F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 10/C del 14/09/06 1. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. CARMELO TRIPODI, VICE PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE ARBITRI CALABRIA , PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 E 3 DEL C.G.S..

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 10/C del 14/09/06 1. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. CARMELO TRIPODI, VICE PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE ARBITRI CALABRIA , PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 E 3 DEL C.G.S.. Con atto in data 11.5.2006, il Procuratore Federale ha deferito alla Commissione d’Appello Federale il Signor Carmelo Tripodi, Vice presidente Comitato Regionale Arbitri della Calabria, per violazione dell’art. 1 comma 1, nonché dell’art. 1 comma 3 C.G.S.. Riferisce il Procuratore Federale che dalle indagini espletate era emerso che il deferito aveva rappresentato, in un esposto indirizzato al Presidente del Comitato Regionale Lega Nazionale Dilettanti ed al Presidente del Comitato Regionale Arbitri della Calabria, circostanze non veritiere in ordine a condotte violente e minacciose di cui sarebbe rimasto vittima in occasione della gara Melicucchese/Palmi, valida per il Campionato di prima Categoria disputatasi il 22.10.2005, alla quale egli aveva assistito in qualità di osservatore dell’arbitro dell’incontro. Più precisamente, il Tripodi aveva denunciato che oltre ad essere stato oggetto di ingiurie e minacce durante tutto l’arco della gara, alla fine della gara stessa era stato aggredito e colpito “in più riprese” con calci e pugni in varie parti del corpo da una ventina di sostenitori locali, subendo la rottura degli occhiali e lo strappo del giubbotto e della camicia, con postumi tali da indurlo l’indomani pomeriggio a recarsi presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Siderno, ove gli veniva diagnosticato “trauma contusivo distorsivo spalla sinistra con deficit funzionale”, causato da “riferita aggressione durante partita di calcio”, facendosi prognosi di sette giorni per la guarigione. Le indagini svolte, pero - spiega il Procuratore Federale - non avevano fornito riscontro alcuno alle circostanze denunziate, avendone dimostrato, anzi, la evidente infondatezza, dal momento che : a) l’arbitro della gara, presso il quale il Tripodi si era recato a fine partita, subito dopo gli asseriti episodi di violenza ( e che lo aveva anche accompagnato per un tratto di strada con la sua auto), escludeva di averne notato tracce sulla persona del Tripodi stesso, il quale presentava anche un abbigliamento del tutto integro; ne il Tripodi aveva fatto alcun cenno alla aggressione appena subita, apparendo anzi “abbastanza tranquillo”; b) il comandante la locale stazione dei carabinieri affermava di non aver avuto alcuna notizia di eventuali incidenti o aggressioni verificatisi in occasione della gara; c) lo stesso Tripodi in sede di dichiarazioni orali contraddiceva sui punti più qualificanti quanto denunciato, in particolare assumendo che nell’occasione aveva subito strattonamenti e spinte ed era stato stretto ad un braccio, ma “di non essere stato raggiunto ne da pugni ne da calci, e nemmeno da schiaffi, ma soltanto da un calcio sulla gamba”; d) il deferito, sorprendentemente, non aveva rappresentato quanto accaduto ai dirigenti della società ospitante che erano presenti, ne aveva chiesto di essere visitato o soccorso dai sanitari di una delle due società. Aggiungeva il Procuratore Federale che il Tripodi per ben due volte, sebbene ritualmente convocato, non si era presentato innanzi al rappresentante dell’Ufficio Indagini senza addurre plausibili giustificazioni, concludendo per il suo deferimento : avendo egli violato i principi di lealtà e correttezza sportiva per avere “ingiustamente e deliberatamente addebitato alla Società Melicucchese gravi accuse per fatti di violenza e minaccia ascrivibili ai suoi sostenitori e mai accaduti” (art. 1, comma 1 C.G.S.), nonché per non essersi reiteratamente presentato innanzi ad Organo di Giustizia Sportiva pur a seguito di regolare convocazione (art. 1, comma 3 C.G.S.). All’udienza del 13.9.2006 innanzi a questa Commissione d’Appello Federale, il Procuratore Federale, ritenendo provati gli addebiti, chiedeva irrogarsi la sanzione della inibizione per mesi nove. Il deferito protestava la propria buona fede, affermando che vi fu aggressione, che in realtà, nell’occasione, “ calci, pugni e schiaffi sono partiti “contro di lui, senza che pero ne fosse attinto, e di non essere stato avvisato per tempo delle convocazioni da parte dell’Ufficio Indagini. Ritiene la C.A.F. che gli addebiti avanzati nei confronti del Tripodi siano rimasti provati. Applicando, infatti, un ragionevole criterio probatorio, non può non concludersi che il prevenuto ebbe a denunciare fatti e circostanze che, come recita il capo di incolpazione, non erano “mai accaduti”, quanto meno nel senso che egli ebbe a rappresentare, nell’esposto di cui si e detto, in esordio, i fatti occorsi, in termini di nettamente più qualificata gravita di quanto non autorizzassero le reali connotazioni dell’accaduto. Ed invero, sussistono elementi adeguati e ben sufficienti per ritenere che gli episodi non si verificarono secondo le cadenze drammatiche ed assai gravi originariamente rappresentate dal Tripodi: se veramente vi fosse stata un’aggressione come quella denunciata, da parte di numerosi tifosi, con spinte, calci e pugni, per di piu svoltasi a piu riprese, sembra davvero assai arduo ipotizzare che l’aggredito non l’avrebbe immediatamente rappresentata ai carabinieri presenti (e che questi comunque non ne avrebbero ricevuto notizia alcuna, o che non se ne sarebbe immediatamente doluto, “illico et immediate”, con i dirigenti della Società ospitante). Come, soprattutto, non appare in alcun modo verosimile che un gesto di violenza di elevata consistenza, come quello asseritamene subito dal Tripodi, non avesse lasciato traccia alcuna sulla sua persona fisica e sul suo stato d’animo, si che l’arbitro della gara (che lo incontro subito dopo l’aggressione denunciata e con lui si intrattenne per apprezzabile lasso di tempo) non se ne potesse in qualche modo avvedere. L’arbitro in effetti ha precisato non solo di non avere riscontrato alcun segno di percosse o lesioni sul fisico del Tripodi e che l’abbigliamento stesso del medesimo (che, a suo dire, avrebbe anche riportato lo strappo del giubbotto e della camicia) appariva integro, ma che il Tripodi non fece alcun minimo cenno alla drammatica vicenda di cui sarebbe appena rimasto vittima, ed anzi appariva “abbastanza tranquillo”. Alla luce di tali rilievi e riferimenti, risulta del tutto consequenziale e coerente osservare che i comportamenti, l’atteggiamento, e lo stato morale e fisico della persona, esibiti dal Tripodi alla fine della gara e dopo momenti drammatici come quelli asseritamene appena sperimentati, si pongano in assoluta incompatibilità, sul piano della razionalità logica, con le normali e ragionevolmente prevedibili reazioni di chi fosse realmente rimasto vittima di un’aggressione paurosa e violenta, attuata da una ventina di persone che si fossero accanite, a più riprese, con calci e pugni, contro la loro vittima. Ma la prova logica della fondatezza dell’addebito ulteriormente si rafforza allorchè si consideri la stessa divaricazione tra quanto denunciato per iscritto (non nella emotività del momento - va sottolineato - ma ben due giorni dopo i fatti) e quanto poi dichiarato in sede di indagini, allorché il Tripodi ha riferito dell’accadimento in termini del tutto diversi, soprattutto escludendo quegli aspetti che lo connotavano di maggiore gravita, come il vero e proprio pestaggio cosi univocamente rappresentato in prime cure: scompaiono in effetti “i calci ed i pugni” e si parla solo di “calcio sulla gamba”. E evidente che queste nette contraddizioni su punti centrali e qualificanti dei fatti, in ordine alle quali non e stata fornita - ne appare delineabile - alcuna plausibile giustificazione (salvo a tentare vanamente di rendere compatibili le due versioni, con il riferimento dell’ultima ora, in sede di udienza, ove il Tripodi ha affermato che calci e pugni comunque “partirono”, pur non raggiungendolo), rendono intrinsecamente inattendibile il constituto del deferito; consentendo esse, unitamente alle riscontrate ulteriori ragioni di inverosimiglianza più sopra poste in rilievo, di concludere per un giudizio di non veridicità di quanto dal medesimo denunciato. Può dunque affermarsi, condividendosi gli assunti dell’atto di deferimento, che risulta provato che il Tripodi abbia con il suo esposto riferito fatti e circostanze in termini non veritieri (quanto meno aggravandone assai sensibilmente il reale svolgimento), fatti direttamente coinvolgenti la responsabilità della Societa Melicucchese, con pregiudizio dell’immagine stessa della medesima, in tal modo anche esposta al rischio di ingiustificate punizioni; determinando, altresì, un inutile impiego di impegno da parte degli Organi della Giustizia Sportiva. Risulta altresì provato - poiché non appaiono ne dimostrate ne credibili le allegazioni difensive del prevenuto sul punto - che il medesimo non ebbe, per due volte, sebbene ritualmente convocato, a presentarsi innanzi all’Ufficio Indagini. Si configurano, allora, pienamente entrambi gli addebiti ascritti, in relazione ai quali, attesi i profili di gravita della condotta, anche connessi all’incarico rivestito dal Tripodi, questa Commissione ritiene adeguata l’irrogazione della sanzione della inibizione per un periodo di mesi sei. Per questi motivi la C.A.F., in accoglimento del deferimento come sopra proposto dal Procuratore Federale, dichiara il Sig. Tripodi Carmelo responsabile delle violazioni ascrittegli ed infligge la sanzione dell’inibizione per mesi sei.
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