue:

- la Procura Nazionale Antidoping (“PNA”), in data 19 maggio 2017 ha deferito l’atleta -OMISSIS- -OMISSIS- dinanzi al Tribunale Nazionale Antidoping (“TNA”) per violazione dell’art. 2.1 delle Norme sportive antidoping (“NSA”), richiedendone la squalifica per 4 anni ai sensi dell’art. 4.2 delle NSA, a decorrere dal 3 luglio 2017 al 3 maggio 2021, detratto il presofferto, attesa la riscontrata positività dello stesso ai controlli antidoping effettuati al termine della Maratona “La 6 ore della Reggia”, svoltasi in data 18 marzo 2017 a Caserta;

- l’atleta si è costituito in giudizio deducendo, fra l’altro, la violazione dell’art. 12.2 Disciplinare dei controlli e delle investigazioni in quanto dalla documentazione risultava che l’atleta sottoposto al controllo antidoping in data 18 marzo 2017 era, in realtà, tale -OMISSIS- -OMISSIS-, persona anagraficamente non corrispondente al ricorrente e che, sempre dalla documentazione in atti, emergeva che l’atleta non era stato identificato secondo le procedure previste dal Disciplinare (cin documento di identità, tessera federale, o conoscenza diretta da parte del DCO), tale per cui non era possibile collegare i prelievi e le risultanze delle analisi antidoping effettuate alla sua persona. Egli disconosceva inoltre la firma in calce ai verbali e contestava l’errata indicazione sul verbale del nome e del numero di cellulare;

- con decisione n. -OMISSIS- dell’11 settembre 2017, la prima sezione del TNA, confermando le valutazioni della PNA, ha irrogato al ricorrente la sanzione della squalifica per 4 anni, nei termini indicati dalla Procura;

- con decisione n. -OMISSIS- del 16 novembre 2017 la seconda sezione del TNA ha confermato la decisione n. -OMISSIS-;

- per i medesimi fatti per i quali è stato sanzionato dal TNA, il sig, -OMISSIS- è stato rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che, con sentenza n. -OMISSIS-, lo ha assolto con formula piena per non aver commesso il fatto, non avendo le procedure di identificazione consentito di accertare con certezza che l’atleta sottoposto ai controlli fosse effettivamente il sig. -OMISSIS-;

- con ordinanza n. -OMISSIS- del 28 gennaio 2020 la seconda sezione del TNA ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato, ex art. 38.1, lett. a, delle NSA dal sig. -OMISSIS-, per la revisione della decisione del 16 novembre 2017, in quanto tardivo ai sensi dell’art. 38.2 delle stesse NSA.

3. Avverso i gravati provvedimenti il ricorrente ha presentato ricorso, deducendo le seguenti censure:

I. violazione e falsa applicazione di legge e difetto di istruttoria, in conseguenza delle violazioni dei principi in tema di giusto procedimento (l. 241/1990) e del giusto processo (affermati a livello costituzionale e sovranazionale) riscontrate nell’ambito del giudizio sportivo che ha portato alla condanna del ricorrente alla squalifica per quattro anni, e in particolare violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 27, comma 2, Cost., dell’art. 117, comma 1, Cost., in combinato con l’art. 6, parr. 1 e 3 lett. d), CEDU;

II. violazione art. 12.2 del Disciplinare dei Controlli e delle investigazioni 2017. Erronea identificazione dell’atleta. Violazione degli artt. 111 e 117, comma 1, Cost. integrato dall’art. 6, par. 3, CEDU in materia di formazione della prova. L’errata imputazione della violazione delle norme antidoping al ricorrente, derivante dalla violazione della metodica di individuazione di cui all’art. 12.2. del Disciplinare dei Controlli e delle Investigazioni, sarebbe stata confermata dalla sentenza adottata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha assolto il sig. -OMISSIS- con formula piena, avendo ritenuto la corretta identificazione dell’atleta non provata; l’assoluzione sarebbe intervenuta nel giudizio penale in relazione ai medesimi fatti per i quali il sig. -OMISSIS- è stato invece condannato dal TNA;

III. Illegittimità dell’attività di indagine tardivamente effettuata. Violazione art. 27.3 NSA 2017 con conseguente inammissibilità della relativa documentazione. Violazione degli artt. 24, 111, 113, 117, comma 1, Cost. integrato dall’art. 6, par. 1, CEDU. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990;

IV. Omessa informazione di richiesta delle controanalisi. Violazione dell’art. 19.2 NSA 2017. Violazione di legge e del diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost.; Violazione art. 3 legge n. 241/1990 per difetto di istruttoria, per non aver potuto richiedere e presenziare alle controanalisi e per essere il verbale di controllo urinario riferibile al sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, essendo stato il controllo effettuato su persona anagraficamente non corrispondente al ricorrente;

V. Difforme valutazione della prova assunta in sede penale e in sede sportiva. Contrasto del criterio decisionale del “confortevole convincimento” con gli artt. 24, 27, 111 e 117, comma 1, Cost., integrato dall’art. 6, par. 1, CEDU;

VI. Tempestività dell’istanza di revisione, atteso che l’irrevocabilità della decisione del TNA non potrebbe essere dedotta dal semplice spirare del termine previsto per proporre appello, essendo necessario – secondo il ricorrente – che la stessa venga attestata dalla relativa cancelleria. Nel caso di specie, l’attestazione della irrevocabilità della sentenza di assoluzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere da parte della cancelleria è intervenuta in data 19 dicembre 2019, tale per cui l’istanza di revisione al TNA, notificata in data 23 dicembre 2019, sarebbe tempestiva ex art. 38.2 delle NSA.

4. Conclusivamente, il ricorrente ha chiesto a questo Tribunale di condannare il CONI e NADO Italia al risarcimento dei danni patiti in conseguenza delle gravate decisioni del DNA, e segnatamente del danno morale sofferto, da determinarsi e liquidarsi in via equitativa, e dei danni patrimoniali, quantificati in euro 2.008,50.

5. Si è costituito in giudizio il CONI, per resistere al ricorso. Il CONI ha eccepito, in primo luogo, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in materia di antidoping e il difetto di legittimazione passiva del CONI, essendo la condotta del TNA imputabile semmai a NADO Italia, di cui il primo costituirebbe un’articolazione e che è soggetto del tutto distinto dal CONI. Nel merito, il CONI ha poi chiesto il rigetto del ricorso, perché infondato, e della domanda risarcitoria, in quanto genericamente dedotta.

6. Nado Italia non si è costituita in giudizio.

7. In vista dell’udienza di merito le parti si sono scambiate memorie e repliche, ex art. 73 cod. proc. amm.

8. All’udienza pubblica del 28 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Va esaminata, in primis, l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dal CONI.

10. Al riguardo, va rilevato che il procedimento in esame attiene alla richiesta di risarcimento del danno proposta dal sig. -OMISSIS- per l’asserita illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dal TNA nei confronti del ricorrente e delle successive decisioni di conferma adottate dal medesimo tribunale. In proposito va considerato che, come evidenziato dal Consiglio di Stato (cfr. sentenza n. 5241/2023), non è impedito al giudice amministrativo di valutare tale domanda risarcitoria per assunto comportamento illegittimo dell'Amministrazione, atteso quanto affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 49 dell'11 febbraio 2011, che espressamente fa riferimento ad altra pronuncia del Consiglio di Stato (sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782), sia in ordine ai rapporti tra le varie giurisdizioni riguardo a fatti propri dell'ordinamento sportivo, sia in ordine alla giurisdizione specifica del giudice amministrativo in relazione alla domanda di risarcimento del danno su tali fatti (cfr. nella vigenza del Codice del Processo Amministrativo di cui al d.lgs. n. 104 del 2010, Cons. Stato 24 gennaio 2012, n. 302).

11. L'eccezione va dunque respinta.

12. Prescindendo dalle questioni pregiudiziali sollevate dal CONI in ordine all’imputabilità dei danni lamentati dal ricorrente e centrate fondamentalmente sulla riconducibilità o meno del TNA al CONI e sull’autonomia di Nado Italia dal Comitato Olimpico Nazionale al momento dello svolgimento dei fatti di causa, ritiene il Collegio che, nel merito, il ricorso, unitamente alla richiesta risarcitoria avanzata dal ricorrente, sia palesemente infondato e come tale vada respinto.

13. Va premesso che il risarcimento dei danni invocato dal ricorrente presuppone l’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione secondo il paradigma della responsabilità aquiliana, con conseguente onere in capo al danneggiato di provare la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito e con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall’art. 2697, comma 1, c.c., opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento.

14. Ai fini della configurabilità della responsabilità della P.A., la giurisprudenza è costante nell’affermare che “non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa, dovendosi verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi; da ciò deriva che, in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati, il giudice amministrativo, in conformità ai principi enunciati nella materia anche dal giudice comunitario, può affermare tale responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato; il giudice può negarla, invece, ove l’indagine conduca al riconoscimento dell’errore scusabile con la conseguenza che, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana (ex art. 2043 cod. civ.) della Pubblica amministrazione per danno, devono ricorrere i presupposti del comportamento colposo, del danno ingiusto e del nesso di conseguenzialità” (Cons. St., sez. IV, n. 3464/2016 e, più di recente, Tar Lazio, sez. I ter, sentenze nn. 19014/2024 e 17711/2023).

15. Nel caso all’esame va dunque scrutinato se, rispetto alle decisioni del TNA, siano ravvisabili i presupposti per la configurazione dell’illecito civile ex art. 2043 c.c.

In relazione al caso di specie, dell’illecito aquiliano difetta prima di tutto – secondo questo Collegio – l’elemento oggettivo della illegittimità dei provvedimenti gravati.

16. Le doglianze avanzate dal ricorrente si riferiscono, come correttamente evidenziato dal CONI, a presunti vizi procedurali che avrebbero inficiato il procedimento di accertamento della violazione della normativa antidoping.

17. Incontestato è invece, da parte ricorrente, il risultato delle analisi su campione urinario effettuate all’atleta -OMISSIS- -OMISSIS- in occasione del controllo antidoping disposto dalla Commissione ministeriale ex lege n. 376/2000 ed effettuato al termine della Maratona “La 6 ore della Reggia”, il 18 marzo 2017 a Caserta.

18. La documentazione agli atti non suffraga le tesi avanzate dal ricorrente in ordine alle dedotte violazioni procedurali in cui sarebbe incorso il TNA nelle decisioni gravate, che come tali vanno respinte per le ragioni di seguito esposte.

19. Quanto alla procedura di identificazione dell’atleta sottoposto al controllo antidoping, ha correttamente rilevato il TNA che nel caso di specie non trova applicazione la procedura di identificazione prevista dall’art. 12.2.2 del Disciplinare dei controlli e delle investigazioni richiamata dal ricorrente: trattandosi di un controllo antidoping disposto non da NADO Italia ma dal Ministero della Salute – Sezione vigilanza e controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, la normativa applicabile è, difatti, quella di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) della L. n. 376/2000 e al DM 14 febbraio 2012, recante le “Norme procedurali per l'effettuazione dei controlli anti-doping di competenza della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la salute nelle attività sportive”. Ciò risulta peraltro chiaramente evidenziato già nell’atto di deferimento della PNA agli atti, lì dove è precisata la natura dei controlli svolti e la normativa applicata.

20. In particolare l’art. 4, comma 3, di tale DM non prescrive – diversamente dall’art. 12.2.2 del Disciplinare - particolari modalità procedurali da seguire per l’identificazione degli atleti preliminarmente al controllo antidoping, ma si limita a stabilire che “gli atleti … [devono essere] identificati dall’ispettore medico DCO/BCO”.

21. Nella fattispecie all’esame il TNA ha ritenuto che “poiché l’atleta con pettorale n. -OMISSIS- sottoposto a controllo era privo di qualsiasi documento che consentisse la sua identificazione, il DCO, oltre ad annotare sul verbale di prelievo il numero di pettorale, ha provveduto a scattargli una foto, onde superare eventuali successive contestazioni in ordine all’identità del soggetto controllato”; l’acquisizione di documentazione fotografica che ritrae il ricorrente elimina qualsivoglia dubbio sulla sua identità e rende evidente la pretestuosità delle avverse argomentazioni.

Quanto poi alla non corrispondenza dei dati anagrafici dell’atleta sottoposto a controllo “-OMISSIS- -OMISSIS-” con quelli del soggetto tesserato che ha partecipato alla competizione con il pettorale n. -OMISSIS- - “-OMISSIS-” il TNA ha, condivisibilmente, ritenuto che “essa sia inidonea ad ingenerare dubbi sulla esatta identità dell’Atleta: infatti, al di là del diverso nome utilizzato, si tratta del medesimo soggetto”.

22. Come puntualmente evidenziato nella decisione impugnata, difatti, il soggetto che ha partecipato alla competizione del 18 marzo 2017 con il pettorale n. -OMISSIS- è “-OMISSIS-”, nato a -OMISSIS-, tesserato per la FIDAL con la società “-OMISSIS-”, ossia il medesimo soggetto che il DCO ha dichiarato di aver sottoposto al controllo antidoping (“-OMISSIS- -OMISSIS-”) e ritratto in foto, come risulta dal materiale fotografico di comparazione reperito sul web e ritualmente prodotto dalla PNA nel corso del giudizio di primo grado per replicare alle contestazioni avversarie”.

23. Quanto alla riconducibilità al sig. “-OMISSIS-” della sottoscrizione apposta in calce al verbale di prelievo - “-OMISSIS- -OMISSIS-”, la qualifica di pubblico ufficiale del DCO e dell’Ispettore Investigativo Antidoping dei NAS che hanno autenticato la sottoscrizione dell’Atleta, fanno sì che le risultanze del verbale di prelievo possano essere contrastate solo con la proposizione della querela di falso ai sensi degli artt. 221 ss. c.p.c., che non risulta che il ricorrente abbia proposto.

24. La documentazione depositata agli atti conferma, peraltro, che il ricorrente, con il proprio comportamento e con le dichiarazioni successive alla violazione contestata ha confermato di essere indiscutibilmente l’autore della violazione accertata dal TNA. Difatti, dopo l’irrogazione della sanzione il sig. -OMISSIS- è stato ripetutamente sanzionato per aver partecipato a competizioni agonistiche in pendenza della sanzione di squalifica, in un caso inserendosi senza pettorale tra i partecipanti, in altri casi presentando un documento di tesseramento con un nominativo parzialmente diverso dal proprio ma partecipando effettivamente alla competizione.

25. E’ priva di fondamento anche la contestazione relativa alla inutilizzabilità delle allegazioni probatorie effettuate dalla PNA nella seconda memoria depositata, ai sensi dell’art. 27.4 delle NSA, nei cinque giorni antecedenti l’udienza dibattimentale di primo grado, in quanto tardive. Infatti, ai sensi dell’art. 27.3 delle NSA, solo le richieste istruttorie (di prove costituende) devono essere inserite “a pena di decadenza” nella prima memoria da depositarsi dieci giorni prima della data di udienza, non le mere allegazioni probatorie (relative a prove precostituite), le quali, dunque, ben possono essere inserite, come nel caso, nella seconda memoria, da depositarsi cinque giorni prima dell’udienza, a supporto delle repliche alle difese ed eccezioni delle altre parti.

26. Infondata è anche la censura con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 19.12 delle NSA per non esser stato informato dal PNA del diritto di richiedere le controanalisi e presenziarvi. L’art. 7, comma 6, del citato DM del 2012 dispone, infatti, che la Sezione deve provvedere con la massima tempestività a dare comunicazione dell’esito positivo del controllo all’atleta, al Presidente della Federazione interessata, alla società di appartenenza e al CONI. Dalla documentazione agli atti risulta infatti che la Sezione vigilanza competente ha comunicato detta possibilità all’atleta; non rileva sul punto la circostanza che quest’ultimo abbia, nelle more del procedimento, cambiato la residenza anagrafica e abbia dichiarato di non aver ricevuto alcuna comunicazione, essendo stata la notifica effettuata presso il domicilio risultante dal verbale di prelievo antidoping o a quello dichiarato agli atti del tesseramento.

27. Parimenti infondata è la censura con cui il ricorrente contesta l’accertata tardività dell’istanza di revisione dallo stesso presentata al TNA avverso la decisione sanzionatoria gravata.

28. L'art. 38.2 delle NSA prevede espressamente che l'istanza di revisione vada proposta, a pena di inammissibilità, entro 15 (quindici) giorni dalla data di conoscenza della falsità in atti o in giudizio ovvero dalla formazione delle nuove prove. Secondo il ricorrente, le nuove prove che avrebbero dovuto condurre alla revisione della decisione del TNA sarebbero emerse nel corso del procedimento penale definito dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza n. -OMISSIS-.

29. Come risulta dalla sentenza n. -OMISSIS- agli atti, la stessa è divenuta irrevocabile il 25 novembre 2019. Ne consegue che, al momento della presentazione dell’istanza di revisione da parte del ricorrente (23 dicembre 2019), il termine di 15 giorni prescritto dall’art. 38.2 delle NSA era ampiamente decorso e ciò anche ammettendo che al fine della sua decorrenza fosse indispensabile il passaggio in giudicato della sentenza penale e non fosse sufficiente il solo deposito della sentenza (avvenuto lo stesso giorno dell’udienza). Del tutto irrilevante risulta, ai fini della decorrenza del termine, l’attestazione della cancelleria apposta sulla sentenza.

30. Tenuto conto di quanto esposto, ritiene il Collegio che non siano riscontrabili, rispetto alle decisioni del TNA, profili di illegittimità tali da integrare la fattispecie dell’illecito civile ex art. 2043 c.c., necessaria per accedere alla tutela risarcitoria.

31. Va peraltro evidenziato che la tardività del ricorso per revisione della decisione del TNA n. -OMISSIS-, proposto ex art. 38 delle NSA dal sig. -OMISSIS-, consente di escludere il nesso di causalità tra la gravata decisione e i danni asseritamente subiti dal ricorrente.

32. Per le sopra esposte argomentazioni, la domanda risarcitoria avanzata col ricorso deve essere respinta, attesa l’insussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito civile; si può dunque soprassedere dall’esame delle singole voci di danno di cui il ricorrente ha chiesto, peraltro in maniera del tutto generica e indimostrata, il ristoro.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2025, con l'intervento dei magistrati:

Michelangelo Francavilla, Presidente

Silvia Simone, Referendario, Estensore

Francesco Vergine, Referendario

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