F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 030/CGF del 18 Agosto 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 047/CGF del 22 Settembre 2011 15) RICORSO DEL CALC. SOMMESE VINCENZO, ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOC. ASCOLI CALCIO 1898 S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 ANNI CON PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C., INFLITTA AL RECLAMANTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE CON NOTA N. 603/1615PF/10-11SP/BLP DEL 25.7.2011, DEGLI ARTT. 9, 7, 1 E 6 C.G.S., IN ORDINE ALLE GARE LIVORNO/ASCOLI DEL 27.2.2011, BENEVENTO/COSENZA DEL 28.2.2011, ASCOLI/ATALANTA DEL 12.3.2011, PADOVA/ATALANTA DEL 26.3.2011, SIENA/SASSUOLO DEL 27.3.2011 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011) 16) RICORSO DELL’ASCOLI CALCIO 1898 S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2011/2012 E AMMENDA DI € 50.000,00 PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA NELLA VIOLAZIONE ASCRITTA AI SUOI TESSERATI, MICOLUCCI VITTORIO E SOMMESE VINCENZO, AI SENSI DEGLI ARTT. 7, COMMI 4 E 6 E 4, COMMA 2 C.G.S., INFLITTA ALLA RECLAMANTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 603/1615PF10-11/SP/BLP DEL 25.7.2011 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE - Sezioni Unite – 2011/2012 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 030/CGF del 18 Agosto 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 047/CGF del 22 Settembre 2011 15) RICORSO DEL CALC. SOMMESE VINCENZO, ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOC. ASCOLI CALCIO 1898 S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 ANNI CON PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C., INFLITTA AL RECLAMANTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE CON NOTA N. 603/1615PF/10-11SP/BLP DEL 25.7.2011, DEGLI ARTT. 9, 7, 1 E 6 C.G.S., IN ORDINE ALLE GARE LIVORNO/ASCOLI DEL 27.2.2011, BENEVENTO/COSENZA DEL 28.2.2011, ASCOLI/ATALANTA DEL 12.3.2011, PADOVA/ATALANTA DEL 26.3.2011, SIENA/SASSUOLO DEL 27.3.2011 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011) 16) RICORSO DELL’ASCOLI CALCIO 1898 S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2011/2012 E AMMENDA DI € 50.000,00 PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA NELLA VIOLAZIONE ASCRITTA AI SUOI TESSERATI, MICOLUCCI VITTORIO E SOMMESE VINCENZO, AI SENSI DEGLI ARTT. 7, COMMI 4 E 6 E 4, COMMA 2 C.G.S., INFLITTA ALLA RECLAMANTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 603/1615PF10-11/SP/BLP DEL 25.7.2011 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 9.8.2011) Avverso la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, Com. Uff. n. 13/CDD del 9 agosto 2011, presentavano ricorso anche la società Ascoli Calcio 1898 S.p.A. ed il calciatore Vincenzo Sommese. L’Ascoli sosteneva che non potesse essere applicato nei suoi confronti il principio della responsabilità oggettiva, per la particolare natura della vicenda. Cio’ perché la responsabilità oggettiva sarebbe configurabile sempre e solo in riferimento all’attività sportiva del dipendente, in analogia, del resto, a quanto disposto dall’art. 2049 C.C. secondo il quale padroni e committenti rispondono dei fatti commessi dai propri dipendenti solo nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti. Valutate in quest’ottica, le condotte dei calciatori Micolucci e Sommese si porrebbero, secondo la società ricorrente, al di fuori del rapporto sportivo con essa, in quanto non attinenti alle mansioni sportive proprie dei giocatori, facendo cosi’ venire meno il nesso di causalità assolutamente necessario per consentire l’applicazione della responsabilità oggettiva. A carico dell’Ascoli, quindi, non sarebbe configurabile alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva per mancanza di nesso causale tra gli illeciti commessi dagli agenti ed il loro rapporto sportivo con la società, che altrimenti sarebbe chiamata a rispondere per fatto altrui. Si osservava, ancora, che, in caso di affermazione di responsabilità dell’Ascoli, la società verrebbe chiamata a rispondere degli stessi illeciti compiuti dagli agenti, come se li avesse commessi direttamente. Illeciti che, in realtà, costituirebbero violazioni di natura penalistica, e non inosservanza di regolamenti federali, dei quali dovrebbero rispondere solo gli autori giacchè la responsabilità penale è solo personale. La decisione gravatoria non avrebbe, poi, considerato che l’Ascoli Calcio sarebbe il soggetto passivo ed il danneggiato dall’azione illecita, poiché per le partite Livorno-Ascoli ed Ascoli- Atalanta i responsabili avevano operato per ottenere un risultato negativo per la loro società, mentre per la partita Novara-Ascoli il tentativo, di risultato negativo, non era andato a buon fine solo perché il Micolucci aveva rifiutato l’offerta. Quanto alla sanzione inflitta, la società ricorrente lamentava la mancata applicazione di una ipotesi di responsabilità graduata, che avrebbe dovuto condurre ad una pena meno afflittiva, anche in virtù della continuazione degli illeciti realizzati, e del fatto che, avendo il Micolucci patteggiato, gli episodi a lui ascritti no avrebbero dovuto essere valutati a danno della società. Si richiedeva, in conclusione, di dichiarare non applicabile il principio della responsabilità oggettiva a carico della società Ascoli Calcio 1898 S.p.A. per le ragioni in precedenza espresse, e, in subordine di irrogare una sanzione minima simbolica comunque non superiore a due punti di penalizzazione ed € 25.000,00 di ammenda. Il calciatore dell’Ascoli Vincenzo Sommese, dal canto suo, nei motivi di ricorso sosteneva, in primo luogo, la nullità della decisione di primo grado per non essersi la Commissione Disciplinare Nazionale astenuta dal giudizio nei suoi confronti in seguito all’accoglimento della richiesta di applicazione della pena presentata da altri tesserati. La motivazione della decisione apparirebbe carente in quanto non sarebbero indicati gli indizi utilizzati per giungere alla conclusione impugnata. Non si comprenderebbe, ad esempio, il riferimento a “ contatti con altri membri dell’associazione”, quando il Sommese ha avuto rapporti solo con il Pirani ed era stato messo fuori rosa dalla squadra di appartenenza. Difetta, poi, ogni riferimento all’elemento psicologico nel comportamento del calciatore. In relazione alle singole gare d’interesse, per Livorno-Ascoli del 25 febbraio 2011 non vi sarebbe alcun riscontro delle assicurazioni che il Sommese avrebbe offerto e di cui si parla nella telefonata tra Erodiani e Pirani. Al contrario, sarebbe stato il Pirani ad informare il calciatore dell’intervenuto accordo, e Sommese avrebbe soltanto simulato la propria disponibilità a causa del suo debito con lo stesso Pirani, tanto è vero che quest’ultimo parlando con il Tuccella si era lamentato della scarsa fattività del “capitano”, come veniva chiamato Sommese, definendolo “moscio”. Quanto alle dichiarazioni rese dal Micolucci, esse avrebbero dovuto essere valutate con assoluta circospezione, risultando evidente il tentativo di allontanare da sé, per quanto possibile, ogni responsabilità disciplinare. Per la gara Benevento-Cosenza del 28 febbraio 2011 mancherebbe qualunque prova del coinvolgimento del Sommese, e , di conseguenza, difetta del tutto la motivazione in proposito. Quanto, poi alla partita Ascoli-Atalanta del 12 marzo 2011 vi sarebbe un solo riferimento ad una telefonata, addirittura neppure individuata, tra il Sommese ed un non tesserato, per cui, data la indeterminatezza degli elementi gravatori, sarebbe addirittura impossibile esperire una valida attività defensionale. In relazione alla partita Padova-Atalanta del 26 marzo 2011 la decisione di primo grado conclude per la certezza della responsabilità del Sommese, pur avendo essa stessa affermato di non essere stata in grado di acquisire prove valide. Infine, per la gara Siena-Sassuolo del 27 marzo 2011, non vi sarebbe nessuna prova di un intervento al riguardo del calciatore Conclusivamente si richiedeva, in via pregiudiziale,”di dichiarare nulla la decisione emessa dalla Commissione Disciplinare Nazionale per non essersi l stessa astenuta in seguito a pronuncia su istanza di applicazione sanzioni da parte di altri tesserati”, e, nel merito, il proscioglimento da tutte le incolpazioni, o, in subordine, la riduzione della sanzione nella misura ritenuta equa con esclusione della preclusione. All’odierna udienza la Procura Federale chiedeva la conferma delle decisioni impugnate, mentre le difese del l’Ascoli e del Sommese insistevano per l’accoglimento dei motivi di reclamo. Le decisioni di primo grado meritano, a giudizio della Corte, di essere confermate, posto che le doglianze difensive dell’Ascoli e del Sommese non possono essere accolte. Quanto alla società, si deve rilevare come appaia incongruo il tentativo di porre al principio della responsabilità oggettiva il limite costituito dalla necessità “che l’illecito sia contenuto negli argini della natura del rapporto sportivo sorto con la società e che, dunque, la stessa avrebbe potuto evitare”. Sul punto risulta dirimente la consolidata giurisprudenza che indica nell’attività comunque agonistica posta in essere dal soggetto tesserato il confine entro il quale è possibile ricondurre alla società di appartenenza profili di responsabilità, appunto oggettiva, per il comportamento del suo dipendente. E non v’è dubbio che l’attività contra jus realizzata dai tesserati dell’Ascoli Micolucci e Sommese abbia riguardato lo svolgimento di impegni di natura agonistica quali sono le partite di calcio, talvolta relative alla loro stessa squadra di appartenenza. Diverso è il discorso, almeno nei limiti di cui si dirà in seguito, relativo alla riconducibilità, sempre a titolo di responsabilità oggettiva, del comportamento del tesserato alla società di appartenenza, nel caso di attività relativa a gare in cui sono impegnate altre società. Neppure può condividersi l’opinione secondo la quale la sanzione a carico della società costituirebbe una “illogica duplicazione dell’illecito”, risolvendosi, cioè, nell’addebitare” alla società la stessa imputazione del responsabile e non già gli effetti, ove ve ne siano, di tale comportamento”. Non ci si trova di fronte, infatti, ad una chiamata di correità, ma piuttosto, sia consentito usare il termine senza nessuna pretesa di sistematicità giuridica ma solo mutuandolo a fini di esplicazione, ad una responsabilità solidale tra l’autore dell’illecito e la società di appartenenza con profili però autonomi e conseguenze diverse sul piano sanzionatorio in ordine alla quantità ed alla qualità delle pene. Di tipo meramente difensivo, e privo di particolare pregio,appare, poi, il rilievo secondo il quale si sarebbe “dovuto escludere ogni tipo di responsabilità a carico dell’Ascoli Calcio perché trattavasi di illeciti penali che si pongono al di sopra del diritto sportivo, che assorbono qualsiasi altro tipo di illecito e di cui devono rispondere solo i diretti responsabili”, per la ovvia considerazione che non si vede il motivo per cui un illecito penale non debba essere ritenuto anche un disvalore disciplinare. A ben guardare, anzi, è vero esattamente il contrario, poiché se può accadere che un fatto rilevante disciplinarmente sia privo di una carica negativa nei confronti dell’ordinamento generale, appare veramente difficile, per non dire impossibile, che un reato possa essere privo di conseguenze nell’ambito del diritto interno di natura disciplinare. In relazione, poi, all’osservazione circa la posizione della società Ascoli Calcio che sarebbe il soggetto passivo, e danneggiato dall’attività dei suoi tesserati i quali avrebbero operato per ottenere risultati negativi per la società stessa, occorre rilevare che la responsabilità oggettiva tutela non semplicemente l’interesse di questo o di quel sodalizio per cui, in caso di attività illecita in danno di una società, questa possa dirsi, in quanto danneggiata, non attinta da alcuna responsabilità, ma piuttosto l’interesse generale di tutti i soggetti consociati a che le competizioni agonistiche si svolgano secondo le regole vigenti, sicchè le operazioni illecite, non importa a vantaggio o a danno di chi, determinano comunque una alterazione del corretto svolgimento delle attività e sono, quindi, fonte di responsabilità diretta per gli agenti, presunta, od oggettiva come è in questo caso, per le società di appartenenza. Quanto, infine, alla congruità della sanzione inflitta, deve osservarsi che la misura della penalizzazione di sei punti, oltre all’ammenda di € 50.000,00, appare correttamente commisurata all’entità delle infrazioni addebitate. Alla società Ascoli Calcio, infatti, devono essere ascritti, sia pure a titolo di responsabilità oggettiva, i comportamenti di due suoi tesserati, Micolucci e Sommese, in ordine ad almeno tre incontri dello scorso campionato di Serie B, Livorno-Ascoli del 27 febbraio 2011, Ascoli-Atalanta del 12 marzo 2011 e Novara-Ascoli del 2 aprile 2011, così che, anche a tacere del coinvolgimento dei suddetti calciatori in gare che non vedevano impegnata la loro società di appartenenza,in ordine al quale la Corte ritiene possa escludersi una ulteriore ipotesi di responsabilità oggettiva trattandosi di attività, le scommesse e quanto intorno ad esse girava, che i soggetti agenti svolgevano nella loro sfera di privata autonomia sulla quale la società di appartenenza non aveva possibilità effettiva di controllo o di intervento, appare appena adeguata, e sicuramente non esageratamente afflittiva, in considerazione degli acquisiti elementi di prova circa i tentativi di “ aggiustamento” delle gare sopraindicate, l’entità delle sanzioni inflitte alla società Ascoli Calcio 1898 S.P.A., che devono essere, pertanto, integralmente confermate. Neppure vi è spazio per l’accoglimento dei motivi di ricorso presentati dal Sommese. In relazione alla pregiudiziale richiesta di declaratoria di nullità della decisione di primo grado per la mancata astensione dei componenti la Commissione Disciplinare Nazionale i quali si erano già pronunciati sulla richiesta di applicazione di sanzione avanzata da altri tesserati, essa non può essere accolta perché presuppone, erroneamente, la applicabilità automatica di tutti i principi che regolano il giudizio penale al procedimento disciplinare, che a quello sicuramente si informa senza però costituirne una pedissequa e scontata ripetizione che sarebbe, in tal caso, assolutamente inutile. Tra l’altro il principio di terzietà del giudice è concetto che può trovare attuazione con modalità e pregnanza differenti anche in campo penalistico. Esso opera, infatti, con criteri di assoluta rigidità in ambito dibattimentale, poiché si vuole che il giudice chiamato ad affermare, eventualmente, la responsabilità del prevenuto, e quindi ad infliggere la più grave delle misure sanzionatorie previste dall’ordinamento, la pena, sia assolutamente estraneo all’intera vicenda processuale così da risultare scevro da qualunque possibile condizionamento. Pur rimanendo nell’ambito penale, tuttavia, quello stesso principio di terzietà viene coniugato in maniera meno rigida quando ci si trovi al di fuori del dibattimento sul merito, e ci si debba occupare di questioni particolari in quelli che vengono normalmente definiti sub procedimenti. Di conseguenza non può essere invocato, a pena di nullità, l’assoluto rispetto del principio di terzietà del Giudice in un procedimento non penale ma solo disciplinare, nel quale non si irrogano pene detentive, ma si stabilisce, da parte di soggetti che al di fuori dell’ordinamento di settore nel quale operano non hanno nemmeno titolo ad essere considerati giudici, la possibilità di fare parte di una determinata organizzazione. Si potrebbe dire, in altre parole e senza pretese, anche in questo caso, di sistematicità giuridica, che l’applicazione della sanzione sarebbe meglio assimilabile all’accettazione del lodo arbitrale in un procedimento di natura civilistica, con valenza, quindi, semplicemente conciliativa. Senza contare ,poi, operando in questo caso una valutazione di merito, che trattandosi di un illecito disciplinare associativo, la valutazione della posizione di un tesserato non significa, automaticamente, la pregressa conoscenza della posizione di tutti gli altri partecipanti all’associazione disciplinarmente illecita. Quanto al richiesto proscioglimento da tutte le incolpazioni, deve ribadirsi che sussistono gli elementi per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità del Sommese. Premesso, invero, che la prova di un fatto, specialmente in riferimento, come si è già detto, ad un illecito associativo può anche essere, e talvolta non può che essere, logica piuttosto che fattuale, nel caso di specie sono rinvenibili sia elementi di fatto che deduzioni logiche, gli uni soccorrenti le altre, come, sia pure succintamente, dato atto dalla decisione di primo grado. Il Sommese, come da lui stesso del resto dichiarato, risulta aver patteggiato in data 30 Luglio2007, in relazione ad altro procedimento disciplinare a carico di diversi tesserati ed alcune società, la sanzione di 5 mesi e 20 giorni di squalifica ed € 10.000,00 di ammenda, per aver effettuato scommesse illecite. Anche successivamente a tale episodio egli è conosciuto nell’ambiente come un accanito scommettitore, ed alla voce corrente che pure in una comunità ristretta riveste un certo valore probatorio, si aggiungono le esplicite dichiarazioni rese da tesserati sentiti nel corso delle indagini, Micolucci e Pirani. Dalle intercettazioni telefoniche, nonché dalla lettura di alcuni sms e’ emerso senza alcuna possibilità di dubbio che egli aveva regolari e continui contatti con il Pirani, uno dei principali organizzatori dell’associazione mirante ad alterare il risultato delle gare allo scopo di ottenere cospicue vincite con le scommesse effettuate. Per sua stessa ammissione, aveva assistito alla partita Livorno-Ascoli del 25 febbraio 2011 dal Pirani insieme al padrone di casa ed a Tuccella Gianluca, a sua volta conosciuto come forte scommettitore. Il Pirani, tra l’altro, aveva riferito al suo “socio” in una telefonata di quella stessa sera che il Sommese durante la partita aveva puntato, telefonicamente, la somma di € 15.000,00, particolare che può essere ritenuto attendibile sia per la circostanza in cui è emerso, sia perché il Pirani non aveva alcun interesse a riferire dettagli non veritieri. Sia detto per inciso, negli stessi motivi defensionali si parla di un debito che Sommese aveva con Pirani, debito a proposito del quale non si dice di più, per cui appare lecito dedurre, anche per questa via, la rispondenza al vero di quanto affermato dal Pirani. Ci troviamo, quindi, di fronte ad un soggetto che sicuramente ha continuato a scommettere anche dopo il patteggiamento del 2007, che è conosciuto in quel ristretto ambiente come tale, che frequenta altri accaniti scommettitori, che ha rapporti frequenti ed importanti con uno degli organizzatori dell’associazione illecita sul piano sportivo, al punto che è stato intercettato in più conversazioni telefoniche relative a gare da aggiustare. Sul piano logico risultano, quindi, provati gli addebiti mossi al Sommese. Quanto ai singoli episodi nei quali mancherebbe qualunque prova a sostegno delle accuse formulate, appare sufficiente ricordare la telefonata intercorsa tra Pirani e Sommese prima della partita Livorno-Ascoli del 25 febbraio 2011 nel corso della quale il calciatore conversava con il suo interlocutore circa la possibilità di indurre alcuni calciatori dell’Ascoli a condizionare l’esito della gara. Alle sollecitazioni del Pirani il Sommese non opponeva alcuna resistenza, anzi si accordava per un nuovo appuntamento telefonico il giorno successivo, dopo l’allenamento che gli avrebbe consentito di parlare con i compagni di squadra. Questa telefonata, tra l’altro, era stata preceduta, il giorno prima, da una conversazione telefonica, pure intercettata, tra il Pirani e l’Erodiani nel corso della quale il professionista informava il suo interlocutore che “il capitano”, vale a dire Sommese, aveva già garantito la collaborazione di due suoi colleghi per aggiustare la partita. Nel giorno dell’incontro Pirani e Sommese, come si è detto, si accordavano per cenare e vedere la partita con il Tuccella a casa del primo. A questi elementi gravatori si aggiungono poi le dichiarazioni del Micolucci il quale può essere ritenuto attendibile, scontando l’ovvio tentativo di contenere al minimo i danni personali, in relazione ai rapporti intercorsi con il Sommese, non solo perché riferisce circostanze a sua diretta conoscenza, in particolare dell’offerta di € 20.000,00 ricevuta dal Sommese stesso, ma anche in quanto del tentativo di aggiustare la partita parlano un po’ tutti e tra questi anche il Pirani, attribuendo l’informazione allo stesso Micolucci. In questa situazione la giustificazione del Sommese è quella di avere finto di assecondare il Pirani senza in realtà adoperarsi in alcun modo per influire sul risultato della gara, affermazione che risulta, all’evidenza, meramente difensiva e priva di pregio, smentita com’è dalle dichiarazioni del Micolucci, che testimonia di un fattivo interessamento del “ capitano”, e dalle altre circostanze di cui si è appena dato conto. In relazione alla gara Benevento-Cosenza del 28 febbraio 2011, sono emersi contatti, due giorni prima dell’evento, tra Pirani, Sommese e Tuccella con i quali il primo informava i suoi interlocutori della possibilità di una puntata sicura sulla partita. Durante lo svolgimento dell’incontro, essendosi già nel primo tempo realizzati i risultati su cui si era scommesso Pirani si rallegrava, via sms, con Sommese e Tuccella. Nelle dichiarazioni rese il Tuccella non ha escluso di aver ricevuto informazioni sulla partita dal Pirani, mentre il Sommese ha affermato di non aver scommesso, né direttamente né tramite terze persone, così indebolendo la propria posizione, giacchè in questo caso veramente sarebbe incomprensibile il comportamento del Pirani che prima parla informando, e poi si rallegra dell’esito, con una persona che non solo è estranea al suo giro, ma neppure effettua scommesse; a meno di non voler sostenere che il Sommese non solo fingeva il suo interessamento per aggiustare le partite, ma simulava anche di essere quello che personalmente non era, cioè uno scommettitore accanito. In relazione alla partita Ascoli-Atalanta del 12 marzo 2011, emerge la conversazione telefonica intercorsa tra il Pirani ed il Sommese il 9 marzo alle ore12,44, ovviamente intercettata, nella quale il calciatore manifestava chiaramente la sua disponibilità ad adoperarsi presso un compagno di squadra per accertare l’adesione di quest’ultimo al progetto di alterazione del risultato. Anche in questo caso il Sommese, non potendo smentire il colloquio telefonico, né contestarne il contenuto, sosteneva di avere finto con il Pirani il proprio interessamento. In ordine, poi, alla gara Padova-Atalanta del 26 marzo2011, risulta agli atti una telefonata del 24 marzo tra Pirani e Sommese nel corso della quale quest’ultimo comunicava al suo interlocutore che le quote delle scommesse stavano crollando e, soprattutto, chiedeva informazioni a proposito di un effettivo aggiustamento della gara. Non si tratta, quindi, di una semplice discussione sulle quote alle quali è proposta la partita, e questo per un tesserato sarebbe già un illecito, ma di un concreto interessamento, evidentemente valutabile su di un diverso piano, ad una scommessa sicura essendo la partita stessa “combinata”. E viene da chiedersi come il Sommese, il quale ha negato addirittura di fare semplici scommesse, potesse sapere che la gara in questione era oggetto di interessi illeciti se non attraverso i suoi contatti con quel mondo al quale sostiene di essere estraneo. In relazione, infine, alla partita Siena-Sassuolo del 27 marzo 2011, risulta acquisita agli atti di indagine una telefonata effettuata alle ore 13,53 dello stesso 27 marzo dal Pirani al Sommese, nella quale il primo informava “il capitano” di aver scommesso sulla vittoria della squadra di casa essendo sicuro della giocata in quanto aveva parlato direttamente con il calciatore coinvolto, tale “quadro”. Anche in questo caso ci si deve chiedere perché il Pirani chiamasse Sommese, che si dice estraneo all’ambiente dei “facitori di partite” e neppure semplice scommettitore, per informarlo di un fatto, o per dir meglio, per confessare un episodio le cui connotazioni erano tranquillamente inquadrabili in un illecito sportivo. Tutti questi elementi di fatto, in definitiva, si inseriscono senza difficoltà nel ragionamento logico precedente rafforzando quello e venendo, al contempo da quello rafforzato, così da non consentire altra soluzione se non la conferma della decisione impugnata . Per questi motivi la C.G.F. respinge i ricorsi come sopra proposti dal calciatore Vincenzo Sommese e dall’Ascoli Calcio 1898 S.p.A. di Ascoli Piceno. Dispone incamerarsi le tasse reclamo.
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