T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 27/11/2025 N. 21321

Pubblicato il 27/11/2025

N. 21321/2025 REG.PROV.COLL.

N. 04025/2025 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4025 del 2025, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Damiano De Rosa, Giovanni La Banca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento di DASPO n. -OMISSIS- emesso in data 13.2.2025 dal Questore di Roma nei confronti del ricorrente

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2025 il dott. Giovanni Mercone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. -OMISSIS-, con ricorso notificato il 28.3.2025 e depositato in pari data, ha impugnato il decreto emesso dal Questore di Roma, notificato il 19.2.2025, con il quale gli è stata applicata la misura di cui all’art. 6 l. n. 401/1989 (DASPO) per anni “due”, provvedimento emesso in ragione di quanto accaduto durante l’incontro di calcio tra Lazio e Genoa disputato il 27.10.2024 presso lo stadio Olimpico.

In particolare, per quanto emerge dal provvedimento impugnato, il ricorrente si rendeva responsabile dell’accensione di un fumogeno nel settore “Distinti Nord Est”, condotta ritenuta dalla Questura sussumibile tra quelle sanzionate dall’art. 6 bis l. 401/1989, dunque pregiudizievole per la pubblica incolumità.

2. Avverso l’anzidetto provvedimento venivano mosse le seguenti censure:

A) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 l. 401/1989, art. 3 l. 241/1990 e 6 l. 377/2001; difetto di motivazione, con particolare riferimento alla partecipazione attiva agli episodi di violenza; eccesso di potere per difetto ed indeterminatezza dei presupposti; illogicità manifesta; violazione art. 97 Cost. e del principio di ragionevolezza”, non avendo l’episodio contestato generato alcun pericolo per l’incolumità delle persone presenti, come confermato anche dalla circostanza che la Procura della Repubblica di Roma aveva chiesto di disporre l’archiviazione del procedimento penale sorto a seguito dei fatti anzidetti; in sintesi, dalla visione delle immagini, era emerso che il fumogeno era stato acceso solo per pochi secondi e, dopo essere passato dalla mano del ricorrente a quella di altro tifoso, era stato fatto cadere a terra in una zona dove non vi era la presenza di altri spettatori; inoltre, la fiamma era stata tenuta lontana da altri soggetti, tanto che nessuno dei presenti aveva manifestato allarmismo (cfr. allegato n. 4 al ricorso);

B) “Violazione degli artt. 3 e 10 l. 241/1990, del principio di gradualità della sanzione, nella specie applicata in maniera sproporzionata alla gravità dei fatti, alla pericolosità del soggetto ed alle esigenze di tutela perseguite in concreto, nonché con riferimento all’eccessiva estensione spaziale del divieto; eccesso di potere e violazione di legge per difetto di istruttoria e difetto, inadeguatezza e contraddittorietà della motivazione”, essendo stata applicata la misura per anni due nonostante la scarsa entità del fatto commesso dal ricorrente, nonché applicata dalla Questura di Roma senza alcuna specifica ragione posta a fondamento dell’irrogazione del divieto in misura superiore al minimo edittale;

C) Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 l. 401/1989, art. 3 l. 241/1990 e 6 l. 377/2001; difetto di motivazione, con particolare riferimento alla partecipazione attiva agli episodi di violenza; eccesso di potere per difetto ed indeterminatezza dei presupposti; illogicità manifesta; violazione art. 97 Cost. e del principio di ragionevolezza; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di pericolosità per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico dei comportamenti censurati, difetto di pericolosità intrinseco del ricorrente, travisamento ed erronea valutazione dei fatti”, per gli stessi motivi già indicati.

3. Il 7.4.2025 si costituivano in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, che con una relazione chiedevano il rigetto del ricorso in quanto infondato.

4. Con ordinanza n. -OMISSIS- il Collegio accoglieva la richiesta di misure cautelari.

5. All’udienza del 24.11.2025, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

6. Il ricorso è fondato, risultando da accogliere la prima delle censure mosse.

6.1 Si assume, infatti, che l’azione del ricorrente abbia integrato la fattispecie di cui all’art. 6 bis co. 1 l. n. 401/1989. Norma che, va ricordato, attiene al lancio o utilizzo di fuochi “in modo da creare un concreto pericolo per le persone”. Cioè, diversamente dalla condotta sanzionata dall’art. 6 ter l. cit., quest’ultima fattispecie di pericolo astratto, l’art. 6 ter l. cit. non considera sufficiente il mero possesso di razzi, bengala o fuochi di artificio (cfr. in questi termini Cass. pen., sez. III, sentenza n. 32760/2023, nonché TAR Catania, sez. I, sent. n. 1241/2024, decisione in cui pure è stato ritenuto che l’art. 6 bis l. cit. configuri “una fattispecie di illecito di pericolo concreto e richiede di formulare un giudizio di concreta pericolosità della condotta da effettuarsi ex ante, secondo il criterio della c.d. prognosi postuma”).

In merito, però, è dirimente constatare che, dalla visione delle immagini, come emerge dalla richiesta di archiviazione formulata della Procura della Repubblica di Roma (poi accolta successivamente dal GIP del Tribunale di Roma che ha archiviato il procedimento; cfr. documenti prodotti in atti in data 16.4.2025), non è risultato che vi sia stato alcun pericolo “concreto” per gli altri spettatori presenti alla partita.

6.2 Ne deriva, quindi, che, pur sussistendo un’autonomia di giudizio della pubblica amministrazione sui fatti di causa, questo rispetto alle conclusioni adottate dalla magistratura penale, risultano condivisibili le argomentazioni contenute nel ricorso laddove si rileva che l’atto è stato emesso dal Questore di Roma in carenza dei presupposti di legge, ossia in violazione di quanto prescritto dall’art. 6 co. 1 l. n. 401/1989, non essendosi configurata l’ipotesi prevista dall’art. 6 bis posta a fondamento del provvedimento impugnato (si veda per un caso analogo a quello in esame, anche TAR Veneto, sez. I, sent. n. 1589/2023).

Detto altrimenti, sebbene il DASPO è una misura che può essere disposta non soltanto nel caso di accertata lesione, ma anche a fronte di condotte che costituiscano fonte di pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, secondo la logica del “più probabile che non”, e non richiede necessariamente la commissione di un fatto penalmente rilevante, essendo per la sua adozione sufficiente “un sommario accertamento sulla consistenza degli elementi fattuali contenuti nella denuncia” (cfr. Cons. di stato, sez. III, n. 10986/2022), è altrettanto vero che l’art. 6 bis l. cit. richiede che si appuri in concreto esservi stato un pericolo per l’ordine e la sicurezza dei cittadini, circostanza, tuttavia, non verificatasi nel caso in esame.

7. In conclusione, assorbite le ulteriori censure, il ricorso è fondato con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

8. La peculiarità della vicenda e la circostanza che il provvedimento di archiviazione è stato adottato successivamente alla data di emissione dell’atto impugnato, consentono di compensare le spese di lite ad eccezione dell’obbligo di restituzione del contributo unificato ex art. 13, co. 6-bis.1 D.P.R. n. 115/2002 in favore dei legali di parte ricorrente dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate ad eccezione dell’obbligo di restituzione del contributo unificato ex art. 13, co. 6-bis.1 D.P.R. n. 115/2002 in favore dei legali di parte ricorrente dichiaratisi antistatari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Daniele Dongiovanni, Presidente

Giovanni Mercone, Referendario, Estensore

Francesco Vergine, Referendario

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