F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 21/09/06 8. APPELLO DELLA SOC. POL. COLLEMAR AVVERSO DECISIONI MERITO GARA POLISPORTIVA COLLEMAR/S.C. SASSOFERRATO CALCIO DEL 20.05.2006 (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche – Com. Uff. n. 15 del 06.09.2006).

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 21/09/06 8. APPELLO DELLA SOC. POL. COLLEMAR AVVERSO DECISIONI MERITO GARA POLISPORTIVA COLLEMAR/S.C. SASSOFERRATO CALCIO DEL 20.05.2006 (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche - Com. Uff. n. 15 del 06.09.2006). Con il ricorso di cui in epigrafe la società Polisportiva Collemar ha impugnato la decisione emessa dalla Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche e pubblicata il 6.9.2006, che, in merito alla partita Polisportiva Collemar contro S.C. Sassoferrato Calcio del 20.5.2006 – Play-Out Campionato Regionale di Seconda Categoria, Girone “C”, ha inflitto alla prima delle due società la sanzione della perdita per 0 a 3 della gara. Ai fini di una agevole comprensione della complessa vicenda è utile riepilogare brevemente i fatti che hanno dato luogo alla controversia. Dal rapporto in data 21.5.2006 del Comandante della Stazione dei Carabinieri di Collemarino si apprende che il giorno in cui avrebbe dovuto disputarsi l’incontro, alle ore 15,45, ancor prima dell’arrivo della terna arbitrale, i militari dell’Arma erano stati chiamati ad intervenire nei pressi dell’entrata degli spogliatoi per soccorrere il portiere della squadra ospitata che era stato rinvenuto a terra supino in stato semicosciente e leggermente sanguinante dai denti superiori e che, trasportato in ospedale, era stato poi giudicato guaribile in dieci giorni per “trauma non commotivo rachide cervicale, trauma contusivo al volto, trauma distrattivo rachide cervicale”. Lo stesso rapporto pone in evidenza che i giocatori della Sassoferrato erano stati accolti al loro arrivo dai tifosi locali con insulti, improperi e minacce di ogni genere, senza peraltro che si verificasse alcun atto di violenza. A seguito di tale aggressione la società in questione si rifiutava di scendere in campo, consegnando all’arbitro una dichiarazione scritta da allegare al referto, nella quale lamentava le “precarie condizioni di sicurezza per la disputa della gara in oggetto” e la presenza di un “clima intimidatorio sia fuori che dentro il rettangolo di gioco”, per cui chiedeva “di ridisputare minimo la gara in oggetto a porte chiuse e in campo neutro o di ottenere la vittoria a tavolino”. Ed il successivo giorno 22 preannunciava, con telegramma alla società avversaria ed a mezzo fax al giudice sportivo, reclamo avverso la gara in questione. Infine con raccomandate spedite ambedue lo stesso giorno 22 sia al Giudice Sportivo - ma registrato in arrivo alla data del 23 -, sia alla controparte, insisteva per l’aggiudicazione della gara. Il Giudice Sportivo, a sua volta, pronunciandosi il 24.5.2006 con Com. Uff. n. 149, dichiarava inammissibile il reclamo in quanto pervenuto fuori termine ed “ancor prima di assumere qualsivoglia decisione in merito alla gara in oggetto” riteneva “di demandare all’Ufficio Indagini presso la F.I.G.C. gli accertamenti necessari al fine di individuare sia il luogo dell’aggressione sia il responsabile dell’atto di violenza ricostruendo ove possibile il susseguirsi degli eventi dall’arrivo delle squadre presso l’impianto sportivo sino al momento dell’arrivo dell’arbitro”. Avverso quest’ultima decisione la società soccombente proponeva reclamo, pervenuto il 26.5.2006 e protocollato con il n. 3748, alla Commissione Disciplinare, chiedendo in via principale la punizione della perdita della gara con il risultato di 0-3 in danno della Polisportiva Collemar e l’aggiudicazione del risultato della stessa a proprio favore; in via subordinata la ripetizione della partita in campo neutro ed a porte chiuse: reclamo che la Commissione adita respingeva con delibera pubblicata ed affissa il 31.5.2006. Nel frattempo, con comunicato anch’esso del 31.5.2006 n. 152, il Giudice Sportivo, facendo seguito alla propria precedente pronuncia, statuiva di assegnare partita vinta alla società Collemar con il punteggio di 3 a 0 e di attendere le risultanze dell’istruttoria affidata all’Ufficio Indagini della F.I.G.C. per comminare le dovute sanzioni disciplinari: ed anche contro questa delibera la società Sassoferrato Calcio presentava ricorso alla Commissione Disciplinare. La quale con una decisione interlocutoria resa nota con Com. Uff. n. 160 del 14.6.2006, riservata ogni decisione nel merito, rimetteva anch’essa gli atti all’Ufficio Indagini, il quale ha poi trasmesso una relazione sull’accaduto pervenuta alla Commissione stessa il 30.8.2006. Quest’ultima, dopo aver ricostruito i fatti, riteneva, il 6.9.2006, in applicazione dell’art. 12 C.G.S., di accogliere il reclamo della società Sassoferrato Calcio, infliggendo alla Polisportiva Collemar la sanzione della perdita per 3 a 0. La quale presentava, a sua volta, ricorso a questa Commissione d’Appello Federale in base a motivi che essa stessa così riassumeva, contestando: 1) che nessuna circostanza atipica sarebbe stata nella specie rilevata né dai Carabinieri, né dal direttore di gara, tanto da indurre a rinviare o sospendere l’incontro; 2) che nessuna premeditazione in riferimento alle presunte aggressioni esterne risultava addebitabile alla società ospitante ed inoltre che non esisterebbero testimonianze di soggetti terzi in merito alla aggressione di cui sarebbe stato vittima il portiere della squadra avversaria; 3) che, sussistendo tutte le circostanze di sicurezza, il rifiuto della Sassoferrato Calcio di scendere in campo si appaleserebbe come una condotta illegittima, tale da determinare la sua sconfitta a tavolino. Ciò premesso, è da osservare che, a norma dell’art.33.1, lett. d) C.G.S. “le decisioni delle Commissioni disciplinari possono essere impugnate con ricorso alla C.A.F.: per questioni attinenti al merito della controversia quando la C.A.F. viene adita come giudice di secondo grado in materia di illecito e nelle altre materie normativamente indicate”. Ora va tenuto presente che nella fattispecie in esame la C.A.F. è stata chiamata ad intervenire non già come giudice di secondo grado, ma di terza istanza, dopo cioè che sulla vicenda si erano già pronunciati il giudice sportivo e la Commissione Disciplinare, per cui non erano proponibili censure basate sul merito delle precedenti decisioni. E la conclusione che precede non soltanto non si presta a dubbi per la chiarezza del disposto normativo, ma risulta ulteriormente rafforzata a contrario dalla lettura delle altre previsioni, nelle quali, cioè, l’impugnazione alla C.A.F. appare comunque ammessa, indipendentemente dalla fase e dal grado di giudizio nel quale essa intervenga. Si tratta, infatti, delle ipotesi menzionate alle lett. a), b) e c) dello stesso art. 1, che rispettivamente prevedono: “motivi attinenti alla competenza, salvo i conflitti di competenza rimessi alla Corte federale ai sensi dell’art. 32 dello Statuto”; “violazione o falsa applicazione delle norme contenute nello Statuto, nel Codice di Giustizia Sportiva, nelle N.O.I.F. e negli altri Regolamenti adottati dal Consiglio Federale”; “omessa o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettata dalle parti o rilevabile d’ufficio” Ed è appena il caso di rilevare che le due ultime formule di cui innanzi corrispondono a quelle usate ai numeri 3 e 5 del primo comma dell’art. 360 del Codice di rocedura civile. Sicchè per la loro interpretazione può essere utile anche la elaborazione compiuta dalla Corte Suprema di Cassazione nella sua pluriennale esperienza, dalla quale risulta chiarito, se pur ve ne fosse bisogno, che la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto consiste in un errore giuridico che ha luogo quando sia stata negata o fraintesa una norma astratta esistente oppure ne sia fatta applicazione ad un fatto che non è regolato da essa, in modo da giungere a conseguenze giuridiche contrarie a quelle volute dalla legge. A sua volta, l’omessa motivazione è stata ravvisata quando il giudice abbia deciso senza tener alcun conto del punto considerato decisivo, mentre la sua insufficienza si verifica nell’ipotesi in cui il giudice non abbia obliterato il punto decisivo, ma si sia limitato ad una affermazione apodittica, senza alcuna valutazione degli elementi probatori che hanno condotto alla decisione adottata in ordine al punto ritenuto decisivo. Quanto, poi, alla contraddittorietà di motivazione, questa si ha nell’ipotesi di contraddizione fra motivazione e dispositivo o di inconciliabilità fra le ragioni esposte per giustificare l’accoglimento od il rigetto delle pretese fatte valere in giudizio. Per cui il vizio di contraddittorietà della motivazione e quello di motivazione insufficiente od omessa sussistono in quanto incidono sul ragionamento del giudice di merito, in modo da rivelare un contrasto insanabile fra le argomentazioni addotte, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione ovvero in quanto palesino la deficienza o addirittura la mancanza di esame su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio. Tali vizi non possono, quindi, consistere in apprezzamenti dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento ed all’uopo valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti costitutivi della domanda, dare la prevalenza all’uno od all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Alla luce di quanto precede, pertanto, appare evidente che le doglianze esposte dalla parte ricorrente e sopra fedelmente riportate non possono trovare ingresso in questo giudizio ed i corrispondenti motivi vanno considerati inammissibili. Per questi motivi la Commissione d’Appello Federale respinge il predetto ricorso e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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