CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 03 settembre 2009 promosso da: A.S.C. Settebagni Calcio Salario contro Federazione Italiana Giuoco Calcio – A.S.D. Pro Calcio Sabina IL COLLEGIO ARBITRALE riunito in camera di c

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 03 settembre 2009 promosso da: A.S.C. Settebagni Calcio Salario contro Federazione Italiana Giuoco Calcio - A.S.D. Pro Calcio Sabina

IL COLLEGIO ARBITRALE

riunito in camera di consiglio il giorno tre del mese di settembre dell’anno duemilanove presso la sede dell’arbitrato in Roma nelle persone dei signori: Prof. Franco Modugno Presidente Cons. Maria Elena Raso Arbitro Cons. Mario Formaio Arbitro ha deliberato il seguente LODO ARBITRALE nel procedimento arbitrale promosso con istanza di arbitrato depositata il giorno 1° luglio 2009, prot. n. 1292, da: A.S.C. Settebagni Calcio Salario (di seguito “Settebagni”), con l’Avv. Lorenzo Fiorani parte istante contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito “FIGC”), con gli Avv.ti Mario Gallavotti e Stefano La Porta parte intimata e contro A.S.D. Pro Calcio Sabina (di seguito “Pro Calcio Sabina”) altra parte intimata, non costituita sulle seguenti conclusioni delle parti costituite: per la Settebagni: “Piaccia all’ill.mo Organo arbitrale adito, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinta, accertato e dichiarato che:

a) la Società Pro Calcio Sabina in occasione della partita del 24 maggio 2009, valida per i play-out del Girone B del Campionato di Promozione, disputata con la Settebagni, ha schierato in campo il giocatore Tiberti Giuliano nonostante il medesimo risultasse squalificato per recidività in ammonizione;

b) gli Organi della Giustizia Sportiva hanno omesso di rilevare d’ufficio la circostanza di cui al punto a),

rimettere ai competenti Organi Federali la controversia, affinché provvedano al riesame della medesima. Con vittoria di spese ed onorari”; per la FIGC:

“la FIGC conclude per il rigetto delle domande attrici, in quanto infondate, e per la condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite, inclusi i diritti amministrativi versati, ai sensi dell’art. 26, comma 3, del Codice dei giudizi dinanzi al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport” (di seguito “Codice”).

PREMESSO IN FATTO

Con l’istanza indicata in epigrafe la Settebagni, preliminarmente prospettata la competenza del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport (di seguito “TNAS”) a giudicare la presente controversia a norma dell’art. 30 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito “Statuto della FIGC”), per avere esaurito i gradi interni della giustizia federale, assumendo: che, militando nel girone B del campionato di Promozione laziale, il 24 maggio 2009 aveva affrontato la squadra della Pro Calcio Sabina nella partita di andata valida per i playout del campionato, perdendo l’incontro per 1-3; che al termine dell’incontro aveva presentato al direttore di gara riserva scritta sulla posizione del calciatore Tiberti Giuliano, n. 4 della Pro Calcio Sabina, il quale, pur risultando squalificato per recidività in ammonizione, come risultava dal Comunicato Ufficiale (di seguito “C.U.”) della Lega Nazionale Dilettanti (di seguito “LND”) n. 108 del 21 maggio 2009, era stato inserito nella lista dei giocatori disponibili; che il 25 successivo aveva inoltrato reclamo via fax al Giudice sportivo del Comitato Regionale Lazio, il quale con decisione pubblicata sul C.U. n. 111 del 26 maggio 2009 aveva dichiarato inammissibile il reclamo, perché inoltrato oltre i termini perentori di legge;  che avverso tale pronunzia essa aveva proposto reclamo innanzi alla Commissione Disciplinare Territoriale (di seguito “CDT”), da una parte insistendo nel sostenere la tempestività del reclamo al primo Giudice, dall’altra lamentando che quanto segnalato nella riserva scritta relativamente a ciò che s’era verificato durante la gara del 24 maggio 2009 doveva assumere rilievo anche a prescindere dalla ritualità del reclamo ed avrebbe dovuto essere oggetto di esame e giudizio da parte dei  competenti organi federali, legittimati, in fattispecie del genere, ad agire anche d’ufficio, perché avevano a disposizione la riserva scritta formulata dalla Settebagni al termine dell’incontro e pertanto essi avevano tutti gli elementi ed i poteri necessari per rilevare la posizione irregolare del giocatore Tiberti, fatto giocare dalla Pro Calcio Sabina benché egli risultasse squalificato per recidività in ammonizione; che con provvedimento del 28 maggio2009, pubblicato nel C.U. n. 113 del 29 seguente, il Giudice di secondo grado aveva confermato la pronunzia del primo  Giudice di inammissibilità del reclamo ed in relazione all’eccepita procedibilità d’ufficio aveva osservato che l’inammissibilità del gravame ne precludeva l’esame del merito, ma che, poiché quanto denunziato relativamente all’irregolarità della posizione del giocatore Tiberti era rilevante sul piano disciplinare, aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura Federale, affinché valutasse la fondatezza della denunzia effettuata dalla reclamante e provvedesse di conseguenza;  che, risultando dai documenti ufficiali di gara, da acquisire nel corso del giudizio, sia che la Pro Calcio Sabina nell’incontro del 24 maggio 2009 contro la Settebagni aveva schierato il giocatore Tiberti, il quale non avrebbe potuto partecipare all’incontro perché squalificato per recidività in ammonizione come da C.U. n. 108 del 21 maggio 2009, sia che, immediatamente dopo la partita, la Settebagni aveva presentato al direttore di gara riserva scritta nella quale aveva rilevato l’irregolare posizione di detto calciatore, e che tale riserva - fatto notorio - come gli altri documenti ufficiali di gara è poi trasmessa agli organi federali, gli organi della giustizia federale disponevano di tutti gli elementi e dei poteri necessari a rilevare l’irregolare posizione del giocatore Tiberti;  che, per quel che concerne la sanzione prevista in fattispecie come questa, l’art. 17 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva (di seguito “CGS”) dispone che “La Società ritenuta responsabile anche oggettivamente di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento della gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione è punita con la perdita della gara stessa con il punteggio di 0-3;  che il successivo comma 5 dello stesso articolo statuisce che “La punizione sportiva della perdita della gara è inflitta, nel procedimento di cui all’art. 29, commi 7 e 8, alla Società che “ a) fa partecipare alla gara calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte; b) […omissis…]”; tutto ciò premesso, per tutte tali considerazioni ha chiesto che questo Tribunale accolga le conclusioni in epigrafe trascritte. A sostegno dell’istanza ha depositato i seguenti documenti:

1) C.U. n. 108 del 21 maggio 2009 relativo alla squalifica del giocatore Tiberti;

2) Provvedimento del 28 maggio 2009 in C.U. n. 113 LND del 29 maggio 2009; 3) Ricevuta del bonifico effettuato in data 26.06.09 in favore del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (di seguito “CONI”) per il pagamento dei diritti amministrativi. Si è costituita in giudizio la sola FIGC, che nella relativa memoria ha resistito alle domande avversarie, eccependone l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito. Rilevato che l’istanza della Settebagni ha per oggetto la decisione del Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Lazio della LND pubblicata nel C.U. n. 111 del 26 maggio 2009, poi confermata dalla CDT presso lo stesso Comitato con decisione pubblicata nel CU n. 113 del 29 maggio 2009, che ha disposto l’omologazione del risultato di 3-1 conseguito sul campo dalla Pro Calcio Sabina nell’incontro disputato il 24 maggio 2009 contro la Settebagni, dichiarando inammissibile il reclamo da quest’ultima presentato (in relazione alla posizione irregolare del calciatore della Pro Calcio Sabina, che sarebbe stato schierato nonostante fosse squalificato per recidiva in ammonizioni), per l’inosservanza delle norme che regolano il procedimento, essa ha eccepito che le domande della Settebagni sono inammissibili, perché hanno per oggetto l’omologazione del risultato della gara del 24 maggio 2009, materia nella quale il TNAS difetta di competenza. La competenza di questo Tribunale, ha obiettato, sussiste qualora essa sia prevista dagli Statuti o dai Regolamenti delle Federazioni sportive nazionali (ex art. 12 dello Statuto del CONI) e lo Statuto della FIGC all’art. 30, comma 3, espressamente esclude dalla cognizione arbitrale le controversie in materia di omologazione di risultati sportivi, stabilendo che “… non sono soggette ad arbitrato … le controversie decise in via definitiva dagli Organi della giustizia federale relative ad omologazioni di risultati sportivi”. Ulteriore motivo d’inammissibilità discende, a suo giudizio, dal fatto che la Settebagni non ha impugnato i provvedimenti degli organi della giustizia federale, poiché si è limitata a chiedere la rimessione degli atti agli organi federali, e quindi invocato un riesame della materia da parte di tali organi senza la previa rimozione, da parte di questo Tribunale, delle precedenti decisioni dei giudici sportivi. Ha sottolineato ancora che la Settebagni neppure ha contestato la decisione degli organi sportivi di dichiarare inammissibile il suo reclamo presentato ai sensi dell’art. 29, comma 8, lett. a), del CGS e che pertanto tale decisione costituisce res judicata per quel che attiene alla violazione da parte della Settebagni dei termini perentori e degli adempimenti formali disciplinati dal C.U. n. 101/A del 27.02.09, che ha depositato. Per quanto attiene alla doglianza della Settebagni che gli organi di giustizia sportiva non hanno comunque esaminato la questione relativa all’irregolare posizione del calciatore Tiberti della Pro Calcio Sabina, ha osservato la resistente che il rilievo della violazione procedurale da parte della Settebagni (l’inoltro del reclamo fuori termine) comportante l’inammissibilità del ricorso, ne aveva precluso l’esame del merito. In proposito la difesa della FIGC ha addotto, altresì, che, a differenza della disciplina relativa ad altri procedimenti che possono essere attivati d’ufficio ai sensi dei commi 4 e 6 del citato art. 29 CGS, il successivo comma 8 stabilisce che il rilievo d’ufficio della posizione irregolare di un tesserato possa aver luogo unicamente in base ai “documenti ufficiali di gara” : in altri termini la possibilità di avviare un procedimento d’ufficio inerente all’irregolare posizione di un giocatore è ristretta ai soli casi tassativi, nei quali siano i documenti ufficiali di gara (ossia il referto arbitrale) a documentare l’irregolare partecipazione di un calciatore alla medesima. Ha quindi concluso per il rigetto delle domande e la condanna dell’istante alla rifusione delle spese di lite, in esse compreso l’importo versato per i diritti amministrativi versati ai sensi dell’art. 26, comma 3, del Codice, nominando arbitro l’Avv. Aurelio Vessichelli, benché l’art. 7, comma 1, del Codice stesso stabilisca che “Se la controversia proposta comporta, per il suo carattere inscindibile, l’instaurazione di un litisconsorzio necessario (come nella fattispecie, perché al giudizio sull’istanza di arbitrato deve partecipare, oltre che la FIGC, anche la Pro Calcio Sabina, alla quale correttamente la Settebagni ha notificato l’istanza), spetta al Presidente del Tribunale la composizione del Collegio e l’individuazione del suo presidente”; ed è ciò cui detto Presidente ha provveduto, non essendosi le parti interessate avvalse della facoltà di cui al comma 2 del citato art. 7. All’udienza del 25 agosto 2009 fissata per la comparizione delle parti sono comparsi per l’istante Settebagni l’Avv. Fiorani e per la FIGC l’Avv. Gallavotti. Il Collegio arbitrale ha inutilmente tentato, a norma dell’art. 20 del Codice, la conciliazione delle parti costituite, che non ha potuto aver luogo, come ha precisato il difensore di FIGC, per l’assenza, senza giustificato motivo, della Pro Calcio Sabina (ex comma 5, del citato art. 5). Quindi i difensori hanno illustrato le rispettive posizioni, richiamandosi alla fine alle rispettive conclusioni che sono state trascritte in epigrafe. Esaurita così la discussione, il Collegio, ritenutolo necessario ai fini della completezza dell’istruttoria, ha disposto con ordinanza che la parte più diligente trasmettesse alla Segreteria del Tribunale, entro il termine del 31 agosto 2009, l’elenco ufficiale dei giocatori partecipanti all’incontro Settebagni/Pro Calcio Sabina del 24 maggio 2009 valevole per i playout del campionato di Promozione, la riserva scritta formulata dopo la gara dalla Settebagni relativa alla posizione irregolare del giocatore Giuliano Tiberti della Pro Calcio Sabina ed il referto arbitrale relativo all’incontro medesimo. Tutti tali documenti sono stati depositati il 26 agosto successivo dal difensore della FIGC ed il Presidente di questo Collegio ha poi fissato per la decisione l’odierna udienza del 3 settembre 2009, non ravvisando la necessità di risentire i difensori delle parti in ordine ai documenti acquisiti, concernenti fatti del tutto pacifici in causa sul contenuto e sulla rilevanza dei quali i difensori delle parti avevano già preso posizione in contraddittorio tra loro, ed era pertanto superfluo riascoltarli. All’esito della camera di consiglio lo stesso 3 settembre 2009 il Collegio arbitrale ha pronunziato il lodo, il dispositivo del quale ha subito depositato in Segreteria in numero di quattro originali sottoscritti da ciascuno degli Arbitri. CONSIDERATO IN DIRITTO

Vanno esaminate anzitutto le eccezioni di inammissibilità della istanza di arbitrato, avanzata dalla Settebagni, formulate dalla FIGC. Secondo la prima eccezione, le domande avversarie sarebbero inammissibili in quanto hanno ad oggetto l’omologazione del risultato di una determinata gara, "materia per la quale il TNAS difetta di competenza". L’eccezione dev’essere disattesa. La premessa da cui essa muove, ossia che la competenza del TNAS sussiste ove sia prevista dagli Statuti o dai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, non può essere condivisa, perché frutto di un grave fraintendimento L'art. 12 ter, comma 1, dello Statuto del CONI non dice affatto che la competenza del TNAS sussiste se e solo se sia prevista dagli Statuti o dai regolamenti federali, bensì attribuisce testualmente e direttamente al TNAS la «competenza arbitrale sulle controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni allaFederazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell'ambito della giustizia federale, con esclusione delle controversie che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni inferiori a centoventi giorni, a 10.000 euro di multa o ammenda, e delle controversie in materia di doping». Stabilisce cioè che la competenza del TNAS operi dopo esperiti i ricorsi interni alle Federazioni (cd. definitività dei provvedimenti di giustizia sportiva federale, analoga a quella che una volta si predicava dei provvedimenti amministrativi statali prima che fossero esperibili i rimedi giudiziari) e non possa operare sulle controversie di minima entità o su quelle in materia di doping. L'art. 2, comma 1, del Codice, infatti, in conformità al suddetto art. 12 ter, comma 1 e all'art. 22, comma 3, dello Statuto del CONI, stabilisce quali siano le «controversie deferite alla competenza arbitrale del Tribunale», mentre l'art. 3 del Codice prevede, tassativamente, quali siano le «controversie sottratte alla competenza arbitrale del Tribunale», aggiungendo nel comma 2, alle esclusioni già disposte dall'art. 12 ter, comma 1, dello Statuto del CONI, significativamente, quella relativa alle controversie «aventi ad oggetto la revoca o il diniego federale di affiliazione, disposto nei confronti di società sportive ai sensi dell'articolo 7, comma 5, lett. n), del predetto Statuto del CONI», ossia circoscrivendo a questa sola ipotesi di provvedimenti federali l'esclusione della competenza del TNAS. Vero è che l'art. 12 ter, comma 1, dello Statuto del CONI, parla del TNAS come di un organo di giustizia sportiva «ove previsto dagli Statuti e dai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali» e che, rispettivamente, l'art. 22, comma 3 , stabilisce che «gli statuti delle Federazioni Sportive Nazionali in riferimento alle controversie per le quali si siano esauriti i gradi interni di giustizia sportiva, possono prevedere il procedimento arbitrale di cui all'art. 12 del presente Statuto», implicitamente ipotizzando la possibilità che le Federazioni non riconoscano invece il TNAS come organo di giustizia sportiva super federale, né prevedano il procedimento arbitrale come disciplinato dall'art. 12 dello Statuto del CONI; ma questa ipotesi interpretativa delle ricordate disposizioni è in manifesto contrasto con il fatto che le Federazioni hanno in passato riconosciuto la camera di conciliazione e arbitrato per lo sport presso il CONI come organo istituzionale di giustizia sportiva. In particolare, nella specie, per quel che qui interessa, per ciò che concerne la FIGC, va richiamato l'art. 30, comma 3, del relativo Statuto, a tenore del quale «le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 [tesserati; società affiliate; soggetti, organismi e loro componenti che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l'ordinamento federale] e tra gli stessi e la FIGC, per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale, sono devolute, su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione arbitrale della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport presso il CONI, secondo quanto disposto dai relativi regolamenti e dalle norme federali e sono risolte in via definitiva da un lodo arbitrale pronunciato secondo diritto da un organo arbitrale nominato ai sensi dei regolamenti della Camera». L'organo istituzionale di giustizia sportiva superfederale era già riconosciuto, in via di principio, dallo Statuto della FIGC. Non vale, peraltro, obiettare, al fine di sostenere l'eccezione di inammissibilità della

istanza in questione e l’incompetenza del TNAS, che lo stesso art. 30, comma 3 , dello Statuto della FIGC sottragga esplicitamente ad arbitrato, tra altre, «le controversie decise in via definitiva dagli Organi della giustizia sportiva federale relative ad omologazioni di risultati sportivi o che abbiano dato luogo a sanzioni soltanto pecuniarie di importo inferiore a 50.000 euro, ovvero a sanzioni comportanti: a) la squalifica o inibizione di tesserati, anche in aggiunta a sanzioni pecuniarie, inferiore a 20 giornate di gara o a 120 giorni; b) la perdita della gara; e) l'obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse; d) la squalifica del campo», sia perché il riconoscimento, come tale, di un organo di giustizia superfederale da parte di una Federazione non può essere confuso con le limitazioni di competenza stabilite unilateralmente da parte della Federazione medesima (della cui legittimità è lecito dubitare); sia soprattutto perché la Camera di conciliazione e arbitrato è stata soppressa e, nella specie, il rapporto intercede ora tra la FIGC e il nuovo organo istituito, sulla base di esplicite disposizioni legislative statali, da norme statutarie del CONI (in particolare dall'art. 12 dello Statuto). Come è stato recentemente ed autorevolmente argomentato da una decisione dell'Alta Corte di Giustizia Sportiva (n. 1 del 2009), è «frutto di un fraintendimento del sistema» opinare che «le norme statutarie del CONI. istitutive dei nuovi organi [quali la suddetta Alta Corte e il TNAS] nella consapevolezza di intervenire in aree, come quelle della giustizia sportiva, estranee alla competenza normativa del CONI, avrebbero dovuto essere recepite negli ordinamenti federali dagli statuti e dai regolamenti delle singole Federazioni sportive nazionali». Al contrario, non solo «non è dubbio che il CONI - istituzione inserita, ad un tempo (come ente pubblico) nell'ordinamento della Repubblica italiana e nell'ordinamento  sportivo internazionale avente il suo vertice nel C.I.O. - ha titolo, al pari delle Federazioni, a dar vita, avvalendosi dell'autonomia al CONI espressamente riconosciuta anche dalla legislazione statale, ad organismi di giustizia sportiva chiamati ad esercitare la propria jurisdictio a sviluppo e completamento della precedente fase di giustizia federale, in quelle ipotesi nelle quali il CONI ritenga di introdurre un'ulteriore fase di contenzioso esofederale», ma anche è indubitabile che, una volta istituiti tali organismi di giustizia sportiva superfederali, la competenza (o meglio la giurisdizione) ad essi spettante non possa essere limitata o condizionala dalle norme delle singole Federazioni, ma soltanto regolata da norme superfederali. A tale proposito non può non rilevarsi che l'art. 1 del d. lgs. 8 gennaio 2004, n.15: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242" sul "Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI, ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 luglio 2002. n. 137", in Gazz. uff. n. 21 del 27 gennaio 2004, demanda al CONI di individuare «con delibera sottoposta all’approvazione del Ministero per i beni e le attività culturali, i criteri generali dei procedimenti di giustizia sportiva», e tra i principi da osservare indica espressamente ed inequivocabilmente la «razionalizzazione dei rapporti tra procedimenti di giustizia sportiva di competenza del CONI con quelli delle singole federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate». Ulteriore conferma del potere normativo del CONI in tema di organizzazione e funzionamento della giustizia sportiva si desume dalla disposizione che prevede l'accesso alla giurisdizione statale per le controversie sportive rilevanti anche nell'ordinamento statale «esauriti i gradi della giustizia sportiva», «secondo le previsioni degli Statuti e regolamenti del CONI e delle Federazioni sportive» (art. 2, comma 2, cui rinvia l’art. 3, comma 1, del Testo del d.l. 19 agosto 2003 n. 220 coordinato con la legge di conversione 17 ottobre 2003 n. 280 in Gazz. uff n. 243 del 18 ottobre 2003). In particolare l'art. 2, comma 1 (sull’"Autonomia dell'ordinamento sportivo") del Testo appena citato, con evidente riferimento a competenze anche contenziose distribuite a più livelli dell'ordinamento sportivo: CONI e Federazioni, stabilisce che l'ordinamento sportivo nazionale si scompone in interne «articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive» (lett. a), ossia la materia tradizionalmente designata come "materia tecnica" concernente l'organizzazione e regolarità delle gare, distinta dalla cd. materia disciplinare («comportamenti rilevanti sul piano disciplinare» e «irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive» (lett. b)), con la rilevante

conseguenza che anche le controversie «relative ad omologazioni di risultati sportivi», come del resto quelle riguardanti la materia disciplinare, rientrano, in linea di principio, nella giurisdizione del CONI e non possono essere ad essa unilateralmente sottratte dalle disposizioni federali. Non contrasta affatto con tale ricostruzione l'art. 12 dello Statuto del CONI, dal quale la FIGC sembra desumere il suo assunto sulla carenza in capo al CONI di poteri normativi in tema di giustizia sportiva e quindi sulla incompetenza degli organi giurisdizionali da esso istituiti. Come già rilevato nella motivazione della citata sentenza dell'Alta Corte di Giustizia Sportiva, deve essere sottolineato «che al citato art. 12 (da leggere in connessione con i successivi articoli 12 ter e 22) va conferito un significato del tutto diverso da quello postulato dalla FIGC». L'art. 12, comma 1, istituisce, «in piena autonomia e indipendenza» i due organi di giustizia sportiva superfederali: l'Alta Corte e il TNAS, la competenza arbitrale del quale «è alternativa a quella dell'Alta Corte» (art. 3, comma 3, del Codice). Il comma 2 stabilisce inoltre che «la disciplina prevista nel presente articolo e nei seguenti articoli 12 bis [dedicato all'Alta Corte] e 12 ter [dedicato al TNAS] in riferimento alle Federazioni sportive nazionali si applica integralmente anche alle Discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva ove previsto dai rispettivi Statuti». Questo complesso normativo - prosegue la motivazione della sentenza dell’Alta Corte - «mira solo a disporre che gli statuti e i regolamenti federali possano inserire, nella loro trama, clausole compromissorie attributive di poteri cognitori alla giustizia arbitrale gestita dal Tribunale, curando di acquisire, da parte dei propri affiliati, iscritti, ecc. (i soggetti con i quali potranno insorgere le future controversie), l'esplicita adesione alla clausola stessa». Ma «è fuori discussione, in un quadro siffatto, la piena riconducibilità alla normativa di paternità del CONI dei nuovi organi di giustizia e delle norme concernenti competenze e procedure contenziose destinate ad ottenere svolgimento dinanzi ai predetti organismi». Ora, i collegi arbitrali (come il nostro) non possono non tenere nella massima considerazione (e non possono discostarsi da) l'interpretazione delle disposizioni degli statuti e dei regolamenti del CONI assunta dall'Alta Corte di Giustizia Sportiva, alla quale è espressamente attribuita - tra le altre - la competenza, con riferimento ai giudizi arbitrali, «ad esercitare ogni altro compito idoneo a garantire i diritti delle parti, a salvaguardare l'indipendenza degli arbitri, nonché a facilitare la soluzione delle controversie sportive anche attraverso l’esemplificazione dei tipi di controversie che possono essere devolute alla cognizione arbitrale» (art. 12 ter, comma 7, Statuto del CONI). Ora, pur nell'ambito di questo delineato quadro normativo, nell'assunto che le singole Federazioni abbiano titolo a decidere del regime da attribuire alle pronunce adottate in sede contenziosa sia dall'Alta Corte, sia dal TNAS, si rileva che - ai sensi del già citato art. 30 dello Statuto della FIGC - restano sottratte al contenzioso della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport le pronunce contenziose federali della FIGC aventi ad oggetto omologazioni di risultati sportivi; sanzioni pecuniarie di importo inferiore a 50.000 euro; sanzioni comportanti la squalifica o inibizione di tesserati inferiore a venti giornate di gara o 120 giorni; la perdita della gara; l'obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse, la squalifica del campo. Conseguentemente, la resistente FIGC eccepisce la incompetenza del TNAS, in quanto la presente controversia è rivolta contro l'omologazione di un risultato di gara sportiva, materia espressamente sottratta al sindacato di un Collegio arbitrale del TNAS. L'eccezione, formulata con specifico riferimento al citato art. 30 dello Statuto della FIGC, va disattesa. Come già decisivamente osservato dalla ricordata sentenza dell'Alta Corte n. 1 del 2009, in primo luogo, sarebbe «tutta da dimostrare la perdurante operatività del citato art. 30 dello Statuto federale», sia in quanto «incidente in campo di azione riservato ai poteri regolatori del CONI che ha provveduto ad esercitare le sue competenze disponendo, con gli artt. 12, 12 bis e 12 ter del suo Statuto, che le sole decisioni federali relative a sanzioni sportive non suscettibili di reclamo innanzi ai nuovi organi di giustizia sportiva (Alta Corte e Tribunale) sono (...) le sanzioni pecuniarie inferiori a € 10.000, le sanzioni interdittive di durata minore di 120 giorni e, secondo la linea interpretativa alla quale si è ritenuto di prestare adesione (...) le altre sanzioni non patrimoniali né interdittive irrogate per violazioni di modesta rilevanza» (sotto il profilo cioè della materia disciplinare che qui non viene in questione), sia - e ciò rileva invece nella specie oggetto della presente controversia - per ciò che attiene al fatto, giuridicamente insostenibile, che «il citato art. 30 dello Statuto FIGC assume, a proprio obiettivo, quello di sottrarre ad ogni impugnazione le decisioni federali (facenti capo alla FIGC) per le quali risultava previsto il ricorso innanzi alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport». Ora, «l'espresso riferimento della norma a tale organo (non più in vita), diversamente composto e con attribuzioni ben differenti da quelle dei nuovi organi di giustizia sportiva, rendono infondato l'assunto, propugnato in questa sede, secondo cui la norma sarebbe rivolta ad impedire, "al buio", non soltanto alla soppressa Camera, ma anche a qualunque altro organismo futuro di conoscere delle decisioni un tempo sottratte al sindacato della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport». Un simile assunto è stato sostenuto dalla difesa della FIGC anche nello svolgimento orale dei motivi addotti per sostenere l’incompetenza del TNAS a conoscere di tutte le controversie sottratte, una volta per tutte, dall'art. 30 dello Statuto FIGC alla cognizione non solo della Camera di conciliazione e, poi, del TNAS, ma di qualsiasi organismo od arbitro futuro, implicitamente disconoscendo o, comunque sia, inammissibilmente sottovalutando il radicale mutamento del sistema di giustizia sportiva quale si è cercato di illustrare in precedenza. L'art. 12 ter , comma 1, dello Statuto CONI, nello stabilire che il TNAS ha competenza arbitrale sulle controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati, ecc. «a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell'ambito della giustizia federale», ha istituito un organo di 3° grado della giustizia sportiva (competente a conoscere di tutte le questioni che non trovino o che non possano trovare, a tutela dei diritti sportivi degli interessati soluzione o soddisfacente soluzione presso gli organi di giustizia federale). Ove le controversie sportive abbiano ad oggetto «diritti indisponibili o per le quali le parti non abbiano pattuito la competenza arbitrale» l'art. 12 bis, comma 1, dello Statuto del CONI ne ha attribuito la cognizione all'Alta Corte di Giustizia Sportiva istituita come «l'ultimo grado della giustizia sportiva», organo di "chiusura" del sistema. Ad essa spetta altresì, per «le controversie valutate dall'Alta Corte di notevole rilevanza per l'ordinamento sportivo nazionale, in ragione delle questioni di fatto e diritto coinvolte» fissare «il principio di diritto posto a base della decisione che definisce la controversia» che «deve essere tenuto in massimo conto da tutti gli organi di giustizia sportiva» (art. 12 bis, comma 2, Statuto del CONI). Nel sistema di giustizia sportiva così delineato, deve allora essere correttamente (anche) interpretato anche l'art. 22, comma 3, del medesimo Statuto, a tenore del quale «gli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali in riferimento alle controversie per le quali si siano esauriti i gradi interni (scilicet: federali) di giustizia sportiva, possono prevedere il procedimento arbitrale di cui all'art. 12 del presente statuto, comprensivo del tentativo obbligatorio di conciliazione». È evidente che, ove le Federazioni sportive non "prevedano" il procedimento arbitrale (apportando eventuali limitazioni da sottoporre ad approvazione del CONI), per tutte le controversie «di notevole rilevanza per l'ordinamento sportivo nazionale» ha piena giurisdizione l'Alta Corte; mentre per le altre questioni il "vuoto normativo" non può certo essere colmato richiamandosi alle limitazioni delle competenze arbitrali stabilite con riferimento alla soppressa Camera di conciliazione, per cui l'organo di giustizia sportiva da ritenersi competente è proprio il TNAS, organo di giustizia superfederale di 3° grado. Conseguentemente le sottrazioni alla competenza arbitrale del TNAS dei tipi di controversie indicati nell'art. 30 dello Statuto della FIGC - ove non corrispondenti alle sottrazioni di competenze stabilite tassativamente dall'art. 3 del Codice – debbono ritenersi, allo stato, inoperanti, non risultando, a tutt'oggi, alcuna previsione nello Statuto della FIGC in ordine al procedimento arbitrale di cui all'art. 12 dello Statuto del CONI. D'altra parte, anche a voler ammettere, secondo un rovesciato ordine di idee – che per le ragioni precedentemente esposte non si può condividere - che il nuovo sistema contenzioso, fondato sugli ulteriori gravami proponibili all'Alta Corte e al TNAS, non sia esso in condizione di operare almeno nei confronti della FIGC, per la presenza del ricordato art. 30 dello Statuto federale, è sufficiente rilevare che la FIGC si è nondimeno

costituita nel presente giudizio arbitrale, implicitamente ammettendo che il TNAS medesimo sia riconosciuto ("previsto") dalla FIGC a sensi dell'art. 12 ter, comma 1, dello Statuto del CONI. In altri termini, la costituzione nel presente arbitrato da parte della FIGC deve considerarsi, allo stato, come un'adesione spontanea al giudizio arbitrale Una seconda eccezione di inammissibilità della istanza di arbitrato è rappresentata, secondo la FIGC, dalla mancata impugnazione dei provvedimenti degli organi di giustizia sportiva federale da parte della Settebagni. Essa verte sul fatto che la società istante ha agito al solo fine di chiedere da parte di questo Collegio la rimessione degli atti agli organi federali, sconfessando in tal modo la natura impugnatoria del procedimento innanzi al TNAS, la quale avrebbe richiesto invece l'impugnazione degli atti che si assumono lesivi e una pronuncia di carattere rescissorio da parte del Collegio arbitrale, previo esperimento della fase rescindente. Anche questa eccezione non ha pregio. Per poterla sostenere con successo bisognerebbe dimostrare che il procedimento arbitrale deve necessariamente configurarsi come un procedimento di tipo impugnatorio, mentre né le norme statali in materia di arbitrato, né le disposizioni contenute nel Codice, configurano il procedimento arbitrale come un procedimento necessariamente di tipo impugnatorio. In particolare, l'art. 9, comma 1, del Codice, nell’elencare gli elementi che debbono essere contenuti nell'istanza introduttiva, si limita alla lett. e) a richiedere che siano presentate le «domande che si sottopongono all'esame dell'organo arbitrale», senza specificare che deve trattarsi di domande rivolte all'annullamento di atti. Corrispondentemente, l'art. 26, comma 1, del Codice stabilisce che «il lodo deve pronunciare su tutte le questioni della controversia», anche se queste non vertono sull'impugnazione di atti, ma riguardano meri comportamenti (anche omissivi) che si reputino dannosi. Tanto meno - e conseguentemente - può sostenersi che il procedimento arbitrale, come sembra prospettare la memoria della FIGC, debba scindersi in una fase rescindente e in una fase rescissoria. Com'è noto, la distinzione tra fase rescindente e fase rescissoria è propria di quei giudizi di legittimità, per es. del giudizio di revocazione, nei quali si deve giudicare della ammissibilità della domanda ai fini di stabilire se la fattispecie rientri in uno dei casi tassativamente indicati dalla norma (per es.: art. 395 c.p.c.) e al cui esito favorevole è subordinato il giudizio (rescissorio) sul merito. Non sembra pertanto affatto "irrituale" che l'istante agisca nella presente sede arbitrale "limitandosi a richiedere un riesame della materia da parte degli organi federali senza la previa rimozione - da parte del TNAS - delle precedenti decisioni dei giudici sportivi". Né la domanda dell'istante formulata in questi termini sembra possa configurarsi come un "tentativo di sfuggire al profilo di inammissibilità" prospettato nella memoria della FIGC, e che si è precedentemente esaminato e rigettato, bensì essa circoscrive nei suoi esatti termini l'oggetto della controversia che intende sottoporre alla decisione di questo Collegio arbitrale. Si noti, per completezza - anche con riferimento a quanto si è in precedenza rilevato sull'adesione spontanea della FIGC al presente giudizio arbitrale - che l'art. 19 del  codice stabilisce che «d'ufficio o su eccezione di parte, prima della nomina dell'organo arbitrale, il Presidente del Tribunale, sentite le parti, può dichiarare la manifesta incompetenza del Tribunale a conoscere in sede arbitrale della lite» (comma 1); che «è ammessa istanza di riesame avverso la declaratoria di incompetenza innanzi all'Alta Corte nel termine di giorni dieci dalla comunicazione della pronuncia presidenziale», e che «la decisione  dell'Alta Corte se affermativa della competenza arbitrale vincola sul punto il Collegio che dovrà definire la controversia». E indubitabile, pertanto, che l'eccezione di incompetenza del TNAS avrebbe dovuto essere rivolta al Presidente del medesimo e non a questo Collegio, il quale, una volta costituito con la delibera presidenziale del 24 luglio 2009, è tenuto, a tenore della ricordata normativa, a definire la controversia. Può passarsi, pertanto, all'esame del merito. La Società istante richiede a questo Collegio a) una pronuncia di accertamento di fatti e comportamenti rilevanti e pregiudizievoli dei propri diritti; b) una decisione di rimessione ai competenti organi federali della controversia ai fini di un riesame della medesima. A) Per quanto riguarda la prima richiesta, risulta inequivocabilmente dalla "distinta dei giocatori" allegata al "rapporto di gara" dell'arbitro, con riferimento alla gara del 24 maggio 2009 tra Settebagni e Pro Calcio Sabina, che il Sig. Giuliano Tiberti figurava nell'elenco dei "giocatori partecipanti alla gara" medesima, in violazione del provvedimento di squalifica per recidività in ammonizione di cui al C.U. n.108 LND del 21 maggio 2009.

Risulta, inoltre, che, a seguito di reclamo, inoltrato dalla Settebagni al Giudice sportivo del Comitato Regionale Lazio, quest'ultimo dichiarava inammissibile il reclamo in quanto pervenuto il 26 maggio 2009, quindi oltre il termine perentorio stabilito nel C.U. n. 101/ A del 27 febbraio 2009 (relativo all’abbreviazione dei termini procedurali) e convalidava il risultato della gara. Si noti che mentre l'art. 29, comma 8, del CGS stabiliva che «il reclamo (...) deve essere presentato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo alla gara», il CU. n. 101/A stabilisce che «gli eventuali reclami dovranno pervenire (...) o essere depositati (...) entro le ore 24.00 del giorno successivo alla gara...». Il successivo reclamo della Settebagni alla CDT (giudice di 2° grado) poneva in evidenza che, a prescindere dalla ritualità del primo reclamo (che peraltro poteva già  ravvisarsi nel preannuncio inviato il 25 maggio, in termine), i giudici federali erano legittimati ad agire ex officio a sensi dell'art. 29, comma 8, del CGS («Il procedimento di cui al comma 7 [«sulla posizione irregolare dei calciatori....»] è instaurato: a) d'ufficio, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara») e che i medesimi erano in possesso della "riserva scritta" formulata dalla Settebagni - allegata al referto arbitrale - e quindi di tutti gli elementi per prendere una decisione nel merito. Ciò non di meno, risulta che il giudice di 2° grado confermava integralmente la pronuncia di inammissibilità, sia per la genericità del preannuncio telegrafico, sia per il mancato invio alla controparte del medesimo, sia - quanto al relativo dovere del giudice di primo grado di assumere la decisione ex officio - per il fatto che " l'inammissibilità del reclamo ne preclude l’esame nel merito" con la conseguenza che "al giudice non poteva essere richiesto l’esarne della posizione del calciatore Tiberti in forza di una denuncia che non avrebbe dovuto nemmeno esaminare". Ora, a questo Collegio, tutto il ragionamento del giudice di 2° grado appare contestabile. Dei tre motivi di inammissibilità del reclamo (mancato invio del preannuncio di reclamo alla società Pro Calcio Sabina; genericità del preannuncio; preclusione dell'esame nel merito), soltanto il primo presenta un qualche pregio, in quanto la mancata conoscenza del reclamo non avrebbe consentito alla società Pro Calcio Sabina di opporsi davanti al giudice di 1° grado, in violazione del principio di difesa in giudizio, nonché del contraddittorio. Se non che la predetta irregolarità non può avere alcuna incidenza sul dovere del giudice di 1° grado di assumere una decisione d'ufficio in merito alla questione vertente sulla irregolarità della gara. Il secondo motivo (genericità del contenuto del preannuncio di reclamo, dal quale non si sarebbe potuto desumere il motivo specifico della irregolarità della posizione del giocatore: "irregolarità di tesseramento, posizione di squalifica, ed altro") - al pari del precedente - non presenta alcuna incidenza sul dovere del giudice di 1° grado di assumere una decisione d'ufficio in merito alla questione vertente sulla irregolarità della gara. Il giudice di 1° grado era in possesso di tutti gli elementi necessari e sufficienti per procedere all'esame della questione e per assumere una decisione nel merito, sulla base del referto arbitrale al quale risultava allegata la riserva scritta che testualmente precisava il motivo (non conformità a quanto riportato nel C.U. n. 108 del 21 maggio 2009 e, quindi, "posizione di squalifica") della irregolarità della posizione del giocatore (cfr. referto arbitrale relativo alla gara "Settebagni C. Salario - Pro Calcio Sabina" del 24. 5. 09, che tra le "varie" annota: "Si allega riserva scritta presentata al termine della gara dalla Società Settebagni C. Salario). Il terzo motivo, secondo il quale "l'inammissibilità del reclamo ne preclude l’esame nel merito e quindi al giudice non poteva essere richiesto l’esame della posizione del calciatore Tiberti in forza di una denuncia che non avrebbe dovuto nemmeno esaminare", dà per scontato che l'esame nel merito di una questione relativa alla regolarità di una gara possa essere effettuato soltanto a seguito di una regolare denuncia. Il che - a tacer d'altro - vale a contraddire quanto precisamente e distintamente stabilito dall'art. 29, comma 8, del CGS, ossia che il giudizio ''sulla posizione irregolare dei calciatori" vada instaurato: "a) d'ufficio, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara"; "b) su reclamo...". Vero è che il reclamo può costituire uno stimolo per il giudice di procedere d'ufficio, indicando gli elementi che gli consentano di verificare, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara, che la posizione dei calciatori non sia irregolare; ma i due tipi di procedimento non possono affatto confondersi e non può conseguentemente sostenersi che la irregolarità o inammissibilità del reclamo precluda l'esame della questione o, meglio, l'instaurazione del procedimento ex officio. Tanto varrebbe negare la distinzione tra le due ipotesi, positivamente stabilite, di instaurazione del giudizio e, comunque, far dipendere la prima (instaurazione d'ufficio) dalla regolarità della seconda (instaurazione su reclamo), vanificando il senso in cui deve intendersi il dovere per il giudice di 1° grado di procedere (anche) d'ufficio in tutte le ipotesi contemplate nell'art. 29 del CGS. A maggior ragione, la "confusione" in cui incorre il giudice di 2° grado si rende palese allorché esso rileva che, "essendo il reclamo in esame, pur se infondato, proceduralmente ammissibile, non si può ignorare che lo stesso contenga esplicita denuncia di un fatto disciplinarmente rilevante, e cioè la dedotta irregolarità della posizione del citato più volte calciatore Tiberti Giuliano che si sarebbe trovato in posizione di squalifica". Ora, la posizione irregolare dei calciatori se può costituire un fatto disciplinarmente rilevante, certamente costituisce un fatto invalidante la regolarità di una gara (arg. ex art. 29, commi 7 e 8, del CGS). Per questo assorbente motivo il giudice di 1° grado - in presenza di tutti gli elementi necessari e sufficienti - avrebbe dovuto procedere nell'esame della relativa questione e adottare la conseguente decisione. In sintesi, gli organi della giustizia sportiva federale hanno omesso di rilevare  d'ufficio - come avrebbero invece potuto e dovuto - la irregolarità della posizione del giocatore e non hanno, pertanto, illegittimamente, adottato le consequenziali decisioni del caso. In particolare, ai sensi dell'art. 17, comma 5 - secondo cui "la punizione sportiva della perdita della gara è inflitta, nel procedimento di cui all'art. 29, commi 7e 8, alla società che: a) fa partecipare alla gara calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte..." - avrebbero dovuto irrogare la sanzione della perdita della gara in questione. Il presente Collegio arbitrale, pertanto, accertati i fatti predetti, dichiara che le decisioni del giudice sportivo federale di primo e secondo grado sono illegittime. B) La società istante richiede altresì a questo Collegio arbitrale di "rimettere ai competenti Organi Federali la controversia affinché provvedano al riesame della medesima". La richiesta, in questi sensi e in questi limiti, è accolta. Proprio perché il giudizio arbitrale non è necessariamente un giudizio di tipo impugnatorio, è possibile che siano oggetto dell'arbitrato il mero accertamento di situazioni di fatto e di diritto e la valutazione di tali situazioni alla luce delle norme di diritto e dell'equità delle conseguenze da esse discendenti. E’, altresì, consentito indicare le possibili vie per rimuovere le conseguenze dannose per una delle parti della controversia, sollecitando all'uopo gli organi federali competenti perché provvedano in merito. Non si deve dimenticare che lo stesso giudice federale di 2° grado, dopo aver rilevato che il reclamo avanzato dalla società istante conteneva esplicita denuncia di un fatto disciplinarmente rilevante (la irregolare posizione del calciatore squalificato), ha deciso di trasmettere gli atti del procedimento alla Procura Federale "affinché valuti la fondatezza della denuncia operata dalla reclamante e provveda di conseguenza". Come è stato osservato in precedenza, questo Collegio arbitrale ritiene che da quello stesso fatto, per come è stato valutato in sede di giustizia federale, sono discese conseguenze pregiudizievoli per la parte istante, a seguito della illegittima omologazione del risultato di una gara obiettivamente irregolare, per avere gli organi federali omesso di esaminare e giudicare ex officio le circostanze di fatto verificatesi nel corso dell'episodio calcistico che ha dato luogo alla presente controversia, del tutto indipendentemente dalla tempestività e ammissibilità del reclamo a suo tempo avanzato dalla società istante. Dispone, pertanto, che gli organi della giustizia federale, che già all'epoca erano in possesso dei poteri e di tutti gli elementi necessari e sufficienti per rilevare la irregolarità della gara, provvedano al riesame della controversia, tenendo conto di quanto affermato nella presente motivazione e valutando altresì se e quali conseguenze nei confronti della società controparte, non costituitasi in questo giudizio, possano discendere dalla doverosa rimozione degli atti illegittimi a suo tempo adottati. La novità, complessità e difficoltà delle questioni trattate in diritto giustificano la compensazione tra le parti delle spese del procedimento e delle rispettive spese legali di assistenza e difesa. Il Collegio pone invece a carico delle soccombenti FIGC e Pro Calcio Sabina il pagamento in via tra loro solidale dei diritti del Collegio arbitrale, liquidati in complessivi € 2.000,00 (euro duemila), nonché il rimborso delle spese affrontate dal Collegio medesimo. Pone altresì a carico dell’istante Settebagni e della FIGC il pagamento dei diritti amministrativi per il TNAS e dispone che i diritti medesimi siano incamerati dallo stesso. P.Q.M. Il Collegio arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, in accoglimento del ricorso: 1. accerta e dichiara: a. che la Pro Calcio Sabina, nella gara disputata contro la A.S.C. Settebagni Calcio Salario il 24 maggio 2009, valevole per i playout del campionato di Promozione, ha incluso nella lista dei giocatori partecipanti alla gara il Sig. Giuliano Tiberti, ancorché egli risultasse squalificato per recidività in ammonizione, come risultante dal C.U. n. 108 della Lega Nazionale Dilettanti del 21 maggio 2009; b. che la circostanza, desumibile dai documenti ufficiali di gara, non è stata rilevata d’ufficio dagli Organi di primo e secondo grado della giustizia sportiva federale e che, pertanto, le relative decisioni sono illegittime;

2. rimette, pertanto, gli atti della controversia ai competenti Organi federali per i conseguenti provvedimenti;

3. compensa interamente tra le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva;

4. pone a carico, con vincolo di solidarietà, della Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Pro Calcio Sabina il pagamento dei diritti del Collegio arbitrale, come liquidati in motivazione;

5. pone a carico delle parti - A.S.C. Settebagni Calcio Salario e Federazione Italiana Giuoco Calcio - il pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport;

6. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti.

Così deliberato in data 3 settembre 2009 e sottoscritto in numero di quattro originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Franco Modugno F.to Maria Elena Raso F.to Mario Formaio

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