F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 238/CGF del 08 Aprile 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 017/CGF del 14 Luglio 2011 2) RICORSO U.S. GROSSETO F.C. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 1.500,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO GARA GROSSETO/PESCARA DEL 12.3.2011 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti – Serie B Com. Uff. n. 79 del 15.3.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 238/CGF del 08 Aprile 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 017/CGF del 14 Luglio 2011 2) RICORSO U.S. GROSSETO F.C. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 1.500,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO GARA GROSSETO/PESCARA DEL 12.3.2011 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti – Serie B Com. Uff. n. 79 del 15.3.2011) Con decisione del 15.3.2011, Com. Uff. n. 79, il Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti – Serie B infliggeva alla società U.S. Grosseto F.C. S.r.l., in relazione alla gara Grosseto/Pescara del 12.3.2011, l’ammenda di € 1.500,00 “per avere consentito indebita presenza, nei corridoi antistanti gli spogliatoi degli Ufficiali di gara, di numerose persone non autorizzate né identificate”, sulla scorta del referto arbitrale nel quale testualmente si riportava : “al termine della gara al rientro negli spogliatoi ho notato la presenza di una ventina di persone non autorizzate che stazionavano nei corridoi antistanti il nostro spogliatoio”. Avverso tale decisione il Grosseto presentava ricorso a questa Corte di Giustizia Federale chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, per carenza di elementi probatori nel citato referto arbitrale. Con ampia e diffusa motivazione si sosteneva, in pratica, che il rapporto arbitrale non era tale da poter essere assunto quale prova certa dell’accaduto in quanto caratterizzato da imprecisione e superficialità. Il direttore di gara, infatti, si era limitato ad indicare di aver visto un certo numero di persone davanti al proprio spogliatoio, ma non ne aveva precisato il numero, non aveva proceduto alla loro identificazione, e, soprattutto, non aveva chiarito la carenza di legittimazione a sostare negli spogliatoi, dato che la mancata identificazione dei soggetti ritenuti non autorizzati non poteva, in realtà, far escludere che essi facessero capo alla società ospitata, o fossero addetti alle operazioni antidoping, o fossero rappresentanti delle forze dell’ordine o steward nell’esercizio del loro servizio. Tenuto, perciò, conto anche dell’assenza di norme specifiche relative alle misure da adottare nelle zone antistanti gli spogliatoi, e di quelle, in concreto, poste in essere dal Grosseto, si riteneva di dover escludere ogni forma di responsabilità della società ospitante. Le doglianze difensive non possono, a giudizio della Corte, trovare accoglimento. Pur dando conto, infatti, della lieve discrasia tra referto arbitrale e decisione del Giudice Sportivo, poiché nel primo si fa riferimento solo a persone “non autorizzate”, mentre nella seconda si parla di “ persone non autorizzate né identificate”, quel che è importante sottolineare rimane la constatazione, da parte del direttore di gara, di un improprio assembramento nei pressi dello spogliatoio riservato agli arbitri. Deve, poi, osservarsi che se nel referto si fa cenno a persone non autorizzate, è perché, evidentemente l’arbitro ha escluso, sia pure implicitamente dovendovi far riferimento in un succinto rapporto, che le persone, una ventina, facessero parte del novero di quelle autorizzate; in caso contrario la cosa non sarebbe sembrata singolare al punto da farne oggetto di segnalazione. In altre parole è chiaro che le persone che sostavano presso lo spogliatoio non erano poliziotti, poiché non avevano la placca in evidenza, come è obbligo da parte delle forze dell’ordine in normale servizio in abiti borghesi; non erano dirigenti delle società, i quali prima della gara si presentano all’arbitro e sono, quindi, da questi conosciuti; non erano rappresentanti della Federazione, addetti all’antidoping o ad altre funzioni, che esibiscono l’apposita tessera distintiva per circolare nell’ambito della struttura; non erano steward in servizio allo stadio, in quanto anch’essi forniti di apposito abbigliamento riconoscitivo. Se ne deve, allora, dedurre, come ha concluso il direttore di gara, di trovarsi in presenza di personale non autorizzato, a nulla rilevando la genericità della norma violata, trattandosi, evidentemente, di disposizione di carattere generale posta a tutela ed a salvaguardia dei giocatori e del personale a vario titolo impegnato per il regolare svolgimento della gara; in sostanza norma volta ad evitare una situazione di potenziale pericolo che esplica i suoi effetti, quindi, anticipatamente rispetto alla situazione tutelata. Quanto alla mancata identificazione da parte dell’arbitro, si deve far presente che il direttore di gara non aveva l’obbligo, non essendosi verificati accadimenti particolari, di identificare nessuno, essendosi egli limitato, come si è già avuto modo di osservare, a segnalare l’assembramento inusuale nei pressi del suo spogliatoio. Al contrario, ricadendo sulla società ospitante la responsabilità, sul piano sportivo, di quello che si verifica all’interno dello stadio, avrebbe potuto eventualmente questa individuare le persone presenti all’interno dello spogliatoio, e segnalarle in sede di reclamo per confutare il referto arbitrale e fornire la prova positiva che non si erano verificate situazioni irregolari e che nessuna situazione di pericolo, nemmeno presunto, si era in realtà realizzata. Il rigetto del ricorso importa l’incameramento della tassa di reclamo. Per questi motivi la C.G.F. respinge il reclamo come sopra proposto dall’U.S. Grosseto di Grosseto. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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