CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 15 dicembre 2009 promosso da: Raymond John Marschalek contro Federazione Italiana Pallacanestro

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 15 dicembre 2009 promosso da: Raymond John Marschalek contro Federazione Italiana Pallacanestro I L C O L L E G I O A R B I T R A L E Prof. Avv. Luigi Fumagalli Presidente Prof. Avv. Guido Calvi Arbitro Prof. Avv. Massimo Zaccheo Arbitro nominato ai sensi dell’art. 6 comma 3 del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport riunito in conferenza personale in Roma, presso la sede dell’arbitrato, in data 15 dicembre 2009 ha deliberato all’unanimità il seguente L O D O A R B I T R A L E nel procedimento di arbitrato prot. n. 2001 del 22 ottobre 2009 promosso da: Raymond John Marschalek, residente in La Spezia, via Gramsci n. 70, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Frau ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questo in La Spezia, piazza Verdi n. 23, giusta delega a margine dell’istanza di arbitrato ricorrente contro Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.), con sede in Roma, via Vitorchiano n. 113, in persona del sig. Dino Meneghin, suo Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Valori e Paola M.A. Vaccaro ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, viale delle Milizie n. 106, giusta delega a margine della memoria di costituzione resistente * * * * * * * * * FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ARBITRALE A. Le parti 1. Il sig. Raymond John Marschalek (il “sig. Marschalek” o il “Ricorrente”) è tesserato presso la Federazione Italiana Pallacanestro in qualità di Commissario Speciale del Comitato Italiano Arbitri (il “CIA”). Come tale, al sig. Marschalek, nella stagione sportiva 2008/2009, sono stati attribuiti compiti di controllo e valutazione degli arbitri impegnati nei campionati federali di pallacanestro. 2. La Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) (la “FIP” o la “Resistente”), associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, è l’ente di governo dello sport della pallacanestro in Italia, avente lo scopo di promuovere, regolare e sviluppare l’attività cestistica italiana. Essa è l’associazione delle società e delle associazioni sportive che praticano, promuovono o organizzano lo sport della pallacanestro, agonistico e amatoriale, in Italia. B. La controversia tra le parti 3. Con atto in data 30 giugno 2009 il Procuratore Federale presso la FIP deferiva alla Commissione Giudicante Nazionale della FIP (la “Commissione Giudicante”) il sig. Marschalek per vederlo rispondere della violazione dell’art. 43 comma 1 lett. d [“Atti di frode sportiva”] del Regolamento di giustizia della FIP (il “RG”), “perché in concorso con altri, alterando le proprie valutazioni accettava l’indicazione dei voti da attribuire agli arbitri indicati nella narrativa del presente provvedimento, così come richiesto dai vertici dell’organizzazione Cia – commissari speciali nelle persone dei sigg.ri Garibotti Giovanni, Campera Alessandro Carlo e Montella Giovanni Battista”. 4. A sostegno di tale richiesta il Procuratore Federale illustrava • che dagli atti trasmessi alla FIP dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria (ed in particolare da alcune intercettazioni telefoniche) era emerso “in modo inequivocabile l’accordo antiregolamentare sottostante ai rapporti personali esistenti tra il super commissario nazionale Garibotti Giovanni, il designatore dei commissari speciali Campera Alessandro Carlo e il responsabile dei commissari speciali Montella Giovanni Battista, attraverso il quale questi tre soggetti dettavano ai singoli commissari speciali, prima di ogni partita dagli stessi visionata, il voto da dare agli arbitri designati per detta gara, indipendentemente dall’effettivo arbitraggio”; • che “tale attività, ripetutasi per gli ultimi due campionati con numerose segnalazioni, spesso imperative, ha finito con il condizionare le classifiche arbitrali di fine anno e conseguentemente la promozione e/o la retrocessione di numerosi direttori di gara, ignari del disegno illecito posto in essere”; • che “il tesserato Marschalek Raymond John … ha eseguito pedissequamente le disposizioni ricevute per la valutazione degli arbitri … alterando volontariamente ed illecitamente gli effetti del proprio compito istituzionale, pur consapevole delle conseguenze che tale alterazione avrebbero comportato nella graduatoria finale”; • che il sig. Marschalek non aveva fornito “giustificazioni di alcuna rilevanza giuridica e/o regolamentare”. 5. La Commissione Giudicante, con decisione in data 20 luglio 2009, pubblicata nel C.U. n. 69 di pari data (la “Decisione della Commissione Giudicante”), ritenuta la violazione dell’art. 43 comma 1 lett. d RG, infliggeva al sig. Marschalek la sanzione della inibizione allo svolgimento di attività federali e sociali per cinque anni, fino al 3 giugno 2014. 6. A sostegno di siffatta decisione la Commissione Giudicante illustrava quanto segue: • “in sede di indagini presso il Tribunale di Reggio Calabria è emerso che, negli anni sportivi 2007/2008 e 2008/2009, i Sigg.ri Garibotti Giovanni, Presidente del C.I.A. fino al mese di settembre 2008 e successivamente Supervisore dei Commissari Speciali Arbitri, Giovanni Battista Montella, Responsabile del Settore Commissari Speciali e Alessandro Campera, Designatore dei Commissari Speciali, «si associavano tra loro attraverso uno stabile vincolo associativo, realizzato e costantemente alimentato da molteplici contatti telefonici tra i componenti del sodalizio ovvero tra costoro e soggetti estranei all’organizzazione, allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di abuso di ufficio e di frode in competizioni sportive, ponendo in essere altresì strumentali condotte delittuose finalizzate al conseguimento di una consolidata egemonia all’interno del settore arbitrale, e al condizionamento del campionato di Basket per le stagioni 2007/2008 e 2008/2009; non solo, quindi, operando sul piano sportivo, ma determinando anche l’alterazione degli equilibri di natura economico-finanziaria relativi a talune società sportive. In particolare, realizzavano il programma criminoso mediante sistematici interventi che si realizzavano con la predeterminazione dei voti da dare agli arbitri, concordati prima della gara sportiva e comunicati ai commissari speciali, sia attraverso la consumazione di delitti di frode in competizioni sportive, anche abusando o comunque avvantaggiandosi dei ruoli rispettivamente ricoperti adoperandosi perché, anche attraverso l’opera dei commissari speciali nominati, venissero agevolati gli arbitri compiacenti e, contrariamente, venissero penalizzati gli arbitri che non avevano favorito le squadre indicate»”; • la condotta del sig. Marschalek, “risultante per tabulas dai verbali di trascrizione delle telefonate intercorse: a) in data 26/9/2008, tra il Marschalek ed il Sig. Alessandro Campera, designatore dei commissari speciali; b) in data 30/11/2008, ore 12:41, tra il Marschalek ed il Sig. Giovanni Garibotti, super commissario nazionale; c) in data 30/11/2008, ore 20:27, tra il Marschalek ed il Sig. Giovanni Garibotti; d) in data 12/12/2008, tra il Marschalek ed il Sig. Giovanni Garibotti; e) in data 18/1/2009, tra il Marschalek ed il Sig. Giovanni Garibotti; f) in data 1/2/2009, tra il Marschalek e il Sig. Giovanni Garibotti”, evidenziava a carico del sig. Marschalek “profili di responsabilità disciplinare rilevanti ai sensi dell’art. 43, lett. d) R.G., che prevede come ipotesi di frode sportiva: «qualsiasi altro atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio ». Infatti, come risulta dalle telefonate sopra indicate, ... il Marschalek ha in diverse occasioni ricevuto le indicazioni di voto da dare agli arbitri e per la valutazione degli arbitri Ciccodicola e Santella (gara 30/11/2008 tra Figline e San Vincenzo) ha eseguito le disposizioni ricevute (cfr. verbali intercettazioni del 30/11/2008, ore 12:41 e del 30/11/2008, ore 20:27)”; • “le condotte di frode sportiva di cui alla norma in esame sono tutte strutturate quali ipotesi di illecito a consumazione anticipata, cosicché l’evento antisportivo dedotto non deve, perché si abbia frode, necessariamente realizzarsi, essendo sufficiente, ai fini della consumazione dell’illecito, il mero compimento di un atto diretto al raggiungimento di uno scopo fraudolento. È evidente, come negli illeciti di mera condotta, il disvalore sportivo viene individuato dal legislatore federale nella condotta in sé, in quanto vi è un interesse generale non solo a prevenire l’evento di danno ma, ancor prima, a reprimere taluni comportamenti antisportivi a prescindere dalle loro conseguenze concrete. Le norme del Regolamento di Giustizia della FIP di cui all’art. 43 statuiscono la volontà di sanzionare i tesserati che si siano resi responsabili di determinate condotte fraudolente in quanto tali. È per questo che il bene protetto viene identificato nell’interesse della Federazione a reprimere i comportamenti fraudolenti anche se non abbiano prodotto danno. L’intento perseguito si rinviene nel tentativo di salvaguardare dal malcostume lo spirito di lealtà e correttezza che deve ispirare e caratterizzare il comportamento sportivo”; • “la condotta del Sig. Marschalek, commissario speciale CIA, … proiettata verso un obiettivo antisportivo, [era], quindi, meritevole di sanzione disciplinare”, e dunque appariva “congrua l’applicazione della sanzione dell’inibizione per anni 5 (cinque) a svolgere l’attività federale e sociale … per le responsabilità provate in ordine ai fatti contestati, in considerazione della gravità delle condotte tenute e del nocumento all’immagine del movimento cestistico causato, ai sensi ed agli effetti dell’art. 43), lett. d) R.G.”. 7. Con atto d’appello in data 21 luglio 2009 (e trasmesso il giorno successivo) il sig. Marschalek proponeva ricorso alla Corte di giustizia federale della FIP (la “Corte Federale”) avverso la Decisione della Commissione Giudicante, “perché in integrale riforma del provvedimento impugnato revochi il medesimo riammettendo il sottoscritto allo svolgimento dell’attività federale e sociale”. All’udienza di discussione di siffatta impugnazione, il difensore del sig. Marschalek chiedeva poi, in via subordinata, la derubricazione dell’illecito da frode sportiva a omessa denuncia. 8. Il 4 settembre 2009 la Corte Federale, con decisione pubblicata nel C.U. n. 182 di pari data (la “Decisione della Corte Federale”), in parziale accoglimento del ricorso proposto dal sig. Marschalek, riduceva la sanzione dell’inibizione “ad anni 4 e mesi 3”. La Corte Federale infatti ha ritenuto che “il ricorso [andasse] rigettato quanto alla sostanza dell’illecito di frode sportiva, mentre [potesse] essere accolto parzialmente quanto all’entità della sanzione”. 9. Preliminarmente la Corte Federale ha osservato “che il ricorso in esame e la singola vicenda che esso affronta si inseriscono in un ben più vasto contesto di comportamenti illeciti (per il diritto sportivo, per i Regolamenti della FIP e – più in generale – per la natura stessa dello sport), nei quali taluni commissari valutavano gli arbitri secondo indicazioni ricevute da soggetti loro sovraordinati sportivamente, in modo che quelle valutazioni consentissero di addivenire alla promozione a categoria superiore o alla non retrocessione a categoria inferiore di arbitri «prescelti» non necessariamente per meriti sportivi ovvero anche al condizionamento degli arbitri al fine di renderli «sensibili» a segnalazioni di favore verso una squadra partecipante ad una gara da loro arbitrata”. 10. Ciò premesso, la Corte Federale ha rilevato, in via preliminare, che: “il motivo di ricorso concernente l’inutilizzabilità dei capi d’imputazione ipotizzati dalla Procura della Repubblica è inammissibile, perché la decisione impugnata non si fonda minimamente su detti capi d’imputazione, che sono meramente richiamati quale antecedente delle indagini della Procura federale. È, invece, fondata l’eccezione riguardante le due telefonate del 18 gennaio 2009 e 1° febbraio 2009. Di esse non v’è traccia nell’attività istruttoria svolta dalla Procura federale e, soprattutto, nell’atto di deferimento, che pur contiene l’analitica indicazione delle telefonate utilizzate a supporto dell’accusa. L’utilizzazione di tali telefonate concretizzerebbe indubbiamente violazione del diritto di difesa nonché di corrispondenza tra atto di deferimento e decisione. Sul punto, il Procuratore federale, in sede di discussione, ha ricordato il principio di libertà della prova e di possibile integrazione, da parte del giudice, dei mezzi di prova. Tale principio va, senz’altro, confermato, ma non può essere richiamato, nel caso di specie, ove si realizzerebbe, in caso di utilizzazione delle due telefonate, un’inammissibile integrazione dei fatti posti a supporto del deferimento”. 11. Nel merito, poi, la Corte Federale ha rilevato comunque che “la prova dell’illecito commesso da Marschalek emerge dalle altre risultanze probatorie”. Infatti: “nelle dichiarazioni rilasciate al Procuratore federale in data 22 giugno 2009, il Marschalek ha ammesso di ricevere abitualmente telefonate dal Garibotti e dal Campera nel corso delle quali venivano date indicazioni sulle votazioni da assegnare agli arbitri. L’interessato ha precisato che, tuttavia, le indicazioni ricevute non lo condizionavano minimamente, tanto da non sentire l’obbligo di denunciarle, e derivavano solo dal rapporto di amicizia con il Garibotti. Quest’ultima tesi difensiva non è credibile, perché il Marschalek riceveva telefonate di uguale contenuto anche dal Campera, conosciuto «meno bene», come da dichiarazioni del Marschalek al Sostituto Procuratore federale in data 12 maggio 2009. Al Marschalek sono state contestate, in data 22 giugno 2009, ben tredici telefonate contenenti indicazioni dei voti da assegnare agli arbitri, di cui sette con il Garibotti, due con il Campera, mentre per le altre non risulta in atti l’interlocutore. Ciò dimostra l’assoluta abitualità del comportamento contestato e la sua continuità nel tempo, atteso che le telefonate si sono sviluppate dal maggio 2008 al febbraio 2009. In tutto questo tempo, il Marschalek non ha sentito l’obbligo, morale prima ancora che giuridico, di reagire anche solo verso i suoi interlocutori; il che dimostra la sua connivenza e compartecipazione all’illecito, corroborata anche dalla constatazione che il Garibotti e il Campera continuavano a rivolgersi a lui (come a molti altri) in quanto soggetto evidentemente affidabile nel contesto del fine di «aggiustare» le carriere arbitrali. Leggendo, poi, le trascrizioni delle telefonate del 29 settembre 2008 e 30 novembre 2008, si ha conferma della piena responsabilità del Marschalek. Il 27 settembre 2008, il Campera chiamò il Marschalek per chiedergli se il giorno dopo poteva andare a Chiavari per valutare i due arbitri («senti, una proposta oscena ... a Chiavari alle 18:30 sabato non ce la fai?») e, alla risposta affermativa («va bene dai»), seguì il seguente colloquio: C. «il primo proprio un’asfaltatura totale»; M. «chi abbiamo?»; C. «Schiano e Rossetti»; M. «Schiano e Rossetti sono due toscani»; C. «son toscani»; M. «e figurati, mi viene anche bene in questo momento che sono già inc. ... per la partita, va bene dai». Dalla trascrizione emerge senza ombra di dubbio che, dovendo procedere ad una «asfaltatura totale» dell’arbitro Schiano, il Campera si determinò a chiamare il Marschalek, evidentemente conosciuto come soggetto pronto a rispondere positivamente ai voleri dei suoi sovraordinati. E la risposta finale del Marschalek è davvero sconfortante, perché dimostra un’assoluta indifferenza verso l’etica sportiva e verso l’arbitro interessato. Che, poi e come assunto dalla difesa, il voto 64 non corrisponda ad una asfaltatura è semplicemente non vero, perché – attese le votazioni abitualmente attribuite, per preciso disegno illecito, di 65 e 66 – il 64 rappresentava una bocciatura e il 67 una promozione. Infatti, nella telefonata del 30 novembre 2008 ore 12:41:53, ove significativamente è il Marschalek a telefonare al Garibotti, questi gli dice che deve «dare due voti belli» perché due arbitri di Roma «cercheranno di dare una mano ad una squadra, ma a te te ne sbatti i c. …, due 67 devi dare». La risposta del Marschalek è chiara «si va bene». Puntualmente, il voto attribuito ai due arbitri fu di 67. Conclusivamente, il Marschalek non solo conosceva il sistema di votazione «precostituito e comandato» e sapeva anche benissimo chi ne erano i primi attori, tanto da avere costanti colloqui telefonici con costoro con indicazione dei voti da attribuire agli arbitri, ma è risultato, per il numero delle telefonate, uno degli artefici del sistema. Ben lungi dal commissario speciale libero nel suo giudizio e in rapporti di amicizia con il Garibotti”. 12. Venendo alla qualificazione del fatto contestato, la Corte Federale ha rilevato che “esso risponde in pieno alla condotta di frode sportiva vietata dall’articolo 43, comma 1 lett. d), del R.G., poiché la valutazione data è finalizzata a incidere sulla «carriera arbitrale» dell’arbitro interessato dalla valutazione stessa ovvero su quella di altro arbitro: il primo che sarà promosso o non retrocesso grazie alla valutazione di favore nei suoi confronti; ovvero l’altro promosso o non retrocesso grazie alla valutazione di disfavore nei confronti del primo. Sul punto è totalmente irrilevante verificare se, in concreto, la valutazione abbia effettivamente comportato detti effetti. L’articolo 43 del R.G. qualifica atto di frode sportiva «qualsiasi atto diretto a..... ». Si è, quindi, in presenza di un’ipotesi di illecito disciplinare a consumazione anticipata: nel senso che non è necessario che la frode si consumi (ad es., che lo svolgimento o il risultato di una gara venga concretamente alterato), risultando sufficiente che il soggetto agente ponga in essere un atto, di qualunque genere, finalizzato al raggiungimento di uno qualunque degli obiettivi illeciti elencati nel citato articolo. E, nella specie, è pacifico che il comportamento del Marschalek e le valutazioni da esso date fossero finalizzati al raggiungimento dello scopo di cui alla lettera d) dell’articolo citato”. Dunque la Corte Federale ha ritenuto che andasse confermata la “responsabilità del ricorrente per violazione dell’art. 43, comma 1 lett. d), del R.G”. 13. Confermata la responsabilità del sig. Marschalek, la Corte Federale ha dunque ritenuto che l’entità della sanzione irrogata in primo grado fosse meritevole di riduzione “al fine di distinguere la posizione dei commissari speciali da quella di coloro che hanno organizzato e coordinato l’illecito”: “la gravità dei fatti e il rilevante danno all’immagine del movimento cestistico nazionale che ne è derivato, in uno alla rilevante compartecipazione dell’interessato e al suo comportamento procedurale ancora fermo nel negare l’evidenza dei fatti, comportano la sanzione, che si ritiene equa, dell’inibizione per quattro anni e tre mesi decorrenti dal 3 giugno 2009”. C. Il procedimento arbitrale C.1 Lo svolgimento dell’arbitrato 14. Con istanza in data 20 ottobre 2009, rivolta al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “TNAS”) ai sensi degli art. 9 ss. del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (il “Codice TNAS”), il Ricorrente dava avvio al presente arbitrato per ottenere la riforma della Decisione della Corte Federale, nominando quale proprio arbitro il prof. avv. Guido Calvi. 15. Con memoria depositata in data 11 settembre 2009 la FIP si costituiva nel procedimento arbitrale così avviato, chiedendo, in sostanza, la conferma della Decisione della Corte Federale, e nominando quale proprio arbitro il prof. avv. Massimo Zaccheo. 16. Gli arbitri designati dalle parti nominavano quale Presidente del Collegio Arbitrale il prof. avv. Luigi Fumagalli, che in data 20 novembre 2009 accettava l’incarico. 17. Con ordinanza emessa il 23 novembre 2009, il Collegio Arbitrale concedeva un termine al Ricorrente per il deposito di memoria illustrativa del ricorso, nonché successivo termine per il deposito di memoria di replica da parte della Resistente; fissava infine l’udienza per la discussione della controversia. 18. Sulla base dell’ordinanza emessa dal Collegio Arbitrale: • il sig. Marschalek depositava una memoria datata 29 novembre 2009; • la FIP depositava una replica in data 9 dicembre 2009. 19. In data 15 dicembre 2009 si teneva in Roma l’udienza di discussione della controversia, in cui, rivelatosi infruttuoso l’esperito tentativo di conciliazione, le parti illustravano le rispettive posizioni. All’esito della stessa, le parti si dichiaravano soddisfatte dello svolgimento dell’arbitrato e davano atto della piena osservanza del principio del contraddittorio. Il Collegio Arbitrale si riservava quindi ogni decisione sulle domande delle parti. C.2 Le domande delle parti a. Le domande del sig. Marschalek 20. Il sig. Marschalek nella propria istanza di arbitrato, proposta “per l’annullamento ed eventualmente previa sospensione dell’esecuzione del provvedimento n. 182 del 4 settembre 2009 emanato dalla Corte Federale n. 12 di inibizione da ogni attività federale e sociale per anni 4 e mesi 3 in parziale riforma della decisione della Commissione Giudicante Nazionale di inibizione da ogni attività federale e sociale per anni 5 fino al 3 giugno 2014 in C.U. n. 69 del 20.07.2009 C.G.N. n. 34 comunicata nelle sue motivazioni in data 22 settembre 2009”, ha chiesto al costituendo organo arbitrale di emettere: “… lodo che riformi il provvedimento n. 182 del 4 settembre 2009 emanato dalla Corte Federale n. 12 di inibizione da ogni attività federale e sociale per anni 4 e mesi 3 in parziale riforma della decisione della Commissione Giudicante Nazionale di inibizione da ogni attività federale e sociale per anni 5 fino al 3 giugno 2014 in C.U. n. 69 del 20.07.2009 C.G.N. n. 34 comunicata nelle sue motivazioni in data 22 settembre 2009 dichiarando che il comportamento del richiedente non risulta sanzionabile disciplinarmente, o in subordine, ne riduca l’entità”. 21. Nella memoria del 29 novembre 2009, quindi, il Ricorrente ha insistito per: “la dichiarazione di totale estraneità del ricorrente dai fatti contestati perché il fatto non sussiste o comunque non è provato e la conseguente revoca del provvedimento impugnato; in subordine la modifica dell’imputazione a quella sanzionata e prevista dagli artt.ii 45-39 del Regolamento di Giustizia FIP con l’applicazione della sanzione nella misura minima ivi prevista. In ulteriore subordine la riduzione della pena inflitta al minimo edittale”. b. Le domande della FIP 22. Nella propria memoria di costituzione la FIP ha chiesto al Collegio Arbitrale di “dichiarare inammissibile e/o improcedibile l’istanza promossa da Raymond John per tutti i motivi esposti nel presente atto, con conseguente conferma dei provvedimenti impugnati da ritenersi definitivi e dalla sanzione inflitta dai Giudici Sportivi Federali, e in ogni caso respingere il ricorso e tutte le domande e conclusioni ivi proposte siccome inammissibili e infondate in fatto e in diritto con conferma delle decisioni impugnate e della sanzione irrogata. Respingere siccome inammissibile e priva di ogni presupposto oltre che infondata in fatto e in diritto ogni domanda cautelare. Con vittoria di spese, competenze, onorari di difesa e vinte le spese e gli onorari della procedura, con refusione delle somme versate e versande dalla FIP a tale titolo”. 23. Nella replica datata 9 dicembre 2009, la FIP ha altresì richiesto “che venga … respinta siccome inammissibile tardiva e comunque infondata la richiesta di modificazione della imputazione a quella sanzionata e prevista agli artt. 39-45 RG FIP come avanzata nelle memorie illustrative e comunque ogni avversa richiesta e/o domanda”. C.3 La posizione delle parti a. La posizione del sig. Marschalek 24. A parere del Ricorrente la sanzione disciplinare inflittagli è illegittima, attesa la sua “totale estraneità” ai fatti contestati, perché “il fatto non sussiste o comunque non è provato”: infatti, “le conclusioni a cui è giunta la Corte Federale … non sono condivisibili in quanto la medesima è giunta alle stesse tramite un ragionamento meramente deduttivo, ma non supportate da dati oggettivi”. 25. In primo luogo, il Ricorrente critica gli organi disciplinari della FIP per aver posto a fondamento delle proprie decisioni materiale acquisito nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, deducendone per ciò stesso l’attribuzione di una responsabilità, laddove “un’indagine di qualunque procura non risulta elemento probatorio contro nessuno”. 26. Il Ricorrente sottolinea infatti l’insussistenza dei fatti addebitatigli o comunque l’inesistenza di prova della commissione di atti di frode sportiva. In particolare, il Ricorrente rileva come il giudizio degli organi disciplinari della FIP si sia basato sui verbali di intercettazioni relative a due gare e sulle dichiarazioni da lui rese al Procuratore Federale della FIP; e tuttavia: • in riferimento alla gara del 27 settembre 2008, il richiamo alla “asfaltatura totale” – ritenuto essere un invito ad una pesante bocciatura degli arbitri della partita – ha tono “chiaramente goliardico”. Ed invero i due arbitri in questione hanno poi ricevuto una valutazione di 64 e 65, ossia una votazione medio-alta e assolutamente non conforme alla supposta richiesta: il che dimostrerebbe la completa indipendenza del sig. Marschalek nelle proprie valutazioni. L’equiparazione fatta dalla Corte Federale di tali voti a valutazioni negative nell’ambito di un meccanismo posto in essere dai vertici CIA non si basa su prove raccolte nel procedimento relativo al sig. Marschalek, ma su conoscenze proprie della FIP, esterne al procedimento disciplinare relativo al Ricorrente e non condivise con questo, dunque non messo in condizione di contraddire sulle stesse; • in riferimento alla gara del 30 novembre 2008, la valutazione degli arbitri è stata corretta, come confermato da un supercommissario presente alla gara. Dunque, la concordanza tra le supposte indicazioni ricevute e le votazioni attribuite è frutto di mera coincidenza; • in riferimento alle dichiarazioni rese il 22 giugno 2009, il loro contenuto non ha il peso ad esso attribuito nelle decisioni degli organi disciplinari della FIP. Anzi l’abitualità di comportamenti imputata al Ricorrente appare smentita dalla circostanza che non sono state provate le numerose telefonate contestate al sig. Marschalek e sono state valorizzate dalla Corte Federale solo conversazioni relative a due partite. 27. La sussistenza di atti di frode è smentita, inoltre, secondo il Ricorrente, dall’inesistenza dei vantaggi che in ipotesi gli sarebbero derivati dall’adesione alle indicazioni ricevute: nel periodo dei fatti contestati, infatti, il sig. Marschalek si è visto assegnare gare in misura ridotta rispetto al passato e di qualità inferiore. 28. A tutto concedere, dunque, il Ricorrente, se lo si ritenesse consapevole dell’illecito dei suoi superiori, potrebbe essere solo accusato di non aver avuto il coraggio di denunciarlo, “anche se il timore reverenziale verso chi appariva avere il totale potere in mano risulta palese e giustificativo di tale omissione”. 29. Infine, il Ricorrente difende l’ammissibilità della propria impugnazione, contestata dalla FIP, facendo rilevare di aver avuto conoscenza del provvedimento impugnato, comprensivo delle sue motivazioni, il 22 settembre 2009, “con la conseguenza che l’introduzione del ricorso in data 21-22 ottobre risulta in termini”. b. La posizione della FIP 30. La Resistente si oppone alle domande del sig. Marschalek, deducendo, in primo luogo, la “inammissibilità/improcedibilità del ricorso” per intervenuta decadenza, poiché al momento della proposizione dello stesso era decorso il termine previsto dall’art. 10 del Codice TNAS, calcolato a partire dalla comunicazione del dispositivo della Decisione della Corte Federale. 31. In ogni caso, a parere della FIP, il ricorso è comunque da rigettare nel merito, “perché del tutto destituito di fondamento in fatto e in diritto”. Secondo la Resistente, infatti, risultano pienamente provati i fatti ascritti al sig. Marschalek, che non ha fornito prove o argomenti a discarico. Le trascrizioni delle conversazioni telefoniche sulle quali la Decisione della Corte Federale è basata sono sufficienti a provare il fatto che il Ricorrente conoscesse il sistema di valutazioni precostituito dai vertici CIA e conoscesse bene chi fossero i principali protagonisti di tale sistema. A parere della FIP, il comportamento del Ricorrente non lascia dubbi sulla sua totale consapevolezza, coscienza e volontà nel porre in essere atti di frode: la frequenza, sistematicità e colloquialità nella predeterminazione dei voti lascia intendere che il sig. Marschalek fosse un soggetto affidabile per la realizzazione del disegno illecito dei vertici CIA. E comunque, assolutamente irrilevante ai fini della consumazione di una frode sportiva è la valutazione circa la concreta produzione di effetti del comportamento del sig. Marschalek. 32. Secondo la FIP, dunque, la Decisione della Corte Federale va confermata, essendo indiscutibile la responsabilità del sig. Marschalek. In ogni caso, non e possibile, a parere della FIP, procedere a una qualsiasi riduzione di pena, “giacché non appare esistere alcun margine per ritenere il comportamento del Marschalek meno grave rispetto al giudizio dato dagli organi di giustizia endofederali”: ben al contrario, la sanzione irrogata “è pena sicuramente legittima ed equa”. 33. La Resistente si oppone altresì alla istanza di sospensione di sospensione dell’efficacia esecutiva della Decisione della Corte Federale, introdotta dal sig. Marschalek nell’epigrafe della propria istanza di arbitrato. Essa, a parere della FIP, è inammissibile, in quanto in nessun modo argomentata, e comunque infondata. 34. Infine, la Resistente contesta l’ammissibilità, in quanto tardiva, della domanda di modificazione dell’imputazione da frode ex art. 43 RG a omessa denuncia ex art. 39-45 RG dedotta nella memoria autorizzata e non in ricorso. La FIP insiste comunque per la univoca qualificabilità in termini di frode della condotta del sig. Marschalek e per la sua non riconducibilità alla diversa fattispecie dell’omessa denuncia. MOTIVI DELLA DECISIONE A. Sulla istanza cautelare 1. La pronuncia del presente lodo, volto a definire complessivamente la controversia tra le Parti, rende superflua ogni valutazione circa la ritualità ed il fondamento della domanda tesa ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della Decisione della Corte Federale, menzionata, senza alcuna argomentazione nell’istanza di arbitrato, e poi non ulteriormente coltivata, laddove la si ritenesse effettivamente proposta dal sig. Marschalek. B. Sull’ammissibilità dell’istanza di arbitrato. 2. La prima questione che il Collegio Arbitrale è chiamato a esaminare attiene dunque ad un profilo dedotto dalla Resistente. Eccepisce infatti in primo luogo la FIP la tardività (e quindi l’inammissibilità) dell’istanza di arbitrato, per essere questa stata proposta ben oltre il termine stabilito dall’art. 10 del Codice TNAS, computato dalla data di comunicazione del dispositivo della Decisione della Corte Federale. 3. L’art. 10 [Modalità e termini di comunicazione dell’istanza arbitrale alla controparte] del Codice TNAS così prevede: “1. L’istanza arbitrale è trasmessa alla controparte a cura dell’istante nel termine di trenta giorni decorrenti dalla data di cui al successivo comma 4. 2. Le modalità di trasmissione sono libere, ma grava sull’istante l’onere della prova del ricevimento da parte del destinatario. 3. L’istanza, completa di tutti gli elementi di cui all’articolo 9, può essere trasmessa, nel rispetto dei termini di cui al comma 4, anche via fax o posta elettronica. 4. Il termine di cui ai commi 1 e 3 decorre dalla data nella quale alla parte istante è stata data comunicazione della decisione o è maturato, dopo la diffida di cui all’articolo 5, comma 2, il termine per l’adozione di tale pronuncia. Se non è previsto il ricorso alle Federazioni, alle Discipline sportive associate, agli Enti di promozione sportiva il termine decorre dalla data in cui l’istante ha avuto conoscenza dei fatti che hanno dato luogo alla controversia”. 4. In base all’art. 10 del Codice TNAS, dunque, il termine per la proposizione dell’istanza di arbitrato decorre “dalla data nella quale alla parte istante è stata data comunicazione della decisione”. La questione che si pone in questo arbitrato consiste pertanto nella verifica se la comunicazione al Ricorrente del dispositivo della Decisione della Corte Federale (avvenuta il 4 settembre 2009) abbia fatto decorrere il termine, scaduto trenta giorni dopo, ovvero se questo termine sia decorso dalla comunicazione della Decisione della Corte Federale completa della motivazione (avvenuta il 22 settembre 2009). Nel primo caso l’istanza di arbitrato (depositata il 22 ottobre 2009) sarebbe tardiva; nel secondo caso, invece, sarebbe tempestiva. 5. Il Collegio Arbitrale ha notato sul punto come, nel sistema di soluzione delle controversie (in via conciliativa ovvero arbitrale) istituito presso il CONI, gli organi arbitrali di volta in volta investiti della questione abbiano raggiunto conclusioni discordanti, effetto soprattutto della genericità delle disposizioni a tal riguardo rilevanti. Infatti, nel previgente sistema della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (la “CCA”), alcune pronunce avevano ritenuto che il termine per proporre un’istanza di conciliazione (la cui tempestività era poi condizione di proponibilità della domanda di arbitrato) decorresse dalla data di conoscenza del dispositivo e non delle motivazioni della decisione contestata (così nei lodi dell’11 marzo 2008, Pieroni c. FIGC, e del 31 luglio 2008, Cialona c. FIGC); un’altra pronuncia aveva invece affermato il principio opposto, per cui “il momento in cui viene in essere la delibera completa dei motivi produce il decorso dei termini decadenziali, ma non rappresenta il giorno prima del quale non può essere proposta la domanda di arbitrato” (lodo 11 gennaio 2008, USD Tavoleto c. FIGC). Tale secondo orientamento è stato poi ripreso e confermato nell’attuale sistema del TNAS in pronunce in cui si è sottolineato che “nei confronti del dispositivo si esercita una facoltà, non un onere di impugnazione” (lodo 14 maggio 2009, Setten e Treviso c. FIGC; e quindi nel lodo 30 ottobre 2009, Pasqualin e D’Amico c. FIGC). 6. Il Collegio ritiene di aderire a siffatto secondo orientamento, e dunque che il momento dal quale decorre il termine stabilito a pena di decadenza dall’art. 10 del Codice TNAS, e cioè la “data nella quale alla parte istante è stata data comunicazione della decisione”, sia quello in cui il ricorrente abbia avuto notizia della decisione completa della motivazione. 7. A tale conclusione il Collegio è spinto dalla considerazione che solo in tale momento si conclude l’iter formativo della volontà disciplinare della federazione nei confronti del soggetto ad essa sottoposto; e dunque solo in quel momento il ricorrente può avere piena cognizione degli elementi di fatto e di diritto assunti dall’ente sportivo a sostegno della sanzione, così da poter precisare le domande e articolare compiutamente i motivi di censura sin dall’atto introduttivo dell’arbitrato. Ciò non impedisce, invero, al ricorrente di proporre ricorso immediato, avverso il solo dispositivo, laddove da questo derivi un effetto immediatamente lesivo, per eventualmente ottenerne la sospensione. Ma tale possibilità, offerta al ricorrente, non implica peraltro che il ricorso debba necessariamente essere proposto in termini decorrenti dalla conoscenza del dispositivo. 8. Allo stesso modo il Collegio nota come i precedenti contrari, affermati nel sistema CCA, facessero riferimento a regole differenti rispetto a quelle del Codice TNAS, per le quali la decorrenza del termine era legata alla “data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia” (art. 5 comma 1 del Regolamento di conciliazione e arbitrato della CCA), ben potendo questa essere legata al “fatto” della pronuncia del dispositivo ed essendo posta in riferimento ad una fase di conciliazione per il cui esperimento la articolazione di censure basate sulla conoscenza del contenuto integrale della decisione non appariva essere elemento essenziale. 9. In conclusione, il Collegio ritiene che l’eccezione della FIP debba essere respinta e che l’istanza di arbitrato sia ammissibile. C. Sul merito della controversia 10. Il Ricorrente contesta in questo arbitrato le decisioni con le quali gli organi disciplinari della FIP (la Commissione Giudicante e la Corte Federale) gli hanno inflitto una sanzione per il compimento di “atti di frode sportiva”, ossia dell’illecito previsto dall’art. 43 comma 1 lett. d RG. In buona sostanza, il Ricorrente sostiene che la sanzione è stata inflitta utilizzando prove che non consentirebbero di ritenere sussistente l’illecito ascrittogli. In ogni caso, poi, la sanzione inflitta sarebbe eccessiva, in quanto la violazione contestabile al sig. Marschalek riguarderebbe al più l’obbligo di denuncia degli atti di frode, ossia la fattispecie prevista dall’art. 45 RG. 11. Le disposizioni vigenti nel sistema FIP, quali rilevanti nel presente arbitrato o invocate dalle parti, sono le seguenti: Art. 43 “Atti di frode sportiva” “[1] Costituiscono atti di frode sportiva: […] d) qualsiasi altro atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio. [2] Gli atti di frode sportiva sono sanzionati con l’inibizione per un periodo da tre a cinque anni. Nel caso di tentativo la sanzione è diminuita in misura non superiore a due terzi. [3] Nei casi di frode sportiva consumata di particolare gravità ovvero che rechi nocumento all’immagine del movimento cestistico nazionale può essere applicata la radiazione”. Art. 45 “Obbligo di denuncia degli atti di frode” “[1] IL dirigente o il tesserato che in qualsiasi modo venga a conoscenza di fatti che possano rientrare nelle ipotesi di frode sportiva, compresi i tentativi, deve informarne immediatamente, a mezzo lettera raccomandata, posta celere o corriere, la Procura Federale. [2] Lo stesso obbligo è fatto a chiunque ricopra incarichi federali. [3] L’omessa denuncia è sanzionata a norma dell’art. 39” [ossia con l’inibizione per un periodo da tre mesi a tre anni]. 12. La questione che si pone nel presente arbitrato – e che deve essere analizzata dal Collegio Arbitrale – riguarda la sussistenza della prova del compimento da parte del sig. Marschalek dell’illecito per il quale egli è stato punito dagli organi disciplinari della FIP, ossia la frode sportiva prevista dall’art. 43 comma 1 lett. d RG. In relazione a siffatta disposizione gli organi disciplinari della FIP hanno ritenuto che il sig. Marschalek, come risulterebbe dalle conversazioni telefoniche intercettate, abbia commesso un “atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio”, con l’applicazione della conseguente sanzione. Tale conclusione è contestata dal Ricorrente e difesa dalla FIP. 13. Il Collegio Arbitrale concorda con la valutazione compiuta dalla Corte Federale. Le prove poste a sostegno di essa consentivano (e consentono) all’organo giudicante di acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito contestato al sig. Marschalek, soddisfacendo lo standard probatorio richiesto per ritenere sussistente la responsabilità da parte del soggetto incolpato per una violazione disciplinare sportiva (secondo il principio espresso anche nel lodo 26 agosto 2009, Fabiani c. FIGC). 14. In primo luogo, il Collegio nota infatti che gli organi disciplinari della FIP non hanno basato le proprie decisioni sulla mera esistenza di un’indagine penale condotta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, ma sul contenuto concreto di una serie di conversazioni telefoniche, intercettate in esecuzione di provvedimento di quella Procura della Repubblica. E il contenuto di queste conversazioni è stato valutato ai fini propri dell’ordinamento sportivo, e dunque a prescindere dal valore che esse assumono nel procedimento penale per il quale sono state raccolte. 15. In secondo luogo, il Collegio rileva quindi come agli atti del procedimento sportivo, riversati nel presente arbitrato dalla FIP in allegato alla propria memoria di costituzione, siano state acquisite ben più delle due o tre conversazioni indicate dal Ricorrente. Risultano infatti le intercettazioni delle seguenti conversazioni, menzionate pure nel testo della Decisione della Commissione Giudicante: i. telefonata n. 114, effettuata dal sig. Alessandro Campera al sig. Marschalek il 26 settembre 2008 alle ore 16:13:39 (la “Conversazione n. 114”); ii. telefonata n. 6469, effettuata dal sig. Marschalek al sig. Giovanni Garibotti il 30 novembre 2008 alle ore 12:41:53 (la “Conversazione n. 6469”); iii. telefonata n. 6533, effettuata dal sig. Marschalek al sig. Giovanni Garibotti il 30 novembre 2008 alle ore 20:27:21 (la “Conversazione n. 6533”); iv. telefonata n. 7611, effettuata dal sig. Giovanni Garibotti al sig. Marschalek il 12 dicembre 2008 alle ore 10:17:37 (la “Conversazione n. 7611”); v. telefonata n. 11291, effettuata dal sig. Marschalek al sig. Giovanni Garibotti il 18 gennaio 2009 alle ore 19:37:33 (la “Conversazione n. 11291”); vi. telefonata n. 12556, effettuata dal sig. Marschalek al sig. Giovanni Garibotti il 1° febbraio 2009 alle ore 18:42:04 (la “Conversazione n. 12556”). 16. Ebbene, il tenore delle conversazioni telefoniche intercettate non lascia spazio a incertezze: i. ad esse partecipano i vertici CIA, ossia dell’organismo federale di settore della FIP avente lo scopo di reclutare, formare, addestrare, organizzare, istruire e valutare, tra gli altri, gli arbitri e i commissari speciali della pallacanestro, anche ai fini di una eventuale progressione di carriera, ed il sig. Marschalek, commissario speciale di pallacanestro, cui veniva affidato il compito di controllare gli arbitri di gara e a sua volta soggetto a valutazioni da parte dei vertici CIA; ii. in esse si illustra la volontaria alterazione da parte del Ricorrente degli effetti del proprio comportamento istituzionale in occasione di alcune gare da lui verificate. Infatti, esse indicano come il Ricorrente accetti indicazioni circa i voti da attribuire agli arbitri da lui supervisionati. Così, nella Conversazione n. 114, alla sollecitazione di procedere a «una asfaltatura totale» degli arbitri della gara, il Ricorrente, dopo essersi informato sulla identità degli stessi, risponde «… mi viene anche bene in questo momento … che sono già incazzato per la partita, va bene dai»; e quindi nella Conversazione n. 6469, allorché il sig. Garibotti gli dice «oggi devi dare due voti belli» e «loro cercheranno di dare una mano ad una squadra, ma a te te ne sbatte i coglioni, due 67 devi dare» e il Ricorrente risponde «sì» e «sì va bene»; e nella Conversazione n. 12556, in cui il sig. Garibotti, parlando della valutazione da dare agli arbitri di una gara supervisionata dal Ricorrente, afferma «comunque dagli 67 e non se ne parla più » e il Ricorrente risponde «va be se lo dici te»; iii. da esse si evince la consapevole adesione del Ricorrente a un disegno complessivo di predeterminazione dei comportamenti arbitrali da parte dei vertici CIA, in cui il premio è rappresentato da una votazione positiva («voti belli»), presupposto di una promozione, nonostante la messa in opera di un arbitraggio di parte, del quale i vertici CIA erano consapevoli. Infatti, nella già richiamata Conversazione n. 6469, il sig. Garibotti afferma che «loro cercheranno di dare una mano ad una squadra, ma a te te ne sbatte i coglioni, due 67 devi dare»; e quindi nella Conversazione n. 12556, lo stesso Garibotti giustifica la richiesta di una votazione positiva in questi termini: «sono due emiliani che devono salire»; iv. si dimostra una particolare familiarità di rapporti tra il Ricorrente e i vertici CIA, testimoniate dal linguaggio utilizzato, dal carattere diretto delle richieste di voti e dalla prontezza di adesione. 17. Come rilevato in altre pronunce, rese nel quadro della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sporti (lodi del 18 maggio 2007, Cirelli c. FIP, e Pallacanestro Treviso c. FIP), le condotte di frode sportiva di cui all’art. 43 RG sono strutturate quali ipotesi di illecito a consumazione anticipata, giacché l’evento antisportivo dedotto non deve, perché si abbia frode, necessariamente realizzarsi, essendo sufficiente, ai fini della consumazione dell’illecito, il mero compimento di un atto diretto al raggiungimento di uno scopo fraudolento. La norma mira infatti a reprimere taluni comportamenti antisportivi a prescindere dalle loro conseguenze concrete e a tutelare l’integrità del sistema federale, e dei valori di lealtà e correttezza sui quali esso si basa, nel suo complesso, e non quella del singolo partecipante alla competizione. Dunque, la frode consistente nella messa in opera di un “atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio” (art. 43 comma 1 lett. d RG) prescinde dalla circostanza che il tesserato abbia in effetti conseguito quel vantaggio. 18. In tale quadro, emerge senza incertezze che il comportamento illustrato dall’odierno Ricorrente, nonché la sua adesione a un complessivo disegno di alterazione di risultati, realizzino, ciascuno di essi, il compimento di atti diretti al raggiungimento di uno degli scopi fraudolenti contemplati (e sanzionati) dall’art. 43 comma 1 lett. d RG. E per la consumazione dell’illecito non è poi necessario che detto comportamento abbia procurato effettivo illecito vantaggio al tesserato che si intendeva beneficiare, o che il comportamento del sig. Marschalek si sia effettivamente alterato. Dunque, l’indicazione del Ricorrente, che sottolinea come il proprio comportamento in occasione della gara del 30 novembre 2008 (cui si riferiscono la Conversazione n. 6469 e la Conversazione n. 6533) sia stato corretto, ossia che la votazione di 67, richiesta dal sig. Garibotti, corrispondesse ad un’equa ed effettiva valutazione degli arbitri osservati, non appare rilevante allo scopo di escluderne la responsabilità disciplinare. Né rilevante appare la deduzione circa la assenza di vantaggi per lo stesso Ricorrente dall’adesione all’illecito piano organizzato dai vertici CIA. 19. Tale conclusione non è revocabile poi nemmeno considerando l’impossibilità di cogliere toni e spirito delle conversazioni sulla base della mera lettura delle trascrizioni: i termini utilizzati e ripetuti in più occasioni non lasciano infatti spazio a dubbi circa la effettiva realizzazione del comportamento vietato dall’art. 43 comma 1 lett. d RG. 20. Né può ritenersi rilevante la circostanza che la Corte Federale abbia menzionato nella propria decisione solo le telefonate del 29 settembre 2008 (la Conversazione n. 114) e del 30 novembre 2008 (la Conversazione n. 6469) per rigettare l’impugnazione proposta dal sig. Marschalek avverso la Decisione della Commissione Giudicante. E ciò per la semplice considerazione che se anche si considerassero unicamente quelle due telefonate, il compimento di atti di frode risulterebbe comunque provato. Più in generale, e comunque, le valutazioni degli organi disciplinari della FIP appaiono basate sugli elementi acquisiti agli atti del procedimento sportivo: contrariamente a quanto sostenuto dal sig. Marschalek nel presente arbitrato, dalle conversazioni telefoniche in atti risulta (come già sopra sottolineato: § 16(iii) di questa motivazione) infatti come il Ricorrente fosse ben consapevole di significato ed effetti dei voti da attribuire agli arbitri da lui supervisionati. 23 21. Alla luce di quanto precede, resta assorbita la questione della sussistenza di una eventuale responsabilità in capo al sig. Marschalek per violazione dell’obbligo di denuncia degli atti di frode prevista dall’art. 45 RG, nonché dell’ammissibilità – contrastata dalla FIP – della domanda proposta per farla accertare in via subordinata nella memoria del 29 novembre 2009. 22. Confermata la responsabilità del sig. Marschalek, al Collegio Arbitrale appare altresì congrua la sanzione inflitta, quale determinata dagli organi disciplinari della FIP, tenuto conto della misura prevista dall’art. 43 comma 2 RG per gli atti di frode sportiva (“l’inibizione per un periodo da tre a cinque anni”). A tal riguardo decisive appaiono la estrema gravità dei fatti attribuiti al sig. Marschalek, e posti a fondamento della sanzione irrogata, nonché l’esplicita e convinta messa in opera da parte del sig. Marschalek di atti diretti al raggiungimento degli scopi fraudolenti contemplati dall’art. 43 comma 1 lett. d RG. 23. In conclusione, dunque, le domande proposte dal Ricorrente vanno respinte. La Decisione della Corte Federale, impugnata in questo arbitrato, va confermata. D. Sulle spese 24. Le spese di lite e quelle arbitrali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione: 1. respinge l’istanza di arbitrato del sig. Raymond John Marschalek e conferma l’impugnata decisione della Corte Federale della Federazione Italiana Pallacanestro, meglio indicata in motivazione; 2. condanna il sig. Raymond John Marschalek al pagamento delle spese di lite in favore della Federazione Italiana Pallacanestro, nella misura complessiva di € 1.000 (mille/00), oltre IVA e CPA come per legge; 3. condanna il sig. Raymond John Marschalek, fermo il vincolo di solidarietà, al pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale, liquidati in € 2.000 (duemila/00) e al rimborso delle spese documentate sostenute dal Collegio Arbitrale), oltre IVA e CPA come per legge; 4. condanna, altresì, il sig. Raymond John Marschalek al pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; 5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deciso all’unanimità nella conferenza personale degli arbitri in Roma, in data 15 dicembre 2009, e sottoscritto in numero di tre originali nel luogo e nella data di seguito indicata. F.to Luigi Fumagalli F.to Guido Calvi F.to Massimo Zaccheo
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