TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 3505/2021 DEL 26/02/2021
TRIBUNALE DI ROMA
XI sezione civile
Il Giudice dr.ssa Barbara Affinita ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 41193/20 del Ruolo Generale posta in deliberazione all'udienza del 26.2.21 e vertente
Parte_1
Controparte_1
C.F.
c.f.
TRA
CodiceFiscale_1
E
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, difeso dall’Avv. Omissis
OPPONENTE
, difeso dall’Avv. Omissis
Oggetto: opposizione decreto ingiuntivo n. 6657/2020 del 21.4.20
All’udienza del 26.2.21 la difesa delle parti presenti ha concluso come in atti.
OPPOSTO
Visto l’art.281 sexies c.p.c e considerato che la natura delle questioni sollevate lo consente, il giudice dispone la discussione orale della causa e pronuncia la presente sentenza, da intendersi allegata al verbale di causa, di cui viene data lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, a seguito di camera di consiglio disposta a fine udienza.
Considerazione in fatto e in diritto.
Si premette che l’opposto ha ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di € 77.000,00, oltre interessi e spese, a titolo di corrispettivo maturato in virtù di due contratti di rappresentanza per servizi di procuratore sportivo, sottoscritti tra le parti, rispettivamente, in data 29.1.16 e 1.2.18.
L’opponente ha impugnato il decreto, eccependo, in primo luogo, l’incompetenza territoriale di questo Tribunale, in favore di quello di Napoli, quale foro della residenza del predetto, qualificabile come consumatore.
Sul punto, parte opposta ha sostenuto l’inapplicabilità di tale qualifica al calciatore professionista, la prevalenza del foro di Roma inserito nel contratto, nonché la mancata contestazione dei fori alternativi.
Ciò premesso, nel contrasto insorto nella giurisprudenza di merito sulla questione, si propende per la fondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale.
Infatti, in base all’art. 3 lett. c) d. lgs n. 206/2005, l’opposto, in qualità di agente sportivo, può qualificarsi come professionista, trattandosi di “ persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o
professionale”; invero, in base gli artt. 1 e 3 del Reg. Agenti di calciatori
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e al
contenuto dei contratti di rappresentanza, depositati in atti, emerge che egli sia deputato, a titolo oneroso, a prestare opera di consulenza in favore del calciatore professionista, curando e promuovendo i rapporti tra quest'ultimo e la società di calcio.
Non è contestabile, né contestato, poi, che, nel caso di specie, il calciatore opponente sia un lavoratore subordinato; infatti, va ricordato che ai sensi dell'art. 3 della legge 1981/91 "la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro
subordinato" e dalle previsioni dei contratti stipulati con la
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in atti,
non risulta ricorrere alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall’articolo suddetto per qualificare il rapporto come di lavoro autonomo: “a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”; sul punto, non convincono le argomentazioni svolte nel lodo depositato in sede di discussione, che escludono la natura del rapporto subordinato, in quanto le modalità e i tempi della effettuazione della prestazione possono differenziare il lavoro subordinato da quello autonomo.
Va, allora, ricordato che la Suprema Corte affermi che l'attività di lavoro dipendente (sia pubblico, che privato) non sia qualificabile come "attività professionale", prevista dall'art. 3 comma 1, lett. c), del codice consumo, che presuppone la prestazione autonoma di opera professionale intellettuale e, dunque, che il soggetto che interagisca contrattualmente con un professionista, per questioni attinenti la propria posizione di lavoratore subordinato, debba considerarsi consumatore (cfr. Cass.12685/11; 6634/2017).
Né rileva il rapporto contrattuale tra procuratore e calciatore, ritenendosi applicabile l’argomentazione svolta nella fattispecie analoga delle cause per la liquidazione del compenso tra avvocato e cliente, quando quest’ultimo abbia rivestito la qualifica di consumatore nella vertenza per la quale si chiedono i compensi; sulla questione, infatti, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che non rilevi che il “rapporto sia caratterizzato dall'"intuitu personae" e sia non di contrapposizione, ma di collaborazione (quanto ai rapporti esterni con i terzi)” (Cfr. Cass. 1464/14; 5703/2014; 21187/17).
Infatti, come nel rapporto di mandato tra avvocato e cliente, il calciatore si rivolge al procuratore sportivo, in quanto professionista specializzato nella promozione e cura degli interessi relativi a rapporti con le società di calcio, ossia rapporti di lavoro subordinato.
Quindi, la clausola pattizia contenente la indicazione del foro di Roma deve ritenersi nulla ai sensi dell’art. 33 d.lgs 206/05, non essendo dedotto, né provato che abbia costituito oggetto di trattativa individuale.
Infine, trattandosi di foro inderogabile e di eccezione di incompetenza rilevabile d’ufficio, non era necessaria la contestazione dei fori alternativi.
Configurandosi il requisito della competenza quale condizione di ammissibilità del decreto ingiuntivo, l'accertamento del suo difetto comporta la nullità e la revoca del monitorio (cfr. Cass. n. 16744/2009); il provvedimento conclusivo del giudizio di opposizione, dunque, non contiene solo una decisione sulla competenza, ma l'accoglimento in rito dell'opposizione e la caducazione del decreto, sicché deve avere forma di sentenza, non trovando applicazione la previsione di cui all'art. 279, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (cfr. Cass. ord. n. 14594/2012).
Le spese di lite stanti la definizione in rito, il contrasto in giurisprudenza sulla questione e l’espresso consenso della parte opponente, sono compensate.
P.Q.M
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, così provvede:
- dichiara la incompetenza di questo Tribunale in favore di quello di Napoli e revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 6657/2020 emesso dal Tribunale di Roma il 21.4.20;
- compensa le spese di lite tra le parti.
Roma, 26.2.21
Il Giudice
dott.ssa Barbara Affinita