CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 12 luglio 2010 promosso da: Dott. Lionello Manfredonia contro Sig. Aleandro Rosi
CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 12 luglio 2010 promosso da: Dott. Lionello Manfredonia contro Sig. Aleandro Rosi
Il Collegio Arbitrale composto da: Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente Avv. Dario Buzzelli Arbitro Prof. Avv. Ferruccio Auletta Arbitro riunito in conferenza personale in Roma in data 9 luglio 2010 ha deliberato all’unanimità il seguente “LODO PARZIALE” (art. 26 Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S.) nel procedimento arbitrale promosso da: sig. LIONELLO MANFREDONIA, rapp.to e difeso dall’avv. Davide Perrotta ed elettivamente dom.to presso lo studio di questi in Roma al viale Bruno Buozzi n. 99 - ricorrente - contro il sig. ALEANDRO ROSI, rapp.to e difeso dall’avv. Luca Albano ed elettivamente dom.to presso lo studio dello stesso in Roma alla via Trionfale n. 13 - resistente - FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO Con istanza di arbitrato del 26.3.2010, prot. n. 0691, l’agente di calciatori Lionello Manfredonia ha dedotto che: - con contratto stipulato il 26.10.2005 il calciatore Aleandro Rosi gli ha conferito mandato di agente; - tale contratto prevedeva come corrispettivo a favore dell’agente il 5% del compenso annuo lordo spettante al sig. Rosi; - quest’ultimo, nell’agosto del 2006, con l’assistenza dell’istante, ha sottoscritto, per la stagione sportiva 2006/2007, un contratto per prestazioni sportive con l’A.S. Roma s.p.a. per un compenso lordo di €. 176.783,56; - sempre con l’assistenza dell’istante, in data 28.8.2007, il sig. Rosi ha poi stipulato con l’A.S. Roma s.p.a. un nuovo contratto per prestazioni sportive con i seguenti compensi lordi: €. 536.724,97 per la stagione sportiva 2007/2008; €. 716.209,77 per la stagione sportiva 2008/2009; €. 805.655,21 per la stagione sportiva 2009/2010; €. 895.100,65 per la stagione sportiva 2010/2011; - contemporaneamente il sig. Rosi, avendo aderito ad un accordo di cessione temporanea con diritto di compartecipazione intervenuto tra l’A.S. Roma s.p.a. e l’A.C. Chievo s.r.l., ha sottoscritto con tale ultima società, anche questa volta con l’assistenza dell’istante, un contratto per prestazioni sportive in relazione al periodo compreso tra il 28.8.2007 ed il 30.6.2011 a fronte del compenso lordo di €. 471.000,00 per la stagione 2007/2008; - al termine della stagione sportiva 2007/2008 il sig. Rosi è ritornato all’A.S. Roma s.p.a.; - nonostante i ripetuti solleciti, sia verbali che scritti, il sig. Rosi non ha provveduto a versare all’agente i compensi per l’attività da questo prestata in suo favore. Tutto ciò premesso, il sig. Manfredonia, anche a norma dell’art. 11 del “mandato tra calciatore e agente in data 21 ottobre 2007 -che reca “Ogni controversia comunque nascente dal presente contratto, relativa all’interpretazione, esecuzione e risoluzione dello stesso, verrà decisa con arbitrato rituale amministrato dalla Camera arbitrale costituita presso la F.I.G.C. ai sensi del Regolamento per le procedure arbitrali, allegato B del Regolamento. Le parti s’impegna irrevocabilmente ad accettare il lodo arbitrale e a darvi esecuzione”-, ha chiesto la condanna del sig. Rosi al pagamento della complessiva somma di €. 68.199,65, a titolo di compensi per l’attività di agente, oltre accessori di legge e con vittoria di spese. Con memoria del 14.4.2010, prot. n. 0813, il sig. Rosi, in via preliminare, ha eccepito l’incompetenza del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport nonché la prescrizione del diritto e la decadenza dall’azione. Ha chiesto comunque il rigetto della domanda anche nel merito stante la sua infondatezza. Il tutto con vittoria di spese. In data 10.6.2010 si è tenuta la prima udienza, nel corso della quale il ricorrente ha replicato a tutte le eccezioni sollevate dal sig. Rosi; il Collegio ha quindi concesso alle parti termine fino alla data del 21.6.2010 per il deposito di memorie e documenti. Entro il suddetto termine, con memoria del 21.6.2010, prot. n. 1262, solo il resistente ha ulteriormente argomentato sulle questioni preliminare e sull’intera vicenda contenziosa. MOTIVI DELLA DECISIONE Poiché il sig. Rosi, tra l’altro, ha eccepito l’incompetenza del Collegio adito, occorre decidere tale questione, dotata invero di speciale autonomia nella disciplina dell’arbitrato (art. 817 c.p.c.); decisione che il Collegio – a norma dell’art. 816-bis, 3° comma c.p.c. e 26, comma 2, Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S- reputa opportuno assumere in via preliminare mediante lodo (non definitivo). A sostegno dell’eccezione de qua il resistente ha richiamato l’art. 24 del nuovo Regolamento Agenti dei Calciatori, la cui rubrica è intitolata “Disposizioni transitorie e finali”. Il quadro normativo di riferimento, da cui bisogna prendere le mosse, è costituito dagli artt. 23 e 24 di detto Regolamento. L’art. 23, 1° comma, stabilisce che “Ogni controversia nascente dall’incarico di cui all’art. 10 è decisa con arbitrato rituale e di diritto amministrato dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il CONI (la “Camera”) ai sensi del relativo regolamento pubblicato a cura del CONI, fatto salvo quanto diversamente previsto nel presente regolamento. In particolare, si procederà direttamente all’arbitrato senza la previa fase del tentativo di conciliazione”. Il primo ed il secondo comma del successivo art. 24, rispettivamente, recitano: “Il presente regolamento, sottoposto all’approvazione del competente organo della FIFA, entra in vigore il 1° febbraio 2007 e sostituisce integralmente le disposizioni del precedente regolamento della FIGC sugli Agenti. In deroga al comma precedente, le domande di arbitrato proposte sulla base delle clausole compromissorie contenute in contratti di incarico ad Agente stipulati fino al giorno precedente la entrata in vigore del presente regolamento continueranno ad essere regolate dal precedente regolamento della FIGC sugli Agenti e dovranno essere proposte alla Camera Arbitrale costituita presso la FIGC, la quale cesserà le sue funzioni con l’esaurimento dei procedimenti arbitrali instaurati davanti ad essa. Le parti dei contratti di incarico in essere alla data di entrata in vigore del presente regolamento potranno consensualmente modificare la clausola compromissoria ivi contenuta per indicare la competenza della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport”. Tale ultima norma, al fine di risolvere le questioni di diritto intertemporale, individua quindi come spartiacque la data (1.2.2007) di entrata in vigore del nuovo Regolamento Agenti dei Calciatori, confermando la potestas iudicandi della Camera Arbitrale istituita presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio per le controversie derivanti dai contratti di incarico ad Agente conclusi fino alla data del 31.1.2007 e, di conseguenza, attribuendo alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport (adesso Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport) la potestas iudicandi per quelle scaturenti dai contratti stipulati dall’1.2.2007 in poi. Nel caso di specie, i contratti di mandato fondativi della complessiva pretesa risultano l’uno stipulato prima dell’1.2.2007, l’altro dopo. Sussiste, dunque, la competenza del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (in locum et ius della precedente C.C.A.S.) almeno per la domanda nascente dal secondo e ultimo contratto, senza che alcun pregio abbia, almeno ai fini della “competenza” del T.N.A.S., la questione della inopponibilità di tale contratto (pure pretesa dal convenuto) all’ordinamento della F.I.G.C. in ragione del suo mancato deposito fino al 22 ottobre 2007; e ciò in quanto il T.N.A.S. -diversamente dall’assunto del resistente- non è affatto “espressione” della singola Federazione, e in quanto -inoltre- esso è stato richiesto di pronunciare in data comunque posteriore all’avveramento della dedotta condizione di opponibilità anche al singolo ordinamento di settore, così sollecitandosene attualmente un non veramente eludibile dovere decisorio. Tanto premesso, la fattispecie pone, in apicibus, la questione della necessaria (o meno) corrispondenza tra procedimento e clausola compromissoria, sulla quale la più autorevole dottrina ha già compiutamente affermato che “il punto di riferimento centrale è la decidibilità nel merito della domanda da parte degli arbitri in virtù dell'esistenza di un valido ed efficace impegno delle parti. Rilevante è che un tale impegno vi sia, mentre nessuna norma e nessun principio impongono che ad ogni clausola compromissoria corrisponda un processo arbitrale, e viceversa. La clausola compromissoria, dunque, non identifica l'arbitrato, essendo questo identificato piuttosto dal o dai rapporti sostanziali”. Nel caso di specie, la sostanziale unicità del rapporto tra le parti, sebbene scandito nel tempo dalla successione delle fonti di previsione dei rispettivi diritti e obblighi, è fuori del seriamente opinabile, tanto che neppure potrebbe pregiudizialmente escludersi il fenomeno della successione tra clausole, in cui -cioè- la più recente abbia funzionalmente assorbito anche la ragion d’essere di quella più risalente. Quindi, l’unica ragione per la quale una delle parti può allegare l’interesse contrario alla “realizzazione di un unico processo arbitrale a fronte di una pluralità di clausole compromissorie”, è quello che, così facendo, almeno la diversità (altrimenti necessaria) degli arbitri è destinata a venir meno (nel caso di specie, peraltro, il convenuto nulla di esplicito ha allegato in punto di diversità e utilità di disciplina del procedimento né dell’atto conclusivo conseguibile altrove che presso il T.N.A.S.). Sennonchè, di fronte all’incontroversa unicità del rapporto, “la pretesa sottrazione a parte convenuta del «diritto» a nominare arbitri diversi” si presta a venir trattata anzitutto in base al principio di esecuzione in buona fede del contratto, di cui è espressione «il dovere di leale collaborazione delle parti nell'attività di costituzione del collegio arbitrale», per rilevarne infine che, quand'anche la si volesse ritenere fondata sul mero dato fattuale dell'avvenuta stipulazione di clausole compromissorie diverse, detta pretesa “sicuramente sarebbe recessiv[a] allorché le varie controversie siano fra loro intimamente connesse”. La dottrina, invero, ha soggiunto “che, ancora una volta, non si vede quale interesse meritevole di tutela possa vantare il convenuto, pretendendo di nominare arbitri diversi, quando ciò impedirebbe o renderebbe più difficoltosa una decisione unitaria delle varie controversie connesse. Se, a fronte di una tale esigenza, è recessivo addirittura il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, a maggior ragione non può essere riconosciuta meritevole di tutela una pretesa, che si fonda su un dato tutto sommato estrinseco e casuale, come la stipulazione di una pluralità di clausole compromissorie”. E ciò devesi ribadire ulteriormente considerando che in base all’art. 808 quater c.p.c., secondo cui “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”, è il legislatore che adesso promuove a oggetto del giudizio arbitrale sempre il rapporto e non già il contratto al quale la clausola accede. Anche l’applicazione di quest’ultima disposizione, definita “vera e propria norma chiave dei limiti oggettivi della convenzione arbitrale” e capace di conferire ad arbitri ciò che in dubio potrebbe spettare finanche all’A.G. di decidere, fa sì che nei casi come quello in esame, trattandosi di un unico rapporto sostanziale, al Collegio adito per dirimere la lite sopra un determinato rapporto e un’unica pretesa (l’ “importo complessivo” di cui alle conclusioni rassegnate dall’attore) non possa riuscire consentito di ricusarne la conoscenza su una frazione per la quale il corrispondente contratto prevede altra forma di devoluzione (pur sempre) arbitrale del giudizio e in assenza di alcun altro apprezzabile interesse della parte che non sia quello, invero non incondizionatamente meritevole di protezione, della indotta diversità dei giudicanti. Tutto quanto precede conferisce alla clausola compromissoria di cui trattasi, fin qui deliberatamente non considerata nella sua pur estrema latitudine testuale, la capacità di sostenere la decisione affermativa della competenza e non ostativa alla prosecuzione ulteriore del giudizio. La decisione affermativa della competenza - che, per definizione, è non definitiva - comporta, in applicazione dell’art. 820, 4° comma, lett. c), c.p.c., nonché dell’art. 4, comma 2, Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S., il differimento del termine previsto per la pronunzia del lodo definitivo. Tuttavia, ad avviso del Collegio, la proroga deve rimanere contenuta, a norma dell’art. 4, comma 2 e 3, Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S., entro i successivi 90 giorni dall’originaria scadenza del termine, vale a dire che la proroga non può eccedere la stessa durata del giudizio fissata dall’art. 25 del Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S. ovvero la durata delle tipiche proroghe ivi stabilite. Non è luogo qui, a norma dell’art. 26, all’adozione di pronuncia alcuna sulla spese. PQM il Collegio Arbitrale, definitivamente risolvendo la relativa questione, dichiara la propria competenza; proroga il termine per la pronuncia del lodo di novanta giorni. Dispone con separata ordinanza, da comunicare a cura del Segretario unitamente al presente lodo alle parti, le modalità di prosecuzione del giudizio. Così deliberato, all’unanimità dei voti espressi dagli arbitri riuniti in conferenza personale, in Roma, presso gli uffici del T.N.A.S., in data 9 luglio 2010, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Marcello de Luca Tamajo F.to Dario Buzzelli F.to Ferruccio Auletta