COMITATO REGIONALE TOSCANA – STAGIONE SPORTIVA 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.Figc-crt.org e sul Comunicato Ufficiale N. 56 del 3 Marzo 2011 Delibera della Commissione Disciplinare CAMPIONATO GIOVANISSIMI REGIONALI 114 stagione sportiva 2010/2011 Oggetto: Reclamo della Associazione Sportiva Lanciotto – Campi Bisenzio avverso la squalifica fino al 13/1/2012 del giocatore Maggio Stefano (C.U. n. 48 del 20/01/2012)
COMITATO REGIONALE TOSCANA – STAGIONE SPORTIVA 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.Figc-crt.org e sul
Comunicato Ufficiale N. 56 del 3 Marzo 2011
Delibera della Commissione Disciplinare
CAMPIONATO GIOVANISSIMI REGIONALI
114 stagione sportiva 2010/2011 Oggetto: Reclamo della Associazione Sportiva Lanciotto - Campi Bisenzio avverso la squalifica fino al 13/1/2012 del giocatore Maggio Stefano (C.U. n. 48 del 20/01/2012)
La sanzione identificata in epigrafe veniva comminata al Capitano della squadra con riferimento ai fatti avvenuti in data 28 novembre 2010 nel corso della gara esterna disputata dalla Società reclamante nel campo della società Santa Maria; il G.S.T. motivava così la propria decisione disciplinare adottata nei confronti del calciatore Maggio: “Quale capitano di squadra responsabile di atto di violenza compiuto da calciatore della propria squadra non individuato (art. 3 e.2 C.G.S.). "Per avere, calciatore non individuato, sputato verso il D.G. raggiungendolo sulla maglia". In relazione alla decisione della Commissione Disciplinare Territoriale su Com. Uff. n. 45 del 13.1.2011. La sanzione cesserà di avere esecuzione nel momento in cui è comunque individuato l'autore dell'atto.”
In effetti la società aveva già precedentemente impugnato la squalifica di un anno che aveva colpito Gjoli Gentjan, portiere del Lanciotto, ed in sede di reclamo il supplemento del D.G. aveva sostanzialmente modificato la posizione del tesserato; l'arbitro aveva infatti ammesso di avere “attribuito” lo sputo al giocatore senza vedere direttamente il gesto.
La C.D.T. nel riformare il provvedimento aveva disposto, ai sensi dell'art. 3 C.G.S., l'immediata sospensione del Capitano rinviando gli atti al Giudice di prime cure per le opportune determinazioni sopra trascritte.
Avverso tale decisione la Società di cui in epigrafe proponeva rituale reclamo evidenziando, come di seguito riportato, alcuni rilievi.
In primo luogo si duole del fatto che il D.G. possa avere equivocato sulla natura del materiale depositato sulla maglia ed ipotizza che potesse non trattarsi di uno sputo in considerazione della contraddittorietà degli elementi acquisiti.
Inoltre contesta l'applicabilità dell'art. 3 C.G.S. ad un gesto che certamente si sottrae alla definizione di atto violento non potendo in alcun modo attentare “all'integrità fisica ovvero morale” del D.G..
Peraltro eccepisce la configurabilità della responsabilità oggettiva, istituto che - ad avviso della difesa - rasenta l'inciviltà giuridica, limitandone l'applicazione ai soli casi di violenza diretta contro l'arbitro.
Ritenendo impossibile l'individuazione del reale responsabile, contesta comunque il quantum della sanzione sottolineando che al capitano non può essere, in alcun modo, attribuito il disvalore dell'atto non avendo il medesimo concretamente commesso alcunché.
All'udienza del 25 febbraio 2011 veniva ascoltato il Sig. Bini Nedo in rappresentanza della società Lanciotto - Campi Bisenzio assistito e difeso dall'Avv. Federico Bagattini.
In tale sede il difensore precisava che occorreva parlare non di responsabilità oggettiva, ma di responsabilità per fatto altrui, negando che si potesse comunque versare nell'ambito del dettato di cui all'art. 3 C.G.S..
Escludeva infatti la violenza del gesto ritenendo che, come definito in una delibera adottata dalla C.D.T., si potesse trattare di un comportamento assolutamente estraneo al concetto di violenza così come inserito nella norma e che pertanto non si potesse estendere l'ambito di applicazione della medesima.
Con pertinenti confronti in ambito di normativa penitenziaria il difensore evidenziava un concetto che permea il Diritto tout court ed, a maggior ragione, quello penale e cioè “Ad impossibilia nemo tenetur”.
Nessuno, ad avviso della difesa, dovrebbe dunque essere responsabile di ciò che non può in alcun modo evitare e sottolineava che il diritto non dovrebbe addivenire a conclusioni assolutamente ingiuste addebitando la responsabilità ad un soggetto estraneo ai fatti.
Rileva che comunque non vi è alcuna certezza nella mancata identificazione del responsabile che potrebbe anche individuarsi nel portiere già giudicato e quindi, in base ad una sorta di ne bis in idem, non più sottoponibile ad ulteriore giudizio seppur, forse, responsabile.
In punto di entità sottolineava che, diversamente da quanto motivato in una analoga delibera, il ragazzo non potrebbe comunque “riflettere” su un comportamento assolutamente censurabile ma da lui non commesso; in tal senso il fine rieducativo della sanzione perderebbe qualsivoglia efficacia.
A domanda, il Presidente della società, confermava di non aver potuto identificare il responsabile del gesto pur avendo esperito tutte le indagini del caso.
La difesa concludeva dunque per la revoca ovvero la riduzione del provvedimento adottato.
Il reclamo è infondato e deve essere respinto.
Per quanto attiene alla prima censura mossa nell'atto di impugnazione circa la mancata prova della condotta illecita ocorre rilevare che, nel supplemento del 14 dicembre 2010, il D.G. scrive “Il Sig. Gjoli Gentjan n.1 del Lanciotto mi ha sputato sulla maglia (sono in grado di riconoscere uno sputo e una goccia di acqua)” per poi precisare, nell'ulteriore documento del 10 gennaio 2011, che “lo sputo che ho ricevuto […] lo ho attribuito a Gjoli Gentjan n. 1 del Lanciotto anche se non lo ho visto nell'atto dello sputare”.
Da tale ricostruzione il minimo dubbio che sussiste nell'identificazione del responsabile e che ha condotto alla revoca del primo provvedimento adottato, non inficia in alcun modo la ricostruzione del fatto chiaramente rammentata e descritta dall'arbitro.
Per quanto attiene alla inapplicabilità dell'art. 3 C.G.S. al gesto dello sputo la C.D.T. pur condividendo l'assunto che tale condotta non possa in alcun modo porre in pericolo l'integrità fisica del D.G. non ritiene, come sostenuto nel reclamo, che tale comportamento non possa ledere l'integrità morale del medesimo.
La potenzialità lesiva della dignità e del decoro del soggetto attinto assume infatti connotati ben più gravi dell’atto di violenza, al quale peraltro è assimilabile per la latente violenza psicologica che sottintende e che è tale da compromettere la serenità e l’indipendenza di giudizio di chi lo subisce ben più di una semplice spinta o di una eventuale pallonata.
Infatti il gesto descritto, altamente lesivo della dignità arbitrale e del rispetto che alla categoria deve essere riservato, appare tanto grave da essere punito, per giurisprudenza sportiva consolidata, con la squalifica di un anno.
Le censure mosse dall'abile difensore sul sistema normativo Federale e, nello specifico, sulla palese ingiustizia nell'applicabilità della responsabilità oggettiva in capo al capitano della squadra sembrano parzialmente condivisibili ma risultano comunque sottratte all'ambito di operatività di una corte di giustizia sportiva chiamata ad applicare e non a sindacare sulla correttezza delle norme Federali.
Peraltro il fatto che tale sistema normativo non sia certamente perfetto e non possa sottrarsi a legittime critiche che appaiono, agli occhi dei giuristi, certamente fondate, risulta mitigato dalla semplice considerazione che simili rilievi possono essere tranquillamente mossi a qualsiasi ordinamento e persino il procedimento penale - che in ragione del supremo diritto alla libertà che investe, dovrebbe essere la procedura maggiormente garantita – non si sottrae a tali censure. Senza voler entrare in tecnicismi basti pensare al concorso anomalo disciplinato dall'art 116 cp o alla morte quale conseguenza di altro reato ex art 586 c.p..
In realtà ciò che appare prima facie non giusto è la conseguenza di un regolamento che mira nel suo complesso a tutelare principalmente la figura dell'arbitro che purtroppo, nelle competizioni, raramente trova un clima di collaborazione che lo aiuti ad adottare le decisioni più corrette.
Il D.G. è dunque spesso solo sia quando assume determinate decisioni che la sua coscienza e la sua capacità gli suggeriscono ma soprattutto è solo nel fronteggiare le reazioni, spesso oltraggiose o violente, dei tesserati che, animati dalla competizione e dalla volontà agonistica, trascendono in condotte illegittime rafforzate dalla coesione del gruppo.
Proprio a tal fine il legislatore ha adottato una serie di norme che cercano di tutelare adeguatamente una figura così importante e necessaria e tali norme devono essere necessariamente e volontariamente recepite dai tesserati proprio con l'iscrizione nella FIGC.
Con questo atto gli associati rinunciano espressamente a diritti costituzionalmente garantiti quali quelli di poter agire giudizialmente (autonomamente) per la tutela dei propri diritti assoggettandosi, in mancanza di idonea autorizzazione, alla mera giurisdizione domestica.
Il procedimento Sportivo soffre dunque di limiti che sono certamente contrari, ad esempio, al giusto processo codificato nell'art. 111 della carta costituzionale quali le preclusioni in punto di prova, ma l'assoggettamento negoziale alle norme Figc consente tali tipi di deroghe attraverso il vincolo di adesione; i compiti poi di verifica sulla correttezza dell'impianto vengono riservati al legislatore che ha parametri diversi di valutazione dovendo verificare la tenuta del “sistema” in termini complessivi di funzionamento.
Nessun pregio hanno poi i rilievi in ordine alla impossibilità di identificare il reale responsabile del fatto - anche con riferimento alla supposta inapplicabilità della sanzione al portiere Gjoli Gentjan n.1 del Lanciotto - stante l'assenza di un principio simile al ne bis in idem nel procedimento Sportivo; come sempre, il presente provvedimento è stato adottato dal G.S.T. “allo stato degli atti” e con la formula “La sanzione cesserà di avere esecuzione nel momento in cui è comunque individuato l'autore dell'atto.” formula che, a parte una non corretta consecutio, evidenzia la possibilità di revoca del medesimo.
In punto di quantum occorre rilevare che, sebbene le censure della difesa siano pertinenti in ordine alla diminuita funzione specialpreventiva (cioè di rieducazione del responsabile) in quanto certamente il capitano non potrebbe in alcun modo pentirsi di un gesto che non ha concretamente compiuto, in queste occasioni assumono particolare rilievo le esigenze generalpreventive (cioè di monito nei confronti degli altri tesserati).Il dettato contenuto nell'art. 3 C.G.S. non consente inoltre di operare diminuzioni quando la sanzione viene applicata al capitano che, con tale qualifica, assume oneri particolarmente gravosi.Pur ritenendo altamente improbabile che la società possa avere effettivamente attuato le necessarie verifiche per individuare l'autore di un gesto così vergognoso la C.D.T. ritiene che, nel caso concreto, il giocatore Maggio dovrebbe dolersi della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza da parte dei suoi stessi compagni di squadra o, comunque, di almeno uno di essi incapace di assumersi le proprie responsabilità ed al contrario disposto a sacrificare il proprio capitano per garantire la propria impunità.La C.D.T. ritiene pertanto corretta la valutazione del G.S.T. e congrua la squalifica comminata anche al fine di poter dissuadere possibili condotte analoghe da parte di altri giocatori.
P.Q.M.
la C.D.T.T., respinge il reclamo e dispone l'incameramento della relativa tassa.
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