CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 02  febbraio 2010 promosso da: DANIELE PERLASCA contro FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO Il Collegio Arbitrale composto da: Avv. Marcello de Luc

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 02  febbraio 2010 promosso da: DANIELE PERLASCA contro FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO

Il Collegio Arbitrale composto da:

Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente

Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini Arbitro

Avv. Mario Antonio Scino Arbitro

riunito in conferenza personale in Roma in data 2 febbraio 2010 ha deliberato

all’unanimità il seguente

LODO

nel procedimento arbitrale promosso da:

DANIELE PERLASCA, rapp.to e difeso dall’avv. Anna Ganadu ed elettivamente dom.to presso il suo studio in Sassari alla via Dante n. 1

-ricorrentecontro

FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO, in persona del Presidente Federale, sig. Dino Meneghin, rapp.to e difeso dal prof. avv. Guido Valori e dall’avv. Paola M.A. Vaccaro ed elettivamente dom.to presso il loro studio in Roma al viale delle Milizie n. 106 -resistente-

FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO

Con istanza di arbitrato del 19.10.2009, prot. n. 1973, il sig. Perlasca ha dedotto che:

- a seguito del deferimento da parte del Procuratore Federale della FIP, la Commissione Giudicante Nazionale gli ha comminato la sanzione dell’inibizione a svolgere attività federale e sociale per 2 anni, fino al 3.6.2011, per violazione dell’art. 45 (omessa denuncia) del Regolamento di Giustizia, così derubricando la violazione inizialmente contestata [(art. 43, lett. d), del Regolamento di Giustizia];

- ha impugnato tale provvedimento innanzi alla Corte Federale, ma il ricorso è stato respinto.

Tutto ciò premesso, il sig. Perlasca ha attivato la procedura arbitrale chiedendo: in via principale la revoca della sanzione dell’inibizione; in via subordinata, stante l’illogicità del diverso trattamento rispetto agli altri tesserati FIP, l’assoluzione dall’accusa di omessa denuncia; in via ancor più gradata la riduzione della sanzione irrogatagli. Con memoria di costituzione e risposta del 9.11.2009, prot. n. 2070, la Federazione Italiana Pallacanestro ha eccepito l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto. Tenutasi in data 1.12.2009 la prima udienza, il Collegio Arbitrale, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, si è riservato la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le censure mosse dal ricorrente al provvedimento impugnato sono affidate ad una serie di motivi.

1. Con il primo di essi il sig. Perlasca lamenta l’inattendibilità e l’inaffidabilità della documentazione probatoria (intercettazioni telefoniche) in quanto superficiale ed incompleta. La doglianza è priva di fondamento. Sul punto si è espressa con condivisibile motivazione la Corte Federale la quale, dopo aver correttamente sottolineato l’autonomia della giustizia sportiva rispetto a quella ordinaria, ha precisato che la normativa vigente consente l’acquisizione e l’utilizzazione, da parte della prima, degli atti compiuti e delle indagini svolte nell’ambito di un procedimento penale. Chiarito ciò, è innegabile che le risultanze delle intercettazioni telefoniche dimostrano, in modo chiaro ed inequivocabile, come già evidenziato dalla Corte Federale, l’esistenza di una consuetudine di rapporti tra il sig. Campera ed il sig. Perlasca in virtù della quale il primo, nella sua qualità di designatore dei commissari speciali, indicava al secondo, quale commissario degli arbitri, i voti da attribuire a questi ultimi. D’altra parte, lo stesso ricorrente, allorché fu sentito dal Procuratore Federale, non ha potuto fare a meno di ammettere l’esistenza delle conversazioni telefoniche con il sig. Campera oggetto delle contestazioni.

2. Con il secondo motivo di ricorso l’istante si duole del fatto che, nel procedimento endofederale, i giudici abbiano trascurato la mancanza di un elemento necessario ai fini della configurabilità del reato di omessa denuncia, vale a dire la consapevolezza e la volontarietà dell’omissione. Orbene, la tesi sostenuta dal ricorrente non è condivisibile. Infatti, in questa sede, il Collegio, ovviamente, non è chiamato a pronunciarsi sull’esistenza del suddetto reato, e quindi a verificare se nel caso di specie ne ricorrano gli elementi costitutivi, ma deve stabilire soltanto se risultano integrati gli estremi di un fatto (l’omessa denuncia degli atti di frode) che costituisce illecito disciplinare. La norma che codifica l’illecito in questione (l’art. 45 del Regolamento di Giustizia) stabilisce che il dirigente, il tesserato o chiunque rivesta incarichi federali ha l’obbligo di informare prontamente la Procura Federale di quei fatti – quale che sia il modo in cui ne abbia avuto conoscenza – “che possano rientrare nelle ipotesi di frode sportiva, compresi i tentativi”.

Ciò detto, non è seriamente sostenibile che il sig. Perlasca non abbia avuto la piena consapevolezza di quali fossero i contenuti della vicenda per la quale è stato poi sanzionato. Infatti la condotta di chi chiede ad un soggetto - il cui compito è quello di valutare, con scrupolo e correttezza, l’operato di un arbitro al termine della gara – di esprimere un giudizio preconfezionato, cioè senza tenere conto della performance di colui il quale deve essere esaminato, è, oggettivamente, indice di illiceità, essendo diretta ad ottenere, dalla persona investita della funzione di giudicare, una valutazione aprioristica non rispondente alla realtà. E che le richieste fatte dal sig. Campera al sig. Perlasca potessero configurare, sia pure solo in astratto, un’ipotesi di frode sportiva o, quanto meno, un tentativo di essa, è certamente fuori discussione. Difatti, ove si consideri che, nelle competizioni sportive, l’arbitro è una figura di assoluta rilevanza e di fondamentale importanza, è evidente che attribuire a tale soggetto una valutazione difforme da quella reale, al fine di agevolarne la carriera a scapito di altri, costituisce un’ipotesi di frode sportiva e precisamente quella prevista dall’art. 43, 1° comma, lettera d), del Regolamento di Giustizia, secondo cui “qualsiasi . . . atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio” integra, per l’appunto, gli estremi della frode sportiva. Né è possibile affermare, come pretenderebbe la difesa del ricorrente, che la qualità personale del sig. Perlasca (colonnello dei carabinieri) costituisca una sorta di esimente. Al contrario, proprio il fatto di non essere un quivis de populo è circostanza che induce a ritenere che egli avesse senza dubbio l’esatta percezione di quanto gli veniva chiesto di fare.

3. Con il terzo motivo di ricorso il sig. Perlasca contesta l’entità della sanzione comminatagli, ritenendola sproporzionata rispetto al fatto commesso. Tale doglianza merita accoglimento sia pure nei limiti appresso indicati. Il Collegio, preliminarmente, ritiene di poter condividere la qualificazione giuridica dei fatti contestati al sig. Perlasca operata dai Giudici endofederali di primo e secondo grado. Nel caso di specie, dunque, non si è configurato un atto di frode sportiva, ma si è in presenza della diversa e più lieve violazione dell’obbligo di denuncia. L’inadempimento di tale obbligo, per espresso richiamo effettuato dal 3° comma dell’art. 45 del Regolamento di Giustizia, è sanzionato dall’art. 39 del medesimo regolamento (relativo alla violazione dei principi di lealtà e correttezza) con l’inibizione da 3 mesi a 3 anni. Nella fattispecie in esame, in considerazione del ruolo sostanzialmente marginale rivestito dal sig. Perlasca nella vicenda de qua, della esiguità degli episodi contestati, della circostanza che le indicazioni fornite dal sig. Campera non hanno ottenuto il riscontro nei termini voluti da quest’ultimo e del comportamento processuale complessivamente tenuto dal ricorrente sia innanzi agli organi federali che in questa sede, il Collegio, ritenuta assorbita ogni altra censura, ritiene congruo ridurre la sanzione dell’inibizione di 6 mesi, portandola quindi da 2 anni a 18 mesi, con scadenza alla data del 3.12.2010.

4. Le spese di lite e quelle relative al funzionamento del Collegio Arbitrale sono determinate in ragione della parziale soccombenza di entrambe le parti e liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Collegio all’unanimità, definitivamente pronunciando, disattesa ogni ulteriore istanza, domanda ed eccezione, così decide:

1. in parziale accoglimento dell’istanza di arbitrato, riduce la sanzione dell’inibizione inflitta al sig. Daniele Perlasca di 6 mesi, portandola da 2 anni a 18 mesi, con scadenza alla data del 3.12.2010;

2. liquida le spese di lite in complessivi €. 1.000,00, compensandole per ¼ e ponendo a carico dell’istante i restanti ¾ che ammontano ad €. 750,00;

3. liquida gli onorari per il funzionamento del Collegio Arbitrale, comprensivi di spese ed oltre accessori, in complessivi €. 3.000,00, di cui ¼, pari ad €. 750,00, a carico della Federazione Italiana Pallacanestro e ¾ , pari ad €.

2.250,00, a carico del sig. Daniele Perlasca;

4. pone a carico delle parti, in egual misura, il pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport;

5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti.

Così deciso all’unanimità nella conferenza personale degli arbitri in Roma, in data 2 febbraio 2010, e sottoscritto in numero di tre originali nel luogo e nella data di seguito indicata.

F.to Marcello de Luca Tamajo

F.to Tommaso Edoardo Frosini

F.to Mario Antonio Scino

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