F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE –2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 291/CGF del 24 Giugno 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 37/CGF del 30 Luglio 2010 1) RICORSO DEL VICE PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DELL’ALLENATORE ANDREA GUERRA DALLA VIOLAZIONE DELL’ART. 30, STATUTO FEDERALE, A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA. N. 4601/423PF 09/10/MS/VDB DEL 4.2.10 – (Delibera della Commissione Disciplinare Settore Tecnico – Com. Uff. n. 123/CD Settore Tecnico del 21.5.2010)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE –2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 291/CGF del 24 Giugno 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 37/CGF del 30 Luglio 2010
1) RICORSO DEL VICE PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DELL’ALLENATORE ANDREA GUERRA DALLA VIOLAZIONE DELL’ART. 30, STATUTO FEDERALE, A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA. N. 4601/423PF 09/10/MS/VDB DEL 4.2.10 - (Delibera della Commissione Disciplinare Settore Tecnico – Com. Uff. n. 123/CD Settore Tecnico del 21.5.2010)
La Procura Federale ricorre contro la decisione con cui la Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico (Com. Uff. n. 123 del 21.5.2010) ha assolto l'allenatore Guerra Andrea dalla violazione di cui all'art. 30 dello Statuto Federale, per aver presentato una denuncia-querela contro Murano Franco, presidente del F.C. Bolzano Club 96, senza aver preventivamente chiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione da parte del Consiglio Federale, avendo, esso organo disciplinare, ritenuto, sulla falsariga di un precedente giurisprudenziale costituito da un lodo emesso il 5.3.2009 dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. nella vertenza Setten e società Treviso contro F.I.G.C., com'è dato evincere dalla relativa, scarna motivazione, che il caso di specie, interessando l'area del giudice penale, non fosse assoggettabile al c.d. ''vincolo di giustizia''. La ricorrente, dopo aver evidenziato come la pronuncia richiamata dalla Commissione Disciplinare spiegasse la sua efficacia solo sul contenzioso compromesso nell'arbitrato e non vincolasse in alcun modo l'autonoma podestà decisionale di altri organi di giustizia operanti in ordinamenti diversi,sostiene che,essendo i reati di ingiuria e diffamazione attribuiti dal Guerra al Murano, reati peraltro perseguibili a querela di parte, contemplati come violazione disciplinare dall'ordinamento federale (art. 5 C.G.S.), il tesserato avrebbe potuto far valere le sue ragioni e trovare soddisfacente tutela anche all'interno di tale ordinamento. Di contro la difesa del Tecnico, nelle proprie controdeduzioni, ha, in buona sostanza, incentrato le proprie argomentazioni su di un unico postulato assumendo che ''la materia penale sia da ritenere sottratta alla giurisdizione domestica del diritto sportivo'' e ciò anche perchè i reati contro l'onore e la libertà morale quali l'ingiuria, la diffamazione e la violenza privata, asseritamente subiti dal Guerra, lederebbero diritti e situazioni soggettivi che non potrebbero trovare valido usbergo nel perimetro della giustizia federale; ha, infine, concluso asserendo che, in ogni caso, difetterebbero nel Guerra la consapevolezza e volontà di violare la norma statutaria a causa delle sue ''innegabili difficoltà interpretative''. Il ricorso è fondato e va accolto. Sull'ambito di applicabilità del vincolo di giustizia che trova la sua legittimazione ed il suo limite in una legge dello Stato e, segnatamente nell'art. 1 della L. 280/03, molto si è discusso pervenendo a decisioni non sempre fra di loro compatibili e non sempre convincenti; di certo considerazioni risolutive sulla vicenda in esame non fornisce l'invocato lodo, conclusivo di un arbitrato irrituale, per le incontestabili ragioni rappresentate dalla ricorrente e, per inciso, del tutto ignorate dal primo giudice, così come assolutamente inconferente si palesa il richiamo difensivo ad un precedente di questa Corte a Sezioni Unite (ricorso Cellino e Cagliari Calcio in Com. Uff. n. 154/CGF dell'8.4.2008) che ha affrontato e risolto la questione sotto profilo ben diverso. Va anzitutto premesso che la clausola compromissoria di cui all'art. 30, comma 2 dello Statuto Federale, incondizionamente accettata dai soggetti ''in quanto appartenenti all'ordinamento settoriale sportivo'' ed il derivante obbligo di richiedere l'autorizzazione federale nei casi di contenzioso concernenti ''materie riconducibili all'attività della F.I.G.C.'' o comunque aventi ad oggetto ''vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico'' fra tesserati, non hanno caratteristiche di anelasticità, nè si pongono come un divieto ad adire il giudice ordinario, tant'è che possono essere elise dalla concessione dell'autorizzazione e che la relativa inottemperanza comporta soltanto una contestazione disciplinare per l'infrazione prevista dall'art. 15 C.G.S.. Ciò chiarito, affermare apoditticamente e categoricamente che il vincolo di giustizia non si estenda all'intero contenzioso afferente la materia penale, significa svilire lo stesso spirito della disposizione normativa statale dianzi citata che ''riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nel gestire situazioni giuridiche soggettive ad esso connesse'', autonomia derogabile in quanto sottordinata all'ordinamento statale solo nei casi in cui le situazioni giuridiche suddette abbiano rilievo per quest'ultimo. Rimanendo nel comparto dei rapporti intersoggettivi regolati dal diritto penale ovvero, in termini diversi e meno astratti, delle ''situazioni'' che insorgono a seguito dell'avvenuta consumazione di reati è, quindi, da vedere quali di esse, se pur coinvolgenti soggetti appartenenti al mondo federale e/o connesse ad interessi sportivi abbiano effettiva rilevanza per l'ordinamento generale e pertanto sfuggano al circuito operativo della clausola compromissoria. In proposito giova ricordare come lo stesso legislatore statale abbia, sul punto, introdotto una sorta di distinzione basata sul coefficiente di interesse che alcune situazioni rivestono per l'ordinamento ordinario, situazioni che, contraddistinte da limitato potenziale di pericolosità o provocanti un minore allarme sociale,non determinano un suo diretto intervento. Trattasi chiaramente della ripartizione fra reati, perseguibili d'ufficio o a querela di parte, e, per la questione in disamina, di quei casi in cui lo Stato delega all'eventuale iniziativa del cittadino l'imput affinchè l'organo a ciò deputato - P.M. - possa legittimamente esercitare l'azione penale. Quanto sopra non può che avere una ben precisa significazione e cioè che situazioni specifiche di ridotta illegalità hanno per l'ordinamento statale scarso interesse e minimo rilievo. Assumere, quindi, com'è stato fatto nella motivazione del lodo Setten, che, comunque, anche nelle cennate ipotesi l'applicazione del vincolo di giustizia comporterebbe una lesione di interessi giuridicamente rilevanti in quanto la giurisdizione federale, ''priva di potestas judicandi non avrebbe strumenti coercitivi per offrire e garantire tutele'' è assioma che non si dimostra condivisibile. Ed invero ,una volta esclusa dal P.M. la configurabilità, nelle condotte addebitate al Murano del reato di violenza privata, unico perseguibile di ufficio, gli illeciti residuati (a voler accettare acriticamente la versione dei fatti fornita dal Guerra) chiaramente collegati soggettivamente ed oggettivamente all'attività sportiva propria della F.I.G.C., potevano, in tempi sicuramente più rapidi e meno defatiganti di quelli tipici della giustizia ordinaria, essere esaminati, con garanzia di efficace ed adeguata soluzione e ,se provati, di soddisfacente ristoro per lo stesso querelante, dagli organi di giustizia sportiva federali, visto che i presunti delitti contro l'onore erano perseguibili, come evidenziato dalla ricorrente, ai sensi dell'art. 15 C.G.S. e che le eventuali rivendicazioni di natura economica erano proponibili presso la competente Commissione Vertenze Economiche prevista dall'art. 49 C.G.S.. I rilievi che precedono valgono a privare di giuridica fondatezza le conclusioni privilegiate nel lodo Setten e fatte supinamente proprie dal provvedimento gravato che va, pertanto, riformato. Consegue che il percorso giudiziario scientemente, come per sua stessa ammissione resa in sede d'indagini, prescelto dal prevenuto, integra in ogni sua componente l'infrazione disciplinare contestatagli e va pertanto punito con la sanzione della squalifica, che si reputa equo contenere nel minimo edittale, per la durata di mesi sei. Per questi motivi la C.G.F. in accoglimento del ricorso come sopra proposto dal Vice Procuratore Federale, dichiara il signor Andrea Guerra responsabile della violazione contestatagli e lo condanna alla squalifica per la durata di 6 mesi.
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