F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 163/CGF del 07 Aprile 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 19 Giugno2009 1) SIG. FORTUNATO DANIELE CALCIATORE TESSERATO, ALL’EPOCA DEI FATTI, PER L
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it
e sul Comunicato ufficiale n. 163/CGF del 07 Aprile 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 264/CGF del 19 Giugno2009
1) SIG. FORTUNATO DANIELE CALCIATORE TESSERATO, ALL’EPOCA DEI FATTI, PER LA SOCIETÀ PESCARA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: MESI 6 DI SQUALIFICA;AMMENDA DI € 5.000, 00, INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE ART. 30 STATUTO F.I.G.C. N. 3887/783 PF 07-08/AM/MA DEL 20.1.2009
(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 64/CDN del 12.3.2009)
2) DELFINO PESCARA 1936 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONI DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA E DELL’AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTA ALLA RECLAMANTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 C.G.S. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA NELLA VIOLAZIONE ASCRITTA AL PROPRIO TESSERATO – N.887/783PG07-08/AM/MA DEL 20.1.2009
(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 64/CDN del 12.3.2009)
Il calciatore Daniele Fortunato, tesserato nella Stagione Sportiva 2007/2008 in favore della società Pescara Calcio S.p.A., già tesserato per la Ternana Calcio S.p.A., promuoveva, con atto di citazione del 17.9.2007, azione civile avanti il Tribunale di Terni contro la società umbra, chiedendo il risarcimento dei danni (quantificati in € 150.000,00) arrecatigli all’immagine ed alla professionalità in occasione ed a causa del rapporto intercorso con detta società. La società Ternana chiedeva, con apposito esposto inviato alla Federazione, se risultasse agli atti della Federazione stessa l’autorizzazione ad adire le vie legali e quindi la giustizia ordinaria. Non risultando alcun atto autorizzativo (come da nota federale del 14.12.2007), conseguentemente il Procuratore Federale, con atto del 20.1.2009, deferiva avanti alla Commissione Disciplinare Nazionale il calciatore per violazione del vincolo di giustizia di cui all’art. 30 Statuto Federale, nonché la società Pescara per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S. in relazione alle violazioni del proprio tesserato. Con Com. Uff. n. 64/CDN del 12.3.2009, la Commissione Disciplinare Nazionale infliggeva al calciatore la squalifica di mesi 6 e l’ammenda di € 5.000,00, nonché, a carico della società Pescara Calcio, la penalizzazione di punti 3 da scontarsi nell’attuale Stagione Sportiva oltre all’ammenda di € 10.000,00. Hanno proposto impugnazione sia il signor Daniele Fortunato, con atto del 26.3.2009, che la Delfino Pescara 1936 S.r.l. - nelle more subentrata a tutti gli effetti alla Pescara Calcio S.p.A – con atto del 19.3.2009. Rileva il Fortunato che i fatti che avevano dato origine all’azione civile erano avvenuti dopo la risoluzione del contratto con la Ternana Calcio, quando il medesimo non era più tesserato appunto né con la Ternana, né con qualsiasi altra società. Nella circostanza il suddetto aveva dato mandato al proprio legale di agire contro la Terzana in data 19.6.2007, nel periodo appunto in cui era risolto il contratto con la Ternana e prima ancora del tesseramento con il Pescara (quindi non sarebbe stato assoggettato al vincolo di Giustizia Sportiva), non avendo al riguardo alcuna responsabilità il calciatore circa il fatto che il difensore di fiducia solo il 17.9.2007, quando appunto il calciatore era stato tesserato con la nuova società (Pescara Calcio), aveva redatto ed inoltrato la citazione. Deduce, inoltre, il Fortunato, la assoluta carenza di giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva in quanto il fatto da cui scaturiva l’esigenza di tutela oltre che civile anche penale (ovvero diffamazione a mezzo stampa perpetrata dalla Ternana Calcio S.p.A. in danno del Fortunato medesimo), oltre ad essere stato realizzato nei confronti di un soggetto non tesserato sia all’epoca della commissione del fatto-reato in suo danno sia all’epoca del conferimento del mandato al proprio difensore, sarebbe stato “realizzato in concorso di persone tra le quali ve ne è almeno una – ovverossia il gestore del sito web – che, non essendo tesserato, non può essere trascinata di fronte agli Organi di Giustizia Sportiva e – ipso facto – ne deriva che non sarebbe rispettato il principio della pienezza del contraddittorio tra i coautori del fatto reato e l’adottando provvedimento sarebbe sfornito della capacità di spiegare i propri effetti giuridici su tutti i responsabili della condotta illecita e criminosa”. In ogni caso, in via subordinata, chiede di poter essere mandato assolto applicando nella fattispecie in esame, analogamente a pronunce recenti di questa Corte di Giustizia (cfr. “caso Arezzo”), il principio “dell’errore scusabile” in materia di violazioni dell’art. 30, comma 4 , dello Statuto Federale, e richiama, altresì, i recenti dettati della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo sport del C.O.N.I. nel “caso Setten” (5.3.2009), sempre in tema di violazione dell’art. 30 dello Statuto Federale. Secondo tale pronunzia, va ricordato, il “vincolo di giustizia” mantiene intatta tutta la sua portata e validità nell’ambito dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, ma si infrange irrimediabilmente laddove impatta con la materia penale, e quindi con reati che, a prescindere dalla loro azionabilità d’ufficio o per querela di parte, impongono l’intervento esclusivo del giudice ordinario. La società Delfino Pescara S.r.l., dal canto suo, con separato atto di appello ha eccepito l’insanabile nullità della delibera impugnata relativamente ai provvedimenti assunti a carico della società stessa, in quanto soggetto – il Pescara Calcio S.p.A. – non più esistente ai fini federali (a causa della citata dichiarazione di fallimento), e quindi non più sanzionabile, con conseguente non luogo a procedere nei confronti della odierna reclamante, stante l’impossibilità di chiamare quest’ultima a rispondere di fatti disciplinarmente rilevanti addebitabili al precedente e diverso sodalizio. Ha dedotto, ancora, come l’iniziativa contestata al Fortunato è stata assunta direttamente dal calciatore, con l’assoluta estraneità della società reclamante, senza dunque che quest’ultima potesse in alcun modo sostituirsi allo stesso nella richiesta di autorizzazione ad adire la giurisdizione statale, ed ha invocato altresì, ad ogni buon conto, la propria buona fede. Del tutto subordinatamente, in fine, ha chiesto in ogni caso, ove si ritenesse di dover ancor applicare – seppur in via residuale – i principi della responsabilità oggettiva, la rideterminazione della sanzione in termini più congrui rispetto all’estraneità del proprio comportamento. Rileva questa Corte, preliminarmente, che le due impugnazioni, data la connessione oggettiva e soggettiva, possano essere riunite. Nel merito, per quel che riguarda l’impugnazione del calciatore, le motivazioni addotte non appaiono fondate. Ed infatti dal tenore dell’atto di citazione versato in atti, si evince con chiarezza come la fattispecie sia strettamente riconducibile ai rapporti intercorrenti fra il tesserato e la società di precedente appartenenza. Petitum et causa petendi sono strettamente connesse proprio all’attività sportiva in quanto tale e provano giuridica ragione e sussistenza proprio nell’ambito squisitamente sportivo. A questo proposito non possono essere invocate esimenti o scusanti di sorta, atteso che è preciso obbligo del tesserato attenersi alle prescrizioni che gli derivano dal vincolo di giustizia, a nulla potendo valere fatti esterni che appaiono essere inconferenti con la ragione dell’appartenenza all’organizzazione sportiva, e che anzi proprio nella detta appartenenza hanno trovato la fonte generatrice dell’invocato danno e del relativo nesso eziologico. Ad ogni modo, anche prescindendo da detto aspetto, rileva l’unica data certa costituita dalla spedizione dell’atto di citazione per risarcimento danni in sede civile, corrispondente ad un momento in cui il calciatore risultava comunque tesserato (per la società abruzzese). Il tutto senza che possa darsi spazio ai precedenti invocati, peraltro all’evidenza in conferenti alla fattispecie, rispondente pienamente alla tipologia ordinaria delle violazioni sanzionate. Diversamente, rileva questa Corte, i motivi d’impugnazione della società Delfino Pescara 1936 S.r.l. meritano almeno in parte adesione. Se da un lato, infatti non può revocarsi in dubbio il fatto che con l’acquisizione del titolo sportivo la nuova società è subentrata in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi sotto il profilo prettamente sportivo, dall’altro non può non tenersi conto dell’oggettiva situazione che si è venuta a determinare, sotto il profilo della responsabilità oggettiva, in capo al nuovo soggetto. Come precedentemente osservato dalla C.A.F. in una fattispecie molto approfondita e ancora attuale (calcio scommesse Modena F.C. – 7.9.2004), “se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è osservato dalla parte dei più, come del resto già accennato, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (viene richiamata decisione sul caso del calciatore Luciano, Com. Uff. n. 12/C del 4.11.2002)” Sulla scorta di detto calzante precedente, non potendosi mettere in discussione la piena vigenza, nel sistema attuale dell’ordinamento sportivo, della responsabilità oggettiva, ma dovendosi dare rilievo, in ogni caso, alla assoluta e totale estraneità della società ai fatti contestati e quindi alla violazione del vincolo commessa dal calciatore, non possono trovare applicazione ai soggetti giuridici che rispondono in via del tutto residuale a tale titolo le sanzioni previste dall’art. 15 C.G.S., relative, anche per le società, a “comportamenti comunque diretti alla elusione e/o violazione del vincolo di giustizia”. Ritiene, pertanto, la Corte di dover ridurre la sanzione inflitta a carico della società pescarese, rideterminandola nella sola ammenda di € 5.000,00. Per questi motivi riuniti i reclami nn. 1) e 2) rispettivamente: - respinge l’appello presentato dal Sig. Fortunato Daniele. - accoglie parzialmente l’appello presentato dalla società Delfino Pescara 1936 S.r.l. e, per l’effetto, infligge la sanzione dell’ammenda di € 5.000,00. Dispone incamerarsi la tassa reclamo relativa al ricorso n. 1) e restituirsi quella di cui al ricorso n. 2).
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