F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 003/CGF del 12 Luglio 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 044/CGF del 20 Settembre 2011 8) RICORSO DEL SIG. RUSSO ROCCO, GIÀ CONSIGLIERE DI AMMINISTRAZIONE E DIRETTORE GENERALE DELLA FALLITA SOC. SPEZIA CALCIO 1906 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 6, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3 NOIF – NOTA N. 5456/117PF09-10/AM/MA DELL’11.2.2011 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 97/CDN del 22.6.2011)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 003/CGF del 12 Luglio 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 044/CGF del 20 Settembre 2011
8) RICORSO DEL SIG. RUSSO ROCCO, GIÀ CONSIGLIERE DI AMMINISTRAZIONE E DIRETTORE GENERALE DELLA FALLITA SOC. SPEZIA CALCIO 1906 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 6, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 IN RELAZIONE ALL’ART. 21, COMMI 2 E 3 NOIF – NOTA N. 5456/117PF09-10/AM/MA DELL’11.2.2011 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 97/CDN del 22.6.2011)
Con reclamo del 24.6.2011, il signor Rocco Russo, già componente del Consiglio di Amministrazione della società Spezia Calcio 1906 S.r.l. di La Spezia, ha impugnato il provvedimento con cui la Commissione Disciplinare Nazionale descritta in epigrafe gli ha inflitto l’inibizione per mesi sei, ritenendolo responsabile dei fatti a lui ascritti nell’atto di deferimento della Procura Federale. Il ricorrente ha contestato, in primis, il deferimento compiuto dalla Procura Federale con atto dell’11.2.2011 “per violazione dell’art. 1, comma 1, in relazione all’applicazione della norma di cui all’art. 21, commi 2 e 3, NOIF avendo ricoperto, dal 27 luglio 2005 al 29 febbraio 2008 la carica di consigliere di amministrazione e nella stagione 2006/07 e sino al 27 novembre 2007 la carica di direttore generale della Società Spezia Calcio 1906 Srl determinando con il proprio comportamento la cattiva gestione della Società, con particolare riferimento alle responsabilità del dissesto economico-patrimoniale della società come meglio evidenziato nella parte motiva” e, susseguentemente, la sanzione irrogata dalla competente Commissione. E’ seguita l’istruzione del gravame con discussione e decisione avvenute nell’odierna seduta, previa audizione dell’avv. Luigi Albertini del Foro di Reggio Emilia in rappresentanza del reclamante, pure presente nonché del dott. Roberto Benedetti, rappresentante della Procura
Federale. La fattispecie oggetto dell’odierna cognizione trae origine dal deferimento della Procura Federale, innanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale, del signor Russo, del quale ha chiesto la sanzione dell’inibizione per anni uno, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 1 e 21, commi 2 e 3 N.O.I.F., avendo ravvisato responsabilità di mala gestio quale consigliere di amministrazione e direttore generale pro-tempore della società Spezia calcio 1906 S.r.l., dichiarata fallita dal Tribunale ordinario spezzino con sentenza n. 1 del 20.1.2009. La Commissione, all’esito del giudizio tenutosi il 16.6.2011, ha inflitto al reclamante l’inibizione per mesi sei con la motivazione “Eccepisce nella propria memoria difensiva il Russo che il 26 ottobre 2007 l'assemblea dei soci aveva approvato il bilancio chiuso al 30 giugno 2007 senza muovere alcun rilievo agli amministratori, deliberando il ripianamento delle perdite di bilancio e la ricostituzione del capitale sociale con ciò ratificando l'operato degli amministratori e del Sig. Russo, direttore generale sino al 30 giugno 2007. Eccepisce il Russo altresì che il deferimento sarebbe erroneo là dove indica la data del 27 novembre 2007 come conclusione della sua attività come direttore generale. In effetti il Russo rimase come direttore generale sino al 30 giugno 2007 e come consigliere di amministrazione sino al 27 novembre 2007. Se da una parte può condividersi quanto affermato dal Russo, dall'altra non può non tenersi conto che lo stesso ha ricoperto ruoli operativi importanti nell'arco di oltre due anni, periodo in cui si sono concretizzate una serie di difficoltà gestionali e sicuramente tanti sintomi di insolvenza che hanno poi portato al fallimento della Società. Ne consegue che il Russo non può essere prosciolto. A suo carico appare equa la sanzione dell'inibizione per mesi sei.” Il signor Russo ha interposto gravame a questa Corte lamentando l’ingiustizia della decisione assunta poiché, essendo cessato dall’incarico di direttore generale della società il 1° luglio 2007, non aveva potuto più influire sulla gestione operativa dopo tale data e che nessuna censura sarebbe stata rivolta, al suo operato, dalla curatela. Motiva la sua doglianza assumendo, in primo luogo, che non sarebbe stata data prova, come invece dovuto dal requirente anche ai sensi del parere di questa Corte di Giustizia del 28.6.2007, di una sua diretta responsabilità, ritenuta invece come accertata in base a mere presunzioni. Obietta, poi, che al momento delle sue dimissioni, la società aveva un potenziale aziendale suscettibile di valorizzazione con sostanziale recuperabilità della situazione di pre-dissesto finanziario e che non può a lui addebitarsi il mancato ripianamento delle perdite, deliberato dall’assemblea dei soci, in gran parte riferibile al periodo in cui egli non aveva più dirette responsabilità operative. Denuncia, infine, una disparità di trattamento rispetto a soggetti la cui condotta non è stata valutata come rilevante dal Giudice di prime cure e conclude per l’assoluzione da ogni addebito La Corte esaminati gli atti e ascoltate le parti, ritiene che il reclamo sia meritevole di parziale accoglimento per i motivi che seguono. Il signor Russo è stato componente del Consiglio di Amministrazione della società “Spezia Calcio 1906 S.r.l. dal 27.7.2005 al 28.11.2007, data sotto la quale il Consiglio di Amministrazione ha formalmente ratificato le sue dimissioni (in verità decorrenti dal 1° luglio precedente) e cooptato altro consigliere, nonché direttore generale nella Stagione Sportiva 2006/2007, con dimissioni al 1° luglio 2007 e conseguente astensione da ogni attività. In virtù di tale atto, può dirsi che la valutazione della dedotta responsabilità del signor Russo va correttamente limitata (come ha fatto la Commissione Disciplinare Nazionale), al 30.6.2007. La Commissione Disciplinare Nazionale, nella sua decisione, ha posto in evidenza come il Russo, a differenza di altri soggetti pure colà evocati, abbia effettivamente esercitato un importante e diretto potere gestionale, molto più incisivo – sotto il profilo del determinismo causale del fallimento – di quello di altri consiglieri di amministrazione privi di qualsiasi delega operativa. Obietta il reclamante che la Commissione non avrebbe posto a fondamento della sfavorevole valutazione alcuno specifico addebito ma che avrebbe irrogato la sanzione in base a mere presunzioni, violando così quanto affermato, in un precedente parere, da questa stessa Corte di Giustizia Federale. Al riguardo si deve preliminarmente osservare come, nella fattispecie, la responsabilità del signor Russo debba essere scrutinata alla luce delle disposizioni del Codice Civile riguardanti le società a responsabilità limitata e, segnatamente, dall’art. 2476 c.c.. La disciplina richiamata esprime il dovere degli amministratori di agire, per il bene sociale, comportandosi (quale obbligazione contrattuale) con la diligenza professionale che è loro propria (ex art. 1176, 2° comma) e che ha natura e contenuto diversi da quello di un mero dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione stabilito, per le società per azioni, dal previgente art. 2932 c.c., e molto più pregnante di quello dell’art. 2489 c.c. nel testo previgente. Ora, l’obbligo degli amministratori di una S.r.l. consiste nell’osservanza “dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo” (art. 2476 c.c. 1° comma). Non si tratta, perciò di una fattispecie di responsabilità da affermarsi in senso oggettivo poiché, come ritenuto dalla Corte nel ricordato parere del 28 giugno 2007, interpretativo dell’art. 21, commi 2 e 3 N.O.I.F., non può farsi discendere, in modo automatico, alcuna riprovevolezza del concreto comportamento dell’amministratore dal “fatto” fallimento: esso va scrutinato conferendo rilevanza alla condotta personale, analizzata con un criterio di efficienza causale sulla decozione della società. Nel caso di specie, gli amministratori, ai sensi dell’art. 18 dello Statuto sociale, approvato il 27.7.2005, avevano “tutti i poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società…” e anche se “possono delegare i propri poteri ai componenti individualmente”, con i limiti previsti dall’art. 2381 c.c., la delega – per principio generale - non li mandava esenti da un generalizzato dovere di vigilanza sulla gestione della società. Questo in via generale, ma con un’evidente maggiore severità di scrutinio allorché si versi in ipotesi di diretta gestione. E, allora, se può ritenersi che il singolo amministratore, pur privo di deleghe, aveva l’obbligo – per andare esente da colpa – di far constare formalmente il proprio dissenso, a nulla rilevando che i soci approvino i relativi bilanci (art. 2476 c.c. comma 8), un dovere di diligenza ancora più significativo incombeva su quegli amministratori che, per la loro collocazione, erano titolari, fin dagli anni precedenti (il Russo dal 2006) di un effettivo potere gestionale. Ma se questo è il quadro di riferimento, non condivisibile è la tesi della difesa circa una condanna fondata su mere presunzioni poiché sono le carte contabili, a partire dal bilancio 2005, a dimostrare, per tabulas, uno stato di crisi finanziaria della società, non aggravatosi negli anni precedenti il fallimento solo per il ripetuto ricorso ad operazioni di ulteriore indebitamento presso istituti di credito o chiedendo generosi finanziamenti in conto capitale ai soci. Non si tratta, quindi, a ben vedere di una sanzione fondata su mere presunzioni, ma su dati contabili, che indicano il progressivo ed inarrestabile peggioramento della situazione patrimoniale della società spezzina. Lo testimonia lo stesso curatore fallimentare, fra l’altro e contrariamente all’”assoluzione” asserita dalla difesa, allorché, nella sua richiesta di parere al comitato dei creditori (e in quella di autorizzazione ad esperire azione di responsabilità), afferma che a fronte del mancato, ultimo versamento richiesto ai soci, “la società non può identificarsi in uno stato di debolezza temporanea. Già per tutto l’esercizio che si andrà a chiudere al 30 giugno 2007 (con pieno coinvolgimento, quindi, del signor Russo, n.d.r.) la società risulta in un stato di pre-dissesto: situazione di fragilità nella quale si innesta il fondamentale squilibrio economico; gli squilibri appaiono diffusi in tutto l’arco gestionale mentre i rapporti di natura patrimoniale e finanziaria sono critici ed il divario tra costi e ricavi è molto accentuato. Tanto che l’attività dell’impresa è costantemente assoggettata alla fattispecie dell’art. 2482 ter c.c.. Durante tale periodo…la società palesa forti perdite per la totale assenza di solvibilità da un lato e per una capitalizzazione di perdite dall’altro..”. Non si tratta, ad avviso di questa Corte, di una decisione della Commissione fondata su mere presunzioni (ma anche a tutto voler concedere si tratterebbe di presunzioni iuris tantum e non iuris et de iure, con ampia facoltà della parte di provare ex adverso) ma di riscontri contabili oggettivi che provano, al di là di ogni ragionevole dubbio, una gestione economico-finanziaria condotta senza alcun concreto (a dir poco) collegamento con la sottostante realtà patrimoniale della società. E’ sufficiente segnalare, a questo riguardo, come il signor Russo non potesse ignorare la considerevole perdita di esercizio registrata col bilancio 2005, faticosamente ripianata col solito sistema del finanziamento dei soci. Non vi è dubbio, allora, che in capo a tutti gli amministratori – pur con posizioni indubbiamente differenziate in ragione della presenza o meno di poteri operativi – gravava, da un lato, un generalizzato dovere di vigilanza, la cui colpevole omissione integra una responsabilità per fatto proprio e non oggettiva o per fatto del terzo e, dall’altro, per coloro che avevano ricevuto deleghe, una responsabilità ancora più pregnante, non scalfita dalla dedotta approvazione del bilancio, giusta previsione dell’art. 2476 c.c. VIII comma. Non può, però, sottacersi che dalla documentazione in atti appare emergere una conduzione sociale contraddistinta da una forte predominanza del suo Presidente con correlato, probabile ridotto margine operativo del signor Russo, testimoniato dalla traumatica rottura del rapporto di collaborazione. La riflessione ultima è, allora, nel senso che se non può dubitarsi dell’incidenza del comportamento di tutto il Consiglio di Amministrazione e del signor Russo in particolare, nella sua duplice veste, sul progressivo aggravarsi delle condizioni economiche della società spezzina, tale incidenza deve essere oggettivamente e soggettivamente ricondotta nell’alveo di un attenuato contributo di questi, cui discende la conferma dell’affermazione di responsabilità pronunciata dal giudice di prime cure. Ciò premesso, tuttavia, in ragione del versosimile suo ridotto apporto sotto il profilo del determinismo causale, la decisione che si assume è nel senso che appare equo irrogare, in via definitiva, al signor Rocco Russo l’inibizione di mesi 4. Per questi motivi la C.G.F., in parziale accoglimento del reclamo come sopra proposto dal signor Rocco Russo, riduce la sanzione inflittagli, a mesi 4 di inibizione. Ordina restituirsi la tassa reclamo.
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