CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 31 del 21/12/2011 Brescia Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 31 del 21/12/2011 Brescia Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, composta da dott. Riccardo Chieppa, Presidente, dott. Alberto De Roberto, dott. Giovanni Francesco Lo Turco, prof. Massimo Luciani, Relatore, prof. Roberto Pardolesi, ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio introdotto dal ricorso iscritto al R.G. Ric. 15/2011, proposto in data 15 luglio 2011 dalla Società Brescia Calcio s.p.a., con sede legale in Brescia, via Bazoli, n. 10, in persona dell’amministratore unico Comm. Luigi Corioni, per l’annullamento del provvedimento emesso dal Procuratore Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio F.I.G.C. in data 1° luglio 2011 con il quale ha disposto “l’archiviazione degli atti del presente procedimento nei confronti appartenenti, all’epoca dei fatti, all’ordinamento federale e delle società di seguito indicati e in particolare: 1. Nei confronti del Presidente del Palermo Maurizio Zamparini e della società Palermo perché non sussistono fatti di rilevanza disciplinare, con riferimento alla condotta del Presidente medesimo; 2. Nei confronti dell’allora Dirigente dell’Atalanta Roberto Zanzi e della società Atalanta perché non sussistono fatti di rilevanza disciplinare; 3. Nei confronti dell’allora arbitro internazionale del CAN A e B Massimo De Santis perché non sussistono fatti di rilevanza disciplinare; 4. Nei confronti del Presidente del Cagliari e della società Cagliari perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C. G.S.,vigente all’epoca dei fatti; 5. Nei confronti del Presidente del Chievo Luca Campedelli e della società Chievo Verona perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C. G. S., vigente all’epoca dei fatti; 6. Nei confronti dell’allora Dirigente del Palermo Rino Foschi e della società Palermo perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C. G.S., vigente all’epoca dei fatti, con riferimento alla condotta del Dirigente medesimo; 7. Nei confronti dell’allora allenatore dell’Udinese Luciano Spalletti e della società Udinese perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 8. Nei confronti dell’allora Dirigente del Vicenza Sergio Gasparini e della società Vicenza perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C. G.S., vigente all’epoca dei fatti; 9. Nei confronti del direttore sportivo Nello Governato perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C. G. S., vigente all’epoca dei fatti; 10. Nei confronti del Presidente dell’Empoli Fabrizio Corsi e della società Empoli perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 11. Nei confronti del Presidente del Livorno Aldo Spinelli e della società Livorno perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 12. Nei confronti dell’allora socio di riferimento dell’Internazionale Massimo Moratti e della società Internazionale perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 13. Nei confronti dell’allora Presidente dell’Internazionale (deceduto l’anno 2006) Giacinto Facchetti e della società Internazionale perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili ovvero non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 14. Nei confronti del Presidente della Reggina Pasquale Foti e della società Reggina perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili in quanto non coperte da giudicato; 15. Nei confronti dell’allora Dirigente del Milan Leonardo Meani e della società Milan, perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili in quanto non coperte da giudicato e comunque non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti; 16. Nei confronti degli allora Commissari CAN A e B Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, dell’allora Vice Commissario CAN A e B Gennaro Mazzei, dell’allora Presidente dell’AIA Tullio Lanese perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili in quanto non coperte da giudicato e comunque non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S., vigente all’epoca dei fatti”; Vista la costituzione in giudizio della parte resistente – Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.); Visto l’atto di intervento in giudizio del Sig. Luciano Moggi; Udito nella udienza del 19 dicembre 2011 il relatore, prof. Massimo Luciani; Uditi per la ricorrente - Brescia Calcio s.p.a. - l’Avv. Bruno Catalanotti, per la parte resistente costituita - Federazione Italiana Giuoco Calcio, F.I.G.C. - l’avv. Luigi Medugno; per l’interveniente ad opponendum - Sig. Luciano Moggi - gli Avv. Maurilio Prioreschi e Flavia Tortorella; Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso proposto in data 15 luglio 2011 e rubricato al n. 15 del R.G. Ric. dell’anno 2011, la Società Brescia Calcio chiede che questa Alta Corte voglia “accertare e dichiarare l’abnormità del provvedimento” menzionato in epigrafe e, per l’effetto, disporre il suo annullamento “quanto alla parte motiva, limitatamente al contenuto del paragrafo I («Valutazione del materiale probatorio acquisito»); del paragrafo II («Qualificazione delle fattispecie in esame»); del paragrafo III («Valutazione delle diverse condotte evidenziate dagli atti: generalità»); del paragrafo IV e IV F- Rapporti con Nello Governato; del paragrafo VI («Conclusioni»)” e, “quanto alla parte dispositiva, con la sostituzione della formula «perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S. vigente all’epoca dei fatti» con quella «perché in ordine ai fatti segnalati dagli articoli di stampa allegati al fascicolo in data 1° aprile 2010 ed a quelli enunciati nell’esposto della F.C. Juventus in data 10 maggio 2010, ove anche costituissero condotte disciplinarmente rilevanti, non si può procedere per intervenuta prescrizione ai sensi dell’art. 18 C.G.S. vigente all’epoca dei fatti»”. 2.- Premette in punto di fatto la ricorrente che con raccomandata a.r. inviata il 1° luglio 2011 e pervenuta al sig. Nello Governato il 4 luglio 2011, avente ad oggetto “pretese telefonate intercorse tra appartenenti all’AIA, da parte dei dirigenti di varie Società calcistiche che sulla base degli articoli di stampa che riportano il fatto sarebbero finora temporalmente collocate nell’ambito della stagione sportiva 2004/05 (notizie stampa del 1 aprile 2010)” il Procuratore Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio informava il sig. Governato che le indagini inerenti le questioni indicate in epigrafe erano concluse e che non erano emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedibili, non coperte da giudicato ovvero non prescritte ai sensi dell’art. 18 del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, come di seguito specificato. 3.- Ciò premesso, la ricorrente lamenta, con un unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 129, comma 1, e 408 sgg. cod. proc. pen., “circa l’obbligo per il giudice di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, in relazione agli artt. 4.1. del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e 33.2 dello Statuto della F.I.G.C.”. 3.1.- Rappresenta ancora la ricorrente che le circostanze di fatto rilevanti per il presente giudizio si sarebbero delineate nel corso dei processi per i fatti noti come “calciopoli”, celebrati avanti agli Organi di Giustizia Sportiva nell’estate del 2006, durante i quali “qualcuno degli incolpati” eccepì “la consuetudine formatasi nella stagione dei fatti in esame (2004-2005)”, per cui i commissari della Commissione Arbitrale Nazionale, Sig.ri Bergamo e Pairetto, intrattenevano rapporti telefonici e personali con presidenti e dirigenti di società di calcio, tra i quali vi sarebbe stato il Sig. Nello Governato, “talvolta citato come interlocutore assiduo di Pairetto”, nonché come “suo amico di vecchia data e conterraneo”. Le dichiarazioni così emerse nei menzionati giudizi avrebbero avuto, ad avviso della ricorrente, la finalità di “delegittimare” la Brescia Calcio s.p.a. Le medesime circostanze di fatto sarebbero state dedotte nell’ambito di un giudizio radicato presso il Tribunale di Napoli, nel quale l’odierna ricorrente era costituita come parte civile. In particolare, proprio nel corso di tale giudizio avvenne l’acquisizione, con trascrizione peritale, di conversazioni telefoniche, poi pubblicate per stralcio sugli organi di stampa, in base alle quali veniva affermato che il Sig. Nello Governato sarebbe stato “il consulente di Corioni, Presidente del Brescia Calcio” (p. 8 del ricorso). Tali elementi di fatto avrebbero indotto il Procuratore Federale a promuovere un’audizione del Sig. Pairetto, celebrata il 28 dicembre 2010, nella quale quest’ultimo avrebbe affermato che il Sig. Governato “era consulente del Presidente del Brescia, Corioni. Solitamente si interessava e a tal fine (mi) telefonava per aver informazioni circa le designazioni che riguardavano sia il Brescia che la Lazio”. Ad avviso della ricorrente tali affermazioni sarebbero inattendibili, a fronte della “ondivaga condotta processuale” del dichiarante e delle controversie sorte tra il medesimo e il difensore del Brescia Calcio, Avv. Catalanotti, portate anche all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria. Quanto alle telefonate oggetto di intercettazioni telefoniche, la ricorrente riferisce che la condotta del Sig. Governato sarebbe desumibile da una di esse, identificata come “telefonata prog. 18415 (del 14.01.2005 ore 11.54) utenza intercettata n. 335/8189303 in uso a Pairetto (in entrata). Nelle perizie non è stato indicato il numero dell’utenza collegata (cfr. il citato «Volume Dodicesimo» in cartella QUARTA_R del CD depositato in Cancelleria l’8 aprile 2011), ma l’interlocutore Nello potrebbe essere Nello Governato. Si parla di un preteso litigio che avrebbe interessato il PAIRETTO”. Nella conversazione in esame, infatti, tale “Nello” avrebbe chiesto al designatore arbitrale Pairetto di “prestare un’attenzione particolare per la prossima gara che attendeva la squadra cui era [...] interessato”, ossia il Brescia Calcio. 3.2.- Tutto ciò considerato, la ricorrente afferma che nella parte motiva del provvedimento esisterebbero elementi che la coinvolgerebbero direttamente. Il primo atterrebbe alla condotta tenuta dal Sig. Governato, passibile di incolpazione disciplinare ad avviso della Procura federale. Il secondo atterrebbe alla relazione tra il Sig. Governato ed il Brescia Calcio, nell’interesse della quale il Sig. Governato, si ritiene abbia sostenuto l’Ufficio requirente, avrebbe agito. Pertanto, il quadro fattuale e processuale citato sarebbe idoneo ad integrare l’interesse della ricorrente ad impugnare il provvedimento gravato per conseguirne l’annullamento, anche parziale. 3.3.- La ricorrente cita, poi, alcuni punti ritenuti rilevanti del provvedimento impugnato, ed in particolare: - il riferimento all’esposto proposto dalla Juventus F.C. alla Procura federale F.I.G.C. per la revoca della decisione del 26 luglio 2006, con cui il Commissario Straordinario pro tempore della F.I.G.C. aveva proceduto ad assegnare il titolo di campione d’Italia 2005-2006 alla società F.C. Internazionale, nonché per il deferimento di tutti i tesserati e di tutte le società sportive di appartenenza che fossero risultati coinvolti nei comportamenti antisportivi emersi in margine al procedimento penale che si stava celebrando presso il Tribunale di Napoli; - l’assunto circa l’inutilizzabilità, in un procedimento disciplinare, degli atti di indagine penale legittimamente acquisiti secondo la normativa statale; - l’allegazione al fascicolo di causa della documentazione già acquisita dall’Ufficio indagini e integralmente depositata unitamente al provvedimento di deferimento introduttivo del primo giudizio disciplinare sulla vicenda “calciopoli”; - l’affermazione per cui “la nuova attività d’indagine [...] ha posto in evidenza, in particolare, i rapporti e le comunicazioni fra tesserati e collaboratori di società di calcio (ulteriori rispetto a quelli già perseguiti disciplinarmente con i provvedimenti citati) e esponenti del settore arbitrale, massimamente con due commissari della CAN A e B”; - il riferimento “alla improcedibilità e alla prescrizione delle vicende di rilievo emerse”, per il quale non sarebbe stato possibile uno scrutinio dell’Organo Giudicante “se non in conseguenza di eventuali rinunce alla prescrizione”. Ciò considerato, la ricorrente “legittimamente ritiene accertato che, una volta riunito al procedimento anche l’esposto pervenuto dalla F.C. Juventus il 10 maggio 2010, la Procura federale ha svolto una intensa attività di indagine e di ricerca della prova relativa ai fatti in questione” (p. 18), comprensiva di acquisizione di materiale probatorio costituito nel giudizio radicato dinanzi il Tribunale di Napoli, dell’audizione dei due Commissari della C.A.N. Sig.ri Bergamo e Pairetto, nonché del Vice Commissario Mazzei e del Presidente del F.C. Internazionale Sig. Moratti, infine dell’“analitica descrizione e valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate” (p. 20). 3.4.- Incidentalmente, la ricorrente afferma che il provvedimento impugnato “ha forma e natura di decisione di merito, in quanto emesso dalla Procura Federale, organo della Federazione Italiana Giuoco Calcio, investito anche di funzioni giudicanti”, ai sensi dell’art. 32.4 del C.G.S. Ciò considerato, afferma la ricorrente la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 129, comma 1, e 408 sgg. cod. proc. pen. “circa l’obbligo, per il giudice, di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, anche in relazione agli artt. 4.1. del Codice dei Giudizio innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e 33.2. dello Statuto della F.I.G.C.” (p. 21). Assume la Società Brescia Calcio che la disciplina processual-penalistica statale impone al giudice, in presenza di una causa di estinzione del reato, di astenersi dallo svolgere alcun accertamento o indagine volto a verificare se i fatti di reato si siano verificati e a quali soggetti siano ascrivibili, dovendo, invece, limitarsi a disporre il provvedimento conclusivo del giudizio. Sulla scorta di alcune citazioni di dottrina, e di giurisprudenza, la ricorrente afferma che i provvedimenti adottati in ossequio a tali disposizioni possono essere impugnati solo per Cassazione in conseguenza della loro eventuale “abnormità”, intesa sia come il vizio che affligge “il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e dalle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite” (p. 23 sgg.). La ricorrente afferma altresì che “la Cassazione a sezioni unite ha affermato di recente che l’atto abnorme costituisce sempre illecito disciplinare a carico di chi lo ha emesso (v. Cass. S.U., 22/06/2009, n. 25957)” (p. 25). [cfr. Cass. pen., S.U. sent. 26 marzo 2009, n. 25957, dep. 22 giugno 2009: “Né è da trascurare, nella logica di una adeguata interpretazione della categoria, che l’emissione di provvedimento «abnorme» configura comunque un’ipotesi di illecito disciplinare per il magistrato, ai sensi del d. lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. ff), come modificato dalla l. n. 269 del 2006, («adozione di provvedimento non previsto da norme vigenti»”]. 3.5.- Quanto alla trasposizione dei principi sopra menzionati nell’ordinamento sportivo, afferma la ricorrente che essi, in quanto ispirati a fondamentali norme della Costituzione, ed in particolare agli artt. 24 e 111, devono trovare rigorosa applicazione anche nell’ambito dello Statuto e del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. Tale conclusione sarebbe confortata anche dagli artt. 4.1. del Codice dei Giudizi innanzi al T.N.A.S., ai sensi del quale “alle controversie sportive rilevanti per l’ordinamento della Repubblica si applicano anche i principi e le norme di questo ultimo ordinamento”, e 33.2 dello Statuto della F.I.G.C., che dispone che “le norme relative all’ordinamento della giustizia sportiva devono garantire il diritto di difesa”. Pertanto la ricorrente afferma che, anche per gli organi “cui l’ordinamento sportivo assegna funzioni, anche solo incidentalmente, giudicanti”, quale sarebbe il Procuratore federale, varrebbe l’obbligo di “dichiarare immediatamente l’esistenza di una causa di estinzione del fatto [recte, dell’illecito disciplinare] per cui si procede e di astenersi da qualsivoglia attività di indagine e da qualsivoglia valutazione, soprattutto in malam partem, circa la sussistenza del fatto e la sua ascrivibilità alle parti interessate” (p. 26). 3.6.- Al contrario, ad avviso della ricorrente il Procuratore avrebbe disatteso tale obbligo. In particolare osserva la Società Brescia Calcio che l’Ufficio requirente avrebbe richiamato correttamente i termini di prescrizione per le condotte sportive allora in esame e, ciononostante, già successivamente (in data 21 ottobre 2010) al decorso di esse (rispettivamente, giugno 2009 o giugno 2007) avrebbe proceduto ad altre attività istruttorie. In conclusione sul punto, ad avviso della ricorrente sarebbe “processualmente certo che il Procuratore federale, dopo le segnalazioni diffuse dalla stampa e l’esposto della Juventus, si sia attivato con impegno e serietà degne di miglior causa processuale, nel compimento di indagini ed investigazioni in relazione ad ipotetici illeciti, che l’esistenza di una causa estintiva evidentissima e già, peraltro, rilevata, aveva da tempo resi improcedibili” (p. 31). 3.6- La Società Brescia Calcio deduce ulteriori vizi riferiti sia al procedimento sia al merito della decisione assunta dal Procuratore federale. Quanto ai profili attinenti al procedimento, vi sarebbe un vizio connesso alla puntuale, analitica e diffusa valutazione dei fatti, delle condotte e della loro qualificazione disciplinare e della loro imputabilità, che si sarebbe risolta in un “indebito giudizio circa la sussistenza di comportamenti trasgressivi dei principi di lealtà, probità e correttezza sportiva, nonché di condotte integranti illeciti sportivi, e la loro attribuibilità a determinati tesserati con la conseguente responsabilità a vario titolo delle società interessate. Ne risulterebbero violati il diritto di difesa e il principio del contraddittorio tra le parti, tutelati dalla Costituzione e, per i rinvii già sopra segnalati, dall’ordinamento sportivo, in quanto i soggetti interessati non sarebbero stati posti in grado di spiegare le loro ragioni e di interloquire con l’Autorità procedente, mentre ad oggi subirebbero un improprio accertamento in malam partem, pur in un provvedimento che ha archiviato l’indagine disciplinare. 3.7.- Di fronte alla ritenuta abnormità del provvedimento, la ricorrente richiede l’applicazione, “con gli adattamenti necessari” (p. 35) degli istituti processual-penalistici già citati, onde ottenere un annullamento del provvedimento, nelle parti della motivazione e del dispositivo sopra indicate. 4.- Quanto ai profili attinenti al merito del provvedimento, la ricorrente osserva quanto segue. In primo luogo, non sarebbe provata dalle risultanze processuali l’esistenza di una relazione tra la Società Brescia Calcio e il Sig. Governato, in quanto quest’ultimo sarebbe stato oggetto dell’inchiesta disciplinare solo “con riferimenti alla sua qualità di iscritto all’albo dei Direttori Sportivi”, senza che fosse dedotto uno specifico legame con la Società ricorrente (p. 37 sg.). In secondo luogo, dalle risultanze dell’inchiesta non risulterebbe che la condotta del Sig. Governato fosse intesa a “sollecitare «favori» per il Brescia” (p. 38). 5.- Quanto all’ammissibilità della questione, la Società Brescia Calcio afferma che essa atterrebbe ai diritti della personalità della ricorrente, come tali indisponibili, e che sarebbe di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale, in considerazione delle questioni di diritto e di fatto in discussione, che riguardano la nota vicenda “calciopoli”. 6.- In data 22 luglio 2011, si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, infondato. 6.1.- Afferma la resistente che, nell’atto impugnato, non vi sarebbe alcun giudizio di disvalore riferito alla Società Brescia Calcio. In primo luogo, perché il Sig. Governato è stato considerato solo quale iscritto all’albo dei Direttori Sportivi, e non quale agente della Società. In secondo luogo, il Brescia Calcio non figurerebbe nemmeno “nella pur vasta platea delle squadre indagate nella circostanza” (p. 3). Da questi elementi la resistente eccepisce il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, la quale non avrebbe titolo a dolersi degli esiti di una vicenda cui sarebbe totalmente estranea. 6.2.- In secondo luogo, la F.I.G.C. eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto l’atto impugnato sarebbe privo di qualsiasi attitudine lesiva nei confronti dei destinatari, tra i quali, peraltro, non è il Brescia Calcio. 6.3.- Ad avviso della resistente, inoltre, osterebbe allo scrutinio della questione nel merito la circostanza che l’ordinamento sportivo non contempla l’esperibilità di rimedi impugnatori avverso i provvedimenti conclusivi delle attività di indagine svolte dalla Procura federale, sia con l’archiviazione sia col deferimento degli indagati. Né sarebbe possibile, per la F.I.G.C., l’utilizzo degli strumenti processual-penalistici, in quanto nel giudizio disciplinare manca quella fase di filtro tra indagine e dibattimento che è l’udienza preliminare. 6.4.- Nel merito, la resistente insiste nel negare che nel provvedimento impugnato vi sia qualsivoglia valutazione, anche solo indirettamente negativa, a carico della ricorrente. In ogni caso, questa Corte non potrebbe sostituirsi al Procuratore federale nel ristorare l’eventuale lesione all’onorabilità o al prestigio della ricorrente. 6.4.- La resistente afferma infine che sarebbero prive di pregio le doglianze relative alla violazione, nel procedimento disciplinare, del principio del contraddittorio, in quanto la Società Brescia Calcio non è stata oggetto del procedimento disciplinare ed è rimasta totalmente estranea alle questioni di specie. Inoltre la F.I.G.C. ricorda che la normativa federale non contemplerebbe forme di confronto dialettico tra accusa e difesa nella fase delle indagini dirette ad appurare la sussistenza delle condizioni per il deferimento a giudizio. 6.5.- In conclusione, la resistente ritiene che la Società Brescia Calcio sia caduta nell’equivoco di ritenere che il provvedimento impugnato abbia il valore di una pronuncia di accertamento, mentre i giudizi in esso contenuti altro non sarebbero che una mera allegazione di parte, in carenza di un dibattimento che ne possa asseverare la fondatezza. Ciò considerato, assume la resistente che “quanti si reputassero ingiustamente additati quali autori di illeciti disciplinari non perseguibili soltanto perché prescritti [...] non avrebbero altra strada se non quella di rinunciare alla prescrizione”, onde ricercare una formula assolutoria piena (p. 9). Ma tale non sarebbe il caso della ricorrente, in quanto ad essa non sono state mosse contestazioni specifiche e, pertanto, non potrebbe rinunciare alla causa estintiva dell’illecito disciplinare. Tutto ciò ritenuto, la resistente nega che il provvedimento impugnato sia viziato per abnormità e afferma, al contrario, che “lungi dal travalicare i limiti delle funzioni istituzionali”, il provvedimento sarebbe “perfettamente coerente con l’impianto del percorso argomentativo seguito, nonché con la primaria esigenza di una compiuta verifica (in fatto e in diritto) dei presupposti cui è normativamente subordinato l’esercizio dell’azione disciplinare”. 7. - Con atto pervenuto a questa Alta Corte in data 2 agosto 2011, è intervenuto nel giudizio il Sig. Luciano Moggi, concludendo affinché il ricorso avversario sia dichiarato inammissibile, perché la controversia non avrebbe ad oggetto diritti indisponibili della Società Brescia Calcio e per la carenza di legittimazione attiva e di interesse ad agire da parte della ricorrente, e infondato in fatto e in diritto. 7.1. - L’interveniente premette in fatto di essere, all’atto dell’intervento, imputato dinanzi il Tribunale di Napoli presso cui si sta celebrando il processo avente ad oggetto le vicende sopra esposte “emerse nella Stagione sportiva 2006/2007” (p. 1 dell’atto di intervento), processo nel corso del quale sarebbero emerse nuove prove rispetto a quelle utilizzate nell’inchiesta che lo vede imputato. In tale giudizio l’odierna ricorrente è costituita parte civile e ha formulato una richiesta risarcitoria che ammonta a €30.000.000,00. Ricorda ancora l’interveniente che la Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C., con C.U. n. 002/CGS del 9 luglio 2011, ha confermato la decisione emessa dalla Commissione disciplinare nazionale della F.I.G.C. del 15 giugno 2011 con la quale è stata disposta la preclusione alla permanenza del medesimo Moggi in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.. Nell’atto d’intervento si sostiene che il provvedimento impugnato dall’odierna ricorrente avrebbe confermato che “la motivazione delle decisioni di condanna del 2006 relative al c.d. «scandalo di calciopoli», e cioè il rapporto esclusivo di Luciano Moggi con i designatori e la disparità di trattamento a favore della Juventus e in danno di tutte le altre società di calcio, era insussistente”. Tale circostanza, ad avviso della ricorrente, farebbero venir meno i presupposti sulla base dei quali le decisioni della giustizia sportiva del 2006 sono state emesse o, in ogni caso, inciderebbe sulla gravità dei fatti per i quali è intervenuto il provvedimento disciplinare sopra richiamato (p.2). Per tali ragioni, ad avviso del Sig. Moggi la partecipazione al presente giudizio gli sarebbe “utile ai fini di esercitare il proprio diritto di difesa nel giudizio di radiazione tuttora pendente”. 7.2. - In punto di diritto l’interveniente eccepisce l’incompetenza di questa Alta Corte, perché la ricorrente non avrebbe fatto valere in giudizio un diritto indisponibile. In particolare, il Sig. Moggi afferma che il Brescia Calcio non è tra i destinatari individuati dal provvedimento impugnato e che in esso mancherebbe ogni riferimento alla ricorrente, che da esso “non ha tratto alcuno svantaggio, così come no trarrebbe alcun vantaggio da un suo eventuale annullamento” (p. 3). Afferma ancora l’interveniente che il diritto sportivo non conosce l’istituto dell’opposizione all’archiviazione del procedimento disciplinare e che anche il diritto processuale penale dello Stato riconosce tale prerogativa solo alla persona offesa dal reato. 7.3. - Ad avviso dell’interveniente, non potrebbe dirsi ammissibile il ricorso del Brescia Calcio per il solo fatto che la ricorrente lamenta che il provvedimento gravato avrebbe leso la propria immagine. In particolare, nel presente giudizio mancherebbe una controversia sportiva e, di conseguenza, non vi sarebbe alcuna immediata lesività dell’atto impugnato. Per tali ragioni, ad avviso del Sig. Moggi, non si potrebbe “rinvenire un interesse e/o diritto in capo alla ricorrente che possa qualificarsi come meritevole di tutela” (p. 5). 7.4. - L’interveniente eccepisce anche che la controversia oggetto del presente giudizio non sarebbe di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale, che non avrebbe alcun interesse ad una modificazione del provvedimento impugnato con cui, seppure con una diversa formula di rito, sarebbe ribadito il contenuto sostanziale dell’atto. 8.- L’udienza, originariamente fissata per il giorno 12 dicembre 2011, è stata rinviata, per impedimento del difensore della ricorrente, al 19 dicembre 2011, data in cui il ricorso è stato ritualmente discusso. In udienza la difesa della ricorrente, con il consenso delle altre parti, ha prodotto ulteriore documentazione. Considerato in diritto 9.- Con ricorso proposto in data 15 luglio 2011 la Società Brescia Calcio chiede che questa Alta Corte voglia “accertare e dichiarare l’abnormità del provvedimento” menzionato in epigrafe e, per l’effetto, disporre il suo annullamento “quanto alla parte motiva, limitatamente al contenuto del paragrafo I («Valutazione del materiale probatorio acquisito»); del paragrafo II («Qualificazione delle fattispecie in esame»); del paragrafo III («Valutazione delle diverse condotte evidenziate dagli atti: generalità»); del paragrafo IV e IV F- Rapporti con Nello Governato; del paragrafo VI («Conclusioni»)” e, “quanto alla parte dispositiva, con la sostituzione della formula «perché non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte ai sensi dell’art. 18 C.G.S. vigente all’epoca dei fatti» con quella «perché in ordine ai fatti segnalati dagli articoli di stampa allegati al fascicolo in data 1° aprile 2010 ed a quelli enunciati nell’esposto della F.C. Juventus in data 10 maggio 2010, ove anche costituissero condotte disciplinarmente rilevanti, non si può procedere per intervenuta prescrizione ai sensi dell’art. 18 C.G.S. vigente all’epoca dei fatti»”. 10. - Il provvedimento impugnato ha disposto l’archiviazione del procedimento disciplinare rubricato n. 1302 pf 2009/2010, instaurato in data 1° aprile 2010 e riferito alla vicenda meglio nota come “calciopoli”, in special modo relativo a “altre intercettazioni che riguardavano soggetti diversi e che presentavano elementi di novità rispetto al materiale probatorio che aveva formato oggetto dei procedimenti già celebratisi innanzi agli organi della giustizia sportiva” (p. 1 del provvedimento impugnato, depositato in atti dalla ricorrente). 11.- La ricorrente articola un unico motivo di ricorso, lamentando la violazione degli artt. 129, comma 1, e 408 sgg. cod. proc. pen., “circa l’obbligo per il giudice di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, in relazione agli artt. 4.1. del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e 33.2 dello Statuto della F.I.G.C.”. In particolare, il Brescia Calcio afferma che, disattendendo le disposizioni ora menzionate, il Procuratore Federale avrebbe proseguito nell’istruttoria anche dopo aver rilevato l’intervenuta prescrizione degli illeciti disciplinari eventualmente connessi. Tanto sarebbe sufficiente a determinare l’“abnormità” del provvedimento di archiviazione, ossia quel particolare vizio che, in ambito processual-penalistico, affligge “il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale” e che, “pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e dalle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite”. Il vizio così lamentato giustificherebbe l’impugnazione per profili di legittimità, mediante la quale ottenere un annullamento del provvedimento, nelle parti della motivazione e del dispositivo sopra indicate. 12. - Preliminarmente, deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’intervento proposto dal Sig. Luciano Moggi. L’art. 8, comma 1, del Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva dispone che “un terzo può intervenire nel giudizio avanti l’Alta Corte qualora abbia nella controversia un interesse giuridicamente protetto, individuale e diretto, e sia legittimato ad avvalersi delle norme procedurali della giustizia sportiva”. Tale circostanza non si rinviene nell’intervento esplicato nel presente giudizio. L’interveniente non è tra i soggetti destinatari del provvedimento impugnato e afferma che la partecipazione al presente giudizio gli sarebbe “utile ai fini di esercitare il proprio diritto di difesa nel giudizio di radiazione tuttora pendente”. Ora, da ciò stesso risulta che egli non ha un interesse giuridicamente protetto “nella controversia”, così come è richiesto - invece - dalla norma sopra riportata. La sua situazione soggettiva, pertanto, appare appuntarsi su un interesse di mero fatto, che non accede a quella tutela qualificata da parte dell’ordinamento che ne permetterebbe l’ingresso nel presente giudizio. Come è stato chiarito nella giurisprudenza amministrativa, “Ciò che va ben tenuto presente è lo stretto legame tra l’utilità che si vuole conseguire con il processo e la legittimazione del soggetto ricorrente (o anche solo interveniente, come nel nostro caso), al fine di evitare che siano ammessi come parti processuali anche i portatori di un interesse di mero fatto (Cons. Stato, IV Sez., n. 4545 del 2010)” (Cons. Stato, sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1868). 13. - Ancora in via preliminare, stante la loro priorità logica, è necessario esaminare le eccezioni d’inammissibilità prospettate dalla parte resistente costituita F.I.G.C., Federazione Italiana Giuoco Calcio 13.1. - La F.I.G.C. (così come, del resto, l’interveniente) eccepisce, anzitutto, il difetto d’interesse e di legittimazione attiva della ricorrente, la quale non avrebbe alcun titolo per dolersi degli esiti di una vicenda cui rimarrebbe totalmente estranea e ad impugnare un atto privo di qualsiasi attitudine lesiva nei confronti dei destinatari, tra i quali, in ogni caso, manca il Brescia Calcio. L’eccezione, che è bene esaminare per prima, è fondata. 13.2. - Il gravame, invero, non dà conto di alcun profilo del provvedimento impugnato dal quale deriverebbe la lesione di un interesse giuridicamente qualificato della Brescia Calcio s.p.a. La Società Brescia Calcio ammette di non avere assunto nella vicenda che ne occupa “una propria veste formale” e di non essere “destinataria del provvedimento” (p. 5 del ricorso) e che il provvedimento stesso la considera solo in maniera indiretta, ossia in riferimento alla condotta del Sig. Nello Governato. Orbene, il Sig. Nello Governato, pur essendo a più riprese citato nel provvedimento impugnato, non viene mai considerato direttamente e esplicitamente dal Procuratore federale in connessione con l’odierna ricorrente, quale componente, agente, dirigente o mandatario a qualsiasi titolo del sodalizio. In particolare: i) a p. 12, l’esistenza di un legame tra il Sig. Governato e il Sig. Luigi Corioni è attestata solo in riferimento alle dichiarazioni del Sig. Pairetto, quali assunte nel corso dell’audizione del 28 dicembre 2010; ii) a p. 14 si afferma testualmente che il Sig. Nello Governato è “preteso” consulente del Presidente del Brescia, Sig. Luigi Corioni, e che egli è iscritto nell’albo dei Direttori Sportivi; iii) alle pp. 25 sg. si fa ancora riferimento, quanto ad un eventuale legame tra il Presidente del Brescia e il Sig. Corioni, alle sole dichiarazioni del Sig. Pairetto; iv) a p. 27 il Procuratore federale chiarisce che “la condotta del Nello (Governato) viene valutata esclusivamente con riferimento alla sua qualità di iscritto all’albo dei Direttori Sportivi e che solo in riferimento a “tale limitata veste di iscritto ad albo” la sua condotta “appare presentare profili di rilievo disciplinare”, senza fare alcuna menzione della Società Brescia Calcio; v) ancora a p. 27, il Procuratore federale afferma che la condotta specificamente suscettibile di rilievi disciplinari sarebbe stata la comunicazione con il designatore arbitrale, in ragione dei temi trattati, dato che “nel corso di una delle telefonate” si chiede di prestare attenzione particolare per la prossima gara che attendeva la squadra cui era “comunque” interessato, senza dire alcunché sul titolo di tale interesse e comunque senza postulare una connessione specifica e diretta con una squadra iscritta ai campionati della F.I.G.C. e comunque qualsiasi altro legame col Brescia Calcio; vi) a p. 25 sono citate ancora e soltanto le dichiarazioni del Sig. Pairetto, nelle quali, peraltro, oltre a menzionare il preteso rapporto di consulenza con il Presidente del Brescia, si ipotizzava che il Sig. Governato sarebbe stato o sarebbe stato ancora, all’epoca dei fatti, dirigente di un’altra e diversa squadra, in particolare la S.S. Lazio; vii) a tutto ciò si aggiunga che nel dispositivo del provvedimento il Sig. Governato è espressamente qualificato “direttore sportivo” e che non è contestato il fatto ch’egli non ricopriva tale carica in seno alla Brescia Calcio s.p.a. Risulta da tutto quanto precede che il provvedimento impugnato si è limitato, quanto alla Società Brescia Calcio e al rapporto tra questa (e il suo Presidente) e il Sig. Governato, a dare conto di dichiarazioni di terzi, senza farle proprie. Il provvedimento, pertanto, risulta inidoneo a cagionare una qualsivoglia lesione di specifiche situazioni soggettive giuridicamente qualificate della ricorrente, che, non a caso, come già rilevato, non è tra i suoi destinatari. 14. - L’accoglimento dell’eccezione di cui sopra determina l’assorbimento delle ulteriori eccezioni di inammissibilità ed esonera dallo scrutinio del merito della controversia. 15. - Sussistono giusti motivi, in considerazione della particolarità delle questioni sollevate, per dichiarare interamente compensate le spese di lite. P.Q.M. L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA SPORTIVA Nel giudizio rubricato al R.G. Ric. 15/2011, per l’annullamento del provvedimento emesso dal Procuratore Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio F.I.G.C. in data 1° luglio 2011, DICHIARA inammissibile il ricorso proposto in data 15 luglio 2011 dalla Società Brescia Calcio S.p.A.; SPESE integralmente compensate; DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica; Così deciso in Roma, nella camera del consiglio del 19 dicembre 2011. Il Relatore Il Presidente F.to Massimo Luciani F.to Riccardo Chieppa Il Segretario F.to Alvio La Face Depositato in Roma il 21 dicembre 2011. F.to Alvio La Face
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