• Stagione sportiva: 2010/2011
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 57/CGF del 15 Settembre 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 66/CGF del 29 Settembre 2010
1) RICORSO DELL’U.S. LECCE S.P.A., DEL BRESCIA CALCIO S.P.A. E DELL’ A.C. CESENA S.P.A. (EX ART. 9, COMMA 15 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A) TENDENTE AD OTTENERE LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ DELLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 19, COMMA 2, PARAGRAFO 3 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A, CONCERNENTI I CRITERI DI RIPARTIZIONE DEI PROVENTI DERIVANTI DALLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI ONERI, ADEMPIMENTI E RESTRIZIONI A CARICO DELLE SOCIETÀ NEOPROMOSSE IN SERIE A (Delibera dell’Assemblea della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 1° luglio 2010)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 57/CGF del 15 Settembre 2010 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 66/CGF del 29 Settembre 2010
1) RICORSO DELL’U.S. LECCE S.P.A., DEL BRESCIA CALCIO S.P.A. E DELL’ A.C. CESENA S.P.A. (EX ART. 9, COMMA 15 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A) TENDENTE AD OTTENERE LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ DELLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 19, COMMA 2, PARAGRAFO 3 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A, CONCERNENTI I CRITERI DI RIPARTIZIONE DEI PROVENTI DERIVANTI DALLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI ONERI, ADEMPIMENTI E RESTRIZIONI A CARICO DELLE SOCIETÀ NEOPROMOSSE IN SERIE A (Delibera dell’Assemblea della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 1° luglio 2010)
Le società reclamanti, neopromosse in Lega Professionisti Serie A per la Stagione Sportiva 2010/2011, in data 8.7.2010 hanno presentato reclamo avverso quanto disposto dall’art. 19 comma 2 p. 3 dello Statuto-Regolamento approvato dall’assemblea di Lega Nazionale Professionisti Serie A l’1.7.2010, premettono che:
1) il 30.6.2010 – in qualità di neopromosse - hanno ricevuto: atto costitutivo della nuova Lega Nazionale Professionisti Serie A; schema di dichiarazione-richiesta di adesione; Statuto-Regolamento ( inviato anche alla FIGC per verifica di conformità);
2) Statuto-Regolamento: l’art. 19, comma 2, p. 3, riproduce i criteri fissati dal Dlgs 9/08 per i riparto dei proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi: 40% tra tutti i partecipanti al campionato; 30% sulla base del bacino di utenza; 30% per meriti sportivi; al paragrafo 3 dello stesso comma 2 viene inoltre previsto che “…dalla quota spettante a ciascuna delle società neopromosse in Serie A … viene prelevata la somma di € 2.500.000,00 da distribuire…alle società di Serie A che parteciperanno alla Europa League…”
3) le società ricorrenti, nel depositare la richiesta di adesione alla Lega, avevano formulato espressa richiesta scritta e verbale di verifica e modifica del predetto paragrafo (1.7.2010);
4) il 5.7.2010 veniva approvato lo Statuto-Regolamento da parte dell’assemblea: non veniva effettuata alcuna modifica di quanto riportato nel par. 3, anzi il testo riceveva comunque l’omologazione da parte della F.I.G.C..
Ciò premesso le società reclamanti, in virtù dell’art. 9 comma 15 dello Statuto Regolamento, che prevede la possibilità di reclamo alla Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C., richiedono quindi di dichiarare illegittimo quanto previsto dall’art. 19 comma 2, p. 3 dello Statuto e di annullare quanto determinato in loro danno, sia assumendo “ l’abuso e l’eccesso di potere di maggioranza“ a carico di specifici associati (i neo promossi) che la violazione dei criteri di riparto dei proventi derivanti dai diritti televisivi, come disciplinati dagli artt. 25 e 26 del Dlgs 9/08. Con memoria del 15.7.2010 la Lega Nazionale Professionisti Serie A in persona del suo Presidente p.t. formulava la propria replica sostenendo la legittimità del proprio operato, basato sull’approvazione di precedenti delibere da parte dell’assemblea Serie A, che, a partire dalla stagione 2007/2008, hanno successivamente regolamentato l’argomento dei criteri di ripartizione delle risorse. La Lega Calcio, espone con la propria difesa che:
1) la prima assemblea è stata quella del 30.10.2007 (assemblea Serie A) con approvazione della delibera in cui si prevedeva l’attribuzione di quote per le retrocesse in Serie B e l’onere a carico delle neo promosse in A di € 2,5 milioni (art. 19, comma 2, p. 3);
2) nel corso delle stagioni successive le società reclamanti hanno partecipato alle varie assemblee della Lega Nazionale Professionisti militando in A o B, fino a quella del 29.7.2009 in cui venne definita la separazione tra Lega Nazionale Serie A e Serie B: l’art. 19, comma 2, p. 3 della delibera non fu messo in discussione;
3) in data 8.6.2010 la F.I.G.C. riconosceva le due nuove Leghe di A e B con i rispettivi statuti (Com. Uff. n. 123/A), e per garantire la continuità dell’attività di organizzazione delle competizioni, istituiva una norma transitoria in favore della vecchia Lega Nazionale Professionisti, che restava in vigore fino al 31 ottobre prossimo;
4) il 30.6.2010 le tre reclamanti chiedevano l’iscrizione al campionato di Serie A con dichiarazione di adesione alla Lega Nazionale Professionisti Serie A in cui approvavano lo Statuto- Regolamento riservandosi di “sottoporre la necessità di modifica dell’art. 19.2.3 e di verifica di legittimità all’Assemblea e agli organi di giustizia sportiva e nazionali”;
5) il 1.7.2010 l’Assemblea ha deliberato le modifiche richieste dalla F.I.G.C. e quelle richieste in assemblea, ma l’art. 19.2.3, oggetto della presente impugnativa, non è stata modificata ed è stata soltanto richiamata per relationem da precedenti delibere, mai oggetto di reclamo. La Lega Nazionale Professionisti Serie A sulla base dei fatti suesposti rassegnava alla Corte di Giustizia Federale le seguenti conclusioni:
A- IN VIA PRELIMINARE
• dichiarare inammissibile e/o improcedibile il reclamo delle società Lecce, Brescia e Cesena per violazione dell’art. 9.15 dello Statuto Regolamento, in mancanza di una delibera sull’art. 19.2.3 dello Statuto Regolamento della Lega Nazionale Professionisti Serie A (quella impugnata è solo richiamata e non deliberata ex novo);
• dichiarare inammissibile e/o improcedibile il reclamo della società Lecce (dalla promozione alla categoria A nella Stagione Sportiva 2008/2009 si sarebbe verificata decadenza) per perenzione del termine di impugnazione e comunque di tutte e tre le società reclamanti per rinuncia e/o loro acquiescenza alla delibera medesima e/o alla disposizione economica ivi approvata, sancita dal patto di separazione Leghe A e B.
B- NEL MERITO
• dichiarare infondato nel merito il reclamo delle società Lecce, Brescia e Cesena dichiarando legittima la delibera 30.10.2007 della Lega Nazionale Professionisti Serie A e/o l’art. 19.2.3 dello Statuto regolamento della Lega Nazionale Professionisti Serie A, per insussistenza dei prospettati vizi di violazione del D. L.vo 9/2008 e del principio di maggioranza. All’udienza del 15.9.2010 aventi le Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale si è svolta la discussione del reclamo. I reclamanti, rappresentati dall’Avv. Gianluigi Pellegrino, e la Lega Nazionale Professionisti Serie A, rappresentata dall’Avv. Ruggero Stincardini, esponevano le proprie ragioni riportandosi agli scritti difensivi e quanto ai reclamanti, anche alla nota di udienza depositata con il consenso del rappresentante della Lega Nazionale Professionisti Serie A. Alla discussione è intervenuto altresì l’Amministratore Delegato dell’U.S. Lecce S.p.A. Mario Moroni. Terminata la discussione il Collegio all’unanimità ha deliberato la seguente decisione:
1) Inammissibilità ed improcedibilità del reclamo Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità sollevate dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A con la memoria difensiva. Invero, la Lega ritiene irricevibile il ricorso perché non sussisterebbe il presupposto per il reclamo previsto dall’art. 9 comma 15 dello Statuto-Regolamento in quanto la delibera impugnata non sarebbe una deliberata ex novo ma soltanto richiamata con effetti confermativi. La censura è priva di pregio, come correttamente evidenziato dalla difesa delle società reclamanti: l’approvazione assembleare dell’1.7.2010 deve ritenersi relativa all’intero regolamento e non solo alle modifiche introdotte in seguito alle osservazioni della F.I.G.C. o di altri soggetti. D’altra parte, la natura obbligatoria dell’adesione alla Lega Nazionale Professionisti Serie A determinerebbe, ove si accedesse all’eccezione della Lega, una compressione alla potestà di impugnativa delle clausole regolamentari. Non merita altresì accoglimento l’eccezione di decadenza o acquiescenza sollevata dalla Lega in quanto, come fondatamente evidenziato dalla difesa delle reclamanti anche con la nota di udienza del 15.9.2010, la misura reclamata costituisce una nuova delibera formale anche nella parte in cui richiama delibere precedenti. D’altra parte avverso la delibera del 2007 unico soggetto legittimato all’impugnativa poteva ritenersi solo la Lega Nazionale Professionisti Serie B (o comunque la precedente componente collettiva di Serie nella Lega Nazionale Professionisti). Peraltro le reclamanti hanno maturato l’interesse soltanto nel momento in cui hanno assunto la veste di associati alla Lega Nazionale Professionisti Serie A 2010 in qualità di neopromosse in A proprio nel 2010, anno di efficacia delle misure impugnate. Né vale in contrario, come argomentato dalla Lega, richiamare la promozione dell’U.S. Lecce in Serie A nel 2008 o l’adesione all’accordo di separazione delle Leghe del 29.7.2009, essendo, come detto, l’attualità della lesione prospettata verificatasi con l’approvazione dell’impugnata delibera del 1.7.2010.
2) Merito
Il ricorso non può trovare accoglimento nel merito per i motivi che seguono. Preliminarmente deve ritenersi che il sindacato della Corte di Giustizia Federale, nel caso di specie avente ad oggetto la validazione della deliberazione adottata dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A, come espressamente indicato nell’ art. 9, comma 15 dello Statuto- Regolamento, deve riguardare unicamente l’eventuale violazione di legge, nonché il rispetto dei principi che presiedono all’esercizio corretto dei poteri deliberativi inerenti il vincolo associativo di stampo privatistico. D’altra parte le delibere impugnate, come riconosciuto dalle Società reclamanti, ricevono l’omologazione da parte della F.I.G.C., pertanto il sindacato della Corte risulta limitato, oltre che alla violazione di legge, alla discrezionalità cosiddetta esterna, essendo precluso alla Corte ogni esame di merito delle delibere della Lega Nazionale Professionisti Serie A. Ciò premesso non hanno pregio le censure sollevate dalle società reclamanti circa l’irragionevolezza delle disposizioni assembleari in quanto assunte in violazione delle disposizioni del Dlgs 9/2008 e dei principi che regolano la vita associativa della Lega Lega Nazionale Professionisti Serie A che avrebbe posto in essere una lesione del principio di maggioranza sotto forma di abuso della maggioranza a danno della minoranza con determinazioni prive di ragionevolezza. I motivi di reclamo anche sotto questo profilo non possono essere accolti.
2a) La conformità al Decreto legislativo 9/2008
Giova preliminarmente richiamare il quadro normativo nel cui ambito si inserisce la questione oggetto del presente reclamo. Con il Dlgs 9/2008 si è data attuazione alla legge 19.7.2007, n. 106, recante la "delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale". L'attuazione della delega segna il passaggio da un sistema incentrato sulla titolarità dei diritti audiovisivi sportivi in capo ai singoli organizzatori degli eventi (squadre), recepito nell'art. 2, comma 2, del decreto legge 30.1.1999, n. 15, convertito, con modificazioni, nella legge 29.3.1999, n. 78, ad un nuovo sistema basato sulla contitolarità dei diritti in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione (Lega) e a tutti i soggetti partecipanti alla stessa (le squadre), ispirato al modello della U.E.F.A. Champions League. Si è trattato di una riforma strutturale, che ha inciso sensibilmente sugli interessi di distinte categorie di soggetti privati - le società sportive professionistiche, gli operatori della comunicazione ed i sostenitori delle squadre, che sono gli utenti finali dei prodotti audiovisivi sportivi - ma con un comune obiettivo finale, chiaramente enunciato nel primo comma della legge delega: garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti che partecipano alle competizioni sportive e realizzare un mercato trasparente ed efficiente dei diritti audiovisivi. La riforma del mercato dei diritti audiovisivi sportivi, si caratterizza per le nuove regole in materia di commercializzazione di tali diritti, che possono essere brevemente sintetizzate come segue:
- conferimento all'organizzatore della competizione di una sorta di mandato collettivo ex lege a commercializzare in via esclusiva, sul mercato nazionale ed internazionale, i diritti audiovisivi di cui è contitolare unitamente ai soggetti che partecipano alla competizione medesima;
- riconoscimento in capo a ciascun organizzatore dell'evento sportivo del diritto d'archivio relativo all'evento medesimo, nonché della possibilità di adottare autonome iniziative commerciali;
- predeterminazione, da parte dell'organizzatore della competizione, di apposite linee guida finalizzate a disciplinare le procedure attraverso le quali sarà effettuata la vendita dei diritti audiovisivi, in modo da garantire la parità di trattamento di tutti i soggetti interessati all'acquisto;
- previsione di specifiche regole finalizzate a garantire la trasparenza e la concorrenza nel mercato come, ad esempio, quelle in materia di durata massima dei contratti di licenza, di formazione dei pacchetti, di requisiti di indipendenza che devono essere posseduti dagli intermediari interessati all'acquisto dei diritti;
- previsione di una distinta disciplina per la commercializzazione dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale, nel quale si registra la presenza di diverse piattaforme distributive che mostrano un differente livello di sviluppo, e sul mercato internazionale, nell'ambito del quale assume prioritario rilievo l'esigenza di valorizzare i prodotti audiovisivi relativi ai campionati italiani;
- previsione di una disciplina diversificata per le piattaforme emergenti e per la piattaforma radiofonica, in modo da tenere conto delle peculiari esigenze di questi settori. La nuova disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi si coordina con le nuove regole finalizzate a garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti
che partecipano alla competizione e ad assicurare la c.d. mutualità generale del sistema. All'equilibrio competitivo è preordinata la disciplina in materia di equa ripartizione delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti tra tutti i partecipanti alla medesima competizione. Tale disciplina, in ossequio ad una specifica previsione contenuta nell'art. 1, comma 3, lett. i), della legge delega, è stata elaborata tenendo conto delle regole predisposte dai soggetti preposti all'organizzazione delle competizioni sportive. In particolare, per quanto riguarda il calcio, si è tenuto conto delle decisioni assunte dalle società di Serie A della Lega Nazionale Professionisti nell'assemblea del 30.10.2007, nel corso della quale sono state approvate, a larga maggioranza, apposite regole per la ripartizione delle risorse derivanti dal mercato dei diritti audiovisivi relativi al Campionato di Serie A.
Inoltre per la gestione delle risorse destinate alla mutualità generale (ossia finalizzate allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, alla valorizzazione e incentivazione delle categorie dilettantistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, nonché al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche, purché di particolare rilievo sociale) si è prevista la costituzione di un'apposita fondazione di diritto privato, denominata "Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre". Completa il quadro generale della riforma, in relazione all’oggetto del reclamo, l'analitica disciplina del periodo transitorio, finalizzata a consentire un equo contemperamento tra l'esigenza di non procrastinare eccessivamente l'operatività delle nuove regole in materia di commercializzazione dei diritti, di equa ripartizione delle risorse e di mutualità generale, da un lato, e le aspettative derivanti dai contratti stipulati nel vigore della disciplina posta dall'art. 2, comma 2, del decreto legge 15 del 1999, dall'altro. Come evidenziato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A, il meccanismo previsto nella delibera del 30.7.2007 reiterato nella delibera impugnata dalla Lega di Serie A, secondo cui alle società neo-promosse viene prelevata la somma di euro 2.500.000,00 da distribuire in parti uguali a tutte le società di serie partecipanti alla Europa League, non è in contrasto con il criterio previsto dall’art. 25 del citato D. L.vo 9/2008, che disciplina le quote per la ripartizione delle risorse fra i soggetti partecipanti a ciascuna competizione e quorum deliberativi (la maggioranza qualificata di ¾ degli aventi diritto), né con quello indicato all’art. 26, prima ripartizione delle risorse del comparto di calcio di Serie A per la Stagione Sportiva 2010/2011. Il fine dichiarato delle disposizioni di Lega Lega Nazionale Professionisti Serie A suindicate è proprio quello di assicurare il mantenimento del maggior numero di posti nelle coppe europee alle squadre della Lega Serie A, senza aprioristica individuazione dei soggetti incisi dal sacrificio e dal corrispondente beneficio. D’altronde il carattere prettamente dispositivo delle norme del Dlgs 9/2008 è viepiù rilevante con riferimento alla disciplina di prima applicazione previsto dall’art. 26 del Dlgs 9/2008 laddove l’operatività del criterio 40, 30, 30 deve contemperarsi proprio per la Stagione Sportiva 2010/2011, che ci occupa nel presente giudizio, con l’autonomia dispositiva delle associazioni (“…. tenuto conto delle regole determinate dall’organizzatore dei campionati di calcio di Serie A e B…., così recita l’art. 26, primo comma, Dlgs 9/2008). La Lega Nazionale Professionisti Serie A, mandataria ex lege per la commercializzazione dei diritti radio-televisivi e la contro titolarità dei diritti con le squadre associate, con la propria regolamentazione di misure compensative integrative dei criteri legali dispositivi ha tra l’altro, con la delibera del 30.7.2007 impugnata, invero realizzato un adeguato contemperamento dell’interesse collettivo degli associati, ad assicurare una competitiva loro presenza nelle competizioni U.E.F.A. e quello dei singoli ad una quota di risorse economiche sufficienti a garantire competitività nelle competizioni nazionali. La delibera in questione risulta, dunque, in linea con il quadro normativo delineato dal Dlgs 9/2008, sicchè appare infondata la ritenuta sopravvenuta illegittimità della delibera del 2007 dell’Assemblea di Serie A richiamata nella delibera impugnata del 2010 della Lega Nazionale Professionisti Serie A, che è conforme ai principi e alla disposizioni del Dlgs 9/2008.
2 b) La conformità al principio di maggioranza Non vi sono gli elementi pur individuati dalla Corte Suprema di Cassazione per rendere integrata la violazione dell’abuso del principio di maggioranza societaria. Invero con la formula ‘abuso del diritto’ si tende ad indicare un limite esterno all’esercizio, potenzialmente pieno ed assoluto, del diritto soggettivo, il cui riconoscimento implica l’attribuzione al soggetto di una duplice posizione, di libertà e di forza. Si ha abuso nel caso di uso anormale del diritto, che conduca il comportamento del singolo (nel caso concreto) fuori della sfera del diritto soggettivo esercitato, per il fatto di porsi in contrasto con gli scopi etici e sociali per cui il diritto stesso viene riconosciuto e protetto dall’ordinamento giuridico positivo. Un siffatto comportamento ‘abusivo’ costituisce, quindi, un illecito (a seconda dei casi aquiliano o contrattuale, se trattasi, rispettivamente, di diritto reale o di credito), sanzionato secondo le norme generali di diritto in materia. Sono state ravvisate dalla giurisprudenza ipotesi di esercizio abusivo del diritto di voto nell’ambito delle assemblee di società di capitali. Abuso, innanzitutto, da parte della maggioranza assembleare, che approvi una deliberazione ispirata esclusivamente ad proprio interesse extrasociale. L’annullabilità di siffatte delibere viene fondata, dal Supremo Collegio (Cass. 26/10/95 n. 11151; Cass. 20106/09), non più sul parapubblicistico eccesso di potere della maggioranza, bensì, appunto, sull’abuso del diritto di voto. I supremi giudici muovono dalla premessa che, “con l’esercizio del diritto di voto, il socio dà esecuzione al contratto di società, sicchè il diritto di voto deve, a norma dell’art. 1375 c.c., essere esercitato secondo buona fede ; la conclusione è che il voto espresso per realizzare un interesse extrasociale, con danno per la minoranza, integra gli estremi dell’abuso del diritto” (in dottrina F. Galgano, Abuso del diritto). Premesso che, come emerge dalle pronunce giurisprudenziali, all’abuso del diritto l’ordinamento consente di reagire anche al di fuori del modello dell’art. 2043 c.c., occorre verificare quando l’esercizio abusivo del diritto possa considerarsi fonte di responsabilità aquiliana. Problematica è, soprattutto, l’individuazione degli elementi, descritti dall’art. 2043 c.c., del “danno ingiusto” e del “dolo” o “colpa” del danneggiante, quale necessaria componente soggettiva della condotta lesiva. Quanto all’ingiustizia del danno, possono essere di aiuto le indicazioni contenute nella celebre sent. 500/99, in cui le Sezioni Unite, nello statuire la natura di norma primaria dell’art. 2043, non meramente sanzionatrice di precetti altrove posti nell’ordinamento giuridico, hanno devoluto al giudice di merito il compito di procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, la lesione dei quali soltanto può integrare un danno “ingiusto”. Al fine di accertare il requisito in questione, il giudizio di comparazione degli interessi in conflitto, e cioè dell’interesse effettivo del soggetto che si afferma danneggiato e dell’interesse che il comportamento lesivo dell’autore del fatto è volto a perseguire, deve essere finalizzato ad accertare se il sacrificio dell’interesse del soggetto danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto interesse dell’autore della condotta, in ragione della sua prevalenza. La più recente giurisprudenza, volta a valorizzare il principio di buona fede ai fini dell’accertamento di un possibile abuso anche in campo contrattuale, è nel senso di applicare il rimedio dell’exceptio doli generalis, in quanto basato sulle clausole generali di correttezza e buona fede, oltre le predette fattispecie legislative, come dimostrano le sue applicazioni in materia di contratto autonomo di garanzia. Sulla base degli elementi dedotti in giudizio non vi sono ragioni per accogliere il ricorso anche sotto il profilo suindicato proprio sulla base dei ricordati principi. La delibera impugnata risponde invero al principio maggioritario senza che sul piano oggettivo e soggettivo possa ritenersi configurabile il prospettato abuso. Sul piano oggettivo si ritiene che la delibera evidenzi che l’interesse collettivo al mantenimento dell’adeguato livello di competitività delle squadre associate alla Lega Nazionale Professionisti Serie A nelle competizioni U.E.F.A. sia contemperato all’interesse delle squadre neo promosse nella Lega Lega Nazionale Professionisti Serie A, che hanno comunque ottenuto adeguate risorse derivanti dalla ripartizione della commercializzazione dei diritti audiovisivi. Sul piano soggettivo, l’assenza della volontà della Lega di pregiudicare irragionevolmente le ragioni di alcuni associati deriva proprio dalla assenza di aprioristica individuazione dei soggetti incisi dalla contribuzione e dei soggetti beneficiari, assumendo la disposizione statutaria carattere di generalità e astrattezza. D'altronde la delibera contestata ha rispettato il quorum deliberativo prescritto dalla norma, sicchè anche sotto questo profilo non è ravvisabile alcun abuso o violazione di legge. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’U.S. Lecce S.p.A. di Lecce, dal Brescia Calcio S.p.A. di Brescia e dall’A.C. Cesena S.p.A. di Forlì-Cesena. Dispone incamerarsi le tasse reclamo.
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1) RICORSO DELL’U.S. LECCE S.P.A., DEL BRESCIA CALCIO S.P.A. E DELL’ A.C. CESENA S.P.A. (EX ART. 9, COMMA 15 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A) TENDENTE AD OTTENERE LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ DELLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 19, COMMA 2, PARAGRAFO 3 STATUTO-REGOLAMENTO DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A, CONCERNENTI I CRITERI DI RIPARTIZIONE DEI PROVENTI DERIVANTI DALLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI ONERI, ADEMPIMENTI E RESTRIZIONI A CARICO DELLE SOCIETÀ NEOPROMOSSE IN SERIE A (Delibera dell’Assemblea della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 1° luglio 2010)"