FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 – Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 04/11/2002 n. 1,2,3,4 e sul sito web: www.figc.it – 1/2 – APPELLI DEL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA E DELL’A.C. CHIEVO VERONA AVVERSO LE SANZIONI RISPETTIVAMENTE DELLA SQUALIFICA PER MESI 7 NONCHÉ DELL’AMMENDA DI E 150.000,00 E DELL’AMMENDA DI € 75.000,00, INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002) 3 – APPELLO DEL BOLOGNA F.C. 1909 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI E 75.000,00 INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002) 4 – APPELLO DEL PROCURATORE FEDERAL E AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER MESI 7 AL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA E DELLE AMMENDE DI E 75.000,00 ALL’A.C. CHIEVO VERONA E AL F.C. BOLOGNA 1909 INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002)

FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 - Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 04/11/2002 n. 1,2,3,4 e sul sito web: www.figc.it - 1/2 - APPELLI DEL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA E DELL’A.C. CHIEVO VERONA AVVERSO LE SANZIONI RISPETTIVAMENTE DELLA SQUALIFICA PER MESI 7 NONCHÉ DELL’AMMENDA DI E 150.000,00 E DELL’AMMENDA DI € 75.000,00, INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002) 3 - APPELLO DEL BOLOGNA F.C. 1909 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI E 75.000,00 INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002) 4 - APPELLO DEL PROCURATORE FEDERAL E AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER MESI 7 AL CALCIATORE LUCIANO SIQUEIRA DE OLIVEIRA E DELLE AMMENDE DI E 75.000,00 ALL’A.C. CHIEVO VERONA E AL F.C. BOLOGNA 1909 INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002) 1. Con atto del 10 settembre 2002, il Procuratore Federale, preso atto delle notizie fornite dagli organi di stampa e dai mezzi di informazione, che avevano trovato riscontro negli accertamenti eseguiti dall’Ufficio Indagini, come da apposita relazione in data 28 agosto 2002, trasmessa con nota di accompagnamento del 30 agosto 2002, e dunque rilevato che il calciatore Eriberto Conceicao da Silva, nato a Rio de Janeiro (Brasile) il 21 gennaio 1979, in realtà si chiamava Luciano Siqueira de Oliveira ed era nato a Boa Esperanca il 3 dicembre 1975, come da denunzia appositamente resa dal medesimo calciatore in data 20 agosto 2002 agli organi di polizia dello Stato di San Paolo, deferiva alla Commissione Disciplinare presso la L.N.P.: a) il suddetto calciatore, già tesserato per la società F.C. Bologna 1909 s.p.a. per le stagioni 1998/99 e 1999/2000 e per la società A.C. Chievo Verona per i campionati 2000/01, 2001/02 e 2002/03 con le false generalità di Eriberto Conceicao da Silva, in relazione ai fatti elencati nelle premesse dell’atto, sufficientemente provati, iniziati in Brasile ma proseguiti in Italia, e commessi in palese e volontaria violazione dei generalissimi doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., oltre che dell’art. 71 delle N.O.I.F.; fattispecie assumente i connotati della particolare gravità in quanto tradottasi in una condotta reiterata nel tempo e persistente anche quando era ormai cessata la ragione addotta quale motivazione dell’assunzione delle false generalità; b) la società F.C. Bologna 1909 s.p.a., associata alla L.N.P., per responsabilità oggettiva in riferimento ai fatti compiuti dal suo tesserato, visti gli artt. 1, comma 1, e 2, commi 3 e 4, C.G.S. e 71 N.O.I.F.; c) la società A.C. Chievo Verona s.r.l., associata alla L.N.P., per responsabilità oggettiva in riferimento ai fatti compiuti dal suo tesserato, visti gli artt. 1, comma 1, e 2, commi 3 e 4, C.G.S. e 71 N.O.I.F.. La Procura Federale, comparsa in persona del Vice Procuratore dinanzi alla Commissione Disciplinare, chiedeva in definitiva la condanna del calciatore alla squalifica per anni due e la condanna di entrambe le società al pagamento dell’ammenda di E 750.000,00, e questo anche attesa la gravità della condotta addebitabile al calciatore per il protrarsi nel tempo della condizione di illegalità in cui versava, nonché per la non credibilità delle motivazioni che l’avrebbero indotto all’autodenuncia. 2. La Commissione Disciplinare riteneva provata la responsabilità dei deferiti in ordine agli addebiti contestati, seguendo il seguente percorso logico-argomentativo, anche ai fini della concreta determinazione della pena: a) le dichiarazioni confessorie rese dal calciatore incolpato, conformi peraltro a quanto denunciato alle Autorità brasiliane, rendevano superfluo ogni approfondimento circa i fatti di causa nel loro svolgersi materiale; b) la condotta del calciatore Luciano, concretatasi in una pluralità di atti di falsità personale e documentale finalizzati a trarre in inganno tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti - e costantemente reiterata in un rilevantissimo arco temporale, integrava una grave violazione dei generalissimi principi di lealtà, correttezza e probità, sanciti dall’art. 1, comma 1, C.G.S., anche in relazione alla normativa dettata dall’art. 71 delle N.O.I.F.; c) il calciatore, assumendo e mantenendo per lunghi anni una falsa identità, aveva comunque tratto benefici economici non certo marginali, connessi anche alla possibilità di acquisire un “valore di mercato” e di lucrare livelli retributivi correlati ad un presumibile residuo di attività agonistica ben maggiore di quello reale; d) tenuto conto delle condizioni personali e socio-economiche che avevano indotto il calciatore, in giovane età, ad assumere una falsa identità, doveva ritenersi apprezzabile il ravvedimento dimostrato dallo stesso autodenunziandosi alle Autorità brasiliane, pur consapevole delle conseguenze penali, disciplinari ed economiche a cui sarebbe andato incontro per tale gesto sia in Brasile che in Italia; e questo pur destando le motivazioni addotte dal calciatore (riconducibili essenzialmente al desiderio di regolarizzare la situazione familiare, nell’interesse anche del figlio, registrato col solo cognome della madre) non poche perplessità e sospetti, riferiti anche alle presumibili vere ragioni, di ordine costrittivo (es. ricatti o pressioni da parte di terzi), poste alla base del gesto confessorio e di autodenunzia. Le ipotesi da ultimo accennate non svalutavano, in ogni caso, la spontaneità del ravvedimento; e) ritenuta l’ininfluenza nel caso in esame della previsione premiale di cui all’art. 14, comma 5, C.G.S;, la cui sfera di operatività era da ritenersi limitata alle ipotesi di illecito sportivo e di violazione in materia gestionale ed economica, la Commissione di prime cure riteneva equo infliggere al calciatore Luciano la sanzione della squalifica di mesi 7 e dell’ammenda di E 150.000,00; f) per quanto attiene alle società Bologna e Chievo Verona, chiamate a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dell’operato del calciatore, la Commissione Disciplinare, ritenuto che il principio sancito dall’art. 2, comma 4, C.G.S. non prevede eccezioni o limiti alla responsabilità a titolo oggettivo delle società - che nella specie, peraltro, avevano pacificamente subito un danno unitamente all’inganno (entrambi non evitabili, avendo esse ragionevolmente fatto affidamento su documentazione proveniente da pubblica autorità) - per l’operato dei propri tesserati, veniva deliberata l’irrogazione a carico di ognuna della sanzione pecuniaria di E 75.000,00. 3. Fin qui la decisione dei primi giudici, che è stata avversata, con i reclami in trattazione, da parte del calciatore, delle due menzionate società calcistiche e, non da ultimo, da parte della Procura Federale. Gli appelli, che debbono essere riuniti per gli evidenti elementi di connessione ed in quanto proposti avverso la medesima pronunzia, meritano opportunamente, una trattazione congiunta. I fatti accaduti sono stati sufficientemente acclarati, grazie anche alle dichiarazioni confessorie ed al comportamento processuale collaborativo tenuto dal calciatore incolpato, e pertanto non richiedono ulteriori cenni di approfondimento. Essi, nondimeno, restano connotati da particolare gravità, atteso che il calciatore si è interfacciato per anni nei confronti delle Istituzioni e dell’attività sportiva con falso nome e false generalità, venendo dunque meno ai doveri basilari di lealtà e correttezza sportiva che permeano l’intero ordinamento sportivo. In tal senso, peraltro, merita parziale correzione il capo di imputazione contenuto nel deferimento della Procura Federale, fatto proprio dalla decisione impugnata della Commissione Disciplinare, nel senso che la fattispecie in argomento sembra rappresentare essenzialmente una violazione dei generalissimi doveri posti alla base dell’ordinamento sportivo, senza che sia necessario invocare una disposizione di carattere procedurale ed organizzativo, come l’art. 71 delle N.O.I.F., primariamente dedicata a disciplinare le modalità a cui deve attenersi l’arbitro della gara nel procedere all’identificazione dei calciatori. Anche se, in effetti, possono non ravvisarsi conseguenze direttamente pregiudizievoli nei confronti della regolarità delle competizioni sportive a cui ha partecipato il calciatore Luciano, che ha mantenuto comunque, tra l’altro, lo status di calciatore extra-comunitario, va ancora una volta sottolineata la gravità oggettiva dell’accaduto, protrattosi lungamente nel tempo, e come ne siano stati vulnerati i principi fondamentali posti alla base della struttura ordinamentale del calcio. Non può pertanto accedersi, come avvedutamente ha evidenziato la Commissione di prime cure, alla richiesta di applicazione delle misure riduttive della pena previste dall’art. 14, comma 5, C.G.S., operative nel caso in cui il tesserato abbia fornito, ammettendo la propria responsabilità, un contributo decisivo per portare alla ricostruzione del fatto. L’applicazione della predetta disposizione è, del resto, limitata alle fattispecie di illecito sportivo (e quindi, ai sensi dell’art. 6, comma 1, C.G.S., ai casi di compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica) o di violazione in materia gestionale ed economica, e quindi è preclusa nella fattispecie in argomento. Né sussistono, nell’esercizio del potere ampiamente discrezionale di graduazione della pena, gli estremi per l’applicazione analogica della menzionata misura premiale. Al contrario, pur dovendosi dare atto del ravvedimento del calciatore, relativamente al quale, peraltro, passano necessariamente in secondo piano le motivazioni di ordine personale poste alla base di tale seppur tardivo gesto (nel senso che la pur presumibile impellenza di sottrarsi a ricatti o ad altre illecite pressioni non dequalifica di per sé la spontaneità del ravvedimento stesso), la sanzione merita una complessiva rimodulazione, con l’inasprimento, seppur lieve, della pena della squalifica, a fronte dell’oggettiva gravità dei fatti (di certo non sminuita alla luce della celere soluzione della pratica dal punto di vista burocratico-amministrativo), e del protrarsi per così lungo tempo della condotta di esternazione di false generalità. 4. L’appello del Procuratore Federale, appuratane l’ammissibilità (al contrario di quanto sostenuto dal Bologna F.C., siccome ampiamente dotato di motivi e proposto nei termini, non essendo significativo, come è noto, il mancato preannunzio di reclamo nel termine previsto, preavviso che va essenzialmente ad innestarsi nella procedura volta all’eventuale conseguimento della documentazione relativa alla vertenza), lungamente improntato, com’è, sull’inadeguatezza della sanzione irrogata con la decisione avversata rispetto alla gravità della violazione disciplinare commessa dal calciatore ed alla reiterazione per un periodo di ben 67 gare disputate nell’arco di quattro campionati della condotta disciplinarmente illecita, con i vantaggi anche di ordine economico (es. in termini di durata dei contratti) dal medesimo conseguiti, merita pertanto parziale accoglimento. 5. Al contrario, sembra equo alla Commissione, nell’ambito della rimodulazione complessiva della pena, ridurre sostanzialmente la pena pecuniaria, che andrebbe altrimenti ad incidere in maniera esageratamente gravosa nei confronti del calciatore, il cui ingaggio tra l’altro non spicca per particolare significatività. In definitiva risulta alla Commissione d’Appello rispondente ad equità infliggere al calciatore brasiliano professionista Luciano Siqueira de Oliveira la squalifica fino a tutto il 31 maggio 2003, unitamente alla pena pecuniaria ammontante a E 50.000,00 (cinquantamila/00). 6. Occorre adesso affrontare la posizione delle due società reclamanti, detentrici del tesserino del calciatore negli ultimi quattro campionati di Serie A, e chiamate a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva del comportamento del proprio tesserato, a norma dell’art. 2, comma 4, C.G.S.. 7. È il caso di effettuare un preliminare distinguo, non tanto, come pretenderebbe l’A.C. Chievo Verona al fine di una diversa graduazione della pena rispetto alla responsabilità, che nel suo connotato oggettivo mal si presta a diversificazioni connesse a diversi gradi di consapevolezza dell’illecito in atto (la società veronese insiste con vigore sull’argomentazione che, a maggior ragione, nessuna responsabilità può essere ad essa addebitata per il solo fatto di aver acquisito le prestazioni del calciatore nell’ambito di un trasferimento avvenuto interamente in Italia, tra società italiane), quanto ai fini della prescrizione dell’infrazione accertata. Ai sensi, infatti, dell’art. 18, comma 2, C.G.S. “le infrazioni di carattere disciplinare delle quali possono essere chiamate a rispondere, (si noti bene) a qualsiasi titolo, le società si prescrivono al termine della seconda stagione successiva a quella in cui è stato posto in essere l’ultimo atto diretto a commettere le infrazioni stesse”. Orbene, senza potersi aderire alle controdeduzioni svolte in sede di riunione di questa Commissione dal rappresentante della Procura Federale, circa l’esercitabilità dell’azione ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, la norma invocata può nel caso di specie trovare piana e lineare applicazione. Deve, infatti, farsi riferimento, quanto alla società felsinea, ad illeciti perpetrati dal calciatore non oltre il termine della Stagione sportiva 1999/2000 (prima del trasferimento al Chievo Verona), fissato al 30 giugno 2000. Il termine prescrizionale biennale è, quindi, vanamente spirato al 30 giugno 2002,mentre il deferimento della Procura Federale è intervenuto solo nel settembre del 2002. L’appello del Bologna merita dunque accoglimento sotto questo assorbente profilo. N essuna sanzione, così, può essere inflitta a carico della suddetta società, seppur a titolo di mera responsabilità oggettiva, causa l’avvenuta prescrizione dell’infrazione ascrivibile alla medesima. 8. Anche la posizione del Chievo Verona merita una riconsiderazione, nel senso di una sostanziale riduzione della pena pecuniaria inflitta, in parziale accoglimento del reclamo di pertinenza. Che le società di appartenenza del calciatore esercente attività sportiva sotto falso nome abbiamo scientemente partecipato alle azioni commesse dal loro tesserato, o che ne fossero a conoscenza, è stato ragionevolmente escluso dalla stessa Procura Federale in sede di deferimento. Anzi, deve riconoscersi che sussistono non pochi elementi per affermare che le società suddette siano i soggetti che hanno ricevuto, direttamente, il danno più evidente dal comportamento illecito del calciatore protrattosi per sì lungo tempo, e questo sia in termini economici (anche a fronte di prospettive future di mercato) che, non da ultimo, di immagine. Residua dunque la doverosa applicazione, alla stregua di quanto sopra osservato solo per la società veronese, dei freddi meccanismi della responsabilità oggettiva. Quest’ultima, però, ad avviso della Commissione d’Appello, non va applicata nel caso di specie, come pretenderebbe invece l’Organo requirente, in termini di automatica corrispondenza all’indubbia gravità dei fatti ascritti, al tesserato. Le società di appartenenza, oltre ad essere completamente estranee al dispiegarsi materiale dei fatti, non hanno ricevuto alcun vantaggio di ordine sportivo o meno (si ribadisce, tra l’altro, che non trattasi, nella specie, di ipotesi di illecito sportivo), ma anzi assai presumibilmente hanno subito un danno a causa dei fatti disciplinarmente illeciti, seppur allo stato non quantificabile. 9. Vengono dunque a galla alcuni degli aspetti più delicati e problematici che coinvolgono la tematica della responsabilità oggettiva nell’ordinamento sportivo del calcio. Nell’ordinamento giuridico generale, per responsabilità oggettiva si intende quell’istituto giuridico che racchiude le ipotesi specifiche in cui un soggetto è chiamato a rispondere di un determinato evento anche in mancanza di dolo o colpa e, comunque, indipendentemente da essi: con tale formula, di carattere chiaramente descrittivo, ci si vuole riferire, dunque, alle ipotesi nelle quali l’imputazione non si fonda sulla colpevolezza del comportamento dannoso. In campo penale vengono generalmente citate le fattispecie di cui agli artt. 83 e 116 c.p. - c.d. aberratio delicti - e dei reati aggravati dall’evento, ed anche il delitto preterintenzionale od oltre l’intenzione, di cui all’art. 43 c.p.. È noto come nel diritto penale siffatta tipologia di responsabilità, che prescinde dal dolo o dalla colpa dell’agente, incontri forti critiche alla stregua della problematica compatibilità con l’art. 27 Cost., che sancisce il principio della personalità della responsabilità penale. In campo civilistico, invece, la responsabilità oggettiva si riconnette generalmente ad una posizione di assunzione del rischio collegata all’attività rientrante nei casi tassativamente previsti dalla legge (si vedano, tra gli altri, i casi di cui agli artt. 2049 ss. cod. civ. E la responsabilità del produttore ex DPR 224/88). In questi casi dunque l’applicazione della responsabilità oggettiva non è altro che la conseguenza dell’organizzazione della società moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali o delle c.d. attività rischiose, si preferisce utilizzare criteri di imputabilità della responsabilità che non richiedano analisi complesse, ma che rendano da subito conoscibile il soggetto tenuto al risarcimento. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlato in primo luogo, come è noto, a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, pur carente di risorse e mezzi procedurali adeguati, anche di tipo cautelare, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Nell’ordinamento calcistico le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è mai posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. In contrario, si è osservato dalla parte dei più, come del resto già accennato, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell'operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie come quella in trattazione, dove va escluso ogni seppur minimo coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato. 10. In conclusione, alla stregua delle considerazioni che precedono, risulta alla Commissione equo ridurre la sanzione pecuniaria inflitta alla società Chievo Verona a E 10.000,00 (diecimila/00). Per questi motivi la C.A.F., riuniti gli appelli come sopra proposti dal calciatore Luciano Siqueira de Oliveira e dall’A.C. Chievo Verona di Verona, del Bologna F.C. 1909 di Bologna e del Procuratore Federale, così decide: - respinge l’appello del calciatore Luciano Siqueira de Oliveira; - accoglie parzialmente quello dell’A.C. Chievo Verona, riducendo la sanzione pecuniaria per responsabilità oggettiva a E 10.000,00; - accoglie l’appello del Bologna F.C. 1909 e per l’effetto dichiara prescritta l’infrazione addebitata; - accoglie parzialmente quello della Procura Federale per l’effetto ridetermina: - la sanzione inflitta al calciatore Luciano Siqueira de Oliveira nella squalifica fino a tutto il 31.5.2003 e nell’ammenda di € 50.000,00. - ordina incamerarsi la tassa versata dal calciatore Luciano Siqueira de Oliveira; ordina restituirsi le tasse versate dall’A.C. Chievo Verona e dal Bologna F.C. 1909.
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