F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2009/2010 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 203/CGF del 24 Marzo 2010  www.figc.it 3) RICORSO EX ART. 39 C.G.S. DELLA PROCURA FED

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2009/2010 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 203/CGF del 24 Marzo 2010  www.figc.it

3) RICORSO EX ART. 39 C.G.S. DELLA PROCURA FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGNORI:  POSTIGLIONE GIUSEPPE, PRESIDENTE POTENZA SPORT CLUB S.R.L., GIUZIO PASQUALE ALL’EPOCA DEI FATTI, DIRIGENTE DELLA STESSA SOCIETÀ; DALLA VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1 E 6 C.G.S.; E DELLE SOCIETÀ:  POTENZA SPORT CLUB S.R.L. DALLA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, COMMA 3 E 4 COMMA 1 C.G.S PER RESPONSABILITÀ DIRETTA NELLA VIOLAZIONE ASCRITTA AI SUOI DIRIGENTI;  SALERNITANA CALCIO 1919 S.P.A. DALLA VIOLAZIONE DELL’ ART. 4, COMMI 1 E 5 C.G.S, DALLE VIOLAZIONI ASCRITTE CON PROPRIO DEFERIMENTO PER L’ILLECITO SPORTIVO IN RELAZIONE ALLA GARA POTENZA/SALERNITANA DEL 20.4.2008 – NOTA PROT. 448/1173PF07/08/SP/MA DEL 24.7.2008

(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 14/CDN del 7 agosto 2008)

Svolgimento del procedimento Con reclamo del 9 febbraio 2010 il Procuratore Federale chiedeva a questa Corte la revocazione della decisione con la quale il 7 agosto 2008 la Commissione Disciplinare Nazionale, diversamente qualificando le incolpazioni originariamente rivolte a Giuseppe Postiglione e Pasquale Giuzio, rispettivamente presidente e dirigente con potere di firma della società Potenza Sport Club s.r.l., dichiarava gli stessi colpevoli non già della violazione dell’art. 7 commi 1 e 6 C.G.S. (per aver posto in essere condotte dirette ad alterare il regolare svolgimento ed il risultato della gara Potenza- Salernitana 20 aprile 2008, assicurando alla Salernitana un vantaggio in classifica, con l’aggravante dell’effettiva alterazione del risultato), ma di quella di cui all’art. 1 comma 1 C.G.S. per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, per non essere stata, comunque, per decisione del Postiglione, schierata la formazione migliore possibile. Veniva, altresì, chiesta la revocazione della decisione in parola nella parte in cui la società Potenza era stata dichiarata colpevole a titolo di responsabilità diretta non già per le accuse originarie ma per la medesima violazione dell’art.1 comma 1. C.G.S.; analogamente si chiedeva la revocazione della decisione nella parte in cui la Salernitana era stata assolta dall’incolpazione di aver partecipato, a titolo di responsabilità presunta ai sensi dell’art. 4 , comma 5 C.G.S., ai fatti illeciti contestati ai dirigenti del Potenza e alla società stessa. A fondamento della propria richiesta formulata ai sensi dell’ art. 39 C.G.S.(e, secondo quanto si andrà esponendo in seguito in particolare ai sensi della lettera d) comma 1) il Procuratore Federale osservava che la decisione della cui revocazione si trattava era stata adottata nel presupposto che nella fattispecie, pur ricorrendo atti teoricamente idonei a realizzare l’illecito sportivo, mancasse la prova della volontà, da parte del Postiglione e del Giuzio di commettere atti diretti a causare l’illecito contestato. In particolare, i primi giudici si erano pronunciati nel senso che, pur risultando provata la realizzazione da parte degli incolpati della condotta materiale contestata nel deferimento, consistente nell’indebolimento tecnico della squadra del Potenza che disputò la gara con la Salernitana, vi fosse carenza di prova sul dolo specifico che avrebbe dovuto sorreggere le condotte sia del Postiglione che del Giuzio. La Commissione Disciplinare Nazionale affermava che sia la tesi accusatoria che quelle difensive avevano una loro logica probatoriaindiziaria, tale da dar vita ad una “ambivalenza interpretativa-probatoria”. Si riteneva, al contrario, accertata la violazione dei doveri di lealtà e probità sportiva da parte del Postiglione e del Giuzio, essendo stata raggiunta la prova che il mancato schieramento di 3 giocatori, non riferibile a fattori ambientali, avesse tecnicamente indebolito la squadra del Potenza: la scelta di disporre di una formazione menomata veniva imputata “pro-quota” ad entrambi gli incolpati. Sulla base di tale affermata responsabilità la Commissione Disciplinare Nazionale irrogava al Postiglione la sanzione della inibizione per 6 mesi, al Giuzio della inibizione per 9 mesi, al Potenza Sport Club s.r.l 3 punti di penalizzazione, da scontare nel campionato successivo ed un’ammenda di € 50.000,00 . Ciò premesso la Procura Federale fondava la propria richiesta revocatoria sull’omesso esame di fatti decisivi che non si erano potuti conoscere nel precedente procedimento, conclusosi con il conseguimento del carattere della irrevocabilità (per mancata impugnazione della decisione illustrata) e sulla sopravvenienza di fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe concordato una diversa pronuncia. Quanto all’individuazione degli elementi in parola la ricorrente esponeva che, nel corso di un’indagine penale pendente presso gli uffici giudiziari di Potenza, erano emersi elementi di prova a carico del Postiglione di natura tale da consentire di sciogliere il dubbio interpretativo circa la natura della condotta contestata in sede disciplinare-sportiva, dubbio che aveva portato al proscioglimento. In particolare, veniva sottolineato che l’indagine penale aveva permesso di appurare che il Postiglione aveva precostituito la formazione di messaggi minacciosi ed intimidatori alla sua persona attraverso il mezzo del breve messaggio telefonico: le risultanze dell’indagine davano conto della circostanza che la provenienza di tali messaggi era stata individuata in una utenza telefonica intestata alla Nipa s.r.l., facente capo all’incolpato e alla sua famiglia. Ad avviso della Procura, la circostanza in parola andava letta come sintomatica della volontà della “precostituzione di un alibi non veritiero”, da valutarsi a carico dell’autore della condotta. L’ulteriore elemento legittimante la richiesta rescindente era costituito dalle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria da Antonio Lopiano, dirigente del Potenza Calcio addetto al settore giovanile, secondo cui il Postiglione si era “venduta” la partita Potenza-Salernitana, sicché “ la partita doveva essere persa”. Il Lopiano aveva aggiunto di aver incontrato il Postiglione la sera prima dell’incontro e di aver ascoltato da lui che “la partita bisognava perderla per forza, sennò poi alla fine questi di Salerno se non perdiamo la partita mi ammazzano pure a me”. La Procura indicava al medesimo fine probatorio le dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria da Antonio De Angelis, addetto al servizio d’ordine del Potenza Calcio, il quale ribadiva la sussistenza di prove circa il fatto che il Postiglione avesse raggiunto un accordo diretto ad alterare il risultato della gara: egli citava un episodio verificatosi la sera antecedente alla gara, al quale egli era presente, consistente nella richiesta rivolta dal Postiglione al Lopiano di porsi in contatto con i calciatori della squadra giovanile del Potenza perché si tenessero pronti a disputare la partita in luogo dei titolari che per scelta dello stesso presidente sarebbero mancati. Aggiungeva il De Angelis che il Postiglione, una volta appresa l’impossibilità di comunicare con i giocatori della squadra giovanile, avrebbe preteso che l’invito di giocare la partita venisse rivolto agli allievi. Nel ricorso per revocazione veniva, inoltre, illustrato un articolato svolgimento di fatti, analiticamente narrati all’autorità giudiziaria dal Lopiano e dal De Angelis, verificatisi a distanza di poche ore dal termine della partita. Le dichiarazione accusatorie utilizzate nel corpo del ricorso revocatorio avevano ad oggetto l’incontro avvenuto tra il Postiglione e Luca Evangelisti, tesserato per la F.I.G.C., in un’area di servizio autostradale nei pressi di Foggia. A tale incontro il Postiglione avrebbe partecipando recandosi in auto con il De Angelis ed il Lopiano nel luogo convenuto, nel corso di una conversazione telefonica oggetto di intercettazione telefonica e relativa trascrizione nonché percepita dai due testimoni, con lo stesso Evangelisti. Al termine dell’incontro (avvenuto senza che vi partecipassero il Lopiano e il De Angelis) il Postiglione sarebbe tornato nell’auto in cui i due suoi accompagnatori lo attendevano, esibendo una cospicua somma di denaro (che i testimoni stimavano in 150-160 mila euro), estraendola da una busta di patatine. Anche il Giuzio sarebbe stato presente all’episodio. La persona con la quale il Postiglione si sarebbe incontrato veniva concordemente descritta dal Lopiano e dal De Angelis come portatrice di una inconfondibile caratteristica, costituita da un capo completamente privo di capelli (e dai due testimoni chiamato “capa di bomba”). Entrambi dichiaravano di aver atteso il ritorno nell’auto del Postiglione, che sarebbe salito a bordo del veicolo della persona con la descritta peculiarità dermatologica. A proposito dell’episodio in parola la richiesta revocatoria riportava la trascrizione di una conversazione telefonica intercorsa tra le utenze del Postiglione e dell’Evangelisti che dava conferma dell’incontro nel casello autostradale di Foggia ( in prossimità di un luogo di collocazione di un “ punto blu”, vicino all’indicazione per Bari). Dall’intercettazione si ricavava anche la pronuncia con tono ilare da parte del Postiglione della frase “noi facciamo i danni, facciamo i danni”. Ed in fine, il ricorso revocatorio si basava anche su un passaggio dell’interrogatorio reso dal Lopiano all’autorità giudiziaria dal quale esplicitamente si ricavava che il Postiglione aveva effettuato una scommessa sulla partita Potenza-Salernitana. Al termine delle esposizione dei fatti e degli elementi legittimanti la richiesta di revocazione della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, la Procura Federale poneva in particolare risalto che nei giorni di pochissimo successivi alla partita il Postiglione aveva consegnato cospicue somme di denaro a ciascuno dei tre calciatori titolari (De Cesare, Cammarota e Cuomo) che, per sua scelta, non erano stati schierati nella partita Potenza-Salernitana. Ad avviso della Procura, non sarebbe stato di ostacolo alla condotta illecita del Postiglione il timore di pregiudicare la posizione in classifica della propria squadra in quanto egli sarebbe stato certo della penalizzazione per illecito finanziario di altra squadra concorrente. La Procura riteneva, altresì, estensibile al Giuzio gli elementi legittimanti la revocazione della decisione nella parte relativa al Postiglione. Si sosteneva, pertanto, nel ricorso, che i “noviter reperta” appaiono idonei a modificare la decisione impugnata anche nei confronti della società del Potenza, direttamente rappresentata dai due incolpati nonché, a titolo di responsabilità presunta della Salernitana, società avvantaggiata dal contestato illecito, rispetto alla quale dovevano ritenersi assolutamente insussistenti le cause di esclusione di cui all’art. 4 comma 5 C.G.S.. Si chiedeva, pertanto, che fosse dichiarata preliminarmente ammissibile la domanda rescindente e che venisse, in forma rescissoria, dichiarata la responsabilità di tutte le persone fisiche e giuridiche sopra menzionate con riferimento alle condotte loro addebitate ed inflizione al Postiglione dell’inibizione per 5 anni con proposta di preclusione, al Giuzio dell’inibizione per 3 anni e 6 mesi, al Potenza della sanzione dell’esclusione dal campionato di appartenenza e alla Salernitana della penalizzazione di 6 punti in classifica. In vista dell’udienza di discussione del 9 febbraio 2010 si costituivano con memoria il Potenza Sport Club S.r.l. e la Salernitana 1919 S.p.A. La prima società eccepiva preliminarmente la inammissibilità del ricorso per la sua tardiva proposizione, essendo state le notizie afferenti al procedimento penale acquisite dalla Procura Federale ben oltre il termine previsto dall’art. 39, comma 1, C.G.S.. Veniva altresì sotto altro profilo eccepita l’inammissibilità del reclamo per difetto delle condizioni legittimanti la richiesta revocatoria; nel merito, veniva analiticamente confutata l’attitudine di ciascuno degli elementi nuovi a determinare la modificazione in senso peggiorativo della decisione revocanda, tenuto conto della vaghezza, inattendibilità, carenza probatoria delle dichiarazioni accusatorie del Lopiano e del De Angelis, della irrilevanza delle intercettazioni telefoniche riguardanti Postiglione ed Evangelisti, della insostenibilità della tesi della insensibilità della classifica del Potenza ad una possibile sconfitta della Salernitana, della sussistenza di convincenti e lecite ragioni per la mancata partecipazione alla gara di alcuni calciatori del Potenza, della inattendibilità tecnica della tesi dell’auto-invio dell’sms da parte del Postiglione, e, in ogni caso, della sproporzionata entità delle richieste di pena da parte della Procura. La Salernitana Calcio 1919 eccepiva la tardività dell’azione per ragioni coincidenti con quelle fatte valere dall’altra società, il difetto di riconducibilità della fattispecie concreta a quella legale astratta dell’art. 39 C.G.S. sotto il profilo della non attribuibilità della qualità di prova agli elementi nuovi prodotti dalla Procura, dalla carenza del carattere della univocità degli elementi deducibili dagli atti dell’indagine penale. In esito all’udienza di discussione queste Sezioni Unite disponevano con ordinanza che, a cura della Procura ricorrente, venissero acquisiti ulteriori atti dell’indagine penale e, tra di essi, degli interrogatori di garanzia di tesserati della F.IG.C: (ed in particolare di Evangelisti). L’ordinanza veniva eseguita attraverso il deposito in data 18.2.2010 a cura della reclamante del materiale documentale proveniente dagli uffici giudiziari potentini relativo agli interrogatori di garanzia (in effetti non svoltisi per avvalimento da parte delle persone sottoposte ad indagini della facoltà di non rispondere) di Evangelisti, Giuzio, Postiglione, della ordinanza pronunciata dalla sezione del riesame del Tribunale di Potenza, che confermava il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari nella parte concernente Luca Evangelisti (sottoposto alla misura  custodiale degli arresti domiciliari), il verbale di interrogatorio al Pubblico Ministero di Luca Evangelisti, la richiesta di riesame proposta dalla Procura della Repubblica di Potenza del provvedimento del G.I.P. nella parte in cui non ne erano state integralmente accolte le richieste. Adempiuto l’incombente istruttorio, la Segreteria dava ritualmente comunicazione alla parti, costituite e non, della nuova udienza di discussione fissata per il 19 marzo 2010. Anteriormente ad essa veniva depositata una ulteriore memoria per la società Potenza, volta a consolidare le ragioni precedentemente espresse nonché quella di costituzione di Pasquale Giuzio, sostanzialmente riproduttiva delle difese svolte dalla predetta società. Nel corso dell’udienza di discussione si costituiva con comparsa, racchiudente controdeduzioni e note Giuseppe Postiglione che eccepiva la mancata notificazione del ricorso, con conseguente violazione del diritto di difesa, la tardività dello stesso, la sua improponibilità per difetto delle necessarie condizioni legittimanti, l’insussistenza delle condizioni di merito capaci di determinare la revocazione della decisione, tenuto conto della inidoneità dei fatti nuovi a fondare un convincimento diverso rispetto a quello espresso da quello della Commissione Disciplinare Nazionale il 7.8.2008. In esito alla discussione, ciascuna delle parti ribadiva le proprie difese e richieste. Il ricorso veniva deciso mediante la pubblicazione del dispositivo nel Com. Uff. n. 200/CGF del 19 marzo 2010. Motivi della decisione L’ordine logico da imprimere alla numerose questioni che si agitano nel presente procedimento impone che si dia la precedenza a quelle riguardanti la pretesa nullità di notificazione del reclamo al Postiglione e al Giuzio. Entrambe le eccezioni sono – come preannunciato, con riserva di motivazione successiva, da queste Sezioni Unite nel corso dell’udienza di discussione del 19 marzo 2010 - del tutto prive di fondamento, essendovi la prova della avvenuta comunicazione del reclamo alle persone fisiche prima indicate nel luogo di loro temporanea dimora, così essendo stato assolto il criterio posto dall’art. 38 comma 8 lettere a) e seguenti del C.G.S., espressamente richiamato dall’art. 41, comma 3 dello stesso codice, relativamente ai procedimenti per illecito sportivo. Giova, peraltro, ricordare, al fine di sottolineare la pienezza del diritto di difesa in tal modo conferita alle parti, che esse lo hanno in concreto esercitato attraverso la costituzione in giudizio mediante deposito di memoria e discussione orale: l’atto ha, così, raggiunto il proprio scopo. Né può trascurarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dalle difese, non può meccanicamente attribuirsi natura o forma di appello al procedimento revocatorio davanti la Corte di Giustizia Federale in quanto, difformemente da quanto previsto per l’omologa fattispecie dal Codice di Procedura Civile, esiste una competenza funzionale di tale organo di giustizia in grado unico, con evidente deroga rispetto al principio del diritto comune che vuole competente per il giudizio revocatorio il medesimo organo che ha pronunciato il provvedimento della cui caducazione si tratta. È egualmente infondata l’eccezione di tardività del ricorso tenuto conto della circostanza che esso è stato proposto nei 30 giorni decorrenti dalla data nella quale alla Procura Federale pervennero gli atti inviati dagli uffici giudiziari procedenti relativamente dall’indagine penale da cui ha tratto origine il presente procedimento. Non può revocarsi in dubbio che l’interpretazione da dare alla norma di cui all’art. 39 C.G.S., che prescrive che l’impugnazione per revocazione debba avvenire entro 30 giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti, sia tale che la conoscenza dell’uno o degli altri da parte del ricorrente debba essere piena, in modo che possa essere soddisfatta la ulteriore condizione di ammissibilità del ricorso, consistente nell’analitica illustrazione e descrizione di essi, nonché nella dimostrazione della idoneità modificativa della precedente decisione. A questa stregua si sottrae ad ogni dubbio la radicale insufficienza delle semplici e non qualificate notizie di stampa afferenti all’indagine penale a costituire sintomo se non prova della piena conoscenza in parola: esse rappresentarono, piuttosto, il propellente per la diligente azione conoscitiva posta in essere dalla Procura Federale presso gli uffici giudiziari procedenti. Una volta assolto tale onere, e percepitine gli esiti utili attraverso la ricezione degli atti, poteva iniziare a decorrere il termine: questo è quanto è in effetti avvenuto nel caso di specie. Logica prova ne è che il fondamento stesso del ricorso revocatorio è univocamente rinvenibile in relazione agli atti del procedimento penale e nei ripetuti riferimenti al loro oggetto, che ovviamente sarebbero stati preclusi dalla loro mancata acquisizione. L’ulteriore, comune eccezione di inammissibilità, ed improponibilità, del ricorso riguarda la pretesa irriducibilità degli elementi utilizzati dalla Procura Federale per sostenere il proprio reclamo alla nozione di fatti decisivi sopravvenuti o fatti nuovi comportanti una diversa pronuncia di cui alla lettera d) del comma 1 dell’art. 39 C.G.S.. Tutte le tesi difensive, pur doviziosamente articolate, sembrano muovere dal presupposto della sostanziale assimilabilità, se non sovrapponibilità, tra struttura, oggetto e limiti del procedimento revocatorio federale a quello disciplinato con riferimento al processo civile. Ora, la tesi non può essere accolta, da un lato in omaggio al principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, ordinamento collaterale a quello di diritto comune, ma non per questo soggetto a sindacato di merito sulle proprie scelte una volta che esse non si rivelino compromissorie, come è da escludersi avvenga con riferimento alla norma in esame, di principi fondamentali dell’ordinamento generale o compressive di situazione soggettive inviolabili: non può, pertanto, che prestarsi unicamente attenzione per la disciplina del caso concreto alla norma federale. Ma anche dal punto di vista letterale l’idea della assimilabilità-sovrapponibilità con il diritto processuale comune manifesta la propria inaccoglibilità, in quanto la norma federale non richiede alla lettera d) citata che a giustificare la revocazione di una decisione inappellabile contribuiscano nuove prove (come prescrive il n. 2 dell’art. 395 C.P.C.) né che siano stati reperiti documenti decisivi (ai sensi del n. 3 della norma da ultima citata). La norma federale in esame descrive, piuttosto, una fattispecie nuova ed originale rispetto a quelle disciplinate dal diritto comune, eloquentemente adottando un ordine terminologico ed una categoria concettuale svincolati dal rigore del Codice di Procedura Civile, che, nel riferirsi a figure o istituti quali “prove” e “documenti” ha esplicitamente adottato una declinazione in senso tecnico di tali termini, evidentemente ancorandoli alla definizione ed alla disciplina di essi circolanti nel medesimo ordinamento processuale, sicché al fine revocatorio di cui all’art. 395 C.P.C.. può solo concorrere quell’elemento qualificabile come prova o documento nell’ambito del processo civile, con il connesso corredo di conseguenze. Al contrario, la scelta adottata dall’ordinamento federale è stata quella di dar prevalenza al principio di effettività ed efficacia del materiale probatorio al preminente scopo di giustizia consistente nella rimozione dall’ordinamento stesso di decisioni sostanzialmente ingiuste, indipendentemente dalla natura dell’elemento di novità o dalla sua qualificazione in termini rigorosamente formali. In altri termini, l’opzione autonomamente esercitata dal C.G.S. è stata quella di considerare necessarie e sufficienti ad avviare ammissibilmente il procedimento revocatorio sopravvenienze fattuali, suscettibili di indurre il giudice della revocazione a riconsiderare alla loro luce il precedente assetto decisorio. La norma non impone affatto che le sopravvenienze in parola debbano aver precedentemente superato un vaglio di veridicità conclusosi con una pronuncia definitiva in qualunque ambito giurisdizionale (ordinario o sportivo). L’apprezzamento della capacità rivalutativa della precedente pronuncia posseduta dagli elementi sopravvenuti è, pertanto, unicamente riservata dal legislatore federale al giudice della revocazione, che appare del tutto sciolto dal vincolo di conformità ad altre valutazioni svolte con riferimento ai medesimi fini in altre sedi: semmai la conformità tra tale apprezzamento ed altri realizzati, sia pur interinalmente, in altre sedi, può corroborare l’affidabilità dell’apprezzamento effettato in ambito federale, come di seguito si vedrà. Ciò premesso, perché il ricorso della Procura Federale possa superare lo scrutinio di ammissibilità, occorre che questa Corte ritenga soddisfatta la condizione secondo la quale i fatti nuovi dedotti come elementi probatori rivelino la propria astratta attitudine a comportare, ove fossero stati conosciuti dai primi giudici, una diversa pronuncia. Occorre, pertanto, analiticamente esaminare la ricorrenza di tale carattere con riguardo alla impostazione del ricorso. È opinione della Corte che, in primo luogo, ciascuno degli elementi di cui si sta per dire sia unicamente riferibile, per la sua specifica e concretamente documentata inerenza, alla persona di Postiglione, mentre manca perfino la convincente enunciazione della loro estensibilità alla persona del Giuzio, del quale la Procura si limita macchinalmente a predicare il coinvolgimento nella medesima responsabilità del Postiglione senza fornire alcun riscontro a questa conclusione. Alla luce di ciò va dichiarata inammissibile la richiesta revocatoria formulata nei confronti di Giuzio, dovendo anche la responsabilità disciplinare delle persone fisiche soggiacere al fondamentale principio della personalità. Quanto alla posizione di Postiglione, deve osservarsi che gli elementi sopravvenuti che secondo la Corte si palesano induttivi di una possibile revisione critica della precedente pronuncia vanno ravvisati nelle risultanze delle indagini penali, che danno conto delle nuove dichiarazioni accusatorie di Lopiano e De Angelis, nelle intercettazioni telefoniche dei colloqui tra Postiglione ed Evangelisti, nell’accertata effettuazione di pagamenti da parte del Postiglione ai calciatori non schierati nel corso dell’incontro Potenza–Salernitana, nelle intercettazioni di conversazioni tra l’allenatore del Potenza ed altro interlocutore, nell’esito delle indagini penali riguardante la partecipazione del Postiglione ad un giro di scommesse su gare calcistiche, nel fallimento dell’alibi della ricezione da parte del Postiglione di minacce attraverso il mezzo del messaggio telefonico e, comunque, nell’inconsistenza dei messaggi riferiti, anche se effettivamente fossero stati di eteronoma provenienza . Ed invero ciascuno di questi elementi individualmente considerato nonché valutato in forma aggregato agli altri consente in astratto di rifondare il giudizio precedentemente espresso dalla Commissione Disciplinare Nazionale sotto lo specifico profilo che, grazie al nuovo ingresso di questi elementi probatori, può vincersi l’ambiguità interpretativa che ad avviso dei primi giudici si risolveva nel mancato raggiungimento della prova piena della ricorrenza in capo al Postiglione del necessario elemento soggettivo (dolo specifico) integratore della fattispecie dell’illecito sportivo. Ma la decisione di primo grado aveva, d’altro canto, espressamente riconosciuta la ricorrenza di adeguate e tranquillizzanti prove circa il compimento delle condotte materiali ascritte al Postiglione, segnatamente consistenti nella calcolata decisione di impiego di una formazione menomata per lo svolgimento della gara con la Salernitana, nella ostile interlocuzione al riguardo con l’allenatore Arleo, nella acclarata sussistenza di un clima molto teso che circondava la disputa della partita. I primi giudici non ritennero, però, che questa cornice fattuale di per sé bastasse a portare alla conclusione della sua leggibilità in termini di denuncia di un atteggiamento antidoveroso e fraudolento da parte del Postiglione. Ora, le nuove evidenze probatorie prodotte dalla ricorrente, da un canto, ampliano il quadro probatorio relativo ai fatti la cui materiale verificazione possa dirsi dimostrata, includendovi le dichiarazioni di Lopiano e De Angelis, l’incontro tra Postiglione ed Evangelisti, il pagamento di somme di denaro ai calciatori che non avevano partecipato alla gara; d’altro canto, esse appaiono astrattamente dotate della forza di gettar luce sulle ragioni induttive delle condotte del Postiglione, così sciogliendo il dubbio che esse fossero effettivamente orientate a raggiungere esattamente ed esclusivamente il risultato alterativo della gara costituente manifestazione dell’illecito sportivo. Ed infatti, la concatenazione dei fatti materiali, antecedentemente e susseguentemente acquisiti al processo sportivo, orienta la interpretazione del fine delle azioni poste in essere dal Postiglione, facendone risaltare l’univoca riferibilità al risultato illecito e non offrendo alcuno spazio ad interpretazioni alternative o incompatibili. Da questo punto di vista la Corte non ha alcuna esitazione nel giudicare congrui ed adeguati ai fini dell’ammissibile proposizione del ricorso i nuovi elementi prospettati dalla Procura ricorrente: ciò deve condurre ad una pronuncia di ammissibilità dello stesso. Così superata la fase rescindente, l’esame degli atti, dei fatti e delle circostanze conducenti alla pronuncia circa la sussistenza delle condizioni rescissorie della pronuncia originaria si rivela agevole e di immediata, intuitiva percezione, nel senso del concorso delle condizioni per procedere alla eliminazione della decisione divenuta irrevocabile e del consequenziale accoglimento del ricorso della Procura Federale.  Ed infatti, le risultanze delle accurate, capillari, congruamente motivate indagini penali hanno consentito a questa Corte di conoscere nuovi, ulteriori, decisivi elementi che illustrano il complesso, elaborato itinerario storico che precedette e seguì la disputa della gara incriminata: la Corte è assolutamente serena nel qualificare come chiaro e definito tale itinerario e nel farne affiorare il fine perseguito da chi vi diede vita. È stato accertato grazie alla raccolta dei dati da parte degli inquirenti ed alla loro convincente utilizzazione in sede giudiziaria che Postiglione impose la propria autorità rispetto a quella legittima e istituzionale del tecnico ai fini della individuazione dei calciatori da schierare, secondo un modulo completamente privo di ragionevolezza ed utilità per la squadra, vistasi privare di calciatori titolari, le cui prestazioni si erano in passato rivelate positivamente decisive, sostituiti con altri meno esperti, più giovani, del tutto impreparati ad affrontare una gara certamente impegnativa.Le concordi deposizioni di Lopiano e De Angelis mettono in luce la pervicace ostinazione del Postiglione nel trovare, comunque, alternative alla migliore formazione possibile, tanto da prospettare il paradossale impiego di calciatori non solo della Beretti ma della formazione allievi nel caso di irreperibilità dei primi. Queste affermazioni sono credibili in sé sia perché hanno trovato riscontro nell’effettiva deprivazione dell’apporto di alcuni calciatori titolari nella formazione utilizzata contro la Salernitana sia perché manca qualunque tranquillizzante e precisa indicazione di motivi di interessata ostilità del Lopiano e del De Angelis nei confronti del Postiglione, anche considerando la consueta e fitta frequentazione tra i tre sia alla vigilia della gara che nelle ore immediatamente successive. Una simile familiarità è certamente inconciliabile con un’inimicizia che avrebbe dovuto covare nel tempo fino a portare a così gravi affermazioni. Che il mancato schieramento dei calciatori fosse dal Postiglione vissuto come fatto meritevole di una qualche forma di ricompensa o gratificazione (almeno nei limiti in cui ad esso fosse corrisposto il soddisfacimento anche di un interesse diretto e personale dello stesso Postiglione) è dimostrato dalla ulteriore, nuova emergenza processuale che ha consentito di appurare la corresponsione di consistenti somme di denaro pochi giorni dopo la partita ai calciatori non schierati, senza che sia stata in alcun modo fornita una “causa solvendi” atta a stornare il dubbio della sua illiceità per riconduzione ad un motivo illecito, comune a tutte le parti. Di questa

dazione pecuniaria gli atti di indagine penale in questa sede acquisiti hanno dato piena, inequivocabile conferma non solo grazie alle puntuali e convergenti dichiarazioni degli stessi interessati e di Lopiano e De Angelis, ma anche in virtù delle allusive confidenze fatte telefonicamente dall’allenatore ad un altro interlocutore. Ancora più significativa è la circostanza che i nuovi elementi probatori presi a mutuo dalle indagini penali hanno focalizzato l’attenzione degli inquirenti sulla effettiva verificazione di un incontro tra Postiglione ed Evangelisti al termine del quale fu consegnata dal secondo al primo una rilevantissima somma di denaro di cui non è stata dagli interessati fornita giustificazione alcuna, che del tutto verosimilmente finì con il costituire la provvista per una sua frazionata utilizzazione a favore dei calciatore precedentemente identificati (cui fu, in effetti, consegnata solo pochi giorni dopo la ricezione della somma stessa). E che l’incontro si sia effettivamente verificato non è solo provato dalle dichiarazioni di due delle persone che ne videro, sia pure a breve distanza, l’effettuazione e ne percepirono uditivamente le fasi organizzative: tale prova è integrata dall’intercettazione telefonica che testimonia dei preparativi dell’incontro tra Evangelisti e Postiglione, esattamente nel medesimo luogo indicato nelle (allora ignare delle intercettazioni stesse) dichiarazioni di Lopiano e De Angelis. A completare un cerchio di geometrica precisione si colloca il fatto, frutto di una attenta ricostruzione operata dagli inquirenti in merito alle abitudini di vita del Postiglione, oltre che oggetto di concorrenti e precise dichiarazioni di Lopiano e De Angelis, che il Presidente del Potenza in più occasioni avesse attivamente partecipato ad atti di scommessa su gare sportive ricadenti nell’orbita di interesse della propria società, addirittura avvalendosi per la loro effettuazione di apporti estranei per non attirare su di sé temute attenzioni di terzi. La circostanza in parola convince questa Corte che sussistesse un adeguato movente induttivo nel Postiglione della volontà alterativa della gara, finalizzata alla ritrazione di vantaggi economici collegati sia all’attività di scommessa sia all’ottenimento di utilità collegabili al pagamento da parte della società beneficiaria dell’alterazione della gara (la Salernitana) di somme di denaro. Sintomatiche di questo aspetto sono le dichiarazioni di Lopiano e De Angelis, che esplicitamente hanno confermato in sede giudiziaria l’avvenuta stipulazione dell’accordo illecito tra Postiglione e non identificati soggetti portatori degli interessi della Salernitana, volto all’alterazione del risultato della gara. Del resto, il passaggio di denaro dalle mani di Evangelisti a quelle di Postiglione, per le sue caratteristiche logiche e cronologiche, che obiettivamente lo collegano alla gara, fornisce un sicuro indice del pieno inserimento della gara Potenza-Salernitana in un circuito di arricchimenti illeciti, che sicuramente avrebbe potuto trarre alimento e giovamento dall’alterazione del risultato della gara stessa. In altri termini, ricorreva ogni utile circostanza perché la gara venisse distolta dal suo alveo regolare e fatta oggetto di negoziati antidoverosi: una volta conseguito il risultato alterativo i benefici sarebbero stati, come in effetti avvenne, tratti: nella prospettiva di trarre tali benefici agevolmente si spiega la precostituzione della base tecnica per impedire il regolare svolgimento della gara, ossia la adozione di una formazione ingiustificatamente ed irragionevolmente debole. Ed anche tale distonia comportamentale trovò, come prima detto, adeguata ed invogliante remunerazione. Rende ancora più vacillante, e ne offusca linearità e credibilità, la condotta del Postiglione nella vicenda dei messaggi telefonici. Che essi siano stati fraudolentemente autoinviati (come pure questa Corte non ha ragione di dubitare essere avvenuto, alla luce delle approfondite investigazioni) o che abbiano una diversa provenienza, il testo che li compone può solo dimostrare che esisteva una nota e diffusa tensione che accompagnava la gara: e la tensione stessa, lungi dal rappresentare un indice di preoccupazione ambientale alla quale il Postiglione si sarebbe assurdamente sottratto imponendo una formazione menomata, ben appare spiegabile – come messo in rilievo concordemente da De Angelis e Lopiano – con la propagazione dei sospetti circa una volontà alteratrice addebitata al Postiglione e molto diffusi nell’ambiente cittadino (e non solo calcistico). La riduzione ad unità interpretativa dei nuovi elementi addotti dalla Procura a sostegno del suo ricorso obbliga la Corte ad assumere un unico modulo di giudizio dei fatti sottoposti al suo esame: essi furono tutti attraversati dalla portata inquinante delle condotte di Postiglione e dei fini illeciti da lui perseguiti. A questo punto, non può più nutrirsi alcun dubbio che il metro di qualificazione della sua condotta sia quello dello stigma per la volontà di perseguire un fine illecito. Ed è questo, pertanto, l’esito cui questo giudizio approda, per effetto delle significative, imponenti integrazioni del quadro probatorio determinative della modificazione della precedente pronuncia. Deve, pertanto, ritenersi pienamente integrata la prova della commissione dell’illecito contestatogli da parte del Postiglione e la conseguente riferibilità di esso a titolo di responsabilità diretta alla società da lui rappresentata. Quanto alla posizione della Salernitana, chiamata a rispondere a titolo di responsabilità presunta, è da ricordare che, secondo la costante giurisprudenza delle corti federali di ultima istanza, tale forma di responsabilità obbedisce al criterio diretto a punire chi oggettivamente tragga vantaggio dal compimento dell’altrui illecito, in difetto della prova, incombente sulla società favorita, dell’estraneità all’illecito e della correlativa inconsapevolezza, (cfr., per tutti, Corte Federale in Com. Uff. n. 7 del 2006/2007). Ora, nel caso di specie, non solo la condotta illecita del Postiglione era potenzialmente rivolta all’attribuzione alla Salernitana di un vantaggio ingiusto, ma lo stesso fu – così giustificandosi la contestazione della relativa aggravante – concretamente ottenuto attraverso un’indebita vittoria sul campo. Tale vantaggioso risultato acquistava all’epoca dei fatti un sapore ancor più benefico, tenuto conto dell’alta posizione di classifica ricoperta dalla Salernitana: ciò spazza ogni possibile incertezza circa la piena soddisfazione del criterio del “cui prodest”, come di quello applicabile nel caso di responsabilità presunta. Quanto alle sanzioni, la Corte ritiene che al Postiglione vada applicata la più grave di quelle astrattamente configurabili, tenuto conto della spregevolezza dei motivi ad agire, del grave pregiudizio recato alla società di cui era presidente, della importanza della carica rivestita, del comportamento tenuto nel corso del procedimento. Egli va, pertanto, inibito dallo svolgimento di ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società Potenza Sport Club s.r.l. nell’ambito federale per la durata di cinque anni. Tenuto conto della particolare gravità dell’infrazione la Corte dispone, altresì, la preclusione del Postiglione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.. Quanto alla società Potenza Calcio, la gravità della condotta del suo rappresentante, da cui deriva la responsabilità diretta del sodalizio, è tale da indurre la Corte a propendere per la grave sanzione dell’esclusione dal campionato di competenza: tale sanzione si rivela, peraltro, la più appropriata alla fattispecie in ragione della gravità dei fatti ed in termini di concreta afflittività. Quanto alla Salernitana, la Corte ritiene adeguata la sanzione della penalizzazione di sei punti di classifica chiesta dalla Procura Federale. P.Q.M. La C.G.F., - dichiara inammissibile il ricorso per revocazione come sopra proposto dalla Procura Federale nei confronti di Pasquale Giuzio; - dichiara ammissibile il ricorso per revocazione come sopra proposto dalla Procura Federale nei confronti del Potenza Sport Club S.r.l., della Salernitana Calcio 1919 S.p.A. e di Giuseppe Postiglione e lo accoglie e, per l’effetto:

a) dispone l’esclusione del Potenza Sport Club S.r.l dal campionato di competenza con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore;

b) applica la penalizzazione di 6 punti in classifica per il campionato in corso alla Salernitana Calcio 1919 S.p.A.;

c) applica a carico di Giuseppe Postiglione la sanzione dell’inibizione per anni 5 a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società Potenza Sport Club S.r.l. nell’ambito federale;

d) dispone, altresì, la preclusione di Giuseppe Postiglione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.

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