FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 – Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 17/C del 09/12/2002 n. 7 e sul sito web: www.figc.it – 7 – APPELLO DEL CAGLIARI CALCIO 1920 AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DEL CAMPO DI GIOCO PER 3 GIORNATE DI GARA (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 146 del 28.11.2002)

FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 - Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 17/C del 09/12/2002 n. 7 e sul sito web: www.figc.it - 7 - APPELLO DEL CAGLIARI CALCIO 1920 AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DEL CAMPO DI GIOCO PER 3 GIORNATE DI GARA (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 146 del 28.11.2002) Con decisione pubblicata il 23 novembre 2002 (Com. Uff. n. 136), il Giudice Sportivo della Lega Nazionale Professionisti infliggeva alla Società Cagliari Calcio, oltre alla punizione sportiva della perdita della gara “a tavolino” per 0-2, la sanzione della squalifica del campo di giuoco per tre giornate effettive di gara e l’ammenda di E 10.000,00 per il comportamento tenuto dai suoi sostenitori durante la gara Cagliari/Messina del 17 novembre 2002, valevole per il Campionato di Serie B, culminato nell’invasione di campo da parte di uno sconsiderato, che dopo aver scavalcato la recinzione a presidio della curva dei tifosi cagliaritani colpiva violentemente il portiere del Messina Manitta; fatto che nella sua gravità contribuiva in maniera decisiva alla sospensione definitiva dell’incontro, decisa dall’arbitro Nucini quando correva il 37° minuto della ripresa. Avverso il provvedimento del Giudice Sportivo, il Cagliari proponeva reclamo con procedura d’urgenza dinanzi alla Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti, affermando, in primo luogo, l’insussistenza di qualsivoglia responsabilità (oggettiva e diretta) per i fatti accaduti durante la soprarichiamata gara. La Commissione Disciplinare non andava oltre il parziale accoglimento del reclamo,limitatamente alla revoca della sanzione pecuniaria, e questo pur avendo riconosciuto che la società calcistica isolana era chiamata a rispondere solo a titolo di “responsabilità oggettiva” per la condotta del proprio sostenitore, e non anche a titolo di “responsabilità diretta” (per mancato mantenimento dell’ordine pubblico), come invece adombrato dal Giudice Sportivo. Con l’attuale reclamo, il Cagliari è insorto avverso la suddetta decisione di seconde cure ed ha dedotto i motivi della violazione e falsa applicazione dell’art. 9 C.G.S. (ai sensi dell’art. 33, lett. b/, C.G.S.), non potendo essere imputata alla società Cagliari Calcio alcuna responsabilità in ordine ai fatti accaduti in occasione della menzionata gara, sotto i profili dell’impossibilità per la società stessa di impedire il fatto e dell’insussistenza di negligenza derivante da non aver usato l’attenzione e la prudenza normalmente richiesta, nonché della contraddittorietà della motivazione (art. 33, lett. c/, C.G.S.), atteso che, pur avendo escluso la responsabilità “diretta” della società, la Commissione Disciplinare ha di fatto confermato la pronunzia del Giudice Sportivo, limitandosi a cancellare l’ammenda (peraltro non particolarmente onerosa). La società reclamante ha concluso per l’annullamento della sanzione della squalifica del campo, ovvero, in via subordinata, per la riduzione a misura di equità della sanzione medesima. Il reclamo, peraltro ammissibile in quanto dispiega i suoi svolgimenti argomentativi nell’ambito di due delle ipotesi (lett. b e c falsa applicazione di norme del C.G.S. e contraddittoria motivazione) per le quali questa Commissione d’Appello è comunque chiamata a conoscere della vertenza seppur in terzo grado di giudizio, merita parziale accoglimento, con precipuo riguardo alla richiesta subordinata della società istante. Piena condivisione merita, anzitutto, il ragionamento della Commissione Disciplinare che ha recisamente escluso la possibilità di configurare, nella fattispecie, una ipotesi di responsabilità diretta per mancato mantenimento dell’ordine pubblico sul proprio campo di giuoco (e quindi in relazione all’art. 9, comma 2, C.G.S.). È infatti evidente come l’obbligo di mantenere l’ordine pubblico sul proprio campo di giuoco, di cui alla disposizione da ultimo accennata, non possa costituire, in caso di inadempimento, fattispecie di riferimento per una responsabilità “diretta” della società calcistica, dovendo ricondursi correttamente l’obbligo stesso non oltre una prestazione attiva e vigile di collaborazione della società nei confronti delle forze dell’ordine e comunque dei soggetti istituzionalmente preposti al mantenimento dell’ordine (il dovere così delineato non risulta, peraltro, essere stato inadempiuto, nella fattispecie, dalla società reclamante). Lineare ed esclusiva applicazione può invece farsi, nel caso in argomento, della responsabilità “oggettiva” della società per la condotta del proprio sostenitore. Tanto premesso, pur non volendosi sminuire la gravità del fatto, particolarmente increscioso, violento e “destabilizzante” nei confronti della serenità del contesto e, non da ultimo, della regolarità della gara, sospesa dal direttore di gara (e sotto tale profilo specifico comportante, a latere, l’inflizione della punizione sportiva della perdita dell’incontro medesimo), seppur sostanzialmente riconducibile - quanto agli aspetti più gravi - al gesto isolato di un singolo, sembra al Collegio maggiormente rispondente ad equità ridurre parzialmente la gravosa sanzione della squalifica del campo a due sole giornate. In senso favorevole alla suddetta riduzione, depone non solo l’atteggiamento collaborativo tenuto dalla reclamante successivamente all’accaduto, e di cui dà atto peraltro lo stesso Organo di giustizia di seconde cure, ma soprattutto l’incontestata circostanza che alla società era precluso, per ordine intimativo delle Forze dell’ordine, di impiegare proprio personale al fine di provvedere al mantenimento dell’ordine pubblico. A quest’ultimo poi, come riportato dallo stesso direttore di gara nel referto, era chiamata a provvedere una forza carente di polizia. Mentre non altrettanto rilievo può attribuirsi ai pur fondati sospetti di comportamenti ricattatori da parte di frange ostili e violente dei tifosi, cui sarebbe sottoposta l’attuale dirigenza della società cagliaritana. Con l’accoglimento del reclamo nei termini suddetti, e quindi con la riduzione ad equità della sanzione, si riporta, tra l’altro, ad un quadro di linearità e proporzionalità la sanzione inflitta dalla Commissione Disciplinare, tacciata - non senza connotati di ragionevolezza - di contraddittorietà, per essersi limitata ai fini della quantificazione della pena, nel momento stesso in cui escludeva l’imputabilità dei fatti a titolo di responsabilità diretta, a revocare una sanzione pecuniaria peraltro non particolarmente affittiva e comprensiva anche della pena per lancio di oggetti e petardi. Per questi motivi la C.A.F. in parziale accoglimento dell’appello come sopra proposto dal Cagliari Calcio 1920 di Cagliari, riduce a n. 2 giornate effettive di gara la squalifica del campo già inflitta dai primi giudici alla reclamante. Ordina restituirsi la tassa versata.
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