F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 30/CGF del 18 Agosto 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 43/CGF del 19 Settembre 2011 9) RICORSO DELL’U.S. CREMONESE S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARE NEL CAMPIONATO 2011/2012 E AMMENDA DI € 30.000,00, INFLITTALE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE CON NOTA N. 603/1615PF/10-11SP/BLP DEL 25.7.2011, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 4 E 6 E 4, COMMA 2, C.G.S., NELLE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SUO TESSERATO PAOLONI MARCO (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 30/CGF del 18 Agosto 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 43/CGF del 19 Settembre 2011 9) RICORSO DELL’U.S. CREMONESE S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARE NEL CAMPIONATO 2011/2012 E AMMENDA DI € 30.000,00, INFLITTALE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE CON NOTA N. 603/1615PF/10-11SP/BLP DEL 25.7.2011, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 4 E 6 E 4, COMMA 2, C.G.S., NELLE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SUO TESSERATO PAOLONI MARCO (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011) Con atto del 25 luglio 2011 il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale la società U.S. Cremonese S.p.A. a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4 comma 2 C.G.S., per gli addebiti mossi (associazione di cui all’art. 9 dello stesso codice ed illeciti sportivi in relazione alle gare Monza-Cremonese, Cremonese-Paganese e Spal –Cremonese della Stagione Sportiva 2010/2011) al calciatore Marco Paoloni suo tesserato fino al 31 gennaio scorso. Le specifiche circostanze riguardanti la posizione del Paoloni sono deducibili articolatamente dalla contestuale decisione resa da queste Sezioni Unite in merito all’impugnazione (numero di ruolo 42) proposta da costui. In questa sede, nel far rinvio alla appena menzionata decisione, appare utile approfondire particolari aspetti concernenti la posizione e la responsabilità della società. Nell’atto di deferimento si esponeva che dopo la disputa in data 14 novembre 2010 della partita Cremonese-Paganese avveniva una conversazione telefonica tra Massimo Erodiani (coincolpato nel presente procedimento con Paoloni) ed il Direttore Generale della Cremonese Sandro Turotti, il cui oggetto era,nel corso delle indagini federali (pagg. 44, 50 e 51 dell’atto di deferimento), riferito nei seguenti, sintetici termini. Egli ha dichiarato di aver ricevuto in sede una telefonata da Erodiani nel corso della quale l’interlocutore gli rivelava di conoscere il nome del calciatore della sua squadra che aveva adulterato con l’aggiunta del farmaco Minias l’acqua minerale somministrata ad altri calciatori. In seguito il Turotti - che in data 10 dicembre 2010 presentava agli organi statali competenti una denuncia-querela di cui si dirà più avanti- ricevette un’ulteriore telefonata da Erodiani,che incontrò a Cremona alla presenza di un’altra persona, che, però, rimase appartata non intervenendo al colloquio. Nel corso di esso Turotti apprese da Erodiani che ad aggiungere il farmaco nell’acqua era stato il tesserato Paoloni e che Erodiani - che diceva anche di aver con sé una copia della ricetta di prescrizione del farmaco- aveva denunciato la circostanza ad un Procuratore Federale, ”che gli aveva riferito che avremmo potuto avere fastidi per questa vicenda”. Turotti aggiungeva durante la deposizione di aver suggerito a Erodiani di fare in Questura una denuncia comune e che questi in sua presenza chiamò al telefono un avvocato ed il procuratore Federale di cui impersonalmente aveva parlato che gli avevano consigliato di”fare tutto a Pescara”, luogo di residenza dello stesso Erodiani. Questi, infine, al termine dell’incontro mostrò a Turotti un sms appena inviato a Paoloni in cui gli comunicava della conversazione in corso. Va ancora posto in rilevo che il 10 dicembre 2010 Turotti aveva depositato una denuncia querela avente ad oggetto gli effetti negativi per alcuni calciatori della sua società dipendenti dalla somministrazione del farmaco in parola in occasione della gara contro la Paganese. Segnalava, in particolare, che cinque calciatori (ed un collaboratore) avevano accusato durante e dopo la gara sintomi di malessere compromissivi delle facoltà motorie e mnemoniche ed anche che dopo la partita il calciatore Gervasoni aveva subito un incidente stradale inspiegato; dagli esami di laboratorio effettuati sui tesserati che avevano riferito dei disturbi si traeva la conclusione che gli stessi avessero ingerito un farmaco il cui principio attivo rientrava in una “classe di sostanze psico12 attive introdotte per la cura degli stati d’ansia e dei disturbi del sonno, i cui effetti sarebbero sostanzialmente compatibili con quelli avvertiti dai calciatori e dal collaboratore” (pag. 45 deferimento). Turotti denunciava, altresì, di aver sentito spesso parlare del cosiddetto ”totonero”, anche con riferimento alla gara Cremonese-Paganese in cui vi sarebbe stata “una quotazione da 1 a 6 secondo le voci circolate”. Al termine del giudizio di primo grado la Commissione Disciplinare Nazionale, nel motivare la propria pronuncia, preliminarmente osservava che ricorrevano elementi di prova certi conclamanti la responsabilità di Paoloni con riguardo a ciascuno degli addebiti ascrittigli, di cui era chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva la società Cremonese: riguardo a tale istituto i giudici di primo grado,nel rilevare che esso risponde ”all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva” (pag. 49 della sentenza), mettevano in risalto il potere del giudice disciplinare nella graduazione della pena, tenendo conto delle circostanze del caso concreto, con esclusione di qualunque automatismo, e della circostanza che il fatto addebitato al tesserato si sia o meno svolto all’interno del rapporto sportivo. In concreto, la Commissione, tenuto conto dell’attenuazione di responsabilità con riferimento alla partita Cremonese-Paganese (in considerazione “delle peculiari modalità dell’illecito e del danno dalla stessa subito anche con riferimento alla salute fisica dei propri calciatori”: pag. 34 sentenza) e dell’aggravante di cui all’art. 7 comma 6 C.G.S. (che prevede alternativamente il caso della pluralità di illeciti - nella fattispecie ricorrente-, dell’alterazione dello svolgimento o del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica), infliggeva alla società la sanzione, ritenuta afflittiva, della penalizzazione di 6 punti in classifica, da scontare nel campionato 2011/2012 e dell’ammenda di € 30.000,00. Contro tale decisione la Cremonese proponeva impugnazione, chiedendone a questa Corte la riforma sulla base degli argomenti sviluppati in primo grado (propria estraneità agli illeciti contestati a Paoloni, insussistenza di responsabilità, assenza di vantaggi, sussistenza di pregiudizi a proprio carico derivanti dalla condotta del tesserato, presentazione di denuncia all’autorità giudiziaria, slealtà di Paoloni definito “serpe in seno”), dell’ estraneità al “clima omertoso” di cui parla la sentenza appellata, dell’applicazione acritica dell’istituto della responsabilità oggettiva, della mancanza di adeguati riscontri in ordine alla progettata alterazione delle singole gare, dell’eccessività della sanzione, dell’erronea applicazione dell’aggravante prima citata. In subordine domandava la sanzione (pecuniaria) minima. Nel corso della discussione davanti questa Corte, Procura Federale e difensore dell’appellante concludevano, rispettivamente, per il rigetto e l’accoglimento dell’impugnazione. In particolare, la prima chiariva che a fondare la responsabilità oggettiva sta il collegamento tra attività agonistica e condotta illecita (secondo la giurisprudenza consolidata) e deduceva come la pena inflitta sia stata proporzionalmente più lieve rispetto alle responsabilità di Paoloni. La difesa, in aggiunta agli oralmente illustrati motivi d’appello, poneva in rilievo la contraddittorietà tra le enunciazioni teoriche in materia di responsabilità oggettiva della sentenza impugnata e la pena in concreto inflitta nonché tra questa e quella inflitta alla coincolpata Benevento (che aveva tesserato Paoloni a decorrere dal 31 gennaio 2011). Motivi della decisione La sentenza impugnata non merita censura sul punto, sicchè si deve rigettare l’appello. Ed invero, va premesso che la responsabilità oggettiva opera, per sua natura,per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella, prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto. Nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; del resto, lo stesso ordinamento civilistico conosce fattispecie di affermazione di responsabilità prescindendo dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto (ad esempio la salute del consumatore) o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata (ad esempio quella nucleare). Anche l’ordinamento federale adotta la precauzione, nei confronti della collettività di appassionati e sostenitori nonché dei fruitori o partecipanti a giochi, scommesse, lotterie di rilevanza pubblica, di imputare il risultato delle condotte illecite dei singoli agli enti di appartenenza all’ovvio scopo di stimolare questi ultimi alle più stringenti modalità di controllo e, comunque, di costituire un’ulteriore barriera di tutela verso il pubblico ed i valori della correttezza e lealtà nelle competizioni sportive. Quanto detto vale ad escludere fondatezza alla tesi difensiva dell’estraneità, o irriferibilità all’impugnante delle condotte del proprio tesserato Paoloni, tutte gravi, reiterate, gravemente lesive dei principi ispiratori delle attività agonistiche e comunque attinenti a dette ultime attività. Del resto, come già osservato dalla giurisprudenza sportiva (C.A.F. Com. Uff. n. 7/C s.s. 2004/2005), va ricordato che nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Nell’ordinamento calcistico, come è noto, le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è osservato dalla parte dei più, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (decisione sul caso del calciatore Luciano, Com. Uff. n. 12/C del 4 novembre 2002). Non potendosi mettere in discussione la piena vigenza, nel sistema attuale, della responsabilità oggettiva della società, che consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ha posto in essere la condotta giuridica (reclamo Nordauto Virtus, Com. Uff. n. 9/C 5 ottobre 2001; il tutto senza poter attribuire rilievo, per definizione, alla sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito: reclamo A.S. Marigliano, Com. Uff. n 5/C 21 luglio 2003), le considerazioni da ultimo formulate non consentono di ridurre la sanzione inflitta alla società nel senso auspicato dalla medesima reclamante E’ tra l’altro da considerare che, nella fattispecie, ricorre l’aggravante delle plurime violazioni che, combinata con il numero delle gare oggetto di illecito sportivo e con la decisiva partecipazione di Paoloni all’associazione illecita, rende del tutto congrua e proporzionata la sanzione effettivamente inflitta. Non può, infatti, accogliersi la tesi secondo cui l’appellante avrebbe dato un consapevole e determinante contributo alle indagini sportive. E ciò perché, come facilmente emerge dalla esposizione fattuale precedente, la Cremonese non ha mai denunciato i fatti di cui il proprio Direttore Sportivo era venuto a conoscenza grazie alle rivelazioni di Erodiani alle autorità federali, nemmeno quando questi gli disse che a ordire l’avvelenamento orientato all’esito alterativo era stato un calciatore per tale società tesserato. Del resto, lo stesso Direttore Turotti ha dichiarato nel corso delle indagini di essere a conoscenza delle voci correnti sul totonero, e sulle relative quotazioni, che avrebbero riguardato la gara Cremonese-Paganese: neppure questo dato, la cui tempestiva conoscenza da parte degli organi federali avrebbe ragionevolmente consentito un intervento repressivo anticipato e prevenuto la commissione di altri illeciti (a titolo oggettivo addebitati alla società), è stato tempestivamente portato a conoscenza degli inquirenti sportivi. Nè la precedente denuncia in sede penale-giustamente apprezzata dall’autorità giudiziaria, che ne ha tratto utili spunti investigativi- è stata comunicata alla Federazione; essa, peraltro, lungi dall’esprimere la scelta societaria di fornire elementi atti a lasciare che si addensassero sospetti sull’operato di propri tesserati, ha individuato fatti e circostanze capaci di far assumere alla società stessa la qualità di parte offesa di reati commessi da ignoti. E’ senz’altro vero che l’appellante si è rivolta alla magistratura penale per tutelare (doverosamente) i propri interessi,la cui lesione non era inizialmente in grado di addebitare ad alcun soggetto; ma è anche vero che, una volta acquisiti attraverso il proprio Direttore Generale elementi che lo stesso ha definito degni di fede e che sarebbero potuti riverberare a proprio pregiudizio sportivo,essa non si è resa attiva nel circuito federale. Egualmente silente la società è stata nei confronti dell’ignaro Benevento al momento in cui trasferì Paoloni, non risultando che abbia comunicato le informazioni pervenutele sul suo conto, la cui conoscenza avrebbe verosimilmente dissuaso l’altra società dall’acquisto, così evitando di non correre, a propria volta, in responsabilità oggettiva per l’illecito operato dal nuovo tesserato. Anche sotto questo profilo la Corte non esita a ritenere che il trattamento sanzionatorio in termini di afflizione dipendente da penalità non possa che essere assolutamente identico per le due società, nonostante il maggior numero di gare oggetto di alterazione ai sensi dell’art. 7 citato ascritto al Benevento. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’U.S. Cremonese S.p.A. di Cremona e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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