F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 187/CGF del 23 Marzo 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 1 Aprile 2011 15) RICORSO DEL CALCIO COMO S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 30 INFLITTA AL SIG. DI BARI ANTONIO, DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ CALCIO COMO S.R.L.; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 3390/283PF10-11/SP/MG DELL’1.12.2010 – PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO III: CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI, PUNTO 11) DEL SISTEMA DELLE LICENZE NAZIONALI PER L’AMMISSIONE AI CAMPIONATI PROFESSIONISTICI 2010/2011, DI CUI AL COM. UFF. N. 117/A DEL 25.5.2010 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 19.1.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 187/CGF del 23 Marzo 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 1 Aprile 2011 15) RICORSO DEL CALCIO COMO S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 30 INFLITTA AL SIG. DI BARI ANTONIO, DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ CALCIO COMO S.R.L.; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 3390/283PF10-11/SP/MG DELL’1.12.2010 – PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO III: CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI, PUNTO 11) DEL SISTEMA DELLE LICENZE NAZIONALI PER L’AMMISSIONE AI CAMPIONATI PROFESSIONISTICI 2010/2011, DI CUI AL COM. UFF. N. 117/A DEL 25.5.2010 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 46/CDN del 19.1.2011) Il signor Antonio Di Bari ed il Calcio Como S.r.l., con atto in data 29.1.2011, ottenuta la copia degli atti richiesti con istanza in data 22.1.2011, hanno proposto ricorso avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale – pubblicata con Com. Uff. n. 46/CDN del 19.1.2011, notificata il successivo giorno 20 – resa a seguito di apposito deferimento del Procuratore Federale, con il quale erano stati contestati, rispettivamente: - al signor Antonio Di Bari, Presidente e legale rappresentante della società Calcio Como, la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione ai criteri previsti dal Titolo III, punto 11), del Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione ai Campionati Professionistici 2010/2011, pubblicato con Com. Uff. N. 117/A del 25.5.2010, per irregolare deposito presso la Commissione Criteri Sportivi e Organizzativi, entro il termine del 6.8.2010 (non oltre i due giorni antecedenti alla prima gara ufficiale della stagione agonistica), delle schede informative del Delegato alla Sicurezza (modulo 11A) e del Vice Delegato alla Sicurezza (modulo 11B) indicanti due soggetti non in possesso dei requisiti di formazione previsti dalla normativa vigente in materia; - alla società, la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S., vigente, per la condotta ascritta al proprio legale rappresentante. Gli inquisiti si erano difesi, sostenendo di avere ottemperato a quanto richiesto dal Com. Uff. n. 117/10, il quale stabiliva la necessità, con riferimento alla posizione del Delegato alla Sicurezza e del Vice Delegato per la Sicurezza, esclusivamente del possesso dei requisiti richiesti dal D.M. 18.3.1996 e successive modifiche, e non, quindi, del possesso dei requisiti di formazione, previsti, viceversa, da altra norma statuale, e cioè dal D.M. 8.8.2007, che la società non aveva preso in considerazione per l’individuazione delle figure di riferimento. La decisione oggetto del presente gravame ha ritenuto che il deferimento era fondato ed ha respinto la tesi degli inquisiti, giudicando che le disposizioni dettate dal più recente Decreto Ministeriale avevano “inciso sulla determinazione dei requisiti richiesti per l’individuazione della figura del Delegato e del Vice Delegato per la Sicurezza e, in quanto tale, deve ritenersi comunque <> (nella sua valenza integrativa) della normativa contenuta nel D.M. 18.3.1996”. Sulla base di detta valutazione il primo Giudice – dopo avere precisato che “il mancato deposito di due distinti moduli – 11/A per il delegato alla sicurezza e 11/B per gli addetti alla sicurezza-steward – non è idoneo a integrare gli estremi di un duplice inadempimento, atteso che l’espletamento della specifica incombenza deve essere necessariamente ricondotto a un unico e omogeneo contesto di riferimento, con la conseguenza che quanto previsto dal punto 11) del Titolo III – Criteri sportivi e organizzativi – di cui al Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010 costituisce un unicum e, quindi, deve essere sanzionato con la comminatoria di un solo punto di penalizzazione” – ha dichiarato la responsabilità del sig. Antonio Di Bari e della Calcio Como S.r.l., comminando, pertanto, “al primo la sanzione dell’inibizione di giorni 30 e alla società la sanzione della penalizzazione di punti 1 in classifica generale, da scontarsi nella Stagione Sportiva in corso”. Il signor Antonio Di Bari e la Calcio Como S.r.l. hanno gravato detta decisione, qualificata “priva di fondamento”, assumendo che essi sono stati “sanzionati per il mancato rispetto di una normativa statuale estranea alla cd. <> prevista sul Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010”. Le Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale, all’udienza del 23.2.2011, udita la relazione del componente all’uopo delegato, nonché il rappresentante della Procura Federale – che ha concluso per il rigetto del gravame -, e l’avv. Mattia Grassani, difensore dei ricorrenti - che ha insistito nelle richieste formulate in ricorso, - si è riservata di decidere. Gli appellanti hanno sostenuto che “la norma che si assume violata, codificata nel Titolo III, numero l1, del Manuale Licenze Nazionali, dispone l'obbligo, a carico dei club, di <>. … La scrivente società, a detta della Procura Federale, sarebbe responsabile della violazione in quanto i soggetti indicati non sarebbero stati <> (ma, come vedremo, in perfetta regola rispetto al D.M. 18.3.1996 e successive modifiche, unica norma richiamata dal Com. Uff. n. 117/A in parte qua)”. Gli appellanti hanno aggiunto che “detto aspetto era stato diffusamente argomentato dalla scrivente società al momento della comunicazione alla Commissione Criteri Organizzativi, tanto che, nello spazio riservato a <> dei sigg.ri Marco Bianchi e Roberto Bolpato, venne barrata la casella <> alla voce <> (requisito ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa federale per Delegato e Vice Delegato alla sicurezza, introdotto con altra legge dello Stato, mai richiamata dal Manuale Licenze Nazionali, ovvero il D.M. 8.8.2007, e non certo dal D.M. 18.3.1996 e successive modificazioni). Nelle note de quibus si precisava, inoltre, che <>”. Le argomentazioni innanzi riassunte, al pari delle altre ampiamente illustrate nel gravame in relazione all’assunta inapplicabilità del Decreto Ministeriale 8.8.2007 al caso di specie, all’affermata errata in-terpretazione della normativa di riferimento, nonché all’irrogazione delle sanzioni comminate agli inquisiti, impongono una generale considerazione circa la portata ed il fine delle disposizioni della cui violazione si tratta, allo scopo di delinearne i limiti di applicabilità, così agevolandosi anche il giudizio cui nel presente caso queste Sezioni Unite sono chiamate. Il Com. Uff. n. 117/A ha delineato un articolato sistema per l’accesso alle Licenze Nazionali per il Campionato in corso, prevedendo la necessità che le società, per partecipare alla competizione di competenza, ottengano la stessa licenza e stabilendo come misura strumentale che esse osservino una molteplicità di adempimenti, puntualmente ed analiticamente descritti, in relazione ai criteri economico-finanziari e legali, ai criteri infrastrutturali nonché ai criteri sportivi e organizzativi. Distinte disposizioni sono state emanate con riferimento all’osservanza di ciascuno di tali criteri, mediante la previsione degli adempimenti specifici e del relativo calendario. La comune scelta normativa, omogenea alla struttura delle modalità di adempimento di ciascuno dei criteri, è stata quella di considerare atomisticamente i singoli adempimenti, nell’evidente presupposto della loro essenzialità e di configurare come illecito disciplinare autonomamente perseguibile ciascuna violazione sotto forma di mancata osservanza della condotta richiesta in relazione a ciascuna delle circostanze individuate nel comunicato. E’, infatti, costantemente ripetuto il caveat che ciascun inadempimento costituisce di per sé illecito disciplinare: è agevole l’esegesi di questo genere di precetto, e cioè che, da un canto, il legislatore federale ha descritto un modello puramente formale ed inderogabile di condotta esigibile, mentre, d’altro canto, ha reso del tutto irrilevante – in analogia a quanto l’ordinamento prevede per i reati contravvenzionali – il possibile elemento soggettivo (dolo o colpa) che potrebbe in astratto sorreggere l’elemento materiale dell’illecito. Da ciò consegue che il legislatore ha in modo chiaro escluso qualunque peso anche ad una possibile identità di disegno violativo delle disposizioni, fedele alla propria linea di attribuire specifico rilievo a ciascun adempimento. Né, peraltro, pare a queste Sezioni Unite che la tecnica normativa possa prestarsi a censure di irragionevolezza, tenuto conto che essa obbedisce ad un disegno implementativo di disposizioni legislative cogenti anche in ambito federale e mira a salvaguardare beni fondamentali quali salute, sicurezza, etc. alla cui salvaguardia il rigoroso catalogo di prescrizioni è indubbiamente orientato. E la severità delle sanzioni, nonché il metodo della loro applicazione (una distinta sanzione per ciascun inadempimento), del tutto razionalmente si concilia con i valori che attraverso questa via normativa vengono opportunamente ed adeguatamente protetti. Da questa politica legislativa, calibratamente inverata attraverso la equilibratissima pronuncia dei giudici di primo grado, queste Sezioni Unite non vedono ragione alcuna per discostarsi. E invero, con riferimento ai motivi di reclamo (la cui trattazione in forma aggregata è resa possibile dalle considerazioni precedenti), la Corte osserva che le indiscutibili (dal punto di vista fenomenico) violazioni contestate agli incolpati integrano di per sé illecito disciplinare, in virtù dell’apposita previsione legislativa, senza che sia necessario ancorarle alla violazione dell’art. 1 C.G.S.; d’altro canto, nessuna, anche indiretta, compromissione della libertà di iniziativa economica può mai ravvisarsi laddove all’ente economico venga prescritta l’osservanza di norme deputate alla tutela di interessi costituzionalmente protetti e di rango certamente non inferiore, quali la salute; si rivela parimenti irrilevante la mancanza di vantaggio conseguito dal soggetto responsabile della violazione; è inconfigurabile, per le ragioni prima esposte, sia il concorso formale tra gli illeciti disciplinari in parola sia l’ipotesi di una fattispecie corrispondente a quella della continuazione di diritto comune nei rapporti tra le singole violazioni. Peraltro, non è superfluo sottolineare, come ammesso anche dai ricorrenti, che – nel compilare gli appositi moduli, acquisiti agli atti del giudizio – la società ricorrente, al punto “C) Formazione professionale”, ha barrato la casella “no” per rispondere alla voce “a) Ha terminato i cicli di formazione previsti dalla normativa vigente”. Ciò dimostra che la A.C. Como era ben conscia che la persona incaricata di svolgere le funzioni di “Delegato per la sicurezza” – al pari di quanto dichiarato per il “Vice Delegato” – era carente dei requisiti essenziali per esercitare tale compito, che, come testualmente dispone l’allegato C del decreto ministeriale 8.8.2007, deve essere conferito ad “un … componente del G.O.S., con le funzioni previste dagli articoli 19 e seguenti del decreto del Ministro dell'interno del 18.3.1996, come successivamente modificato ed integrato, e dal presente decreto”. Correttamente, quindi, la Commissione Distrettuale ha giudicato che il d.m. dell’agosto 2007, dettato per la “Organizzazione e servizio degli «steward» negli impianti sportivi”, ha integrato la disciplina precedente del marzo 1996 e va applicato nel caso in esame, allorquando sancisce che il “Delegato per la sicurezza” deve avere una formazione sviluppata nei settori indicati al punto 2 dell’allegato B del citato D.M. 8.8.2007. Non ha fondamento, dunque, per le ragioni innanzi esposte, anche l’implicito richiamo degli appellanti ai principi di legalità e di tassatività, certamente rispettati dalla decisione impugnata. Gli appellanti, infatti, hanno sostenuto che “l’inosservanza, al più, della normativa statuale, però, non può costituire violazione disciplinare, in quanto le previsioni di cui al Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010 sono state pienamente e puntualmente rispettate dal Calcio Como S.r.l., ed il D.M. 8.8.2007, ai cui dettami la scrivente si è conformata alla prima occasione utile, non è minimamente richiamato dalla norma precetto cogente in ambito federale”. La tesi non può essere condivisa, perché la disciplina dettata dal punto 11) del Titolo III del Com. Uff. n. 117/A mira allo scopo di tutelare la sicurezza non solo degli impianti sportivi, ma anche di coloro che vi accedono e, di conseguenza, non può non fare riferimento anche alla normativa statuale del settore (D.M. 8.8.2007), che – come giustamente ritenuto dalla Commissione Disciplinare – integra il precedente D.M. 18.3.1996. Sempre ad avviso degli appellanti “il primo giudice ha ritenuto che, trattando il medesimo argomento (la sicurezza negli stadi), il D.M. 8.8.2007 (non rispettato dal Calcio Como S.r.l. in occasione della prima partita ufficiale) dovrebbe ritenersi <> del D.M. 18.3.1996 (unico riferimento legislativo contenuto nella norma incriminatrice, C.U. n. 117/A, osservato dalla reclamante). Ma così non è, in quanto il più recente testo normativo non ha in nulla modificato, né novato quello richiamato dalla norma federale!”. L’argomento è meramente formale, perché la modifica o – come nel caso di specie – l’integrazione di una normativa preesistente mediante l’approvazione di nuove disposizioni può certamente derivare da leggi posteriori che disciplinano ulteriori fattispecie e non comportano necessariamente l’abrogazione esplicita od implicita della legislazione anteriore, secondo i principi dettati dall’art. 15 delle “disposizioni sulla legge in generale”. Né può ritenersi che la disciplina federale si sia premurata di disporre a carico delle società solo l’adempimento di una formalità (invio dei moduli entro il termine del 30 giugno o, al massimo, “non oltre i due giorni antecedenti alla prima gara ufficiale della stagione agonistica”) finalizzata alla sicurezza degli impianti sportivi e, quindi, solo di una parte della materia disciplinata dalla legislazione statuale e non di coloro che assistono alle gare. Nel caso di specie, come già precisato, i documenti depositati dall’A.C. Como presso la Commissione criteri sportivi e organizzativi davano atto che i designati non avevano completato “i cicli di formazione previsti dalla normativa vigente” e, pertanto, non erano ancora abilitati all’esercizio delle funzioni loro conferite. Tali atti, dunque – anche per la carenza “della necessaria documentazione attestante la nomina ed il possesso dei requisiti richiesti e previsti dalla normativa vigente”, evidenziata dalla Commissione Disciplinare - non potevano essere considerati semplicemente “irregolari”, né ritenuti idonei all’osservanza dell’obbligo sancito dal punto 11), che condizionava il rilascio della Licenza per i Campionati 2010/2011. Inoltre, come precisato anche dall’U.S. Como nel ricorso in appello, essa “all’atto della domanda di iscrizione al campionato, … ha sanato la posizione relativa ai propri delegati, con riferimento alla normativa statuale (e non a quella federale, mai oggetto di violazione in quanto il DM 18.3.1996 è stato integrato fin dall’inizio), nel più breve tempo possibile, ovvero nella prima settimana di novembre 2010, allorquando l’Andes ha organizzato il primo corso della Stagione Sportiva 2010/2011”. Ciò dimostra che la Licenza è stata ottenuta in carenza di un presupposto e, quindi, la decisione gravata non merita di essere riformata. Peraltro, molto opportunamente, i giudici di primo grado hanno considerato riconducibile ad un’unica violazione l’inadempimento consistente nella sostanziale incompleta comunicazione della complessiva consistenza dello staff competente in materia di sicurezza societaria: nessuna censura, pertanto, può muoversi alla decisione impugnata anche con riguardo all’entità della sanzione, che è certamente proporzionata alla rilevanza dell’inadempimento, ad onta del quale la A.C. Como ha ottenuto la predetta Licenza. In conclusione, il reclamo va rigettato, con incameramento della tassa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal Calcio Como S.r.l. di Como e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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