F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE –2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 50/CGF 09 Settembre 2010 1) RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO AI SENSI DELL’ART. 31, COMMA 1 LETT. D) C.G.S., DEL PRESIDENTE FEDERALE, IN ORDINE ALL’ART. 6.11 B, IV, DEL REGOLAMENTO L.N.P. SERIE B.
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE –2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 50/CGF 09 Settembre 2010
1) RICHIESTA DI PARERE INTERPRETATIVO AI SENSI DELL’ART. 31, COMMA 1 LETT. D) C.G.S., DEL PRESIDENTE FEDERALE, IN ORDINE ALL’ART. 6.11 B, IV, DEL REGOLAMENTO L.N.P. SERIE B.
Con lettera in data 11 agosto 2010 alla Corte di Giustizia Federale – Sezione Consultiva – il Presidente Federale chiede parere in merito all’assemblea della Lega Professionisti Serie B tenutasi il 20 luglio 2010 ed in particolare alle votazioni ivi svoltesi per l’elezione del Presidente della Lega medesima. Si espone in tale lettera che in sede di terza votazione, il procedimento elettorale, con la partecipazione di tutte le società aventi diritto, nel numero di 21, diede il seguente esito: 10 voti per un candidato, 9 voti per un altro e 2 schede bianche; e che, non ritenendo raggiunta la maggioranza richiesta dall’art. 6.11.b.iv del Regolamento di Lega (secondo cui è in tal caso necessaria la «maggioranza semplice degli aventi diritto al voto»), una delle società partecipanti propose ricorso avverso la delibera. Si espone altresì che tale ricorso fu dichiarato inammissibile dalla Corte di Giustizia Federale – Sezioni Unite - senza entrare nel merito, per mancanza del requisito di legittimazione richiesto dall’art. 6.15. Si chiede quindi a questa Corte di esprimere «parere sulla maggioranza che era richiesta nel corso della terza votazione tenutasi il luglio u.s., per una valida elezione del Presidente della Lega Nazionale Professionisti Serie B e sugli effetti di un eventuale mancato rispetto di tale maggioranza». Udita la relazione del Prof. Carlo Angelici ritiene questa Corte di formulare il seguente Parere 1. Occorre preliminarmente verificare se questa Sezione consultiva possa o meno pronunciarsi sul quesito alla stregua degli artt. 34, comma 10 , lett. c) Statuto F.I.G.C. e 31, comma 1, lett. d) C.G.S.. Difatti, come si precisa nello stesso quesito, la questione della legittimità della nomina è stata portata all’esame della Corte di Giustizia Federale in sede contenziosa. Senonchè, si deve anche constatare che la relativa pronuncia è di inammissibilità e quindi, essendo limitata all’aspetto processuale, non determina il formarsi di un giudicato sul merito della controversia. Non si ritiene dunque che ricorra la preclusione citata. 2. Venendo al merito della questione, essa si compone in effetti di due distinti interrogativi, che meritano di essere separatamente considerati: 1) quello se nel caso specifico possa ritenersi raggiunta la maggioranza richiesta dall’art. 6.11.b.iv, sopra trascritto; 2) quello, nell’ipotesi di risposta negativa, concernente gli eventuali rimedi in una situazione nella quale non sono ormai più possibili impugnative volte all’annullamento della delibera. 1) Con riferimento al primo, il tema sembra a questa Corte non presentare difficoltà. Pare certo, infatti, che il riferimento alla «maggioranza semplice degli aventi diritto al voto» implica la necessità, quando essi sono 21, di 11 voti favorevoli: se non altro in quanto, facendo riferimento agli aventi diritto, neppure si pone il problema di distinguere tra chi ha positivamente votato e chi ha espresso scheda bianca (un problema che del resto, è superfluo aggiungere, sembra ormai da tempo risolto nel senso di escludere tale distinzione e di considerare quindi anche le schede bianche ai fini della determinazione del quorum funzionale: v. per esempio T.a.r. Sicilia, 30 gennaio 1985, n. 118, e, con analoga soluzione riguardo agli astenuti, C. Stato, sez. V, 21 giugno 1985, n. 242). 2) Certamente più delicata è la seconda questione. Essa si caratterizza per una duplice circostanza: che il presidente dell’assemblea aveva, a chiusura delle votazioni, proclamato essere avvenuta l’elezione, in effetti erroneamente in base a quanto appena osservato; e che le possibilità di un ricorso in annullamento risultano ormai precluse. Potrebbe risultarne così coinvolta una tematica di notevole ampiezza: quella se le anomalie in sede di proclamazione dei risultati di un procedimento collegiale possono e/o debbono essere fatte valere mediante la sua impugnativa o non vi siano altri possibili rimedi, la questione in definitiva del ruolo che la prima svolge nell’ambito del procedimento e se, ed in che senso, le si possa riconoscere una propria autonomia. Deve rilevarsi, però, che ai fini specifici qui di interesse non è necessario assumere una posizione di ordine generale su questioni così delicate e complesse. Nel caso concreto oggetto del presente parere, infatti, non si presentano i due temi per cui essa è stata soprattutto discussa: quello, soprattutto rilevante nel diritto amministrativo, concernente i rapporti tra proclamazione e globale procedimento elettorale, con la questione dell’autonoma impugnabilità oppure no della prima; e quello, di portata generale, del ruolo che alla proclamazione medesima può assegnarsi nel caso in cui sia il risultato di un erroneo conteggio dei voti. È ben noto in effetti, per quanto concerne questa seconda questione, come si sia lungamente discusso se in tal caso, quando cioè il presidente di un’assemblea proclama il risultato di una votazione errando nel conteggiare i voti, sia necessaria un’impugnativa della delibera (in realtà di fatto non assunta, ma proclamata) oppure sufficiente limitarsi a constatare che la decisione non era stata effettivamente assunta, eventualmente mediante un’azione di accertamento; nel secondo caso, a ben guardare, adottando una soluzione analoga a quella che certamente varrebbe in materia di formazione di un contratto, ove certamente non sarebbe materia di impugnativa e non si porrebbe l’esigenza di proporre la contestazione che un contratto non si è di fatto concluso. Ed anche è noto che questa seconda questione, che coinvolge temi ed esigenze come quelli della certezza dei procedimenti assembleari, è stata risolta dal legislatore nella disciplina delle società per azioni; ciò con l’art. 2377, comma 5°, lett. b, cod. civ., che alla invalidità di singoli voti od al loro errato conteggio fa conseguire, quando determinanti per la formazione della maggioranza, la mera annullabilità della delibera, quindi l’esigenza di una sua impugnazione secondo le regole previste per l’azione di annullamento. Non di questo si tratta però nel caso oggetto del presente parere, ove non vi è motivo per dubitare dell’esattezza del conteggio dei voti ed ove l’erronea proclamazione deriva invece da un’interpretazione non corretta del ricordato art. 6.11.b.iv del Regolamento di Lega. Sembra chiaro infatti, ad opinione di questa Corte, che le due situazioni debbano tenersi nettamente distinte. Ciò si comprende considerando che la funzione del presidente dell’assemblea è, in sede di proclamazione, quella di raccogliere i voti, conteggiarli e appunto proclamare il risultato della votazione (il che, nel caso specifico, è esattamente avvenuto): ed in questo senso, svolgendosi tale funzione all’interno del procedimento assembleare, eventuali sue anomalie possono intendersi come anomalie dell’intero procedimento medesimo. Non è invece sua funzione, e comunque non rappresenta una sua specifica ed esclusiva prerogativa, quella di trarre le conseguenze giuridiche dei risultati della votazione come proclamati. Deve ritenersi perciò che, essendo preclusa ogni possibilità di impugnativa, l’accertamento dei voti ed il loro conteggio non possono più essere contestati. Non vi è motivo invece per estendere questa sorta di inoppugnabilità anche alle conseguenze giuridiche che il presidente ha erroneamente ritenuto di trarne. E non vi è motivo di dubitare che all’anomala situazione che si è venuta a creare si possa e debba rimediare, in primo luogo e soprattutto in sede di autotutela da parte degli organi dell’ordinamento sportivo. È così certamente possibile che la persona stessa che è stata erroneamente insediata nella carica provveda a convocare l’assemblea consentendole così di procedere ad un’elezione pienamente conforme al Regolamento di Lega. Può essere il Consiglio Federale, su proposta del Presidente Federale, ad esercitare i poteri conferitigli dall’art. 9.9. dello Statuto, eliminando così l’attuale anomalia e consentendo alla Lega B di effettuare una nuova elezione del suo Presidente. È possibile infine che sia l’assemblea della stessa Lega ad operare in tal senso, con una nuova elezione la quale, ovviamente, data la situazione segnalata, non presuppone un precedente delibera di revoca, ma deve intendersi come prosecuzione del precedente procedimento elettorale. Deve anche segnalarsi che, fin quando l’attuale situazione di fatto non sarà superata con una di queste tecniche, la posizione di chi al momento svolge in fatto le funzioni di Presidente della Lega Professionisti Serie B dovrà intendersi nei termini del «funzionario di fatto» di cui si discorre in diritto amministrativo o, con maggiore precisione, dell’«amministratore di fatto» da tempo individuato nel diritto societario: con tutte le conseguenze che possono derivarne, sia riguardo alla possibilità, mediante un’agevole interpretazione estensiva della regola espressamente posta nell’art. 2383, ultimo comma, cod. civ., di ritenere validi gli atti compiuti sia con riferimento alle implicazioni che possono derivarne in tema di responsabilità. P.Q.M. Nei suesposti motivi è il parere
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