F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n.163/CGF del 07 Aprile 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 189/CGF del 20 maggio 2009 3) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – N. 4395 N. 657-658-659-660-661- 662-663/PF 06-07/SP/AD DEL 6.2.2009 – A CARICO DEGLI AGENTI DI CALCIATORI: CALLERI RICCARDO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE ALL’ART. 4, COMMA 2 LETT. C) DEL MEDESIMO REGOLAMENTO; • MOGGI ALESSANDRO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C), 10, COMMA 3, 12, COMMA 3 E 15 COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO NONCHÉ DEI PUNTI III E VI CODICE CONDOTTA PROFESSIONALE; • ZAVAGLIA FRANCESCO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C) E 15, COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO; • GALLO PASQUALE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C), 10, COMMI 1 E 3 E 15, COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO.

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n.163/CGF del 07 Aprile 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 189/CGF del 20 maggio 2009 3) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - N. 4395 N. 657-658-659-660-661- 662-663/PF 06-07/SP/AD DEL 6.2.2009 - A CARICO DEGLI AGENTI DI CALCIATORI: CALLERI RICCARDO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE ALL’ART. 4, COMMA 2 LETT. C) DEL MEDESIMO REGOLAMENTO; • MOGGI ALESSANDRO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C), 10, COMMA 3, 12, COMMA 3 E 15 COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO NONCHÉ DEI PUNTI III E VI CODICE CONDOTTA PROFESSIONALE; • ZAVAGLIA FRANCESCO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C) E 15, COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO; • GALLO PASQUALE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 C.G.S. E 12 DEL REGOLAMENTO AGENTI PREVIGENTE, IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2 LETT. C), 10, COMMI 1 E 3 E 15, COMMA 1 DEL MEDESIMO REGOLAMENTO. All’esito dell’esame degli atti acquisiti dall’Ufficio Indagini, il Procuratore Federale ha rilevato che gli agenti dei calciatori Riccardo Calleri, Pasquale Gallo, Alessandro Moggi e Francesco Zavaglia, nello svolgimento della loro attività, hanno assunto condotte in violazione dei primari principi di lealtà, correttezza, probità e buona fede sanciti dal Codice di Giustizia Sportiva e dal Regolamento Agenti. In particolare, il Procuratore Federale ha constatato a carico dei citati agenti di calciatori il mancato rispetto: (i) del dovere di usare la massima diligenza professionale nella cura degli interessi dei propri assistiti; (ii) del divieto di contattare calciatori già vincolati contrattualmente con altro agente prima del termine previsto dal Regolamento Agenti, al fine di acquisirne la rappresentanza, in alcuni casi con condotte dirette a coartare la volontà dei calciatori stessi; (iii) del dovere di manifestare ai propri assistiti l’esistenza di un conflitto di interessi nell’ambito di una trattativa per la cessione degli stessi e di acquisire dal calciatore una attestazione che rivelasse la conoscenza di tale conflitto; (iiii) del divieto per l’agente di ricevere compensi da soggetti diversi dal proprio mandante; (v) del divieto di attribuire propri diritti economici e patrimoniali a persone giuridiche diverse da quelle di cui ha, eventualmente, la rappresentanza legale. Ciò rilevato, con atto in data 6.2.2009, il Procuratore Federale della F.I.G.C. ha deferito dinanzi a questa Corte di Giustizia Federale : a) Riccardo Calleri per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del Regolamento Agenti previgente, in relazione all’art. 4, comma 2 lett. c) del medesimo Regolamento; b) Alessandro Moggi per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del Regolamento Agenti previgente in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c), 10, comma 3, 12, comma 3 e 15 comma 1 del medesimo Regolamento nonché dei punti III e VI del codice di condotta professionale; c) Francesco Zavaglia per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del Regolamento Agenti previgente, in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c) e 15, comma 1 del medesimo Regolamento; d) Pasquale Gallo per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del Regolamento Agenti previgente, in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c), 10, commi 1 e 3 e 15, comma 1 del medesimo Regolamento, per rispondere delle contestazioni dettagliatamente indicate nell’atto di deferimento. L’atto di deferimento veniva regolarmente recapitato ai soggetti interessati, i quali hanno presentato memoria difensiva. All’udienza del 7.4.2009, sono comparsi il Procuratore Federale, dott. Stefano Palazzi, ed i procuratori nominati dai soggetti deferiti. La difesa dei deferiti ha fatto presente, preliminarmente, che la sentenza del Tribunale penale di Roma, che ha determinato la condanna di alcuni degli agenti di calciatori deferiti, non è passata in giudicato, in quanto è pendente il procedimento d’appello avverso il medesimo provvedimento, ed ha chiesto la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del procedimento penale medesimo. La Procura Federale ha contestato l’eccezione sollevata ed ha, a sua volta, chiesto di dichiarare inutilizzabile la produzione documentale esibita da controparte, siccome parziale. La difesa dei deferiti ha, poi, insistito nella eccezione di improcedibilità dell’atto di deferimento in questione, eccezione preliminare sollevata già nella propria memoria difensiva, per violazione dell’art. 27, comma 8, C.G.S. vigente all’epoca dei fatti. La difesa ritiene, invero, che le indagini relative alle contestazioni mosse agli agenti deferiti non si siano concluse entro la fine della stagione sportiva in cui i fatti si sono verificati, così come è stabilito dalla norma citata, e che non sia mai stata concessa una proroga per la prosecuzione delle stesse nella Stagione Sportiva 2006/2007. Sul punto, il Procuratore Federale ha replicato, sottolineando come fino alla data di entrata in vigore del nuovo Regolamento Agenti, 1.2.2007, la Commissione Agenti non era parte dell’Ordinamento Sportivo. Pertanto, nel periodo in questione, giugno 2006, il termine stabilito dall’art. 27, comma 8, C.G.S. in vigore all’epoca dei fatti per la conclusione delle indagini non si applicava alla Commissione Agenti ma solo all’Ufficio Indagini. Le parti, dopo ampia discussione in cui hanno illustrato le rispettive tesi, hanno rassegnato le proprie conclusioni: il Procuratore Federale ha chiesto l’applicazione delle seguenti sanzioni a carico dei deferiti: a) Riccardo Calleri anni uno di sospensione dall’Albo agenti di calciatori e la sanzione pecuniaria di € 40.000,00; b) Pasquale Gallo anni 2 di sospensione dall’Albo agenti di calciatori e la sanzione pecuniaria di € 50.000,00; c) Francesco Zavaglia radiazione dall’Albo agenti di calciatori; d) Alessandro Moggi radiazione dall’Albo agenti di calciatori. La difesa ha, invece, concluso per il proscioglimento dei deferiti ovvero, in subordine, per una riduzione delle pene richieste dalla Procura Federale Motivi della decisione 1. In via preliminare, vanno passate in rassegna le eccezioni sollevate, in rito, dalle parti costituite. Anzitutto, la difesa dei soggetti deferiti ha chiesto la sospensione del presente procedimento nell’attesa che venga definito quello, tuttora pendente, incardinato in sede penale (la sentenza del Tribunale penale di Roma, che, in primo grado, ha condannato alcuni degli odierni soggetti deferiti è stata, invero, gravata in appello). Tale richiesta non può essere accolta. Sul punto, è sufficiente obiettare che il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. Legge 17.10.2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicchè la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13-12-1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva). Con un’ulteriore eccezione, la difesa ha contestato l’affidabilità dell’intero quadro probatorio su cui poggia la pretesa disciplinare azionata dalla Procura Federale. Segnatamente, nella prospettazione di parte, l’atto di accusa risulterebbe irrimediabilmente inficiato dall’illegittima opzione privilegiata dall’organo requirente di porre a fondamento degli addebiti in contestazione (esclusivamente) gli atti dell’indagine (p.p. n. 29606/05) condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; e ciò senza tener conto del fatto che gli elementi gnoseologici acquisiti nel corso delle suddette investigazioni sono successivamente rimasti assorbiti nelle prove, propriamente dette, formatesi nel corso del dibattimento celebrato innanzi al Tribunale di Roma ed oramai definito, ancorchè solo in primo grado. Tale aberrante metodica euristica comprometterebbe, in radice, l’attendibilità delle risultanze istruttorie compendiate nell’atto di deferimento, che finirebbe per utilizzare fonti cognitive oramai definitivamente superate. L’eccezione non ha pregio. Il Collegio non ignora che, nella scansione ordinaria del procedimento di formazione della prova penale, i suddetti elementi di conoscenza, per poter assurgere a dignità di prova, debbano essere veicolati nel dibattimento e superare il vaglio critico della dialettica processuale. Ciò nondimeno, non va taciuto che il descritto approccio metodologico riflette caratteri di cogenza solo ed esclusivamente nell’ambito del procedimento penale e non può essere riproposto, con la pretesa automaticità, in altri settori dell’ordinamento, vieppiù se contraddistinti – come quello sportivo – da una spiccata autonomia. Ed, invero, già in base all’art. 2 della legge n. n. 401 del 13-12-1989, gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia, ai sensi dell'art. 116 del codice di procedura penale, degli atti del procedimento penale. La valenza dimostrativa dei suddetti elementi di prova (ancorché acquisiti nella fase delle indagini preliminari) assume nell’ambito dell’ordinamento sportivo una valenza piena in ragione del principio di autonomia che, alla stregua del richiamato provvedimento normativo, così come della legge n. 280/2003, trova applicazione in tale peculiare settore di disciplina. D’altro canto, vale per completezza aggiungere che la regola iuris che governa la formazione della prova nel processo penale nemmeno, in tale sede, ha una portata assoluta ed incondizionata: ed, invero, in disparte le plurime previsioni che consentono di veicolare singoli atti di indagine nel fascicolo dibattimentale (attraverso ad es. l’istituto delle contestazioni), va evidenziato che, all’interno del suddetto rito, la decisione finale ben può riposare interamente sugli atti acquisiti nel corso dell’indagine, come ad esempio avviene nel caso del rito abbreviato. Escluse, dunque, preclusioni di sorta nell’utilizzo, da parte della Procura Federale, degli elementi investigativi acquisiti ai sensi dell’art. 116 c.p.p., ritiene il Collegio che il problema esaurisca ogni rilievo nella diversa prospettiva – che attiene però al merito – del peso probatorio da assegnare ai singoli strumenti di prova in ragione delle peculiari condizioni che ne hanno caratterizzato il relativo processo di formazione. D’altronde, tale è stata la strategia concretamente seguita dalla difesa che, giustappunto, si è avvalsa, per confortare la propria alternativa ricostruzione dei fatti di causa, di verbali di deposizioni testimoniali resi nel corso del dibattimento dai medesimi soggetti già sentiti nel corso delle indagini preliminari e le cui dichiarazioni (rese di volta in volta, al P.M. o alla P.G.) costituivano, nell’atto di deferimento, l’unica fonte di prova.Resta, dunque, riservata a questa Corte, nella valutazione di merito dei fatti sottoposti alla sua cognizione, la doverosa verifica in ordine all’attendibilità di dichiarazioni rese in contesti diversi e tra loro contrastanti. Sotto tale profilo, s’impone un’ulteriore precisazione che porta, questa volta, a respingere un’eccezione formulata dal Procuratore Federale nel corso dell’udienza di discussione. L’esercizio delle facoltà difensive, quanto cioè alla libera selezione del materiale probatorio da produrre dinanzi a questa Corte, ancorché evinto da un parallelo processo penale avente ad oggetto (in tutto o in parte) i medesimi fatti, non può ritenersi condizionato da un superiore interesse alla conoscenza integrale di tutti gli atti che hanno formato oggetto del giudizio penale, sì da lasciar ritenere che l’utilizzabilità dei relativi verbali resti subordinata alla produzione dei medesimi nella (sola) versione integrale. Nulla vieta cioè di produrre meri stralci in luogo della versione completa ed integrale delle trascrizioni dibattimentali: in definitiva, l’eccezione del Procuratore Federale, per come formulata, in quanto disancorata da qualsivoglia elemento concreto che valga ad accreditare un ragionevole ed oggettivo sospetto in ordine alla genuinità del documento prodotto, non appare condivisibile. D’altronde, al riguardo, vale aggiungere che la Procura Federale – sulla quale parimenti grava l’onere di provare le proprie tesi – ben avrebbe potuto ovviare all’eventuale incompletezza della produzione di controparte, facendosi direttamente carico di colmare tutte le eventuali lacune ricostruttive attraverso la produzione (questa volta nella versione integrale) dei medesimi atti. Infine, va disattesa anche la residua eccezione articolata dalla difesa dei deferiti che involge i profili di procedibilità dell’azione disciplinare. Si assume, invero, che il presente procedimento ha preso avvio fin dal 30.5.2006 (nella Stagione Sportiva 2005/2006), per effetto di una specifica delibera adottata dalla Commissione Agenti, con la quale, peraltro, veniva compulsato l’Ufficio Indagini affinché procedesse agli accertamenti di rito. Ad essa faceva seguito, in data 6.6.2007, la notifica dell’atto di incolpazione disciplinare. Nel frattempo, l’Ufficio Indagini, con propria missiva del 6.7.2006, riscontrava la delega della Commissione Agenti, comunicando di non aver ancora intrapreso alcuna iniziativa specifica al riguardo a seguito di conforme richiesta della Procura della Repubblica di Roma, che segnalava l’apertura di un’inchiesta. In ragione di ciò, la Commissione (nella successiva riunione del 20.7.2006) decideva di sospendere i procedimenti. Solo il 3.10.2006 l’allora Capo dell’Ufficio Indagini dava formale avvio agli accertamenti di competenza, all’uopo delegando propri collaboratori. L’attività istruttoria – iniziata, per quanto finora detto, nella Stagione Sportiva 2005/2006 – si concludeva, a distanza di due anni, con la redazione, in data 6.2.2009, dell’atto di deferimento. Orbene, nel costrutto giuridico dell’esponente, risulterebbe oramai perento il potere disciplinare e ciò in ragione del chiaro disposto dell’art. 27, comma 8, C.G.S., vigente all’epoca dei fatti secondo cui “Le indagini relative a fatti denunciati nel corso di una stagione sportiva debbono concludersi prima dell’inizio della stagione sportiva successiva, salvo proroghe eccezionali concesse dal Presidente Federale”. In virtù della suddetta disposizione, le indagini, in quanto iniziate nella Stagione Sportiva 2005/2006, avrebbero dovuto concludersi prima dell’inizio della Stagione Sportiva 2006/2007, non essendo intervenuta alcuna proroga. Non potrebbe, infatti, essere, ai suddetti fini, valorizzata la decisione assunta da questa Corte in data 25.7.2007, in quanto relativa al passaggio dalla Stagione Sportiva 2006/2007 a quella 2007/2008. L’eccezione è priva di pregio. E’, anzitutto, necessario procedere ad un’attenta ricognizione del quadro disciplinare di riferimento onde mutuare da esso le specifiche coordinate alla stregua delle quali vagliare il costrutto giuridico attoreo. Nella suddetta prospettiva, mette conto evidenziare il peculiare assetto ordinamentale che, prima della riforma operativa dell’1.2.2007, governava il procedimento di accertamento e di repressione egli illeciti consumati dagli agenti dei calciatori. Segnatamente, una piana lettura delle disposizioni applicabili ratione temporis (Regolamento adottato con Com. Uff. n. 81 del 22.11.2001 e vigente fino all’1.2.2007) rende evidente come tale speciale procedimento – e con esso il regime delle competenze – trovava una compiuta definizione nell’ambito del precitato atto regolamentare, che, disciplinando in via autonoma e conchiusa ogni atto della relativa sequenza, collocava intere fasi del suddetto procedimento al di fuori dell’orbita dell’ordinario procedimento disciplinare, quasi a voler configurare – almeno rispetto ai preliminari snodi della procedura – una forma di giurisdizione domestica. Ed, invero, l’art. 18 del precitato Regolamento, nella sua originaria versione, prevedeva che “l’accertamento delle infrazioni e l’applicazione delle sanzioni nei confronti degli agenti sono di competenza della Commissione in sede disciplinare. Per l’acquisizione dei dati relativi e per l’accertamento delle infrazioni, la Commissione può avvalersi anche dell’Ufficio Indagini e di ogni altro organo federale, chiedendo altresì ogni informazione agli iscritti che, a pena di sospensione, sono tenuti a fornirle”. Appare, allora, di tutta evidenza come l’esercizio del potere disciplinare – in tale specifico campo – veniva devoluto alla Commissione degli Agenti istituita presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (art. 2 Reg. cit.), la quale avrebbe potuto avvalersi, e solo per effetto di uno specifico atto di investitura, della collaborazione dell’Ufficio Indagini, vale a dire dell’organo federale che, viceversa, negli altri ambiti disciplinari, prima della riforma dell’ordinamento della giustizia sportiva, costituiva il vero dominus della fase inquirente. Il raccordo con l’ordinario percorso della giustizia sportiva si realizzava, invece, nella fase dell’impugnazione, per effetto della previsione compendiata al successivo comma V, che recupera le competenze degli organi (ordinari) della giustizia sportiva, prevedendo che “le decisioni della Commissione sono soggette a ricorso innanzi alla Commissione di Appello Federale …“(oggi Corte di Giustizia Federale). Di contro, solo a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina regolamentare anche la cognizione di tale settore dell’ordinamento disciplinare sportivo è stata interamente attratta nella competenza degli Organi di Giustizia Sportiva. Ed, invero, l’art. 18 del regolamento, nella sua attuale formulazione, espressamente prevede, al primo comma, che “le indagini, il deferimento e l’accertamento delle infrazioni e l’applicazione delle sanzioni nei confronti degli agenti in possesso di licenza rilasciata dalla F.I.G.C. sono di competenza degli organi di giustizia sportiva della F.I.G.C., secondo le procedure previste dallo Statuto e dai regolamenti federali in relazione ai tesserati F.I.G.C., fatte salve le eventuali previsioni specifiche del presente regolamento”. Il successivo comma 3 aggiunge che “a seguito di deferimento della Procura Federale, gli Agenti sono giudicati in unico grado federale dalla Commissione di Appello federale…..”. Alla stregua del descritto quadro normativo di riferimento, appare di tutta evidenza che, nel periodo in questione, vale a dire nel giugno 2006, vigeva un sistema di rigida separazione degli ordinamenti, che ritrovavano un’unitaria composizione solo nella fase dell’impugnazione, per effetto della previsione di raccordo di cui al comma V dell’art. 18, che assegnava la cognizione dei ricorsi sulle decisioni assunte dalla Commissione Agenti alla Commissione di Appello Federale. Tutte le fasi antecedenti rimanevano, invece, governate da disposizioni di rango speciale che, introducendo una forma di giurisdizione domestica, ne affidavano la cura ad un organo – la Commissione Agenti – non qualificabile come ordinario Organo di Giustizia Sportiva, come peraltro fatto palese dalla piana lettura dello Statuto e del Codice di Giustizia Sportiva. In ragione di quanto detto, appare di evidenza intuitiva come la disciplina del procedimento in argomento vada mutuata, per intero, dal Regolamento agenti adottato con Com. Uff. n. 81 del 22.11.2001, applicabile ratione temporis e non suscettivo – a cagione della sua specialità – di modifiche ovvero di integrazioni con disposizioni (quelle del C.G.S.) con esso nemmeno compatibili per la rigida separazione delle stesse competenze attive. Può, dunque, serenamente concludersi nel senso che, in subiecta materia, resti non predicabile il termine stabilito dall’art. 27, comma 8, C.G.S., in vigore all’epoca dei fatti, da intendersi evidentemente riferito ai soli procedimenti condotti dagli Organi della Giustizia Sportiva. Tanto premesso in rito, quanto ai profili di merito, la Corte ritiene doveroso ripercorrere, ai fini di una più intelligibile articolazione delle proprie argomentazioni, l’ordine delle contestazioni seguito dalla Procura Federale nel proprio atto di deferimento. Peraltro, ai medesimi fini, prima di procedere allo scrutinio di ogni singolo addebito, giova ripercorrere, sia pur per sintesi, i principi regolatori della materia, alla stregua dei quali i deferiti avrebbero dovuto orientare le proprie condotte e la cui violazione costituisce, viceversa, l’oggetto della res iudicanda. In tale ottica, mette conto evidenziare che, a norma del Regolamento per l’esercizio dell’attività di agente di calciatori, adottato con Com. Uff. n. 81 del 22.11.2001, applicabile ratione temporis, gli agenti, muniti di tessera F.I.G.C., potevano ricevere l’incarico sia dai calciatori (mandato da redigersi su un modello tipo di colore blu) sia da una società sportiva (modulo di colore rosso). L’attività poteva iniziare solo dopo che l’incarico fosse formalmente conferito per effetto del perfezionamento del negozio di mandato, da curare, a pena di inefficacia, nel rispetto delle forme stabilite (esclusivamente sui moduli predisposti annualmente dalla Commissione con apposita Deliberazione), mandato che avrebbe dovuto essere depositato presso la Commissione Agenti entro venti giorni dalla sua sottoscrizione (art. 10 reg. cit.). Tale libertà di iniziativa dell’Agente scontava, però, un limite invalicabile nel divieto di operare in situazioni di cd. conflitto di interessi (cfr. art. 15 reg. cit.). In siffatta evenienza, lo stesso Agente era tenuto ad informarne immediatamente il calciatore, chiamato a sottoscrivere un’apposita dichiarazione nel contratto. Il conflitto di interessi si presumeva sussistere nei casi in cui nella società contraente il coniuge, un parente o affine entro il secondo grado del medesimo agente, ricoprivano cariche sociali o incarichi dirigenziali e tecnici. L’esercizio della suddetta attività era, poi, governato da ulteriori inderogabili doveri, tra i quali, quello previsto dall’art. 12 comma 3, secondo cui l’agente non poteva contattare un calciatore che avesse in essere un rapporto contrattuale con un altro agente se non un mese prima della scadenza dello stesso. L’organizzazione dell’attività gestoria poteva avvenire anche in forma imprenditoriale ed all’Agente era riconosciuta la facoltà di attribuire ad una società i diritti economici e patrimoniali derivanti dall’incarico, a condizione, però, a) che ciò fosse espressamente autorizzato dal calciatore all’atto del conferimento o successivamente; b) che la società avesse come oggetto sociale esclusivo l’attività disciplinata dal presente regolamento oppure svolgesse tale attività con un ramo d’azienda avente organizzazione e contabilità separata; c) che all'agente fosse attribuita la rappresentanza legale della società. (art. 4 reg. cit.). 2. Si procede, quindi, all’esame delle singole contestazioni. Contestazione distinta con il numero 1) Al capo 1) dell’atto di incolpazione viene contestato a Pasquale Gallo, Alessandro Moggi, Riccardo Calleri, Francesco Zavaglia la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, con particolare riferimento alla norma di cui all’art. 4, comma 2, lett. c) del medesimo Regolamento Agenti, per avere il primo attribuito i diritti economici e patrimoniali derivanti dai mandati, puntualmente indicati in parte motiva, alla GEA World S.p.A. senza che allo stesso fosse stata attribuita la rappresentanza legale della predetta società e per avere il secondo, il terzo ed il quarto, nelle rispettive qualità indicate in parte motiva, acquisito i diritti conseguenti ai mandati conferiti allo stesso Gallo, sopra specificati. L’imputazione elevata nei confronti di Riccardo Calleri, Francesco Zavaglia, Alessandro Moggi, in ragione della qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione della GEA World S.p.A. dai medesimi rivestita nel periodo in contestazione, nonché nei confronti di Pasquale Gallo, appare manifestamente disancorata dalle risultanze istruttorie. Ed, invero, l’atto di deferimento prende abbrivio da una premessa (vale a dire l’avvenuto conferimento di diritti derivanti dagli incarichi in questione) rimasta indimostrata e che, allo stato degli atti, va revocata in dubbio. L’organo di accusa ha, infatti, esaurito ogni sforzo probatorio nella sola dimostrazione, di per se stessa anodina, della stipula, da parte del signor Gallo Pasquale, di atti di mandato recanti la mera previsione di (successiva) devoluzione dei relativi diritti in favore della società GEA World S.p.A.. Di contro, ed indipendentemente dal dubbio che involge lo stesso incasso delle relative somme, va rilevata la mancanza di qualsivoglia allegazione – anche di carattere meramente assertivo – idonea ad accreditare l’effettiva acquisizione dei diritti in questione da parte della detta società, sicchè non può ritenersi riscontrata l’affermata imputabilità di tali poste attive all’Ente collettivo. D’altronde, fermo restando quanto appena detto ed in assenza di un atto di formale recepimento dei diritti de quibus, anche attraverso la mera registrazione contabile o fiscale delle relative operazioni, resta preclusa in radice la stessa possibilità giuridica di far emergere, in capo agli organi di gestione, un obbligo di controllo sulla regolarità dell’operazione, la cui violazione dovrebbe poi costituire il fondamento giustificativo dell’imputazione. Contestazione distinta con il numero 2) Al capo 2) dell’atto di incolpazione viene contestata a Pasquale Gallo la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, con particolare riferimento alla norma di cui all’art. 10, comma 1, del Regolamento Agenti, per avere in violazione dei principi di lealtà, correttezza, probità, buona fede e diligenza professionale depositato presso la Segreteria della Commissione Agenti un mandato al di fuori del termine stabilito (mandato conferito dal calciatore Antonio Mirante sottoscritto in data 31.12.2004 e depositato presso la Segreteria della Commissione Agenti Calciatori in data 24.1.2005 e, quindi, oltre il termine di venti giorni previsto dal citato articolo). Al riguardo, ritiene la Corte che sia oltremodo difficoltoso ricondurre il semplice ritardo nella spedizione o nel deposito del mandato nell’alveo, sia pur di lata estensione, normativo dell’art. 1, comma 1, C.G.S., ossia nell’ambito concettuale dei doveri di condotta ai quali è tenuto a conformarsi ogni soggetto dell’ordinamento federale. All’evidenza, quanto contestato non può qualificarsi né scorretto, né sleale. Tanto è vero che lo stesso Legislatore regolamentare ha correttamente ritenuto che l’inosservanza della norma incidesse sul momento di acquisizione dell’efficacia dell’atto, facendolo coincidere con quello della sua effettiva spedizione o del suo reale deposito. Si ritiene, pertanto, di dover escludere ogni responsabilità dell’incolpato. Contestazione distinta con il numero 3) Al capo 3) dell’atto di deferimento viene contestata a Francesco Zavaglia, la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1 comma 1 C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, per aver contattato, al di fuori del limite temporale previsto dal Regolamento, il calciatore Manuele Blasi, al fine di acquisirne la rappresentanza nonostante che lo stesso calciatore avesse già in essere un rapporto contrattuale con altro agente. A giudizio di questa Corte, nessun dubbio residua sulla fondatezza di tale addebito, che trova una solida base probatoria nelle concordi risultanze di una cospicua serie di elementi, ciascuno dei quali già di per sé contraddistinto da una pregnante valenza dimostrativa, resa vieppiù inoppugnabile dal valore coagulante della cd. prova generica. Vale premettere che il calciatore Manuele Blasi, già precedentemente legato a Zagaglia Francesco, alla scadenza del mandato (10.6.2004) interruppe con il predetto Agente, e dunque con la GEA, ogni rapporto di collaborazione professionale, affidando l’incarico all’Agente Stefano Antonelli (con decorrenza 10.7.2004). Di contro, a distanza di appena un anno (il 16.11.2005), Blasi rinnovò la procura allo Zavaglia, ripristinando il rapporto con la GEA. Tale ultima scelta, alla stregua delle univoche risultanze istruttorie, non può di certo dirsi espressione di un libero e spontaneo ripensamento del calciatore, bensì appare frutto di una fitta trama di rapporti sapientemente orientati, anche dallo stesso Zavaglia, per indurre il calciatore a ritornare sui suoi passi. E ciò in palese violazione del disposto dell’art. 12 comma 3, secondo cui l’agente non può contattare un calciatore che abbia in essere un rapporto contrattuale con un altro agente se non un mese prima della scadenza dello stesso. A fronte delle descritte risultanze, è evidentemente inconferente l’obiezione difensiva secondo cui i contatti “illeciti” sarebbero stati promossi da Claudio Blasi, padre del calciatore, il quale avrebbe ripetutamente telefonato allo Zavaglia. Questi, da parte sua, si sarebbe limitato a raccogliere gli sfoghi del suo interlocutore ed ad indicargli, sempre su sua pressante richiesta, le procedure per risolvere il contratto con l’Antonelli. Di contro, la semplice lettura degli atti istruttori evidenzia come, indipendentemente dal modo di instaurazione del primo contatto, lo Zavaglia abbia assunto un ruolo attivo nella definizione della strategia da seguire per risolvere il rapporto gestorio tra M. Blasi e l’Agente Antonelli, peritandosi di confezionare l’atto di revoca della precedente procura (cfr. ad es: telefonata 32379 del 4.1.2005), di procurare un incontro chiarificatore con Alessandro Moggi presso il ristorante “il caminetto” per la definizione di ogni dettaglio del nuovo contratto ( cfr. telefonata 35248 del 13.1.2005) e di presenziare, perfino, alla stipula del contratto tra Manuele Blasi e la Juventus, intervenuto il 16.9.2005 (cfr. dichiarazioni di Manuele Blasi al P.M. della Procura di Roma del 22.5.2006), sebbene, all’epoca, Zavaglia non avesse avuto ancora alcuna investitura (formalizzata solo il successivo 16.11.2005). Parimenti, prive di pregio sono le residue argomentazioni difensive incentrate sul fatto che i contatti sono intercorsi solo con Blasi Claudio e non direttamente con il calciatore Manuele, non potendo essere revocata in dubbio la chiara imputabilità di ogni attività svolta dallo Zavaglia alla sfera giuridica del calciatore Manuele Blasi, ancorché attraverso l’intermediazione del padre Claudio. Contestazione distinta con il numero 4) Al capo 4) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, con particolare riferimento alla norma di cui dell’art. 12, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino all’1.2.2007, per aver contattato, al di fuori del limite temporale previsto dal Regolamento, i calciatori Ilyas Zeytulaev e Victor Budyanskiy, al fine di acquisirne la rappresentanza nonostante che gli stessi avessero già in essere un rapporto contrattuale con altro agente. Rileva in proposito la Corte che dagli atti di indagine non emerge l’esistenza di un mandato conferito dai calciatori Zetulayev e Budyanskiy all’agente Marco Trabucchi all’epoca dell’incontro dei giocatori con il signor Alessandro Moggi presso l’Hotel Concorde di Torino. A ciò si aggiunga che alcun obbligo di preventiva verifica poteva sussistere in capo al Moggi, in quanto, all’epoca dei fatti, il signor Marco Trabucchi risultava essere agente iscritto presso Albo di Federazione straniera. Peraltro, la condotta tenuta dal Moggi dopo essere venuto a conoscenza dai calciatori stessi della presenza di un agente che curava i loro interessi, diretta a supportare i calciatori stessi al fine di risolvere tali accordi e, conseguentemente, acquisire il mandato a rappresentarli, costituisce violazione dei primari principi di lealtà, correttezza, probità e buona fede sanciti dall’art. 1 C.G.S., e dall’arti. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti. Sotto quest ultimo aspetto il comportamento del Moggi merita di essere sanzionato. Contestazione distinta con il numero 5) Al capo 5) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, anche con riferimento alla norma di cui dell’art. 12, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino all’1.2.2007, per aver posto in essere condotte, fra di loro connesse e coordinate, finalizzate, dapprima, all’acquisizione del mandato del calciatore Nicola Amoruso previa revoca del mandato già conferito all’agente Caliendo, al di fuori dei limiti temporali consentiti, e, successivamente, a coartare la volontà del calciatore, imponendo allo stesso di accettare il trasferimento presso altra società professionistica a condizioni decise unilateralmente dalla stessa società in cui militava anche a causa della sua assoluta inerzia. Dagli atti del procedimento non si rilevano elementi sufficienti a provare una condotta del Moggi diretta ad acquisire il mandato a rappresentare il giocatore Amoruso, malgrado quest’ultimo fosse seguito dall’agente Caliendo, né a coartare la volontà dello stesso giocatore al fine di far accettare al calciatore il passaggio alla società Perugia. Il comportamento omissivo, però, tenuto dal Moggi nell’ambito di tale trattativa, costituisce una grave violazione del dovere di usare la massima diligenza professionale nella cura degli interessi dei propri assistiti e, conseguentemente, dei primari principi di lealtà, correttezza, probità e buona fede sanciti dal Codice di Giustizia Sportiva e dal Regolamento Agenti. Contestazioni distinte con i numeri 6) e 7) Ai capi 6) e 7) dell’atto di deferimento vengono contestate Alessandro Moggi, rispettivamente la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, per aver posto in essere condotte finalizzate e dirette in modo non equivoco a coartare la volontà del calciatore Ilyas Zeytulaev al fine di ottenere la procura dallo stesso calciatore previa revoca del mandato già conferito (evento non verificatosi per rifiuto del calciatore) nonché la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, per aver posto in essere condotte finalizzate e dirette in modo non equivoco a coartare la volontà del calciatore Victor Budyanskiy al fine di ottenere la procura dallo stesso calciatore previa revoca del mandato già conferito (evento non verificatosi per rifiuto del calciatore). Le risultanze delle attività di indagine evidenziano come il signor Alessandro Moggi, nel corso dell’incontro con i calciatori Zetulayev e Budyanskiy, svoltosi presso l’Hotel Concorde di Torino, non abbia direttamente posto una condotta volta a coartare la volontà dei due giovani giocatori. Tuttavia, il comportamento omissivo tenuto dall’agente nel momento in cui i dirigenti della società Juventus pressavano e minacciavano i giocatori nel tentativo di indurli a conferire il mandato allo stesso Moggi, costituisce, senza alcun dubbio, condotta finalizzata a coartare la volontà dei calciatori e, pertanto, violazione dei doveri di lealtà, correttezza, probità e buona fede stabiliti dall’articolo 1 C.G.S. e dall’articolo 12 del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti. Contestazione distinta con il numero 8) Al capo 8) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data all’1.2.2007 (anche in relazione al punto III e VI del Codice di Condotta professionale) per avere, riguardo ai contratti stipulati con i calciatori Giorgio Chiellini e Nicola Amoruso, in forza alla Juventus S.p.A., omesso di far sottoscrivere a quest’ultimi apposita dichiarazione in merito all’avvenuta informazione circa l’esistenza di ragioni di conflitto di interessi derivanti dalla presenza in seno alla società Juventus di soggetti, titolari di cariche sociali, legati ad esso agente da vincoli di stretta parentela. Dagli atti del procedimento risulta che il signor Alessandro Moggi abbia agito in evidente conflitto di interessi nel corso delle trattative per il passaggio dei giocatori Chiellini e Amoruso alla società Juventus e non abbia raccolto, ai sensi dell’art. 15, comma 1, del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti, la dichiarazione dei calciatori di essere stati informati dell’esistenza di un conflitto di interessi. Non è, invero, presente in atti la dichiarazione prescritta dal citato Regolamento. Tale condotta costituisce violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento, nonché ai punti III e VI del codice di condotta professionale. Contestazione distinta con il numero 9) Francesco Zavaglia risponde dell’imputazione di cui al capo 9 (violazione dei doveri di lealtà, probità, correttezza di cui all’art. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del previgente regolamento agenti, in relazione all’art. 15 reg. cit.) per aver ricevuto, nello stesso periodo di tempo, mandato di agente sia dal calciatore Amelia che dalla società Livorno, entrambi inerenti lo stesso tesseramento. La Corte ritiene fondata l’accusa mossa all’Agente Zavaglia di aver operato, in violazione della richiamata disciplina di settore, in posizione di sostanziale conflitto di interessi. Ed, invero, tale assunto trova diretto suffragio nella produzione documentale in atti che evidenzia, da un lato, l’atto di mandato del 31.12.2004 da cui è sorto il rapporto gestorio tra Amelia e lo Zavaglia e, dall’altro, le fatture nn. 62 del 21.6.2005 e n. 71 del 27.9.2006, emesse dalla GEA World all’indirizzo della società del Livorno, sì da confermare l’ambiguità del ruolo svolto dallo Zavaglia la cui lealtà nei confronti del mandante risulta potenzialmente infirmata dal contestuale obbligo di cura di interessi antagonisti. D’altronde, proprio impingendo nelle divisate risultanze documentali e, dunque, nella prova del contestato conflitto di interessi, il Collegio arbitrale della F.I.G,C., in accoglimento della domanda del calciatore Amelia, ha riconosciuto che la revoca del mandato da questi conferito allo Zavaglia è avvenuta per giusta causa ed ha escluso, pertanto, obblighi di indennizzo a carico della parte istante. Né sul punto può essere condivisa la ricostruzione alternativa proposta dalla difesa, secondo cui la vicenda in esame si spiegherebbe con la prassi di addebitare alle società i compensi che i calciatori dovrebbero pagare ai loro Agenti. Anzitutto, l’accollo da parte della società sportiva di siffatti debiti non vale di per sé ad escludere il ruolo di assistenza, comunque, esplicato dall’Agente nella divisata posizione di conflitto (sia pur limitatamente ai suddetti profili di imputazione dei debiti e dei relativi oneri fiscali). Senza contare che la tesi difensiva non appare comunque idonea a negare il carattere illecito di tale presunta prassi. Contestazioni distinte con i numeri 10) e 12) Ai capi 10) e 12) dell’atto di deferimento vengono contestate ad Alessandro Moggi, rispettivamente, la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007, per essersi trovato in una posizione di conflitto di interessi nell’espletamento del mandato assunto nei confronti del calciatore Amoruso, in conseguenza dei rapporti contrattuali contestualmente assunti dalla società GEA nei confronti della società Modena, controparte contrattuale del calciatore medesimo, come meglio specificato nella parte motiva, nonché la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007, per essersi trovato in una posizione di conflitto di interessi nell’espletamento del mandato assunto nei confronti del calciatore Amoruso, in conseguenza dei rapporti contrattuali contestualmente assunti dalla società GEA nei confronti della società Messina, controparte contrattuale del calciatore medesimo. Dalla valutazione degli atti emerge in maniera inequivoca che il signor Alessandro Moggi ha agito in presenza di un evidente conflitto di interessi. Ed invero, in relazione alle trattative dirette al passaggio del giocatore Amoruso, dapprima, alla squadra Modena FC e, successivamente, alla società FC Messina Peloro, il signor Moggi ha assistito direttamente il giocatore, in virtù di mandato conferito il 13.4.2003, e, contemporaneamente, in qualità di socio e legale rappresentante della GEA World, ha beneficiato delle remunerazioni degli incarichi di consulenza conferiti a quest’ultima dalle citate società sportive. Risulta in atti, invero, copia delle ricognizioni di debito sottoscritte dalle squadre Modena FC e FC Messina Peloro per l’attività prestata ai fini della definizione delle predette trattative e delle fatture emesse per il pagamento dei relativi compensi. Tale condotta costituisce una lesione dei valori di terzietà e di imparzialità che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori e, pertanto, violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 11) e 13) Ai capi 11) e 13) dell’atto di deferimento vengono contestate ad Alessandro Moggi, rispettivamente la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere ottenuto il pagamento delle competenze a lui dovute dal calciatore Amoruso dalla controparte contrattuale di questo ultimo (società Modena), ovvero per avere comunque beneficiato del pagamento effettuato in favore della società GEA, nonché la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere ottenuto il pagamento delle competenze a lui dovute dal calciatore Amoruso dalla controparte contrattuale di questo ultimo (società Messina), ovvero per avere comunque beneficiato del pagamento effettuato in favore della società GEA, come meglio specificato nella parte motiva Risulta evidente dagli atti del procedimento la violazione da parte del signor Alessandro Moggi dell’art. 10, comma 3, del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti. Non vi è dubbio, infatti, che l’agente abbia incassato, per il tramite della GEA World, le proprie provvigioni, dovute per il passaggio del calciatore Amoruso alle squadre Modena FC e FC Messina Peloro, da queste ultime piuttosto che dal proprio assistito. Le ricognizioni di debito delle predette squadre alla GEA World ed i relativi pagamenti uniti alle espresse rinunce dell’agente Moggi ai compensi ad esso dovuti dal calciatore Amoruso, dimostrano inequivocabilmente la sussistenza di quanto contestato dalla Procura Federale. Quanto alle osservazioni della difesa, circa la costituzione di una presunta prassi in tal senso, si è già detto come non possa superare o anche solo attenuare la forza prescrittiva di una norma giuridica. Contestazione distinta dal numero 14) Al capo 14) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007, per essersi trovato in una posizione di conflitto di interessi nell’espletamento del mandato assunto nei confronti del calciatore Baiocco, in conseguenza dei rapporti contrattuali contestualmente assunti dalla società GEA nei confronti della società Piacenza, controparte contrattuale del calciatore medesimo. Anche in questo caso risulta agli atti come il signor Moggi abbia agito in presenza di un conflitto di interessi. Ed invero, in relazione alla trattativa diretta al passaggio del calciatore Davide Baiocco alla squadra Piacenza FC, il signor Moggi ha assistito direttamente il calciatore, in virtù di mandato conferito in data 28.1.2002, e contemporaneamente, in qualità di socio e legale rappresentante della GEA World, ha beneficiato, della remunerazione dell’incarico di consulenza conferito alla società dalla stessa squadra Piacenza FC. Risulta in atti, invero, copia della ricognizione di debito sottoscritta dalla citata società sportiva per l’attività prestata ai fini della definizione della predetta trattativa e delle fatture emesse per il pagamento dei relativi compensi. Alla stregua di quanto già detto in precedenza, tale condotta costituisce una lesione dei valori di terzietà e di imparzialità che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori e, pertanto, violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 15) Al capo 15) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere ottenuto il pagamento delle competenze a lui dovute dal calciatore Baiocco dalla controparte contrattuale di questo ultimo (società Piacenza), ovvero per avere comunque beneficiato del pagamento effettuato in favore della società GEA. Risulta evidente dagli atti del procedimento la violazione da parte del signor Alessandro Moggi dell’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti. Non vi è dubbio che l’agente abbia incassato, per il tramite della GEA World, le proprie provvigioni per il passaggio del calciatore Baiocco alla squadra Piacenza FC da quest’ultima piuttosto che dal proprio assistito. La ricognizione di debito della predetta squadra alla GEA World ed i relativi pagamenti uniti alla tacita rinuncia dell’agente Moggi ai compensi ad esso dovuti dal calciatore Baiocco (cfr verbale di assunzione di informazioni del giocatore in data 30.5.2006), dimostrano inequivocabilmente la sussistenza di quanto contestato dalla Procura Federale. Sul punto, la difesa ha manifestato l’esistenza della prassi già descritta nelle precedenti motivazioni: ad esse, per motivi di brevità, si rimanda. Per quanto esposto il comportamento tenuto dal signor Alessandro Moggi costituisce violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 10, comma 3, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 16) Alessandro Moggi e Francesco Zavaglia rispondono dell’ulteriore violazione di cui al combinato disposto degli artt. 1 comma 1 C.G.S. e 12 e 15 del previgente Regolamento Agenti, per essersi trovati in posizione di conflitto di interessi nell’espletamento dei rispettivi mandati assunti in favore della società Juventus e del calciatore M. Blasi, entrambi finalizzati al medesimo tesseramento. L’ipotesi accusatoria trova diretto riscontro in conferenti produzioni documentali. Ed invero, in vista del passaggio del giocatore Manuele Blasi alla squadra Juventus FC, il signor Moggi, socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito direttamente la società sportiva Juventus, in virtù di mandato conferito in data 1.6.2002 con attribuzione dei diritti economici alla stessa GEA World, mentre, contemporaneamente, il signor Francesco Zavaglia, parimenti socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito il calciatore, giusta mandato del 10.6.2002. Tale condotta – così come correttamente contestato dalla Procura Federale – si pone in aperta distonia con i valori di terzietà e di imparzialità che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente e, pertanto, costituisce un’evidente violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’arti. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento. Ed, invero, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa dei soggetti deferiti, alcun valore scriminante può essere assegnato alla comunicazione del 28.1.2002, con cui Francesco Zagaglia informava il proprio assistito, Manuele Blasi (che positivamente riscontrava la comunicazione in pari data), di una situazione di conflitto di interessi di natura parentale, derivante dalla carica di direttore generale della Juventus, ricoperta da Moggi Luciano, padre di Alessandro. Ciò, anzitutto, per la dubbia attendibilità del documento in questione, che non risulta depositato presso la Commissione ed è datato 28.1.2002 (così come la nota di riscontro di Blasi), nonostante faccia riferimento ad un contratto che si sarebbe perfezionato solo in epoca successiva (il 10.6.2002). Peraltro, l’informativa sul conflitto di interessi involge il solo profilo parentale e non, viceversa, il dato (parimenti significativo) della imputabilità dei diritti rinvenienti dal rapporto di assistenza di entrambe le posizioni contrattuali (Juventus e Blasi) ad un medesimo centro di interessi (la GEA World S.p.A.). Contestazione distinta con il numero 17) La medesima imputazione di cui al capo che precede è stata elevata, nei confronti di Alessandro Moggi e di Francesco Zavaglia, anche in riferimento al tesseramento del calciatore Salvatore Fresi. Anche in tale circostanza il Moggi, socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito direttamente il calciatore, in virtù di mandato conferito in data 22.6.2002, mentre lo Zavaglia, parimenti socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito la Juventus FC in virtù di mandato conferito in data 1.6.2002 con attribuzione dei diritti economici alla stessa GEA World. La lesione che ne è conseguita dei valori di terzietà e di imparzialità, che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori consente di sussumere le condotte in contestazione nelle fattispecie di illecito oggetto di contestazione. Né sul punto può essere condivisa – come già detto - la ricostruzione alternativa proposta dalla difesa degli agenti deferiti, secondo cui la vicenda in esame si spiegherebbe con la prassi – comunque illecita – di addebitare alle società i compensi che i calciatori dovrebbero pagare ai loro agenti. Contestazione distinta con il numero 18) Al capo 18) dell’atto di deferimento, viene contestata ad Alessandro Moggi e Pasquale Gallo la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere, in concorso fra loro, consentito il pagamento delle competenze dovute al Moggi Alessandro dal calciatore Fresi ad opera della controparte contrattuale di questo ultimo (società Perugia), mediante la simulata indicazione del Gallo quale destinatario di compensi. Risulta evidente dagli atti del procedimento la violazione da parte del Moggi e del Gallo dell’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti. Non vi è dubbio, infatti, che il primo abbia incassato, per il tramite del signor Pasquale Gallo, le proprie provvigioni, dovute per il passaggio del calciatore Fresi alla squadra AC Perugia, da quest’ultima piuttosto che dal proprio assistito. L’accollo del debito della predetta squadra (cfr. documento denominato “Articolo interno”) ed i relativi pagamenti incassati dal Gallo uniti al lodo della Camera Arbitrale della F.I.G.C., in data 10.4.2006, con il quale è stato riconosciuto il pagamento da parte della AC Perugia al signor Moggi, per il tramite del signor Pasquale Gallo, dei compensi in questione dovuti dal calciatore Fresi, dimostrano inequivocabilmente la sussistenza di quanto contestato dalla Procura Federale. Per quanto esposto i comportamenti tenuti dal Moggi e dal Gallo, costituiscono violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 10, comma 3, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 19) Al capo 19) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007, per essersi trovato in una posizione di conflitto di interessi nell’espletamento del mandato assunto nei confronti del calciatore Chiellini, in conseguenza dei rapporti contrattuali contestualmente assunti dalla società GEA nei confronti della società Livorno, controparte contrattuale del calciatore medesimo. Anche in questo caso risulta agli atti come il Moggi abbia agito in presenza di un conflitto di interessi. Ed invero, in relazione alla trattativa diretta al passaggio del calciatore Giorgio Chiellini alla squadra AS Livorno, il signor Moggi ha assistito direttamente il giocatore, in virtù di mandato conferito in data 9.6.2003, e contemporaneamente, in qualità di socio e legale rappresentante della GEA World, ha beneficiato, della remunerazione dell’incarico di consulenza conferito alla società dalla stessa squadra AS Livorno. Risulta in atti, invero, copia della ricognizione di debito sottoscritta dalla citata società sportiva per l’attività prestata ai fini della definizione della predetta trattativa e delle fatture emesse per il pagamento dei relativi compensi. Tale condotta costituisce una lesione dei valori di terzietà e di imparzialità che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori e, pertanto, violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 20) Al capo 20) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere ottenuto il pagamento delle competenze a lui dovute dal calciatore Chiellini dalla controparte contrattuale di questo ultimo (società Livorno), ovvero per avere comunque beneficiato del pagamento effettuato in favore della società GEA. Risulta evidente dagli atti del procedimento la violazione da parte del signor Alessandro Moggi dell’art. 10, comma 3, del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti. Non vi è dubbio che l’agente abbia incassato, per il tramite della GEA World, le proprie provvigioni per il passaggio del calciatore Chiellini alla squadra AS Livorno da quest’ultima piuttosto che dal proprio assistito. La ricognizione di debito della predetta squadra alla GEA World ed i relativi pagamenti, uniti alla rinuncia tacita del Moggi alle provvigioni ad esso dovute (cfr verbale di assunzione di informazioni del calciatore in data 15.5.2006), dimostrano inequivocabilmente la sussistenza di quanto contestato dalla Procura Federale. Sul punto, la difesa ha manifestato l’esistenza della prassi già descritta nella motivazione relativa alle contestazioni distinte con il numero 11 e 13, alla quale, per motivi di brevità, si rimanda. Per quanto esposto, il comportamento tenuto dal signor Alessandro Moggi costituisce violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 10, comma 3, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 21) Al capo 21) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 15, comma 1, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007, per aver ricevuto, nello stesso periodo di tempo, mandato di agente sia dal calciatore Chiellini che dalla società Fiorentina, entrambi finalizzati al medesimo tesseramento, venendo così a trovarsi in una posizione di conflitto di interessi nell’espletamento dei mandati assunti. Risulta agli atti come il signor Moggi abbia agito in presenza di un palese conflitto di interessi. Ed invero, in relazione alla trattativa diretta al passaggio del giocatore Giorgio Chiellini alla squadra ACF Fiorentina, il signor Moggi ha assistito direttamente sia il giocatore che la società sportiva, in virtù di due distinti mandati conferiti, dal calciatore, in data 9.6.2003 e dalla ACF Fiorentina in data 28.8.2004, entrambi con attribuzione dei relativi diritti economici alla GEA World, di cui, come è noto, il Moggi era socio e legale rappresentante. Tale condotta costituisce una lesione dei valori di terzietà e di imparzialità che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori e, pertanto, violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 15, comma 1, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 22) Al capo 22) dell’atto di deferimento viene contestata ad Alessandro Moggi la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui agli artt. 1, comma 1, C.G.S. e 12 del previgente Regolamento Agenti, in relazione all’art. 10, comma 3, del Regolamento Agenti vigente sino alla data dell’1.2.2007 per avere ottenuto il pagamento delle competenze a lui dovute dal calciatore Chiellini dalla controparte contrattuale di questo ultimo (società Fiorentina), ovvero per avere comunque beneficiato di detto pagamento. Risulta evidente dagli atti del procedimento la violazione da parte del signor Alessandro Moggi dell’art. 10, comma 3, del Regolamento agenti in vigore all’epoca dei fatti. Non vi è dubbio che l’agente abbia incassato, per il tramite della GEA World, le proprie provvigioni per il passaggio del calciatore Chiellini alla squadra ACF Fiorentina da quest’ultima piuttosto che dal proprio assistito. La ricognizione di debito della predetta squadra alla Gea World ed i relativi pagamenti uniti alla rinuncia tacita del Moggi alle provvigioni ad esso dovute (cfr verbale di assunzione di informazioni del calciatore in data 15.5.2006), dimostrano inequivocabilmente la sussistenza di quanto contestato dalla Procura Federale. Sul punto, la difesa ha manifestato l’esistenza della prassi già descritta nella motivazione relativa alle contestazioni distinte con il numero 11 e 13, alla quale, per motivi di brevità, si rimanda. Per quanto esposto, il comportamento tenuto dal signor Alessandro Moggi costituisce violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 12 del Regolamento Agenti in vigore all’epoca dei fatti in relazione all’art. 10, comma 3, del medesimo Regolamento. Contestazione distinta con il numero 23) Alessandro Moggi e Francesco Zavaglia rispondono dell’ulteriore violazione di cui al combinato disposto degli artt. 1 comma 1 C.G.S. e 12 e 15 del previdente Regolamento Agenti, per essersi trovati in posizione di conflitto di interessi nell’espletamento dei rispettivi mandati assunti in favore della società Juventus e del calciatore G. Giannichedda, entrambi finalizzati al medesimo tesseramento. L’ipotesi accusatoria trova diretto riscontro in conferenti produzioni documentali. Ed invero, in occasione del tesseramento del calciatore Giuliano Giannichedda da parte della squadra Juventus FC, il signor Moggi, socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito direttamente la società sportiva, in virtù di mandato con attribuzione dei diritti economici alla stessa GEA World, mentre contemporaneamente il signor Francesco Zavaglia, anch’esso socio e legale rappresentante della GEA World, ha assistito il calciatore. La lesione che ne è conseguita dei valori di terzietà e di imparzialità, che devono necessariamente distinguere l’attività dell’agente di calciatori consente di sussumere le condotte in contestazione nelle fattispecie di illecito oggetto di contestazione. 3. Rimane da esaminare il profilo sanzionatorio. In proposito questa Corte non può non rilevare che i comportamenti illeciti tenuti dagli incolpati non sono espressione di scelte occasionali e contingenti, ma al contrario rappresentano l’attuazione di una strategia di consapevole e costante violazione della normativa di settore e quindi della stessa etica professionale. E di ciò la Corte non può non tener conto nella irrogazione delle sanzioni. Tali considerazioni valgono in particolare per il Moggi che svolge un ruolo manifestamente centrale, come è dato desumere dalla intensità della “continuazione” degli illeciti compiuti. Conclusivamente la Corte dichiara: - Moggi Alessandro responsabile delle violazioni di cui ai capi nn. 4), 5), 6), 7), 8), 10), 11), 12), 13), 14), 15), 16), 17), 18), 19), 20), 21), 22) e 23); - Zavaglia Francesco responsabile delle violazioni di cui ai capi nn. 3), 9), 16), 17) e 23); - Gallo Pasquale responsabile della violazione di cui al capo 18); proscioglie - Moggi Alessandro dagli addebiti contestati al capo 1); - Calleri Riccardo dagli addebiti contestati al capo 1); - Gallo Pasquale dagli addebiti contestati ai capi nn. 1) e 2); - Zavaglia Francesco dagli addebiti contestati al capo 1). Per questi motivi la C.G.F., Sezioni Unite, in parziale accoglimento delle richieste della Procura Federale, infligge le seguenti sanzioni: - Alessandro Moggi: la sospensione dall’Albo nella misura di anni 4 a far corso dalla data della sospensione cautelare, e la sanzione pecuniaria di € 250.000,00; - Francesco Zavaglia: la sospensione dall’Albo nella misura di mesi 18, e la sanzione pecuniaria di € 100.000,00; - Pasquale Gallo: la sospensione dall’Albo nella misura di mesi 12, e la sanzione pecuniaria di € 50.000,00. Proscioglie Riccardo Calleri dagli addebiti contestati.
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