TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 6458/2020 DEL 22/04/2020
Il Tribunale di Roma – Sedicesima Sezione Civile (ex Terza Sezione Civile), in persona del dott. Francesco Remo Scerrato, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 82584 Ruolo Generale dell’anno 2017, e trattenuta in decisione all’udienza del 7 ottobre 2019, vertente
TRA
[...]
Parte_1
,
(nato a Guardia Sanframondi il 29/8/1962, c.f.
C.F._1
elettivamente domiciliato a Roma, via Luigi Scirocchi n° 6, presso lo studio dell’avv.to omissis , da cui è rappresentato e difeso, unitamente all’abogado omissis , in forza di procura speciale in calce all’atto di citazione,
E
Controparte_1
OPPONENTE
, in persona del legale
rappresentante, (con sede legale a Roma, via Gregorio Allegri n° 14, c.f.
P.IVA_1
P.Iva
P.IVA_2 )
elettivamente domiciliata a Roma, via Montanelli n° 11, presso lo studio dell’avv.to Omissis , da cui era rappresentata e difesa in forza di procura speciale in calce al ricorso per decreto ingiuntivo,
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo. CONCLUSIONI:
OPPOSTA
per parte opponente (atto di citazione): “Voglia l’Ill.mo Tribunale Civile adito, ogni contraria deduzione, istanza ed eccezione disattesa e rigettata: 1) in via preliminare:
sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto per le motivazioni di cui in narrativa; 2) in via preliminare, ma gradata: dichiarare la propria incompetenza a conoscere della presente controversia essendo competente la Corte Federale di Appello e/o il Tribunale Nazionale di Arbitrato, in forza delle clausole compromissorie vincolanti richiamate e conseguentemente dichiarare nullo e/o revocare il Decreto Ingiuntivo opposto; 3) in via principale: in accoglimento della spiegata opposizione e dei motivi meglio descritti in narrativa dichiarare nullo e/o annullabile e/o illegittimamente emesso e comunque inefficace e
conseguentemente revocare il decreto ingiuntivo opposto e dichiarare che il sig.
[...]
Parte_1
nulla deve alla
CP_1
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio,
ivi comprese le spese generali del 15% e gli accessori di legge di i.v.a. e c.a.p.”;
per parte opposta (comparsa di risposta): “Voglia il Tribunale adito …, previa concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, in via principale: 1) rigettare l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 23397/2017 ( r.g. 59443/2017) e, per l’effetto,
confermare il decreto ingiuntivo opposto e/o comunque condannare il sig.
Parte_1
al pagamento, in favore della CP_1 , dell’importo di euro 30.000,00, oltre interessi dal dovuto sino al saldo o della maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato alla convenuta
Controparte_1
[...]
, l’attore
Parte_1
-in talune parti dell’atto di citazione, anche
in epigrafe della citazione e del mandato, il cognome dell’attore è indicato come
Parte_1
ma in calce al mandato la firma è apposta sotto il nominativo di
Parte_1
proponeva
opposizione avverso il d.i. n° 23397/2017 del 6-13/10/2017 (rg 59443/2017), in forza del quale gli era stato ingiunto il pagamento della complessiva somma di € 30.000,00, oltre interessi e spese, a titolo di sanzione disciplinare irrogata con il Comunicato Ufficiale n°
Org_1
del Tribunale Federale Nazionale del 20/8/2015. Al riguardo l’opponente eccepiva
l’illegittimità del decreto ingiuntivo opposto per carenza e/o difetto di giurisdizione, vincolo di giustizia e clausola compromissoria ex art. 24 del regolamento degli agenti di calciatori e procuratori, eccependo altresì che il predetto comunicato non gli era stato mai comunicato, con conseguente mancata conclusione del procedimento endoassociativo. Eccepiva inoltre l’improcedibilità della domanda per errore sul rito nonché sollevava eccezione di duplicazione dei titoli esecutivi. Tanto premesso, l’attore concludeva come riportato in epigrafe.
Si costituiva in giudizio la
Controparte_1
, la quale,
contestata la fondatezza delle sollevate eccezioni, concludeva per l’accoglimento delle conclusioni riportate in epigrafe.
Con ordinanza riservata 24/4/2018 era accolta l’istanza ex art. 648 c.p.c. ed erano concessi i richiesti termini ex art. 183/6 c.p.c..
La causa, istruita solo documentalmente, era trattenuta in decisione all’udienza del 7/10/2019 con assegnazione dei richiesti termini di legge per il deposito di comparse conclusionali (60 giorni) e di repliche (ulteriori 20 giorni): i termini ex artt. 190 e 281 quinquies c.p.c. sono scaduti il 27/12/2019.
Si dà atto che dopo l’udienza del 17/4/2018, all’esito della quale era stata assunta la causa in riserva sull’istanza ex art. 648 c.p.c., udienza cui aveva partecipato il procuratore dell’opponente, alle successive udienze del 30/10/2018 e del 7/10/2019 era comparso il solo procuratore dell’opposta. L’ordinanza riservata 24/4/2018, a scioglimento della riserva, risulta ritualmente comunicata al procuratore dell’attore in data 26/4/2018.
Risulta inoltre depositata comparsa conclusionale solo da parte della opposta.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione è infondata e va pertanto rigettata.
Giova prima di tutto ricordare che il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato e che, instauratosi il contraddittorio a seguito dell’opposizione, si apre un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2° comma, c.p.c.) anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori (cfr. Cass. 17371/2003; Cass. 6421/2003), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (cfr. Cass. 15026/2005; Cass. 15186/2003; Cass. 6663/2002); quindi il diritto del preteso creditore (formalmente convenuto, ma sostanzialmente attore) deve essere adeguatamente provato, indipendentemente dall’esistenza -ovvero, persistenza- dei presupposti di legge richiesti per l’emissione del decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 20613/2011).
La Federazione opposta, attrice sostanziale, ha agito in via monitoria, nei confronti dell’odierno opponente, per il pagamento di € 30.000,00, allegando, premesso di essere una “associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato avente lo scopo di
promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio e gli aspetti ad essa connessi”, che i
dirigenti erano tesserati della Organizzative Interne della
CP_1 CP_1
in base a quanto stabilito dall’art. 36 delle Norme ed in quanto tali avevano l’obbligo di osservare lo
“statuto e ogni altra norma federale” (art. 30, comma 1 dello Statuto); che l’ingiunto, dirigente
tesserato e come tale soggetto all’ordinamento sportivo, a seguito del deferimento del Procuratore Federale era stato giudicato dal Tribunale Federale Nazionale; che era stata comminata la sanzione della inibizione per sei mesi nonché l’ammenda di € 30.000,00, come risultava dal Comunicato Ufficiale n. 16/TFN del 20/8/2015; che il predetto non aveva proposto ricorso alla Corte Federale d’Appello avverso la predetta decisione che, pertanto, era passata in giudicato in quanto non impugnata, né aveva corrisposto quanto dovuto, nonostante i ripetuti solleciti effettuati; che pertanto, sussistendo prova scritta del credito esatto in via monitoria, aveva appunto richiesto ed ottenuto l’emissione di decreto ingiuntivo per il pagamento della predetta somma, oltre accessori.
Da parte sua l’opponente ha eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario per l’esistenza del vincolo di giustizia sportiva e per previsione di clausola compromissoria, rilevando che non era stata esaurita la procedura interna, atteso che, in mancanza della comunicazione dell’irrogazione della sanzione da parte del Tribunale Nazionale Federale, non aveva potuto adire la Corte Federale di Appello. Eccepiva inoltre che il regolamento dei procuratori prevedeva all’art. 24 un’apposita clausola compromissoria. Evidenziava inoltre che, avendo la decisione del Tribunale Federale natura di lodo rituale, si sarebbe dovuto procedere in base all’art. 825 c.p.c. per rendere esecutivo il lodo stesso e che viceversa la richiesta ed emissione di decreto ingiuntivo determinava il rischio di duplicazione dei titoli esecutivi.
Per quanto riguarda la questione dell’eventuale difetto di giurisdizione dell’adito giudice ordinario, cui in ipotesi farebbe necessariamente seguito la revoca del decreto ingiuntivo opposto, nel ribadire adesione all’orientamento giurisprudenziale affermatosi nel Tribunale ed in particolare nella Sezione in epigrafe, valgono le seguenti osservazioni.
La federata al
CP_1 CP_2
è un’associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato cfr. l’art. 1 del relativo Statuto) ed anche i calciatori, in quanto tesserati,
sono tenuti all’osservanza delle norme statutarie della CP_1 .
In particolare, l’art. 30 dello Statuto della FIGC stabilisce che tutti i soggetti indicati hanno l’obbligo di osservare lo Statuto. Poi prevede, al secondo comma, che i predetti
soggetti accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla
FIGC, dalla Org_ , dalla
Org_3 , dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque
riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli
stessi e la
CP_1 , per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia
federale secondo quanto previsto dallo statuto del
CP_2
sono devolute su istanza della parte
interessata, unicamente alla cognizione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva o del Tribunale
Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il
CP_2
Lo statuto della Federazione opposta contiene, dunque, una clausola, in base alla quale, tra l’altro, le controversie di carattere disciplinare sono devolute alla cognizione degli organi giustizia sportiva, interni alla Federazione.
Al fine di razionalizzare i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giuridico dello Stato, nel 2003 è stato emanato il D.L. 220/2003, convertito con modificazioni nella L. 280/2003.
In particolare, l’art. 2 detta disposizioni in ordine all’autonomia dell’ordinamento sportivo, stabilendo che è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Orbene, l’esame della questione sulla giurisdizione dell’adito giudice ordinario rende necessaria una preliminare ricostruzione del quadro normativo relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giurisdizionale dello Stato e della relativa evoluzione giurisprudenziale.
Con la sentenza 5775/2004 le Sezioni Unite della Cassazione, richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia, hanno compiutamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale relativo all’argomento in esame.
In particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la legge 16 febbraio 1942 n° 426,
istitutiva del
CP_2
configurava le federazioni sportive nazionali come organi dell’Ente, che
partecipavano della natura pubblica di questo. La successiva legge 23 marzo 1981, n° 91 (contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), all’art. 14 aveva ribadito questo inquadramento, riconoscendo alle federazioni funzioni di natura pubblicistica,
riconducibile all’esercizio in senso lato delle funzioni proprie del
CP_2
e funzioni di natura
privatistica per le specifiche attività da esse svolte. Questa funzione, in quanto autonoma, era separata da quella di natura pubblica e faceva capo soltanto alle federazioni, (così, Cass. SU 14530/2002).
L’art. 6 della legge del 1981, come novellato dall’art. 1 del D.L 20 settembre 1996, n°
485, convertito nella legge 18 novembre 1996 n° 586, riconoscendo alle federazioni sportive il potere di stabilire un premio di addestramento e formazione tecnica in favore delle società sportive presso le quali l’atleta si fosse formato, ha confermato la natura privatistica dell’attività svolta dalle medesime federazioni in questo settore.
La legge n° 91 del 1981 è stata sostituita con il decreto legislativo 23 luglio 1999, n° 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni. In particolare, l’art. 15 del decreto legislativo ha recepito l’inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali. La norma, infatti, dopo avere disposto che le federazioni sportive nazionali
svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del
CP_2
(primo comma), così consentendo l’esercizio di attività a valenza pubblicistica sulla base di poteri pubblicistici e mediante l’adozione di atti amministrativi, attribuisce loro natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo (secondo comma).
È sopravvenuto il decreto legge 19 agosto 2003 n° 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n° 280. Il decreto, prendendo implicitamente atto della complessità organizzativa e strutturale dell’ordinamento sportivo, stabilisce che i rapporti tra questo e l’ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1 primo comma). La ‘giustizia sportiva’ si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre quella ‘statale’ è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.
Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico-sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, è stabilito che all’ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell’ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma).
In queste materie vige il sistema del c.d. vincolo sportivo; le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e
regolamenti del
CP_2 e delle federazioni sportive indicate negli articoli 15 e 16 del decreto
legislativo n° 242 del 1999, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma).
I casi di rilevanza per l’ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l’ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo.
Il primo comma dell’art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2”.
Il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali è stabilita autonomia dell’ordinamento sportivo, continua ad essere imperniato sull’onere di adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata
delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del
CP_2
delle
Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del 3, ultima parte).
CP_2
art.
Come osservato dalle Sezioni Unite, nella pronuncia suindicata, dalla lettura delle enunciate disposizioni è possibile ricavare che, secondo il decreto legge n° 202 del 2003, la tutela fa riferimento alle seguenti quattro situazioni.
Nella prima stanno le questioni che hanno per oggetto l’osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie da parte di associazioni che, per dirla con l’art. 15 del decreto legislativo n° 242 del 1999, hanno personalità giuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell’autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un’area di non rilevanza (o d’indifferenza) per l’ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l’ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all’assenza di una tutela giurisdizionale
statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato.
Nella seconda situazione stanno le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch’esse interne all’ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni vi è la stessa condizione di non rilevanza per l’ordinamento statale, prima indicata.
Queste prime due situazioni, in definitiva, restano all’interno del sistema dell’ordinamento sportivo propriamente detto e le possibili controversie che in esso sorgono non possono formare mai oggetto della giurisdizione statale.
La terza situazione comprende l’attività che le federazioni sportive nazionali debbono
svolgere in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del
CP_2
del CIO, come dispone la
prima parte del già citato art. 15. Nel testo del decreto legge n° 220 del 2003, anteriore alla legge di conversione, in essa figuravano l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati e l’organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l’ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Indipendentemente dalla soppressione delle due categorie, l’indicazione vale ancora come esemplificazione delle corrispondenti controversie, l’oggetto delle quali è costituito dall’attività provvedimentale delle federazioni, la quale, esaurito l’obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, è sottoposta alla giurisdizione amministrativa esclusiva.
Infine, stanno le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti.
Esaurito, anche in questo caso, l’obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
Alla luce di quanto sopra riportato, le Sezioni Unite hanno ritenuto che il problema relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale non ponga una questione di giurisdizione, costituendo invece questione di merito, che deve essere giudicata dal giudice del merito, al pari di quella dell’esistenza in concreto di essa (cfr. Cass. SU 5256/1987). Il principio è stato sviluppato con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la censura diretta ad escludere ogni forma di tutela giurisdizionale, nei confronti di provvedimenti della CP_1 , costituisce questione di merito (cfr. Cass. SU 9550/1997).
Ad analoga conclusione è giunta la Cassazione nella successiva pronuncia n° 18919 del 28/9/2005, nella quale ha affermato che il vincolo di giustizia sportiva previsto dallo
Statuto della
CP_1
integra una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata sul
consenso delle parti che accettano la soggezione agli organi interni di giustizia.
In particolare, poi, la suindicata pronuncia stabilisce un altro importante principio, ritenendo che il cd. vincolo di giustizia sportiva (già contenuto negli statuti delle federazioni sportive prima dell’entrata in vigore del DL 220/2003, convertito dalla Legge 280/2003), dal 2003 in poi trovi la sua legittimazione anche in una fonte legislativa. Tuttavia, tale legittimazione ex lege non ne ha modificato la natura, che va pur sempre ricondotta alla figura dell’arbitrato irrituale, sostanzialmente consistente in un mandato conferito congiuntamente dalle parti compromittenti agli arbitri affinché questi, in virtù di un potere negoziale, definiscano la controversia (cfr. Cass. 11270/2012).
Tale orientamento, peraltro, risulta confermato da altre pronunce delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la questione relativa alle materie rientranti nella competenza degli organi della giustizia sportiva non è questione di giurisdizione, in quanto tali organi non svolgono una funzione giurisdizionale, ma intervengono in virtù di una clausola compromissoria e svolgono un’attività negoziale sostitutiva di quella degli stipulanti (cfr. Cass. SU ordinanza 6423/2008).
Tanto premesso, si osserva che nel caso in esame la controversia trae origine da comportamenti posti in essere dall’odierno opponente, rilevanti sul piano disciplinare
sportivo: è pacifico che all’epoca l’attore fosse collaboratore tesserato della società
[...]
Org_4
(cfr. doc. 4 del fascicolo monitorio) e pertanto sottoposto alla disciplina della
FIGC; quindi, in virtù dell’art. 2, 1° comma, del DL 220/2003, convertito dalla Legge 280/2003, per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. vincolo sportivo, ciò in virtù della cd. clausola del vincolo di giustizia, prevista dall’art. 30 dello Statuto della CP_1 .
Tale clausola, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della
Cassazione, ha natura di clausola compromissoria per arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito, in forza di un atto negoziale di natura privatistica, dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.
Alla luce delle superiori osservazioni deriva, innanzitutto, che la questione in esame non integra una vera e propria questione di giurisdizione e che pertanto non è corretto parlare di difetto di giurisdizione del giudice adito ovvero di difetto ‘assoluto’ di giurisdizione, non controvertendosi in ordine al riparto della cognizione tra organi entrambi aventi un potere giurisdizionale statale.
Così riqualificata la questione (non di giurisdizione, ma afferente al merito), si deve altresì osservare che -in base a quanto previsto dalla clausola del vincolo di giustizia e dal citato art. 2, comma 1 del DL 220/2003 convertito dalla Legge 280/2003- rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva solo le questioni attinenti all’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive e cioè le questioni attinenti alla fase relativa all’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare ed alla comminatoria della relativa sanzione, sempre disciplinata dall’ordinamento sportivo.
Nel caso di specie è stato allegato nel ricorso monitorio che le sanzioni (inibizione per sei mesi ed ammenda di € 30.000,00) erano divenute esecutive per mancata impugnazione, mentre al riguardo l’attore ha eccepito, in relazione al profilo del mancato esaurimento della procedura disciplinare endoassociativa, la mancata notificazione della decisione pubblicata comunicato n° 16/TFN del 20/8/2015, con conseguente mancato passaggio in giudicato della sanzione stessa.
Al riguardo, a prescindere da ogni altra considerazione, è sufficiente osservare che l’opposta ha allegato che la suddetta decisione era stata regolarmente notificata tramite PEC all’avv.to Paolo Gallinelli, legale dell’opponente nell’ambito del procedimento sportivo in data 20 agosto 2015, e che era stato l’odierno opponente, nel corso della dichiarazione
rilasciata in data 15 luglio 2015 alla Procura Federale della
CP_1
ad eleggere domicilio
presso l’Avv. Paolo Gallinelli dichiarando espressamente di voler ricevere tutte le future comunicazioni relative al procedimento per il quale veniva ascoltato presso il domicilio del predetto legale indicando l’indirizzo dello studio di quest’ultimo oltre al numero di telefono ed all’indirizzo PEC.
Orbene, alla luce della documentazione prodotta dall’opposta in questo giudizio (cfr.
doc. 5: dichiarazione del
Parte_1
alla Procura Federale, con formale elezione di domicilio
presso l’avv.to Paolo Gallinelli del Foro di Roma, con indicazione dello studio e dell’indirizzo pec), risulta che l’odierno opponente aveva dichiarato appunto di eleggere domicilio presso lo studio del predetto legale (cfr. citato doc. 5: “ … Invitato dall’Ufficio
l’interrogato, ai fini del presente procedimento, dichiara di voler ricevere tutte le future
comunicazioni presso il seguente domicilio: presso lo studio dell’avv. Poalo Gallinelli …
e.mail pec:
Ema_1
allinelli (chiocciola)pe.cassazione.net …”); risulta inoltre che la decisione
del Tribunale Federale Nazionale n° 16/TFN del 20/8/2015 è stata comunicata a mezzo pec all’avv.to Gallinelli in data 20/8/2015 (cfr. doc. 4: comunicazione dell’avvenuta pubblicazione in data 20/8/2015 del Comunicato Ufficiale n° 16/TFN-SD e ricevuta di avvenuta consegna: in entrambi i documenti vi è, in oggetto, il riferimento al ‘Deferimento del Procuratore Federale n° 1318/1048pf14-15/SP/blp del 30/7/2015).
Dunque, avendo il Tribunale Federale Nazionale effettuato la comunicazione della
decisione all’indirizzo PEC indicato dal
Parte_1
, è evidente che detta decisione deve
ritenersi ritualmente notificata allo stesso ed è, pertanto, passata in giudicato, essendo pacifico che l’opponente non abbia proposto ricorso alla Corte Federale d’Appello.
Inoltre, oltre a quanto appena detto e sotto altro angolo visuale, non va dimenticato che l’attore sarebbe stato comunque nei termini (art. 38 CGS della FIGC) per proporre il gravame avverso la decisione della Tribunale Federale Nazionale davanti all’organo di giustizia sportiva di secondo grado (Corte Federale d’Appello), avendo avuto giuridica contezza della sanzione irrogata quanto meno, in base alle sue stesse allegazioni, alla data di notificazione del decreto ingiuntivo (23/10/2017); infatti, anche a non voler considerare la comunicazione via pec del 20/8/2015 e le lettere stragiudiziali di intimazione di pagamento della sanzione irrogata, in cui era indicato il riferimento alla sanzione pecuniaria riportata su C.U. n° 16/TFN del 20/8/2015, debitamente recapitate all’odierno opponente (cfr. docc. 5 e 6 del fascicolo monitorio), è innegabile che con la lettura del ricorso monitorio e con la predisposizione dell’atto di citazione in opposizione l’attore avesse tutti gli elementi conoscitivi per proporre gravame, se effettivamente fosse stato all’oscuro della sanzione applicatagli all’esito del procedimento disciplinare, allo stesso sicuramente noto in quanto sentito dalla Procura Federale (cfr. citato doc. 5): nulla risulta al riguardo.
Pertanto la sanzione pecuniaria di € 30.000,00 deve ritenersi ormai definitiva, in quanto -circostanza neanche allegata e comunque da escludere alla luce del tenore delle difese dell’attore- la stessa non è tempestivamente impugnata davanti all’organo superiore di giustizia sportiva; quindi ormai la controversia non attiene più all’irrogazione ed all’applicazione della sanzione disciplinare, ma alla fase della sua esecuzione.
Alla luce delle superiori osservazioni in fatto e in diritto è conseguenziale, limitando in discorso alla sanzione pecuniaria oggetto del ricorso monitorio, che si è in presenza di un
credito di natura pecuniaria della Federazione opposta, relativo appunto alla sanzione
pecuniaria irrogata -come detto- in via definitiva dagli organi di giustizia sportiva; infatti, gli organi della giustizia sportiva possono irrogare sia sanzioni che esplicano i loro effetti esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo (ad esempio, la ricordata sanzione della inibizione per sei mesi), sia sanzioni che esulano dall’ordinamento sportivo ed incidono su posizioni giuridiche soggettive generalmente tutelate dall’ordinamento statale (ad esempio, appunto la sanzione pecuniaria dell’ammenda).
Orbene, mentre nel primo caso l’esecuzione della sanzione può trovare esplicazione e coattiva esecuzione (in caso di mancata spontanea osservanza e di permanenza del vincolo associativo) all’interno del medesimo ordinamento sportivo, nell’ambito del quale produce ed esaurisce tutti i suoi effetti, altrettanto non può sostenersi per le sanzioni del secondo tipo; infatti l’ordinamento sportivo non possiede gli strumenti per ottenere l’esecuzione coattiva di un credito di natura pecuniaria: strumenti che sono invero riservati all’autorità giurisdizionale ordinaria.
Del resto, non a caso, il citato art. 2 , comma 1 del D.L. 220/2003, convertito nella L. 280/2003, limita la cognizione degli organi della giustizia sportiva alle sole questioni relative all’irrogazione ed applicazione della sanzione, non estendendola invece all’esecuzione della stessa.
Tale impostazione non appare contraddetta dalla sentenza della Corte Costituzionale n° 49 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 2, comma 1 del D.L. 220/2003, convertito nella L. 280/2003. In particolare, la questione era stata sollevata dal giudice amministrativo, dubitando della legittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui riservava al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, anche quando i relativi effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su interessi legittimi e diritti soggettivi, tutelati dall’ordinamento statale. Il caso concreto sottoposto alla Corte Costituzionale era diverso da quello oggetto del presente giudizio, in quanto si controverteva in ordine al risarcimento del danno derivante dall’illegittima irrogazione della sanzione disciplinare dell’inibizione allo svolgimento di attività federale.
Ciò nonostante, la Corte ha sancito importanti principi, dando una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, da tener presente anche nel caso in esame. In particolare, nel ribadire l’autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale (autonomia peraltro favorita dal legislatore), la Corte ha evidenziato che le sanzioni disciplinari irrogate
dalla Federazione possono esaurire i loro effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo oppure
manifestare effetti anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Orbene, con riferimento al primo gruppo di ipotesi, la Corte ha affermato che queste sono collocate in un’area di non rilevanza per l’ordinamento statale e di conseguente assenza di tutela da parte di quest’ultimo ordinamento. Tuttavia la Corte ha, altresì, affermato che ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del D.L. 220/2003 consegue che, qualora il provvedimento
adottato dalle Federazioni sportive o dal
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abbia incidenza su situazioni giuridiche
soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, non possa escludersi la possibilità di agire in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali statali.
Ne consegue che, non controvertendosi nella presente sede in ordine alla fase dell’irrogazione ed applicazione della sanzione -le sanzioni sono state già irrogate ed applicate dagli organi di giustizia sportiva, con decisioni, come detto in precedenza, divenute definitive-, ma controvertendosi in ordine alle conseguenze che la (sola) sanzione pecuniaria esplica su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale ed afferenti a rapporti patrimoniali, non appare sussistente la competenza degli organi suddetti.
Parimenti -si affronta la questione anche senza rilievo di parte, ma si tratta di questione rilevabile d’ufficio-, non può ritenersi che la controversia sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in virtù di quanto statuito dall’art. 3 della L. 280/2003.
In particolare, la citata disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2”.
Orbene, con riferimento alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giova ricordare che la Corte Costituzionale (sentenza n° 204/2004), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. art. 33, commi 1 e 2, del D.Lgs 80/1998, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della L. 205/2000, ha affermato il seguente principio: “l'art. 103, primo comma, della Costituzione non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, che è
contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei
confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo; con la conseguenza che va escluso che sia la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo”.
Ne consegue che un’interpretazione costituzionalmente orientata delle ipotesi di giurisdizione esclusiva porta a ritenere che questa sia sussistente solo ogniqualvolta si sia in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano. Per converso, non potrà ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, neanche quella in via esclusiva, qualora sia del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità.
Orbene, nel caso in esame, alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve escludersi che nell’attività di irrogazione di sanzioni disciplinari la FIGC eserciti un potere autoritativo di natura pubblicistica.
Al riguardo è ben vero che le Federazioni sportive, pur avendo personalità di diritto privato, esercitano anche funzioni pubblicistiche -il DLgs. 242 del 1999, contenente norme di
riordino del
CP_2
all’art. 15 prevede che le Federazioni possano adottare atti amministrativi
in armonia con le deliberazioni del
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ad es. in tema di ammissione ed affiliazione delle
società sportive alle Federazioni nazionali- e che le questioni concernenti l’attività che le
Federazioni svolgono in armonia con le deliberazioni del
CP_2 rientrano nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, qualora sia espressione di un potere provvedimentale ed autoritativo, ma nel caso che qui ci occupa, come già sopra evidenziato, il potere di decidere in materia disciplinare, attribuito agli organi della giustizia sportiva, trova la fonte nella autonomia negoziale delle parti: gli organi della giustizia sportiva, invero, decidono in virtù di una clausola negoziale, avente natura di clausola di arbitrato irrituale ed osservando le regole del diritto privato.
Del resto, sia le norme violate che la decisione da eseguire trovano la loro fonte in atti di natura negoziale, che sono espressione dell’autonomia privata e non di poteri pubblicistici. A maggior ragione, poi, deve escludersi l’esercizio di poteri pubblicistici nell’attività di recupero del credito derivante dall’irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Non essendovi esercizio di poteri pubblicistici, deve escludersi che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, neanche in via esclusiva.
L’altra eccezione riguarda la richiamata clausola arbitrale, contenuta nell’art. 24 del Regolamento degli Agenti dei Calciatori.
Sul punto l’opposta ha eccepito, fra l’altro, che l’opponente era stato giudicato dal
Tribunale Federale Nazionale nella sua qualità di tesserato collaboratore del
Org_4
[...]
e non quale agente dei calciatori, per cui il richiamo al predetto Regolamento appariva
del tutto inconferente (cfr. anche da ultimo, comparsa conclusionale).
La deduzione di parte opposta è pienamente condivisibile, in quanto, come emerge a pag. 2 del Comunicato Ufficiale n. 16/TFN del 20/8/2015 (cfr. citato doc. 4 fascicolo
monitorio), il
Parte_1
era stato deferito quale “… all’epoca dei fatti collaboratore tesserato
per la
Organizzazione_5
” e in tale veste giudicato.
L’ulteriore eccezione si riferisce all’errore sul rito, atteso che -a detta dell’opponente- la decisione del TFN aveva natura di lodo irrituale e che quindi era applicabile la procedura dell’art. 825 c.p.c. per renderlo esecutivo; inoltre, avendo l’opposta chiesto ed ottenuto l’emissione di un titolo esecutivo per la stessa sanzione e per lo stesso fatto, vi era violazione del bis in idem.
La tesi non può essere condivisa, in quanto, come già detto e dando continuità alla giurisprudenza dell’Ufficio, la clausola ha natura di clausola compromissoria per arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito, in forza di un atto negoziale di natura privatistica, dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.
Passando al merito, si osserva che non è stata sollevata alcuna contestazione in ordine al quantum debeatur.
Sul punto ad ogni buon conto, ribadito che va esclusa ogni possibile valutazione di merito da parte del Giudice ordinario, trattandosi di aspetti in relazione ai quali sussiste la competenza degli organi della giustizia sportiva, è sufficiente prendere atto che vi è stato l’esercizio del potere sanzionatorio da parte degli organi sportivi e che la sanzione pecuniaria in questione è stata irrogata in via definita, non essendo stati esperiti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo.
Dunque non sarebbe possibile esaminare il merito della sanzione, dovendo solo prendere atto del fatto che la stessa è ormai divenuta definitiva e che non sono intervenuti fatti modificativi o estintivi attinenti appunto alla fase esecutiva.
Tali essendo le risultanze di causa e nel confermare adesione all’orientamento giurisprudenziale affermatosi nel Tribunale di Roma, l’opposizione va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto, già munito di efficacia esecutiva.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo ex DM 55/2014, seguono la soccombenza.
Si è proceduto alla somma degli importi al minimo relativi ai ‘giudizi di cognizione innanzi il tribunale’ con riferimento allo scaglione ‘26.001-52.000’, senza la fase ‘istruttoria’, tenuto conto della natura e del valore della controversia, della qualità e quantità delle questioni trattate e dell’attività complessivamente svolta dal difensore di parte convenuta nonché della consolidata giurisprudenza dell’Ufficio e della mancanza di novità nelle questioni trattate.
definitivamente pronunciando:
P.Q.M.
- rigetta l’opposizione e conferma integralmente il decreto ingiuntivo opposto n° 23397/2017 del 6-13/10/2017 (rg 59443/2017), già munito di efficacia esecutiva;
- condanna l’opponente
Parte_1
al pagamento, in favore dell’opposta
[...]
Controparte_1
, delle spese di lite, che liquida in € 2.768,00 per compensi
professionali, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge. Così deciso a Roma, il 6/4/2020
il Giudice
dott. Francesco Remo Scerrato