CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 19 giugno 2009 –  Stefano Cassarà contro Federazione Italiana Giuoco Calcio IL C O L L E G I O A R B I T R A L E Prof. Avv. Maurizio Benincasa in qualit

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 19 giugno 2009 –  Stefano Cassarà contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

IL C O L L E G I O A R B I T R A L E

Prof. Avv. Maurizio Benincasa in qualità di Presidente del Collegio arbitrale nominato dagli Arbitri a elezione di parte

Prof. Avv. Angelo Piazza in qualità di Arbitro nominato da Stefano Cassarà Prof. Avv. Luigi Fumagalli in qualità di Arbitro nominato dalla F.I.G.C. L O D O A R B I T R A L E nel procedimento di Arbitrato n. 0424 del 13 marzo 2009

promosso da:

Stefano Cassarà, rappresentato e difeso dall’avv. Mattia Grassani ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Bologna, Via De’ Marchi 42 istante – contro  Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via Po 9 intimata - Fatto e svolgimento del giudizio arbitrale I. Con atto depositato in data 24 novembre 2008, Stefano Cassarà ha proposto istanza di conciliazione presso la competente Autorità, in relazione alla controversia decisa con provvedimento della Corte di Giustizia Federale pubblicato con C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008, confermativo del provvedimento della Commissione Disciplinare Nazionale, pubblicato con C.U. n. 13/CDN del 6 agosto 2008. Il tentativo di conciliazione è stato infruttuosamente esperito in data 12 dicembre 2008. In data 10 gennaio 2009, il Sig. Cassarà ha proposto istanza di arbitrato innanzi alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. In data 17 febbraio 2009, la Segreteria del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport ha comunicato al Sig. Cassarà la necessità di riproporre la domanda ai sensi dell’art. 9 del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (di seguito anche, breviter, «Codice»). Sicché, con istanza di arbitrato ex art. 9 e ss. del Codice, depositata in data 13 marzo 2009, prot. n. 0424, Stefano Cassarà ha adito il Tribunale Nazionale, impugnando i medesimi provvedimenti oggetto della procedura di conciliazione. L’istante ha rassegnato conclusioni del seguente tenore: «[…] chiede che l’On.le Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. voglia, in accoglimento della presente istanza, in riforma della decisione della Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., pubblicata con C.U. n° 53/CGF del 27 ottobre 2008, confermativa di quanto statuito dalla Commissione Disciplinare nazionale c/o F.I.G.C., con C.U. n. 13/CDN del 6 agosto 2008 (inibizione per anni uno e mesi sei), annullare la sanzione ovvero ridurla nella misura che sarà ritenuta di equa e di giustizia […]». Infine, il Sig. Cassarà ha nominato Arbitro il prof. avv. Angelo Piazza. Con memoria depositata in data 8 aprile 2009, prot. n. 0650, si è costituita la F.I.G.C., che ha concluso «[…] per il rigetto della domanda avversaria, e per la condanna del Cassarà a rifondere alla FIGC le spese e gli onorari di causa […]». La Federazione ha nominato Arbitro il prof. avv. Luigi Fumagalli. Gli Arbitri a elezione di parte hanno ritualmente accettato l’incarico e congiuntamente nominato quale terzo Arbitro il prof. avv. Maurizio Benincasa, designandolo quale Presidente del Collegio. Il prof. avv. Maurizio Benincasa ha ritualmente accettato l’incarico in data 15 aprile 2009, rimanendo così costituito il Collegio. Il Collegio Arbitrale, all’esito dell’udienza di discussione svoltasi in data 19 giugno 2009, ha trattenuto il procedimento in decisione. MOTIVI

1. Premessa.

Il provvedimento della C.D.N. della F.I.G.C., pubblicato con C.U. n. 13/CDN del 6 agosto 2008, e l’altro della C.G.F., pubblicato con C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008, oggi impugnati, sono stati originati dagli atti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e dall’attività di indagine dell’Ufficio Indagini della F.I.G.C., prima, e della Procura Federale, poi. Sulla scorta di tali atti di indagine, nonché degli accertamenti del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma, con atto del 23 aprile 2008, Il Procuratore Federale F.I.G.C. ha deferito l’istante «[…] per la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 1, comma 1, CGS […]». L’incardinato procedimento sportivo, attraverso i suoi due gradi, ha condotto all’emanazione delle sanzioni a carico di Stefano Cassarà, oggi impugnate. In particolare, i provvedimenti hanno trovato fondamento nella disponibilità da parte del Sig. Cassarà di una scheda telefonica svizzera, che sarebbe stata acquistata da Luciano Moggi, mediante la quale sarebbe stato «[…] possibile intrattenere comunicazioni riservate nel contesto della rete protetta predisposta e organizzata dal Moggi stesso […]». Tale scheda telefonica sarebbe stata impiegata prevalentemente nella zona di Palermo e in luoghi diversi, in presunta concomitanza con la presenza del Sig. Cassarà. Con Comunicato Ufficiale n. 13/CDN del 6 agosto 2008, la Commissione Disciplinare Nazionale ha sanzionato il Sig. Cassarà con l’inibizione di un anno e sei mesi, per la

violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. Tale decisione è stata impugnata dal Sig. Cassarà ex art. 38 C.G.S. Per quel che qui importa, la Corte di Giustizia Federale, a Sezioni Unite, ha affermato la responsabilità del Sig. Cassarà, rigettandone le eccezioni, con provvedimento pubblicato con C.U. n. 53/CGF.

2. Le prime difese di Stefano Cassarà.

Stefano Cassarà ha contestato in fatto e in diritto i provvedimenti impugnati, articolando nell’istanza di arbitrato le argomentazioni difensive di seguito sintetizzate. In primo luogo, l’azione disciplinare della Procura Federale sarebbe improcedibile per violazione dell’art. 32, comma 11, C.G.S., a mente del quale «[…] le indagini relative a fatti nel corso di una stagione sportiva devono concludersi prima della stagione sportiva successiva, salvo proroghe eccezionali concesse dalla sezione consultiva della Corte di Giustizia Federale […]». La norma, di natura processuale, non ammetterebbe deroghe e il relativo termine sarebbe perentorio. Tanto che la Corte Federale, con decisione pubblicata con C.U. n. 5/CGF del 26 luglio 2007, avrebbe sollecitato che «[…] le richieste di proroghe siano operate per ogni singola procedura (e non collettivamente, come nel caso in esame) relativamente alla quale andranno puntualmente chiarite le ragioni della eccezionalità della misura richiesta […]». La proroga concessa in relazione al presente procedimento sarebbe, dunque, illegittima e «[…] avrebbe dovuto essere disattesa dal Giudice disciplinare […]», in quanto richiesta collettivamente per diverse procedure disciplinari e senza indicazione dei motivi della eccezionalità della misura richiesta. Inoltre, il provvedimento di proroga sarebbe stato emanato da un’autorità incompetente, giacché proverrebbe dalla Sezione Consultiva della Corte di Giustizia Federale e non dal Presidente della Federazione, come previsto dalle norme vigenti al tempo dell’emanazione. Infatti, la richiesta sarebbe stata formulata in data 28 giugno 2007, quando il Codice di Giustizia Federale, vigente fino al 30 giugno 2007, prevedeva la competenza del Presidente Federale. E sarebbe questa la norma applicabile, in assenza di norme di diritto transitorio, in virtù del principio tempus regit actum. E infatti, l’istanza sarebbe stata proposta al Presidente della Federazione, mentre la proroga sarebbe stata concessa dalla Corte di Giustizia Federale. A nulla varrebbe il fatto che l’istanza sia stata reiterata in data 25 luglio 2007 e rivolta alla Corte di Giustizia Federale, perché ove pure tale atto fosse idoneo a integrare una nuova richiesta, esso sarebbe intervenuto oltre il termine della stagione sportiva 2006/2007. Sotto altro profilo, il giudizio contro il Sig. Cassarà sarebbe improcedibile per violazione del principio ne bis in idem. Infatti, la condotta contestata al Sig. Cassarà sarebbe «[…] ontologicamente omologa a quella già indagata e archiviata (v. comunicazione 174/58/PF/mc del 9 agosto 2006) in sede disciplinare […]». E ancora, «[…] i fatti oggetto dei tre procedimenti (Calciopoli; schede svizzere; regalie agli arbitri) non possono non ritenersi aventi la medesima natura, tanto che, in ambito penale, dette circostanze sono entrate a far parte del giudizio principale, pendente davanti al Tribunale di Napoli […]». Da questo punto di vista, dunque, la condotta oggetto del presente procedimento e quella in relazione alla quale è stata disposta l’archiviazione si innesterebbero entrambe «[…] in quella rete consolidata di rapporti non regolarmente creati, secondo il Procuratore Federale, per alterare terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale […]. Anche in questo ambito, a dire del Sig. Cassarà «[…] si paventava l’utilizzo di schede telefoniche riservate […]». Pertanto, la Procura Federale avrebbe già espresso in via definitiva una valutazione circa le condotte ascritte al Sig. Cassarà e non avrebbe rilevato antigiuridicità, tanto che l’istante non sarebbe nemmeno stato parte nel giudizio citato. La Procura avrebbe formulato una nuova incolpazione solo in data 23 aprile 2008, dopo due anni dalla decisione definitiva del «[…] maxi procedimento […]», rilevando da atti relativi alla medesima indagine, differenti illeciti disciplinari. Ma a questo punto, secondo il Sig. Cassarà, la Procura aveva già consumato il proprio potere di esercizio dell’azione, in quanto «[…] una volta compiuta detta analisi critica, e contestata al tesserato o all’affiliata una determinata condotta antidoverosa, si è cristallizzato, quanto ai fatti storici, l’oggetto del deferimento […]». Pertanto, in applicazione del principio sancito dalla Corte Federale F.I.G.C., con C.U. m. 9/CF del 30 settembre 2006, il Collegio dovrebbe rilevare un difetto di procedibilità dell’azione nei confronti di Stefano Cassarà.Nel merito, secondo l’istante, non sarebbe configurabile una violazione dell’art. 1 C.G.S., perche non sarebbero emersi accordi illeciti tra il Sig. Cassarà e gli altri soggetti menzionati negli atti di indagine. Il mero contatto telefonico, in assenza del contenuto della conversazione, non avrebbe rilievo probatorio ai fini dell’irrogazione della sanzione, anche in considerazione che l’art. 1 C.G.S. si riferirebbe a condotte poste in essere nell’ambito dell’attività sportiva. Anche a prescindere da questo rilievo, non vi sarebbero elementi certi per attribuire al Sig. Cassarà la disponibilità della scheda estera de quo, tanto che l’informativa del R.O.N.O. di Roma del 28 marzo 2007 si limiterebbe ad affermare che «[…] l’analisi dei dati relativi al traffico prodotto dall’utenza 41764334196, ha consentito verosimilmente di associare con un certo grado di probabilità la predetta utenza all’arbitro della CAN di A e B Cassarà Stefano […]». Per altri soggetti cui è stata contestata la medesima condotta, l’associazione della scheda al suo utilizzatore sarebbe avvenuta con «[…] notevole grado di probabilità […]». Poiché, dunque, non vi sarebbe il fatto noto – ma un fatto, al limite, solo verosimile o probabile - dal quale partire per risalire al fatto ignoto, nella catena presuntiva, dovrebbero cadere tutte le contestazioni mosse al Sig. Cassarà. Gli indizi contro l’istante non presenterebbero i caratteri della gravità, precisione e concordanza. A dimostrazione di tale affermazione, l’istante ha offerto alcune argomentazioni. I luoghi e gli orari di attivazione delle celle, relative alla scheda de quo, sarebbero incompatibili con la presenza dell’istante. Il Sig. Cassarà, infatti, non avrebbe potuto trovarsi in data 27 marzo 2005 tra Verona (alle ore 10.52) e a Vicenza (alle ore 19.57), poiché in data 26 marzo 2005, dopo aver arbitrato l’incontro Verona/Genoa, sarebbe tornato in aereo a Palermo. In data 15 maggio 2005, alle ore 19.38, il Sig. Cassarà non avrebbe potuto trovarsi a Palermo, poiché avrebbe svolto nello stesso pomeriggio la funzione di quarto uomo nell’incontro Messina/Cagliari, dopo il quale avrebbe posto in essere anche alcuni adempimenti burocratici (compilazione rapporti di gara). Il Sig. Cassarà ha sostenuto che gli sarebbe stato agevole contestare in più occasioni come egli non si trovasse nei luoghi di attivazione delle celle ad opera della scheda telefonica svizzera. Tuttavia, non gli sarebbe stato possibile contestare tali discrepanze, perché la F.I.G.C. non avrebbe rilasciato la documentazione dei giustificativi di spesa della stagione sportiva 2004/2005, avendone anzi denunciato lo smarrimento. Anche dalle dichiarazioni dei Sig.ri Nucini, Paparesta e Pieri non emergerebbero elementi indiziari a carico dell’istante. Quest’ultimo, in particolare, avrebbe riferito di conversazioni con il Sig. Cassarà, in ragione di un rapporto di amicizia, ma avrebbe precisato che i contatti sarebbero avvenuti sulle utenze personali e non su quelle in suscettibili di intercettazione. L’utenza attribuita a Stefano Cassarà avrebbe agganciato la cella Firenze/Coverciano una sola volta in otto mesi, in occasione di un raduno al quale sarebbe stata presente la totalità degli arbitri italiani. Per quanto riguarda le chiamate in uscita, una parte notevole si concentrerebbe in occasione dell’incontro Palermo – Juventus giocato la sera del 5 febbraio 2005, arbitrata dal Sig. De Santis. Le celle agganciate sarebbero tutte sovrapponibili con gli alberghi ove avrebbe soggiornato la squadra ospite e la terna arbitrale. E d’altra parte, il Sig. Cassarà sarebbe partito per Verona nel corso della mattina dello stesso 5 febbraio 2005, per arbitrare un incontro sportivo del giorno dopo. Ancora, in data 1 e 2 dicembre 2004 la scheda avrebbe agganciato celle in diverse città. Ma in quei giorni l’istante sarebbe stato a casa in malattia. Inoltre, la scheda svizzera avrebbe potuto appartenere ad altri soggetti, forse operanti per «[…] trattative di mercato […]» quali l’arbitro Racalbuto, il Sig. Foschi e il Sig. Todaro. Infine, non vi sarebbero contatti con utenze fisse o mobili altrimenti riconducibili al Sig. Cassarà. Per tutti questi motivi, sussisterebbero ragionevoli e fondati dubbi sugli elementi a carico dell’istante. In via subordinata, il Sig. Cassarà ha domandato la riduzione della pena inflittagli, reputando che essa sia sproporzionata rispetto a quelle comminate ad altri soggetti. Al riguardo, l’istante si è riferito alle sanzioni dirette ai Sig.ri Paparesta, Copelli, Mazzei, Babini, Puglisi. Nella riduzione della pena il Collegio dovrebbe tenere in considerazione anche che il Sig. Cassarà, all’epoca dei fatti, era un giovane arbitro, che ha diretto solo quattro partite nella stagione 2004/2005 e mai la Juventus. Egli, dunque, non avrebbe conseguito alcun vantaggio nel realizzare un illecito sistema di comunicazioni. E di fatti, non sarebbe mai citato dal Sig. Moggi, non sarebbe mai stato intercettato, non avrebbe ottenuto designazioni di prestigio, né ricevuto oboli. Tali circostanze, unite all’assenza di precedenti provvedimenti sanzionatori, dovrebbe determinare una riduzione della pena, come affermato dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport nel cd. caso Lanese, deciso con lodo del 13 giugno 2007.

3. Le prime difese della F.I.G.C.

Con memoria di costituzione dell’8 aprile 2009, prot. n. 0650, la F.I.G.C. ha contestato la domanda del Sig. Cassarà. Dopo aver premesso una ricostruzione dei fatti di lite, anche dal punto di vista processuale, la F.I.G.C. ha svolto le considerazioni di seguito sintetizzate. Quanto alle eccezioni di diritto prospettate del Sig. Cassarà, e in particolare alla presunta improcedibilità del giudizio per decorso del termine per le indagini, la F.I.G.C. ha affermato che, in assenza di norma transitoria, alla fattispecie andava applicata la nuova formulazione dell’art. 32.11, che prevede quale Autorità competente per la concessione della proroga delle indagini la Corte di Giustizia Sportiva. La richiesta di proroga sarebbe stata reiterata dalla Procura Federale, nel frattempo subentrata in tutte le funzioni esercitate fino al 1 luglio dall’Ufficio Indagini. Il provvedimento di proroga, inoltre, non avrebbe formato in sé oggetto di impugnazione da parte del Sig. Cassarà, sicché sarebbe divenuto inoppugnabile. Ancora, e in ogni caso, il termine per la conclusione delle indagini non sarebbe perentorio, giacché le norme federali non ricollegherebbero alcuna sanzione di decadenza o nullità

delle indagini in caso di suo superamento. Ciò anche in considerazione che la fase delle indagini, nel sistema disegnato dalle norme sportive federali, precederebbe il vero e proprio procedimento disciplinare, non essendo ancora emanati gli eventuali atti di deferimento. Sull’eccezione di improcedibilità per violazione del principio ne bis in idem, la F.I.G.C. ha rilevato che gli elementi posti a fondamento dell’incolpazione e del giudizio innanzi al Collegio non sarebbero tutti e interamente coincidenti o corrispondenti con quelli di cui al precedente giudizio cui si riferisce il Sig. Cassarà. Quest’ultimo, infatti, avrebbe riguardato la consegna di regali da parte di dirigenti di una società ad alcuni arbitri, in relazione a una specifica partita. E dunque, quei fatti non si porrebbero né in rapporto di corrispondenza, né di contiguità o connessione con quelli posti a fondamento del presente giudizio, riguardante il possesso di schede telefoniche non intercettabili, idonee a consentire conversazioni protette tra dirigenti di società di calcio e componenti della classe arbitrale. Peraltro, il Sig. Cassarà non sarebbe nemmeno stato parte del maxi-processo cd. Calciopoli e, dunque, non avrebbe rilevanza che in sede penale le risultanze delle indagini relative ai menzionati regali siano confluite in un unico procedimento insieme alle altre. In questo senso, la giurisprudenza della Corte Federale prevedrebbe il divieto di bis in idem per evitare che un soggetto già ritenuto responsabile possa essere sanzionato ulteriormente per i medesimi fatti. Dunque, rimarrebbe accertato il requisito della coincidenza soggettiva tra parti dei due giudizi, per predicare il divieto di bis in idem. Anche la pronuncia della Corte di Giustizia Federale riguardante il cd. giudizio di irrilevanza, citata dal Sig. Cassarà, condurrebbe alle stesse conclusioni. Infatti, la Corte avrebbe affermato il giudizio di irrilevanza in relazione ai fatti contestati nel deferimento. Ma, come detto, il Sig. Cassarà non sarebbe stato deferito per i fatti di cui al cd. maxi-processo Calciopoli. A conferma di tale impostazione, la F.I.G.C. ha citato il caso Paparesta, nel quale si sarebbe trattato di due sanzioni subite da costui, l’una dalla giustizia sportiva e l’altra da quella interna alla classe arbitrale, per i medesimi fatti. Nel merito, la F.I.G.C. ha evidenziato la gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari raccolti dal N.O.C. e dagli organi inquirenti della Federazione. Tali elementi consentirebbero di ricollegare il Sig. Cassarà al sistema di comunicazioni telefoniche protette ideato da Luciano Moggi. Con una operazione logico deduttiva, a partire dai tabulati del traffico dell’utenza estera n. 41764334196, valutando il luogo di maggiore operatività della scheda sim, sarebbe stato individuato come possibile utilizzatore il Sig. Cassarà. Infatti, delle sedici celle agganciate, tredici sarebbero localizzate nel Comune di Palermo, in zone limitrofe all’abitazione dell’istante, ove il Sig. Cassarà sarebbe l’unico associato AIA a risiedere. A partire da ciò, sarebbe stato verificato che la predetta scheda avrebbe operato in tre altri luoghi, corrispondenti alle rimanenti tre celle attivate, in concomitanza con occasioni istituzionali nelle quali sarebbe stato presente il Sig. Cassarà e, precisamente: in data 4 gennaio 2005 a Coverciano (FI); in data 6 febbraio 2005 in Verona; in data 23 marzo 2005 in Villafranca (VR).

Sul punto, la F.I.G.C. ha ulteriormente precisato che, quanto all’utilizzo della scheda in Palermo il 15 maggio 2005, giorno nel quale il Sig. Cassarà fu presente all’incontro Messina / Cagliari come quarto uomo, l’istante avrebbe facilmente potuto raggiungere la propria residenza in tempo utile, poiché i due comuni distano circa 200 km e sono percorribili in autostrada. Quanto all’utilizzo della scheda in data 1 e 2 dicembre 2004, l’assenza dal lavoro del Sig. Cassarà per ragioni di malattia non escluderebbe che egli si sia ugualmente spostato in luoghi diversi dalla propria residenza. La scheda de quo sarebbe stata impiegata per contattare diversi numeri telefonici, tra i quali quelli in uso a Luciano Moggi e ai sig.ri Fabiani e Pieri. Le dichiarazioni di tale ultimo soggetto, rese all’Ufficio Indagini della F.I.G.C., costituirebbero un elemento a carico del Sig. Cassarà, in quanto egli avrebbe ammesso di essere amico dell’istante e di sentirlo spesso per telefono. Il possesso della scheda sarebbe, dunque, dimostrato e l’effettivo impiego di essa sarebbe quello che è stato ricostruito dalla Procura Federale, anche sulla base Delle indagini e delle dichiarazioni di taluni tesserati, tra i quali i Sig.ri Paparesta e Nucini. Secondo la F.I.G.C., sarebbe «[…] sufficiente […] la mera partecipazione a tale sistema di comunicazioni riservate per ascrivere la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 1 del Codice di Giustizia sportiva a direttori di gara e assistenti arbitrali, la cui azione, in quanto garanti della regolarità delle competizioni sportive, deve necessariamente essere improntata, dentro e fuori il campo di gioco, all’assoluta trasparenza e linearità […]». Oggetto dell’incolpazione, dunque, non sarebbe la sussistenza di accordi illeciti, bensì l’adesione al sistema di comunicazioni non intercettabili. Pertanto sarebbero irrilevanti i contenuti delle conversazioni. Con riguardo alle dedotta eccessiva afflittività della sanzione inflitta, in relazione a quelle comminate ai soggetti citati dall’istante, la F.I.G.C. ha osservato quanto segue. Con riferimento alla sanzione inflitta a Gianluca Paparesta, sarebbe stato accertato, anche nel procedimento penale, che il possessore della scheda telefonica estera fosse il padre, Romeo Paparesta. Quest’ultimo, conseguentemente, è stato squalificato per mesi 20. Le squalifiche inflitte ai Sig.ri Mazzei, Babini e Puglisi, d’altra parte, trarrebbero ragione da colloqui con un dirigente del Milan, avvenuto su una normale utenza telefonica e senza, dunque, aver partecipato a una rete di comunicazioni riservate come quella predisposta da Luciano Moggi. La squalifica inflitta al Sig. Lanese, infine, sarebbe stata quantificata in dodici mesi, in considerazione del carattere solo inopportuno degli incontri conviviali avuti da questi con Luciano Moggi, in assenza di prova che essi fossero parte di un progetto illecito teso a favorire la Juventus. E  infatti, con il regolamento AIA vigente al momento, il Sig. Lanese, oltre a non essere più attivo come direttore di gara, non avrebbe avuto alcun potere di influenzare i singoli arbitri e le relative progressioni di carriera. E al contrario, la F.I.G.C. ha ricordato che per un caso simile a quello del Sig. Lanese, il designatore arbitrale Sig. Pairetto – che aveva il potere di condizionare le carriere degli arbitri, sarebbe stato punito con 30 mesi di sospensione per le sue frequentazioni di «[…] disinvolta familiarità […]» con Luciano Moggi. Quanto ai vantaggi che il Sig. Cassarà avrebbe potuto conseguire aderendo al sistema di comunicazioni protette ideato da Luciano Moggi, la F.I.G.C. ha menzionato la dichiarazione resa dall’ex arbitro Sig. Nucini all’Ufficio Indagini, secondo la quale i Sig.ri Moggi e Fabiani, nel consegnare la scheda telefonica estera, avrebbero prospettato un favorevole prosieguo della sua carriera arbitrale, confermando tali rassicurazioni con una immediata telefonata ai designatori arbitrali.

4. Le successive difese delle parti.

Nei successivi scritti, oltre a sviluppare gli argomenti già dedotti nelle prime difese, le parti hanno prospettato i nuovi temi di seguito sintetizzati. Quanto al Sig. Cassarà, questi ha riferito di una sentenza della Corte dei Conti, n. 872/2009, che lo avrebbe prosciolto con riferimento al promosso giudizio di responsabilità erariale, in quanto «[…] tutti gli attuali indizi emergenti dalle indagini investigative svolte dalla polizia giudiziaria che si è avvalsa di intercettazioni telefoniche, di dichiarazioni di persone informate sui fatti, di controlli incrociati tra le residenze ed i luoghi di dimora dei convenuti con le celle agganciate di luoghi in cui i medesimi potevano aver utilizzato le utenze riservate non intercettabili, non siano da soli sufficienti a dimostrare la condotta illecita degli stessi sui campi di gioco. In sostanza tutti questi indizi diventano tasselli di una responsabilità amministrativa…nel momento in cui risulterà accertato che gli odierni convenuti hanno posto in essere nelle competizioni sportive […]». Il Sig. Cassarà ha concluso la propria memoria di replica richiedendo, ove il Collegio lo reputasse opportuno, di ordinare alla F.I.G.C., ex art. 210 c.p.c., l’esibizione dei verbali delle proprie audizioni del novembre 2005 e del maggio 2006 di fronte all’Ufficio Indagini. La F.I.G.C., nella propria memoria di replica, ha sostenuto la irrilevanza della sentenza emessa dalla Corte dei Conti. Infatti, il Giudice contabile avrebbe semplicemente escluso la sussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità per danno erariale. I presupposti di quest’ultimo tipo di responsabilità sarebbero diversi da quelli della responsabilità sportiva. E infatti, l’addebito ascritto al Sig. Cassarà deriverebbe dalla sola partecipazione al sistema di comunicazioni riservate predisposto da Luciano Moggi e risulterebbe del tutto autonomo rispetto ai fatti oggetto del giudizio contabile. Infine, la F.I.G.C. ha precisato che il proprio riferimento alle sanzioni inflitte ai Sig.ri Babini, Puglisi, Mazzei e Lanese avrebbe il fine di evidenziare l’inconferenza di questi casi ai fini della commisurazione della pena da infliggere al Sig. Cassarà. Al riguardo, le sanzioni precedentemente inflitte non avrebbero riguardato soggetti che facessero uso di un sistema organizzato di comunicazioni riservate non intercettabili.

5. Decisioni del Collegio.

A. Sull’eccezione di improcedibilità per inosservanza dell’art. 32, comma 11, del C.G.S.

Da quanto è risultato dall’istruttoria, la domanda di proroga è stata presentata una prima volta dal Capo Ufficio Indagini al Presidente Federale, secondo quanto previsto al tempo della sua proposizione. Successivamente, in assenza di qualsiasi norma di natura transitoria, nella pendenza del termine per la concessione di proroga è divenuta competente la Corte di Giustizia Federale in funzione consultiva, ex art. 32.11 C.G.S., con decorrenza dal 1 luglio 2007. La domanda, prot. 3768 FSB/ac, a firma dott. Francesco Saverio Borrelli è stata, allora, trasmessa dal Presidente della Federazione alla nuova autorità competente. Peraltro, nelle funzioni dell’Ufficio Indagini è subentrata la Procura Federale, il cui Procuratore Capo ha reiterato la richiesta di proroga direttamente al nuovo organo competente. Pertanto, la Corte di Giustizia Sportiva, Sezione Consultiva, in data 25 luglio 2007 ha concesso la proroga alla Procura Federale. Al riguardo, si deve osservare che il provvedimento di proroga è stato emanato ancora pendente il relativo termine, sicché è addirittura superflua qualsiasi ulteriore riflessione circa la normativa applicabile al caso di specie. Peraltro, l’assenza di una disciplina transitoria rende applicabile il principio tempus regit actum. Ma la disciplina applicabile è quella vigente al tempo dell’emanazione dell’atto e non quella vigente all’epoca della richiesta di proroga. In caso contrario, un organo non più competente avrebbe dovuto consentire la proroga delle indagini. Una simile evenienza, oltre che non soddisfacente sotto il profilo interpretativo, certamente sarebbe stata contraria al principio di trasparenza e immediatezza che permea il diritto sportivo. Non consta l’esistenza di norme specifiche dell’ordinamento sportivo che prevedano l’obbligo di motivazione. Del resto, tale vizio, ove mai esistente, non ha formato oggetto di gravame da parte dell’istante Sig. Cassarà, né qui per la prima volta può essere svolto alcun giudizio incidenter tantum. Sul tema, quindi, le conclusioni cui è pervenuto il Collegio sono di piena procedibilità della domanda della Procura, nei procedimenti avanti alla Commissione Disciplinare Nazionale e alla Corte di Giustizia Federale e di conseguente procedibilità del giudizio innanzi a questo Tribunale.

B. Sull’eccezione di improcedibilità per violazione del principio ne bis in idem.

Sono numerosi gli elementi che portano a escludere la sussistenza di una violazione del principio ne bis in idem. È opinione consolidata in giurisprudenza che «[…] il principio del ne bis in idem" è ostativo alla reiterazione della stessa misura solo quando l'autorità procedente sia chiamata a riesaminare nel merito quegli elementi che già siano stati ritenuti insussistenti o insufficienti e non anche quando tali elementi non siano stati valutati […]» (Cass. pen. Sez. III Sent., 05-11-2008, n. 43806). È appena il caso di rilevare che gli elementi di fatto oggetto del presente giudizio, ossia il possesso e l’utilizzo di schede estere non intercettabili, acquistate da Luciano Moggi e assegnate in uso a taluni arbitri, non sono stati impiegati, come elementi di fattispecie criminosa sportiva, in alcun altro giudizio sportivo, diverso dal presente. Poiché, come peraltro rilevato dalla stessa parte istante, le notizie di reato a disposizione della Procura Federale non possono che dare luogo a una richiesta di incolpazione o a una richiesta di archiviazione, tali elementi di fatto, rimasti a disposizione dell’organo inquirente, hanno legittimamente fondato una autonoma azione, per violazione dell’art. 1 C.G.S. In caso contrario, infatti, a margine dei precedenti giudizi (quello cd. Calciopoli o quello relativo alle regalie agli arbitri) la procura avrebbe dovuto richiedere espressamente l’archiviazione per il fatto in sé del possesso e dell’utilizzo di schede estere per comunicazioni tra Luciano Moggi e il Sig. Cassarà. Pertanto, si deve concludere che la Procura Federale non abbia consumato il proprio potere di discernimento delle fattispecie criminose e di esercizio dell’azione di incolpazione. Sotto altro punto di vista, come opportunamente ricordato nel corso del giudizio, «[…] Ai fini della preclusione del "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona […]» (Cass. pen. Sez. II Sent., 18-04- 2008, n. 21035). Come si vede, gli elementi che devono ricorrere per una valutazione di rilevanza del divieto, sono sia di carattere soggettivo che oggettivo. Dunque, contrariamente a quanto affermato dall’istante, per la valutazione dell’applicabilità del divieto di bis in idem ha rilievo anche il profilo soggettivo tanto dell’azione proposta dall’organo inquirente, che della sentenza dell’organo giudicante. Sul punto, infatti, è noto che «[…] Il divieto del "bis in idem” stabilito dall'art. 649 cod. proc. pen. postula una preclusione derivante dal giudicato formatosi per lo stesso fatto e per la stessa persona o anche dalla coesistenza di procedimenti iniziati per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona (anche se pendenti in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M.. Il divieto presuppone la produzione innanzi al giudice di merito della sentenza definitiva o degli atti necessari per l'accertamento della identità del fatto […]» (Cass. pen. Sez. V, 29-01-2007, n. 9180. Si veda anche Cass. pen. Sez. Unite, 28-06-2005, n. 34665). In applicazione di tale principio, è stato anche affermato che «[…] Il giudicato penale formatosi nei confronti di taluno per un certo fatto non vincola il giudice chiamato a rivalutare quel fatto in relazione alla posizione di altri soggetti imputati quali concorrenti nel medesimo reato; il che comporta, tra l'altro, che qualora il giudicato sia stato di assoluzione, il giudice del separato procedimento instaurato a carico del concorrente nel medesimo reato può sottoporre a rivalutazione il comportamento dell'assolto all'unico fine - fermo il divieto del "ne bis in idem" a tutela della posizione di costui - di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell'imputato da giudicare[…]» (Cass. pen. Sez. II, 03-05-2005, n. 21998). E peraltro, nessuno dei due elementi, né quello soggettivo né quello oggettivo, ricorre nel caso in esame al Collegio. Infatti, come è stato messo in luce in precedenza, il Sig. Cassarà non è stato parte del giudizio cd. Calciopoli. Anche a tacere di tale dirimente argomento, e venendo al profilo oggettivo, non ha alcuna rilevanza l’affermazione della Procura Federale, contenuta nell’atto di incolpazione, secondo la quale «[…] già nel primo filone d’indagine era stato evidenziato l’uso di utenze telefoniche riservate da parte di dirigenti sportivi ed appartenenti al settore arbitrale […]». In proposito, infatti, il Supremo Collegio ha avuto modo di precisare che «[…] i poteri del giudice di accertamento e di valutazione del fatto sono limitati dal giudicato parziale formatosi su un diverso capo della sentenza soltanto in relazione agli elementi che compongono il fatto storico e non anche in relazione alle modalità in cui è strutturato il capo di imputazione, in cui possono comparire elementi descrittivi della condotta che restano irrilevanti ai fini dell'operatività del divieto del "ne bis in idem" […]» (Cass. pen. Sez. II Sent., 13-07-2007,

n. 35616). Il possesso di schede estere, come strumento di realizzazione di un sistema di comunicazioni non intercettabili tra Luciano Moggi e alcuni arbitri, non è stato oggetto del giudizio cd. Calciopoli e non ha ivi fondato né sentenze di condanna o di assoluzione, né valutazioni di irrilevanza da parte della Procura Federale, che avrebbe dovuto in tal caso formulare una istanza di archiviazione. D’altra parte, i fatti dedotti nel giudizio afferente le regalie a taluni direttori di gara non hanno mai riguardato il medesimo sistema di comunicazioni non intercettabili tra Luciano Moggi e gli arbitri incolpati. Rispetto a questi giudizi, quindi, non è nemmeno astrattamente prefigurabile, sotto il profilo oggettivo, la ricorrenza di un caso di bis in idem. Al limite, poi, si deve ricordare che «[…] Ai fini dell'applicazione del principio del "ne bis in idem", per medesimo fatto deve intendersi identità degli elementi costitutivi del reato e cioè condotta, evento e nesso di causalità, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente diverse disposizioni di legge […]» (Cass. pen. Sez. I, 21-04-2006, n. 19787). Del resto, non ha alcun rilievo, nell’ordinamento sportivo, la scelta della procura di Napoli di far confluire in un unico giudizio tutti gli elementi di fatto che, invece, nell’ordinamento sportivo hanno originato i tre giudizi diversi testé citati. In conclusione, resta radicalmente escluso che gli elementi della fattispecie all’esame del Collegio coincidano con quelli già oggetto di precedente provvedimento, ovvero comunque oggetto di una valutazione di irrilevanza da parte degli organi inquirenti o giudicanti dell’ordinamento sportivo. Anche sotto questo profilo, pertanto, si deve affermare la piena procedibilità della domanda della Procura, nei procedimenti avanti alla Commissione Disciplinare Nazionale e alla Corte di Giustizia Federale e di conseguente procedibilità del giudizio innanzi a questo Tribunale.

C. Sul merito della controversia.

La Commissione Disciplinare Nazionale, nel provvedimento contestato, ha affermato che «[…] in ordine a Stefano Cassarà, risulta che l’unica scheda SIM a lui attribuita abbia attivato con maggior frequenza celle site nel Comune di Palermo, dove vive il deferito. Anche per Cassarà, poi, numerose chiamate coincidono per localizzazione ed orari a luoghi ove si trovava il deferito per i periodici convegni di Coverciano o per arbitrare incontri di calcio […]» La Corte di Giustizia Federale, d’altra parte, nel provvedimento contestato ha affermato che «[…] per quel che riguarda Cassarà l’uso della scheda n. 41764334196 […] è avvenuta con maggiore frequenza attraverso le celle installate nella città di Palermo e più specificatamente in zone limitrofe all’immobile ove risiede il Cassarà stesso […] e mentre altri contatti telefonici sono stati individuati con riferimento a siti ove si trovava il ricorrente per i periodici convegni di Coverciano o per arbitrare incontri di calcio. […] Inoltre va aggiunto che – oltre il sig. Cassarà – non risultano altri arbitri o tesserati A.I.A. residenti in Palermo […] Tali elementi non sono fondati su mere ipotesi […] ma su dati accertati, risultanti dalle richiamate dichiarazioni di tesserati e dai tabulati delle conversazioni (schede acquistate e distribuite – secondo l’incolpazione – dal sig. Moggi per la creazione di un sistema di comunicazioni riservate; utilizzo della scheda relativa all’utenza svizzera 41764334196 per collegamenti con altre schede appartenenti agli artefici e ad associati a tale sistema; luoghi di residenza ed attività arbitrale del sig. Stefano Cassarà); essi pertanto  costituiscono elementi gravi, precisi e concordanti idonei a far desumere – secondo i principi dettati dagli artt. 2729 cod. civ. e 192 cod. proc. penale e corretto esercizio del metodo logicodeduttivo – l’appartenenza della scheda n. 41764334196 al ricorrente. […] Le contestazioni mosse al sig. Stefano Cassarà (ed a tutti gli altri incolpati) non investono comportamenti posti in essere in specifici episodi di esercizio dell’attività arbitrale – per i quali sarebbero stati formulati diversi e ben più gravi capi di incolpazione – ma di avere serbato una condotta gravemente censurabile, consistente nell’avere accettato ed utilizzato una scheda telefonica, che consentiva conversazioni riservate nell’ambito dell’illecito sistema di comunicazioni realizzato dal sig. Luciano Moggi […]». L’analisi dei fatti svolta dalle Corti di Giustizia sportiva è condivisibile, a mente dei principi del diritto sportivo. Infatti, secondo un metodo ampiamente verificato e rodato, si è soliti rintracciare il luogo di residenza dell’utilizzatore di una scheda in base alla frequenza con la quale le relative celle si attivano. Tale metodo di indagine ha consentito di individuare in Palermo il luogo ove l’utilizzatore della scheda de quo ha il proprio centro di interessi. Infatti, delle sedici celle agganciate, tredici sono localizzate nel Comune di Palermo. Ora, l’impiego della scheda in occasioni e in luoghi compatibili con la sola attività di arbitro (incontri di calcio in diverse regioni d’Italia, raduni arbitri a Coverciano), porta a indirizzare le indagini sugli appartenenti a tale categoria.

Risulta che l’unico arbitro o assistente residente in Palermo sia il Sig. Cassarà e, del resto, le tredici celle agganciate in Palermo sono tutte riferibili a zone limitrofe all’abitazione dell’istante. Il Sig. Cassarà ha adombrato la possibilità che altri soggetti, da lui evocati, appartenenti a vario titolo al mondo del calcio professionistico, possano essere stati gli effettivi utilizzatori della scheda estera. Tuttavia, si deve precisare che la scheda telefonica estera ha agganciato celle in luoghi incompatibili con la presenza di tali soggetti e, invece, pienamente compatibili con la sola presenza del Sig. Cassarà. Al riguardo, assume rilievo la circostanza che quelli di seguito riportati sono gli unici tre luoghi fuori del Comune di Palermo ove la scheda estera abbia agganciato celle telefoniche e sono tutti coincidenti, anche per tempistica, con luoghi nei quali si è trovato il Sig. Cassarà. Si tratta del Comune di Firenze, in data 4 gennaio 2005, in concomitanza con il raduno degli Arbitri a Coverciano, al quale il Sig. Cassarà ha partecipato. Del Comune di Verona, in data 6 febbraio 2005, il giorno dopo l’incontro Chievo Verona – Messina, arbitrata dal Sig. Cassarà. Ancora, del Comune di Villafranca, in provincia di Verona, in data 27 marzo 2005. In data 26 marzo 2005 il Sig. Cassarà aveva svolto la funzione di Quarto Ufficiale nell’incontro Verona - Genoa. Tali fatti risultano definitivamente accertati, né è stata fornita prova contraria. Peraltro, la scheda è stata impiegata a Palermo il 15 maggio 2005, alle ore 19.38. In tale giorno il Sig. Cassarà rivestì il ruolo di Quarto Ufficiale nell’incontro Messina – Cagliari, svoltasi nel primo pomeriggio. Tenuto conto della modesta distanza tra Messina e Palermo, dell’esistenza di un percorso autostradale, delle contenute incombenze del Quarto Ufficiale nel dopo partita, appare perfettamente credibile che l’istante abbia potuto raggiungere la propria residenza in tempo utile per impiegare la scheda telefonica all’ora e nel luogo indicati. Pertanto non appare decisivo quanto affermato al riguardo dall’istante. Quanto all’utilizzo della scheda in data 1 e 2 dicembre 2004, l’assenza dal lavoro del Sig. Cassarà per asserite ragioni di malattia non esclude che egli si sia ugualmente spostato in luoghi diversi dalla propria città residenza. La comunicazione Mondial Assistance versata in atti sub doc. 9 dall’istante, al contrario, fornisce sostegno alla tesi che il Sig. Cassarà si sia trovato fuori Palermo in giorni lavorativi. È risultato dagli atti di indagine che la scheda de quo è stata impiegata per contattare diversi numeri telefonici, tra i quali quelli in uso a Luciano Moggi e ai sig.ri Fabiani e Pieri. Ben noto il ruolo dei Sig.ri Moggi e Fabiani nel sistema di comunicazioni riservate da loro sviluppato, resta da spiegare il contatto con Pieri. Tuttavia, le dichiarazioni di tale ultimo soggetto, rese all’Ufficio Indagini della F.I.G.C., consentono di valutare che i contatti telefonici con il Sig. Cassarà – in linea generale e stante l’asserito rapporto di amicizia tra i due – siano perfettamente spiegabili. Il Collegio, dunque, reputa di non poter condividere l’interpretazione che di tale dichiarazione ha offerto il Sig. Cassarà. Infatti, la dichiarazione non è qui impiegata per ammettere o escludere l’uso della scheda estera per i contatti tra i due soggetti, ma solo per spiegare la presenza, tra i numeri contattati dalla scheda estera 41764334196, accanto a quelli in uso ai Sig.ri Moggi e Fabiani, anche quello in uso al Sig. Pieri. Dagli elementi indiziari appena illustrati si può escludere con ragionevole certezza che il soggetto utilizzatore delle schede possa essere uno di quelli indicati dal Sig. Cassarà. Infatti, costoro avrebbero dovuto trovarsi a Palermo, Coverciano, Verona e Villa Franca nelle date indicate. Ora, il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale principio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009). Il Collegio ritiene peraltro, che il principio così espresso abbia portata generale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. È tale il risultato logico di un procedimento conoscitivo

connotato, secondo i canoni della razionalità e dell’esperienza dall’attribuzione di una condotta a un soggetto sulla base di un alto grado di probabilità. Al riguardo, del resto, l’informativa del R.O.N.O. dei Carabinieri riferisce che l’indagine ha «[…] ha consentito verosimilmente di associare con un certo grado di probabilità la predetta utenza all’arbitro della CAN di A e B Cassarà Stefano […]». Gli elementi indiziari offerti al Collegio dalle indagini svolte dagli organi inquirenti statali e sportivi consentono, dunque, di pervenire al sufficiente grado di certezza circa la riferibilità della scheda estera de quo al Sig. Cassarà. L’alto grado di ragionevole certezza, raggiunto partendo dagli elementi indiziari di colpevolezza non è intaccato dagli elementi di dubbio suggeriti dal Sig. Cassarà, dei quali si è già detto sopra. Da tale convincimento discende la completa irrilevanza in questa sede di eventuali condotte poste in essere dall’istante per favorire talune squadre o, in generale, influire sui risultati di taluni incontri, come pure dello scarso utilizzo nella stagione 2004/2005 del Sig. Cassarà o dell’assenza di arbitraggi in incontri della Juventus. Infatti, ciò che qui rileva è la partecipazione a un sistema di comunicazioni privilegiate e riservate tra i soggetti menzionati più sopra. Comunicazioni volutamente articolate con schede estere per rendere non intercettabili le conversazioni, pur se effettuate sul territorio nazionale. Risulta dai tabulati telefonici una intensa utilizzazione delle schede a disposizione del Sig. Cassarà per comunicare con soggetti quali il Sig. Moggi e il Sig. Fabiani. I doveri di probità e correttezza enunciati dall’art. 1 C.G.S. risultano per ciò solo gravemente violati, per lo più da un soggetto dal quale, per il proprio ruolo nell’ordinamento sportivo, sarebbe lecito attendersi una condotta irreprensibile. Non giova al Sig. Cassarà il contenuto della riportata sentenza della Corte dei Conti. Intanto, quel giudizio riguardava una presunta responsabilità erariale per eventuali illeciti, compiuti nella qualità di pubblico ufficiale, che avessero falsato le competizioni sportive. La tesi accusatoria, infatti, quanto meno nella parte sulla quale la Corte ha affermato la propria facultas decidendi, era che l’irregolarità dei campionati avesse lesionato l’interesse pubblico al regolare impiego delle risorse pubbliche. Ciò non può essere ignoto al Sig. Cassarà, che difatti in quel giudizio si è difeso eccependo la carenza di giurisdizione della Corte, fondando la propria tesi sulla legge n. 280 del 2003 «[…] che escludono che la violazione dei doveri comportamentali dell’arbitro estranei alla direzione di singole competizioni sportive possa rilevare nell’ordinamento giuridico generale, avente invece rilevanza solo nell’ordinamento sportivo […]». Allora, il presupposto per la condanna in quel giudizio avrebbe dovuto essere costituito dalla dimostrazione di un’alterazione del campionato imputabile al Sig. Cassarà. Tale prova è mancata e, dunque, il Sig. Cassarà è stato assolto. Coerentemente, mentre il Giudice contabile si è limitato a escludere la sussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità per danno erariale, questo Collegio ben può pronunciarsi sulla rilevanza delle condotte del Sig. Cassarà nell’ordinamento sportivo. Qui, infatti, l’addebito ascritto al Sig. Cassarà deriva sic et simpliciter dalla partecipazione al sistema di comunicazioni riservate predisposto da Luciano Moggi. E a ben vedere, su questo versante, la sentenza di assoluzione della Corte dei Conti presuppone che il Sig. Cassarà abbia detenuto e utilizzato la scheda estera. Tale fatto, che nel giudizio per danno erariale non era da solo sufficiente per la condanna (la corte lo definisce un singolo “tassello”), nell’ordinamento sportivo si rivela idoneo a giustificare la comminazione della sanzione inibitoria. Infine, pare al Collegio che la sanzione già comminata nei gradi precedenti al Sig. Cassarà rispecchi la gravità delle condotte lui ascritte. Il periodo di inibizione, peraltro, è in linea con gli altri pronunciamenti in casi analoghi. Al riguardo, non appaiono pertinenti i precedenti citati dall’istante, per dimostrare il contrario. E difatti, quanto alla sanzione inflitta a Gianluca Paparesta nel caso citato, essa non ha avuto a fondamento il possesso di una scheda telefonica estera. Per tale fatto, invece, è stato sanzionato il padre, Romeo Paparesta, cui è stata inflitta l’inibizione per venti mesi. Le squalifiche inflitte ai Sig.ri Mazzei, Babini e Puglisi, si fondano su contatti indebiti con un dirigente dell’A.C. Milan tenuti su utenze telefoniche italiane. Questa condotta è stata a ragione valutata di minore lesività rispetto alla partecipazione a un sistema di comunicazioni volutamente non intercettabili. Inconferente il richiamo all’inibizione inflitta al Sig. Lanese, che al momento dei contatti indebiti con Luciano Moggi, come noto, non era più direttore di gara, né aveva il potere di influenzare i singoli arbitri e le relative progressioni di carriera. Giova ricordare, al contrario, che il designatore arbitrale

Sig. Pairetto, proprio in virtù del proprio potere di condizionare le carriere degli arbitri, è stato punito con l’inibizione per trenta mesi, a causa dei suoi indebiti contatti con Luciano Moggi. Tutte le altre domande, deduzioni ed eccezioni debbono reputarsi assorbite. Le spese di lite e quelle arbitrali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Collegio arbitrale A maggioranza dei suoi componenti e definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione: 1. respinge l’istanza di arbitrato del Sig. Stefano Cassarà e conferma l’impugnata decisione della Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., meglio indicata in motivazione; 2. condanna l’istante al pagamento delle spese di lite in favore della F.I.G.C., resistente e costituita, nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre IVA e CPA come per legge; 3. condanna l’istante, fermo il vincolo di solidarietà, al pagamento degli onorari e delle spese degli Arbitri, liquidati complessivamente in € 4.000,00 (quattromila/00) ed in € 600,00 (seicento/00) per le spese sostenute dall'arbitro Prof. Avv. Luigi Fumagalli; 4. condanna, altresì, l’istante al pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; 5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deciso in conferenza personale degli arbitri in data 19 giugno 2009 e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Maurizio Benincasa F.to Luigi Fumagalli

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