CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 08 giugno 2009 – Società Ginnastica Amsicora – Hockey Club Bra – Hockey Femminile Libertas San Saba – Lazio Hockey 59 contro Federazione Italiana Hockey
CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 08 giugno 2009 – Società Ginnastica Amsicora - Hockey Club Bra - Hockey Femminile Libertas San Saba - Lazio Hockey 59 contro Federazione Italiana Hockey
LODO ARBITRALE
IL COLLEGIO ARBITRALE
PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – PRESIDENTE
PROF. AVV. MASSIMO COCCIA – ARBITRO
AVV. MARIO ANTONIO SCINO – ARBITRO
nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale
di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel
procedimento prot. N. 0112 del 12 febbraio 2009 promosso da:
Società Ginnastica Amsicora, con sede in Cagliari (CA), Via Salinieri
n. 1, cod. fisc. e P. Iva 80001830928, in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore sig. Ruggero Ruggeri; Hockey Club
Bra, con sede in Bra (CN), Via V. Emanuele, n. 234, cod. fisc. e P. Iva
02662200043, in persona del suo Presidente e legale rappresentante
pro tempore sig. Giuseppe Palmieri; Hockey Femminile Libertas San
Saba, con sede in Roma (RM), Via del Tintoretto, n. 290, cod. fisc. e P.
Iva 04325121004, in persona del suo Presidente e legale rappresentante
pro tempore sig. Giovanni Fabrizi; Lazio Hockey 59, con sede in Roma
(Rm), Via al Quarto Miglio, n. 25, cod. fisc. e P. Iva 04602431001, in
persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore sig.
Francesco Rossi, tutte rappresentate e difese dall’Avv. Fabio Pennisi, ed
elettivamente domiciliate presso il suo studio in Roma, Via Flaminia n.
259 (tel. 06.3201533 – fax 06.3202455 / e.mail fpennisi@pennisi.it)
istanti
CONTRO
Federazione Italiana Hockey, con sede in Roma (RM), Viale Tiziano n.
74, in persona del Presidente Federale prof. Luca Di Mauro,
rappresentata e difesa dall’Avv. Guido Valori ed elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Roma, Viale delle Milizie n. 106
resistente
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Con circolare n. 8 del 3 ottobre 2008 il Presidente della FIH convocava
la XXIII Assemblea Nazionale Straordinaria e la XXV Assemblea
Nazionale Ordinaria Elettiva della Federazione per il Quadriennio
Olimpico 2009-2012, per le date del 22 e 23 novembre 2008, con
allegato Elenco ufficiale dei Sodalizi affiliati aventi e non aventi diritto al
voto.
Con ricorso depositato in data 22 ottobre 2008, le Società istanti
ricorrevano, insieme con altre sei società, alla Commissione Unica
d’Appello della FIH (in seguito indicata anche come “CUA”) lamentando
alcune anomalie e chiedendo «che sia ricontrollata la tabella voti sulla
base delle classifiche dei Campionati Nazionali; che sia considerata
attività promozionale il campionato italiano U14, maschile e femminile,
2007/2008 in quanto realizzato tramite squadre di 7 giocatori non
compreso “nell’attività giovanile a 11” di cui all’art. 21 lettera d) con
conseguente riduzione dei voti assegnati; che sia data una
interpretazione all’assegnazione dei voti plurimi, relativamente alle lettere
D) e E) dell’art. 21 dello Statuto FIH, sulla base delle classifiche
nazionali. In conclusione i sottoscritti Presidenti di società chiedono la
rettifica o l’eliminazione di errori od omissioni nell’attribuzione del numero
dei voti presenti sull’elenco ufficiale dei votanti predisposto dalla
Segreteria federale e firmato dal presidente Federale a norma degli art.
17 e 21 dello Statuto e rideterminare la tabella dei voti assembleari e
dare garanzia di corretta determinazione dei voti assegnati a tutti i
sodalizi affiliati FIH»
La Commissione Unica d’Appello, formata dagli avv.ti Vitale
(componente effettivo), Veroni (componente effettivo) e Di Nicco
(componete supplente), veniva convocata per il giorno 17 novembre
2008 e, dopo una prima riunione, per il giorno 19 novembre 2008.
Prima della seconda riunione, la FIH, in persona del Segretario
Generale, comunicava al componente supplente avv. Di Nicco, la sua
sostituzione con un componente effettivo assente nella prima riunione,
l’avv. Aglianò.
Preso atto di tale cambiamento del Collegio, le istanti presentavano
formale diffida alla Commissione Unica d’Appello, invitando a non
modificare la composizione del Collegio inizialmente nominato.
In data 19 novembre 2008, veniva trasmessa alle Società istanti la
decisione della CUA, che dichiarava il ricorso inammissibile.
Le Assemblee Nazionali Ordinarie e Straordinarie si svolgevano nei
giorni 22 e 23 novembre sulla base delle liste originariamente allegate
alla circolare di convocazione.
Avverso la decisione della CUA, le Società istanti proponevano istanza
di conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo
Sport; in data 12 gennaio 2009 veniva fissato l’incontro di conciliazione,
al quale erano presenti le Società ricorrenti, in persona del avv. Santi
Dario Tomaselli, mentre nessuno compariva per la Federazione Italiana
Hockey, coma da preventiva comunicazione del 9 gennaio 2009.
In quella sede, il Conciliatore Avv. Dario Buzzelli, preso atto del
mancato accordo tra le parti, dichiarava estinta la procedura
conciliativa.
Con atto depositato in data 12 febbraio 2009 Prot. n. 0119, le Società
istanti proponevano istanza di arbitrato, ex artt. 9 e ss del Codice,
dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; il Prof. Avv.
Massimo Coccia veniva nominato quale Arbitro delle parti istanti; l’Avv.
Mario Antonio Scino quale Arbitro della parte resistente; tanto il primo
quanto il secondo formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5,
del Codice; successivamente, veniva designato, di comune accordo tra
gli Arbitri, quale Presidente del Collegio Arbitrale, il Prof. Avv. Maurizio
Benincasa che, in data 9 marzo 2009 formulava l’accettazione ex art. 6,
comma 5, del Codice.
Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv.
Maurizio Benincasa (Presidente del Collegio Arbitrale), Prof. Avv.
Massimo Coccia (Arbitro), Avv. Mario Antonio Scino (Arbitro).
Successivamente, veniva fissata la prima udienza per il giorno 1 aprile
2009 presso la sede dell’arbitrato. In quest’occasione veniva esperito
infruttuosamente il tentativo di conciliazione.
Le Società istanti formulavano le seguenti conclusioni: «si chiede 1)
l’integrale annullamento della decisione assunta dalla Commissione
Unica di Appello della Federazione Italiana Hockey di cui al verbale del
19.11.2008 con il seguente accoglimento delle istanze ivi formulate: “sia
verificata la validità di convocazione della parte straordinaria
dell’Assemblea del 22/23 novembre 2008, non essendo stata inviata la
copia integrale delle modifiche statuarie da approvare; che sia
ricontrollata la tabella voti sulla base delle classifiche dei Campionati
Nazionali; che venga data pubblicazione di tutte le classifiche finali delle
attività regionali; che sia considerata attività promozionale il campionato
italiano U14, maschile e femminile, 2007/2008 in quanto realizzate
tramite squadre di 7 giocatori, non compreso “nell’attività giovanile a 11”
di cui all’art. 21 lettera d) con conseguente riduzione dei voti assegnati;
che sia modificato l’elenco atleti e tecnici tesserati in attività; che sia data
una precisa informazione alle società affiliate sulla tabella voti definitiva,
ai fini di una corretta partecipazione all’Assemblea elettiva 2009/2012;
che sia data una interpretazione all’assegnazione dei voti plurimi,
relativamente alle lettere D) e E) dell’art. 21 dello Statuto FIH, sulla base
della classifiche nazionali. In conclusione i sottoscritti Presidenti di
società chiedono la rettifica o l’eliminazione di errori od omissioni
nell’attribuzione del numero dei voti presenti sull’elenco ufficiale dei
votanti predisposto dalla Segreteria federale e firmato dal presidente
Federale a norma degli art. 17 e 21 dello Statuto e rideterminare la
tabella dei voti assembleari e dare garanzia di corretta determinazione
dei voti assegnati a tutti i sodalizi affiliati FIH; 2) il conseguente
annullamento dei risultati elettorali scaturiti dalla XXV Assemblea
Elettiva della FIH, in quanto viziati in via derivata dalle illegittimità
affliggenti la suddetta decisione della CUA; 3) con ogni conseguenza di
legge in ordine alle spese di procedimento».
Con atto depositato in data 3 marzo 2009 Prot. n. 0329 la Federazione
Italiana Hockey si costituiva nel procedimento arbitrale, rassegnando le
seguenti conclusioni: «Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis
dichiarare l’inammissibilità/improcedibilità della istanza per le ragioni
esposte nella presente memoria ed in ogni caso rigettarla perché
infondata in fatto e in diritto. Con ogni più ampia salvezza e riserva di
eccepire, modificare, integrare dedurre produrre e articolare mezzi
istruttori. Con vittoria di spese, competenze, onorari oltre al rimborso delle
spese generali al 12,5% all’IVA e al CAP, e con refusione di tutte le spese,
diritti amministrativi competenze ed onorari del Collegio Arbitrale versati
e versandi dalla FIH per la procedura».
Dopo la prima udienza, svoltasi in data 1° aprile 2009, e dopo lo
scambio di memorie autorizzate, si svolgeva in data 8 giugno 2009
l’udienza di discussione, all’esito della quale il Collegio si riservava la
decisione.
MOTIVI
1.
La Società istanti ricorrono affinché venga annullata la decisione della
Commissione Unica di Appello della FIH. In particolare deducono
quanto segue.
I. In primo luogo, le istanti denunciano irregolarità poste in essere dagli
organi segretariali della Federazione Italiana Hockey con la sostituzione
di uno dei componenti del Collegio della CUA. La difesa delle Società
osserva che tale arbitrario comportamento ha irrimediabilmente viziato
il procedimento valutativo/decisorio dell’organo giudicante e, quindi, la
decisione stessa.
Le istanti deducono che, a mente degli artt. 38 dello Statuto FIH e 39
del Regolamento Organico FIH, la CUA è «regolarmente costituita con la
presenza di tre componenti e delibera a maggioranza dei presenti».
Conseguentemente, osserva la difesa delle Società, «una volta costituitosi
il Collegio con le suddette forme (presenza alla riunione di tre componenti
ratificanti), lo stesso deve pervenire alla decisione senza possibilità che la
compagine soggettiva venga modificata. La perfetta analogia con quanto
disposto dall’art. 276, comma 1, c.p.c., norma imperativa ed immanente
anche per l’ordinamento sportivo, secondo cui la decisione della causa è
adottata dai “giudici che hanno assistito alla discussione” (c.d. principio
dell’immutabilità del giudice) è di tutta ed assoluta evidenza».
Pertanto, concludono le Società istanti, tale vicenda «travalica l’ambito
sportivo e si pone davvero al di fuori della legalità».
II. Le società istanti osservano altresì che la motivazione della decisione
della Commissione Unica di Appello è manifestamente erronea da un
punto di vista sostanziale, contestando il passaggio in cui si afferma che
il petitum sia «[…] del tutto generico e inconcludente […]». Le istanti
deducono, al contrario, che il proprio ricorso ha «indicato
specificatamente quali “casi” fossero affetti da vizi, addirittura
indicandoli con denominazione sociale e numero».
III. La difesa delle Società istanti contesta, comunque, la decisione
assunta dalla Commissione Unica di Appello nel considerare
agonistiche, ai fini dell’attribuzione dei voti plurimi, la categoria
dell’“Hockey a 7” e l’“Under 14”. Le ricorrenti osservano che «lo statuto
della FIH è molto chiaro nel prevedere il voto plurimo solo a chi competa a
livello nazionale», così come statuito dalla disposizione contenuta
nell’art. 3 b) dei Principi Coni.
IV. Da ultimo, nella memoria 20 aprile 2009 le Società istanti, in via
preliminare, deducono la nullità della costituzione della FIH a’ sensi
dell’art. 12 del Codice TNAS in ragione della mancata sottoscrizione
della memoria da parte della Federazione. Osservano le Società istanti,
pertanto, che «[…] la rilevata carenza non solo investe l’esercizio della
attività di difesa strictu sensu espletata sin qui, ma anche la nomina di
arbitro cui, dato il tenore dell’art. 6 del Codice TNAS […], deve intendersi
estensibile per analogia quanto sin qui riferito in merito all’attività di
difesa scritta, ossia la necessaria attestazione della condivisione da
parte del singolo soggetto federato […]».
2.
La Federazione Italiana Hockey, con la propria memoria di costituzione,
chiede che le domande avversarie siano rigettate, perché infondate in
fatto e in diritto.
I. In primo luogo, la FIH osserva come «la controversia che ci occupa non
è oggettivamente arbitrabile dinanzi all’Organo adito che, espressamente,
è chiamato a risolvere controversie di carattere sportivo aventi ad oggetto
diritti disponibili. Nel caso di specie la controversia non ha carattere
sportivo, poiché non attiene l’organizzazione della attività sportiva della
federazione né fatti generati da attività sportiva posta in essere da
affiliati o tesserati né provvedimenti degli Organi Federali aventi ad
oggetto la regolamentazione della attività sportiva, ancorché latamente
intesa, ma ha ad oggetto nella sua richiesta finale di annullamento della
tornata elettiva federale […]».
La difesa della FIH deduce l’inammissibilità e l’improcedibilità del
ricorso dal momento che «non sono stati indicati i motivi di censura che
dovrebbero condurre alla declaratoria di nullità degli atti assembleari,
ossia al risultato elettorale. Le società odierne ricorrenti non hanno
autonomamente impugnato la delibera Assembleare presumibilmente
viziata in quanto assunta sulla base di liste elettorali erroneamente
predisposte, ma hanno impugnato tale provvedimento quale atto
consequenziale al provvedimento della CUA».
Inoltre, la difesa della FIH contesta la modalità con cui è stata
formulata la domanda nel ricorso, dal momento che «le ricorrenti
chiedono all’intestato organo una pronuncia di annullamento del
provvedimento impugnato, non formulando specifiche contestazioni sulla
applicazione della normativa federale, ma articolando domande
finalizzate all’ottenimento di pronunce interpretative di alcune norme
statuarie».
II. In secondo luogo, la difesa della resistente osserva che nessun vizio
può essere riscontrato nella formazione del Collegio della Commissione
Unica di Appello. A tal proposito, la FIH svolge le seguenti due
considerazioni: «la prima va ravvisata nel principio ormai codificato, ed
espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza di settore […], della
fungibilità di ogni membro effettivo di una commissione con qualsiasi
membro supplente; e la seconda secondo cui il principio della
immodificabilità del collegio giudicante trova attuazione dal momento in
cui ha inizio la discussione della causa, sicché unicamente la successiva
diversa composizione dell’organo decidente (e non pure quella limitata
alle sole precedenti udienze di trattazione) può dar luogo alla nullità della
sentenza […]».
Pertanto, conclude la difesa della FIH, «alcuna nullità sotto il profilo della
composizione del collegio giudicante può essere rilevata».
Inoltre, la difesa della resistente osserva che la domanda contenuta nel
ricorso presentato dalle Società istanti «è assolutamente generica». La
Federazione Italiana Hockey, infatti, «ravvisa un petitum del tutto
generico posto che non viene fornita alcuna prova o allegazione o
argomentazione a suffragio della pretesa errata attribuzione di voti per
ogni singola regione».
III. Da ultimo la FIH, in merito alle pretese violazioni delle norme
statuarie, contesta quanto dedotto dalle ricorrenti in quanto «non si può
accettare di qualificare violazione una non condivisa interpretazione di
norme federali». L’art. 1, commi 2 e 3 del Regolamento Gare e
Campionati, distingue le attività agonistiche in ufficiali e non ufficiali; le
prime, attività federali, annoverano gare programmate dal Consiglio
Federale della FIH. Pertanto, conclude la Federazione, si ritiene che «il
Campionato Under 14 debba qualificarsi quale attività agonistica,
trattandosi di attività programmata ed indetta dal Consiglio Federale».
Per quanto concerne i campionati di Hockey a 7, la resistente sottolinea
che il secondo comma dell’art. 1 del sopracitato Regolamento prevede
che «per particolati manifestazioni possono essere consentite deroghe ai
Regolamenti internazionali, limitatamente alla composizione numerica
delle squadre, alla durata degli incontri ed alle misure e tracciature dei
campi di gioco»; conseguentemente, la FIH rileva che «tali campionati,
proprio in ragione della loro composizione numerica, durata degli incontri
e misure del campo, possono essere inquadrati nell’ambito di
manifestazioni che derogano ai regolamenti internazionali, pur restando
nell’alveo della attività agonistica».
3.
Preliminarmente, il Collegio deve esaminare l’eccezione formulata dalle
Società Istanti nella memoria 20 aprile 2009 in ordine alla validità della
costituzione della FIH e della nomina dell’Arbitro da parte di
quest’ultima.
L’art. 12 del Codice, sotto la rubrica «Difese della parte intimata»,
dispone che la memoria difensiva della parte intimata “esponga” una
serie di “elementi” tra i quali, sub g), si indica la «sottoscrizione della
parte e del suo difensore munito di procura».
Con tenore letterale parzialmente diverso, il precedente art. 9 stabilisce
che «La procedura arbitrale è introdotta con istanza rivolta al Tribunale
nella quale sono contenuti i seguenti elementi: […] g) sottoscrizione della
parte e del suo difensore dotato di procura […]».
Il successivo art. 14 del Codice disciplina un procedimento di
«completamento» e «regolarizzazione» dell’istanza di arbitrato e della
memoria di costituzione che non contengano gli elementi descritti,
rispettivamente, dagli artt. 9 e 12 del Codice.
Non si rinviene alcuna disposizione del Codice che faccia conseguire
all’incompletezza dell’istanza di arbitrato e della memoria di
costituzione la nullità o inefficacia delle stesse.
Il Collegio, alla luce del quadro normativo sopra sintetizzato, reputa di
non poter condividere l’eccezione formulata dalle parti istanti, con
conseguente validità ed efficacia sia della costituzione della parte
intimata sia della nomina dell’arbitro da parte di quest’ultima.
La sottoscrizione di un atto, sostanziale o processuale, ha infatti la
funzione di attribuire all’autore la paternità della scrittura e del suo
contenuto.
In questo senso deve essere letta la previsione del Codice contenuta
negli artt. 9 e 12 e, conseguentemente, non può farsi discendere
l’invalidità dell’atto dalla mancata sottoscrizione della parte quando, in
ogni caso, sia possibile riferire la paternità di questo alla parte
medesima.
Ed è, appunto, ciò che accade nelle ipotesi in cui l’atto rechi la procura
a margine o in calce e contenga, dunque, la sottoscrizione della parte,
sia pure con riferimento all’atto di nomina del difensore.
In questa direzione, si è già espressa la giurisprudenza di questo
Tribunale in una recente pronuncia (Lodo 12 giugno 2009 A.S.I. Isola
Farnese FCD e Sig. Emanuele Bellarosa - Federazione Italiana Giuoco
Calcio).
Nella stessa direzione milita anche la giurisprudenza del Supremo
Collegio secondo la quale con la sottoscrizione della procura a margine
o in calce all’atto giudiziario, la parte fa proprio il contenuto di
quest’ultimo, soddisfacendo anche il requisito della sottoscrizione (Cfr.,
tra le altre, Cass. 10 giugno 2003 n. 9262, in Arch. civ., 2004, 560;
Cass. 2 luglio 1981, n. 4301, in Giur. it., Mass., 1981).
Occorre, inoltre, sottolineare, come dedotto dalla difesa della FIH, che il
Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva, sub art. 5 (Costituzione
della parte intimata) pone come alternative la sottoscrizione del
difensore e quella della parte intimata.
4.
Venendo alle eccezioni di parte intimata, il Collegio esamina quella
inerente la c.d. arbitrabilità della controversia dinanzi all’odierno organo
giudicante.
La FIH deduce che il Collegio non sarebbe competente a conoscere della
controversia in parola poiché questa non avrebbe carattere sportivo, in
quanto non attinente all’organizzazione di attività sportiva da parte
della Federazione; né a fatti generati da attività sportiva posta in essere
da affiliati o tesserati; né, infine, a provvedimenti degli Organi federali
relativi alla regolamentazione dell’attività sportiva.
L’eccezione non pare meritevole di accoglimento.
In linea con la giurisprudenza formatasi sotto la vigenza della abrogata
Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, deve affermarsi, alla
luce del diritto oggi vigente, l’arbitrabilità delle controversie, come
quella dedotta nell’odierno procedimento, aventi ad oggetto
l’impugnazione di deliberazioni di organi di federazioni sportive.
A tale conclusione induce la particolare disciplina della soluzione delle
controversie sportive introdotta nell’ordinamento italiano con la l. 17
ottobre 2003 n. 280 (recante conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 19 agosto 2003 n. 220: “disposizioni urgenti in materia di giustizia
sportiva”), la quale ha stabilito un regime derogatorio rispetto alle regole
generalmente (ed altrimenti) applicabili all’impugnazione di delibere di
organi di associazioni riconosciute.
Ed invero l’introduzione, anche in materia di diritti soggettivi e per
controversie diverse da quelle vertenti sui “rapporti patrimoniali tra
società, associazioni e atleti”, della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ha sottratto i giudizi su ricorsi aventi natura
impugnatoria di delibere delle federazioni sportive al regime stabilito in
via generale dall’art. 23 cod. civ. Da ciò consegue dunque che non potrà
più ritenersi non compromettibile in arbitri, per difetto di disponibilità
del diritto ad opera delle parti, la controversia avente ad oggetto la
validità delle deliberazioni federali (come invece aveva correttamente
concluso altro collegio arbitrale istituito presso la Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport prima dell’adozione della legge n.
280/2003: lodo Ragazzi c. Federazione Italiana Pallacanestro dell’11
luglio 2002).
Tale conclusione si incontra, e risulta perciò rafforzata, sotto altro
profilo, con la generale salvezza delle “clausole compromissorie previste
dagli statuti e dai regolamenti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano
e delle Federazioni sportive”, disposta dall’art. 3 comma 1 della legge n.
280/2003, e con il favor per la risoluzione in “sede sportiva” delle
controversie che mettano in gioco regole e soggetti dell’ordinamento
sportivo affermato, senza formulare eccezioni, dalla stessa legge n. 280
del 2003.
Ma anche ove la controversia dedotta nel presente procedimento non
fosse da ritenere arbitrabile, al Collegio non apparirebbe comunque
possibile declinare l’esercizio del potere decisionale ad esso attribuito
dal Codice TNAS e dalla concorde volontà delle parti, espressa senza
limitazioni (sotto il profilo qui rilevante) dalla stessa Resistente nelle
proprie norme statutarie. Ritiene infatti il Collegio che anche in tal caso
ad esso incomberebbe comunque l’obbligo di svolgere la funzione
decisionale di cui è investito, ancorché in riferimento al solo
ordinamento sportivo, al cui ambito l’efficacia della propria pronuncia
(non sussumibile nell’ordinamento dello Stato per difetto di
arbitrabilità) rimarrebbe confinata. E sotto tale profilo il Collegio
conferma come la controversia ad esso sottoposta sia riferibile alla
“materia sportiva”: per quanto avente ad oggetto una pretesa
impugnatoria, essa è insorta tra soggetti (anche) dell’ordinamento
sportivo ed ha ad oggetto regole e vita associativa di una federazione
sportiva. Ne consegue dunque la sussistenza del potere dell’adito
Collegio Arbitrale a pronunciarsi sulle domande ad esso sottoposte.
5.
La difesa della Federazione resistente deduce poi, in via preliminare,
l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’istanza di arbitrato sotto un
ulteriore profilo. In particolare, si rileva che la parte istante ha limitato
la propria impugnazione alla decisione della CUA, senza impugnare
autonomamente la delibera assembleare che si assume viziata.
Anche questa eccezione non è meritevole di accoglimento.
Il Collegio condivide le considerazioni espresse sul punto dalle Società
istanti. Infatti, dall’esame della normativa federale emerge che la
decisione della CUA, in quanto atto endoprocedimentale, si atteggia ad
atto preparatorio di quello finale costituito dalla votazione assembleare.
Il rapporto che astringe la prima decisione e la delibera assembleare è
tale che l’eventuale invalidità del primo genera un effetto caducante
della seconda. La votazione assembleare viene, così’ automaticamente
travolta dall’annullamento dell’atto presupposto.
È ampiamente condivisibile il richiamo della giurisprudenza del
Consiglio di Stato secondo la quale non sussiste l’onere di impugnare
l’atto finale del procedimento quando sia stato impugnato l’atto
preparatorio e tra i due intercorra una rapporto di presupposizioneconsequenzialità
immediata, diretta e necessaria (Cfr. Cons. Stato, Sez.
V, 25 agosto 2008 n. 4053).
Le considerazioni sopra esposte devono, peraltro, essere coniugate,per
un verso con la circostanza che nella normativa federale non sembra
rinvenirsi un espresso strumento di tutela giurisdizionale avverso le
delibere assembleari in parola; per altro verso, con il carattere
pienamente devolutivo del giudizio dinanzi al Tribunale Nazionale di
Arbitrato per lo Sport (“TNAS”), di cui si dirà al punto seguente.
6.
Le Società istanti censurano la decisione impugnata rilevando
l’illegittimità della sostituzione di un suo componente, l’avv. Juan Josè
Di Nicco, dopo lo svolgimento della prima riunione del 17 novembre
2008. In particolare, l’avv. Di Nicco era stato convocato in qualità di
membro supplente a causa dell’indisponibilità del componente effettivo
per la data della prima riunione. Successivamente e in vista della
riunione del 19 novembre 2008, l’avv. Di Nicco è stato sostituito
dall’avv. Ubaldo Aglianò, componente effettivo divenuto, nuovamente,
disponibile.
La Federazione resistente assume che in occasione della riunione del 17
novembre 2008 la questione per cui è causa non era stata né trattata,
né discussa. Conseguentemente, non risulterebbe conferente il
richiamo al principio dell’immodificabilità del collegio giudicante che, al
contrario, trova applicazione solo dal momento in cui ha inizio la
discussione.
Il Collegio reputa che la tesi delle Società istanti non possa trovare
accoglimento per motivi che attengono alla natura stessa del giudizio
che si viene ad instaurare innanzi ad un collegio arbitrale del TNAS.
Occorre invero rilevare come gli organi di giustizia sportiva delle
federazioni sportive – nominati dalle stesse federazioni in base alle
proprie regole statutarie – non siano in alcun modo assimilabili ai
giudici statali o ai collegi arbitrali. Che non si tratti di giudici statali è
talmente evidente che non mette neanche conto spiegarlo, dato che gli
organi di giustizia sportiva sono nominati all’interno di federazioni
sportive, cioè di enti collettivi aventi “natura di associazione con
personalità giuridica di diritto privato” (art. 2.2 d.lgs. n. 242/1999), e
dato che esplicano la loro funzione giustiziale solo all’interno
“dell’ordinamento sportivo” (art. 2.2, in fine, l. n. 280/2003). Che non si
tratti poi di organismi arbitrali è evidente – particolarmente in
controversie come la presente, opponente la federazione ad alcune
società ad essa affiliate – per difetto del fondamentale requisito della
terzietà dei giudicanti rispetto alle parti. In effetti, al di là ovviamente
della possibile, ed anzi sempre auspicabile, indipendenza ed
imparzialità personale dei singoli giudici, un organo federale di giustizia
sportiva non può – per definizione – essere tecnicamente ritenuto
“terzo” dal momento in cui è nominato interamente ed esclusivamente
dalla stessa federazione, cioè da una delle parti in causa.
Gli organi federali di giustizia sportiva sono dunque meri organi
associativi che, sebbene operanti secondo modelli di garantismo
procedurale ispirati alla giustizia statale o arbitrale – in base alle
vigenti prescrizioni CONI codificate nei “Principi di giustizia sportiva”
indirizzati alle federazioni sportive nazionali –, da un punto di vista
giuridico non fanno altro che esprimere la volontà della federazione
sportiva cui appartengono. Le decisioni degli organi federali di giustizia
sportiva sono infatti giuridicamente da imputarsi alle federazioni, e le
dette garanzie procedurali – certamente commendevoli – accordate dalle
normative federali a tutela del principio del giusto processo e del diritto
di difesa delle parti non valgono ad attribuire a tali organi e alle loro
decisioni natura giurisdizionale o arbitrale sul piano esoassociativo
dell’ordinamento generale.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni, il Collegio ritiene che non si
possano assolutamente applicare sic et simpliciter ad un procedimento
endoassociativo di giustizia sportiva le norme dettate dal Codice di
procedura civile per la regolare composizione di un collegio giudicante
facente parte di una giurisdizione statale. Invero, ad avviso del Collegio,
la eventuale irregolare composizione di un organo federale di giustizia
sportiva può essere invocata e valutata esclusivamente in base a
specifiche norme dell’ordinamento sportivo e, segnatamente, della
federazione sportiva interessata. Poiché l’art. 38 dello Statuto della FIH,
invocato dalle società istanti, non prevede affatto la immutabilità del
collegio giudicante nel corso del procedimento – né lo prevedono,
peraltro, i citati “Principi di giustizia sportiva” del CONI – ma
unicamente che la CUA “presieduta dal Presidente o dal Vicepresidente è
regolarmente costituita con la presenza di tre componenti e delibera a
maggioranza dei presenti”, questo Collegio ritiene che il cambiamento
della compagine giudicante tra la prima e la seconda riunione della CUA
non abbia comportato alcun vizio inficiante la validità o efficacia della
decisione qui appellata.
La condotta degli organi federali, pertanto, appare pienamente legittima
in relazione alla composizione e al funzionamento della CUA.
In ogni caso, il Collegio rileva come l’art. 12 ter dello Statuto del CONI
preveda che i collegi del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport
(“TNAS”) abbiano “competenza arbitrale sulle controversie che
contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati”
senza alcuna limitazione all’oggetto del giudizio. Dunque, la competenza
arbitrale di un collegio del TNAS si incentra sulla “controversia” insorta
e non sulla “decisione” adottata in ambito federale. In altri termini, ad
avviso del Collegio, il deferimento di una “controversia” ad un collegio
del TNAS implica un effetto devolutivo pieno del giudizio sulla intera
controversia e non del mero giudizio sulle modalità procedurali che
hanno portato alla decisione dell’organo federale di giustizia sportiva.
Ciò è d’altronde in linea con la giurisprudenza formatasi sotto la vigenza
della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport:
«A ben vedere, l’oggetto del giudizio in sede di arbitrato presso la
Camera non è affatto l’impugnazione in senso stretto di un
provvedimento federale, ma l’esame di una controversia relativa
alla volontà compiutamente manifestata dalla federazione con
riguardo a una determinata fattispecie sviluppatasi in ambito
endoassociativo. La lettera dell’art. 12 dello Statuto del CONI […] è
d’altronde chiarissima: da un lato, alla Camera è attribuita non
una mera competenza a riesaminare in appello uno specifico atto
federale bensì la competenza a decidere con pronunzia definitiva
sulle controversie che contrappongono una federazione a soggetti
affiliati o tesserati; dall’altro, l’istante non impugna un atto
federale bensì sottopone al giudizio arbitrale “la controversia” nel
suo complesso» (lodo 5 novembre 2002, HC Gherdëina c. FISG).
Tale pieno effetto devolutivo comporta che, quand’anche vi siano state
delle irregolarità procedurali nell’ambito del giudizio endofederale, ciò
non determina necessariamente la invalidità o inefficacia della decisione
dell’organo di giustizia federale. In effetti, poiché il principio del
contraddittorio e i diritti della difesa vengono ad essere pienamente
tutelati nell’ambito del procedimento arbitrale TNAS, eventuali lesioni di
diritti procedurali occorse in ambito endofederale (che non abbiano
comportato conseguenze pregiudizievoli irreparabili) divengono
irrilevanti in sede arbitrale extrafederale, nella misura in cui il collegio
arbitrale TNAS investito della controversia, anziché limitarsi ad
esaminare gli eventuali vizi procedimentali del processo federale, può
entrare direttamente nel merito della questione decidendo
compiutamente la controversia ed eventualmente accordando la tutela
che già era stata cercata in ambito federale.
Pertanto, il Collegio ritiene che, quand’anche si volesse ritenere che la
sostituzione del componente supplente con quello effettivo in occasione
della seconda riunione della CUA abbia leso il principio del giusto
processo ed i diritti di difesa delle istanti, il Collegio deve comunque
entrare nel merito della controversia, valutando se tale ipotetica
violazione procedurale abbia comportato concreti effetti pregiudizievoli
per le società istanti.
7.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che
rientri pienamente nell’ambito dell’oggetto cognitivo del presente
giudizio la valutazione della legittimità dell’assegnazione dei voti in vista
delle Assemblee federali.
In concreto, tuttavia, su tale profilo si deve constatare che le Società
Istanti non hanno fornito alcuna prova, neppure indiziaria, in ordine
alla dimostrazione della circostanza che, ove i voti – forse, più
correttamente, si dovrebbe parlare di “diritti di voto” – fossero stati
attribuiti con i criteri da esse proposti, il risultato elettorale sarebbe
stato diverso. In altri termini, le Società istanti non hanno fornito gli
elementi necessari per escludere la prova di resistenza dell’esito
assembleare e quindi la correttezza delle operazioni elettorali contestate.
Anche in occasione della discussione orale, a seguito della richiesta di
chiarimenti sul punto da parte del Collegio, nessun elemento di prova è
stato fornito, anzi la difesa delle Società istanti ha lasciato intendere
che, sotto il profilo del risultato finale, ove anche vi fosse stata una
diversa attribuzione dei voti il risultato della elezione presidenziale
sarebbe rimasto il medesimo.
Torna utile, sul punto, richiamare un precedente di giustizia
amministrativa in tema di controversie in materia elettorale nel quale si
è affermato che «[…] il ricorrente ha l’onere d’indicare le irregolarità
procedimentali lamentate, il quale si può ritenere assolto ove i vizi siano
enunciati con quell’analiticità sufficiente a delimitare la doglianza
dedotta, sia la sua incidenza, ai fini dell’accertamento dell’interesse a
ricorrere sul risultato elettorale conclusivo, dimodochè sia evitato ogni uso
strumentale del giudizio. Pertanto, è inammissibile quel ricorso che risulti
generico (per l’indeterminatezza delle doglianze [….] oppure che non
superi la c.d. “prova di resistenza” (perché sussistono elementi oggettivi
che impediscono d’intravedere un qualunque vantaggio giuridico per il
ricorrente) […]». (s.d.r.; Così Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 1996, n.
241, in Foro amm., 1996, 583.
Ebbene, al Collegio non pare che l’istanza di arbitrato presenti tratti di
genericità, mentre si reputa che le Società ricorrenti non abbiano
assolto all’onere inerente la prova di resistenza e, pertanto, l’istanza non
è meritevole di accoglimento nel merito.
Le considerazioni esposte suggeriscono al Collegio, per evidenti ragioni
di economia processuale, di non entrare nel merito delle complesse
questioni agitate in giudizio in relazione all’attribuzione dei diritti di
voto e all’interpretazione delle norme federali relative a questo profilo.
8.
Tutte le altre domande, deduzioni, eccezioni e istanze, anche istruttorie,
debbono intendersi assorbite da quanto esposto in motivazione.
Le spese arbitrali seguono la soccombenza e sono liquidate in
dispositivo. Quanto alle spese di lite, la novità delle questioni trattate,
nonché la particolare delicatezza ed importanza della corretta
attribuzione dei voti alle società affiliate in funzione dell’elezione del
presidente federale, inducono a compensarle integralmente.
P.Q.M.
Il Collegio arbitrale
all’unanimità e definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria
domanda, istanza ed eccezione:
1. respinge l’istanza di arbitrato;
2. compensa integralmente le spese di lite;
3. condanna le Società istanti, fermo il vincolo di solidarietà, al
pagamento delle spese e degli onorari degli Arbitri, liquidati
complessivamente in € 2.000,00-;
4. condanna, altresì, le Società istanti al pagamento dei diritti
amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport;
5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i
diritti amministrativi versati dalle parti.
Così deciso in conferenza personale degli arbitri e all’unanimità in data
8 giugno 2009 e sottoscritto in numero di sei originali nei luoghi e nelle
date di seguito indicati
Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport
presso il C.O.N.I. – Stadio Olimpico / Curva Sud
F.TO MAURIZIO BENINCASA
F.TO MASSIMO COCCIA
F.TO MARIO ANTONIO SCINO