FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 – Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 26/C del 13/02/2003 n. 1 e sul sito web: www.figc.it – 1 – APPELLO DELL’ARBITRO EFFETTIVO APRUZZESE ALESSANDRO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 1 E MESI 1, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Umbria – Com. Uff. n. 28 del 6.12.2002)

FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 - Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 26/C del 13/02/2003 n. 1 e sul sito web: www.figc.it - 1 - APPELLO DELL’ARBITRO EFFETTIVO APRUZZESE ALESSANDRO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 1 E MESI 1, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Umbria - Com. Uff. n. 28 del 6.12.2002) Con atto del 30 agosto 2002, il Procuratore Federale deferiva alla competente Commissione Disciplinare, il Sig. Alessandro Apruzzese, arbitro effettivo della sezione di Foligno, per vederlo rispondere della violazione dell’art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 31 del Regolamento dell’A.I.A., avendo il suddetto modificato tanto il proprio referto quanto la copia in proprio possesso della distinta dei calciatori dell’A.S. Carbonesca in un momento successivo alla prima compilazione, alterando il computo delle ammonizioni e conseguentemente l’irrogazione delle successive sanzioni. Il deferimento traeva spunto dagli accertamenti dell’Ufficio Indagini, a loro volta innescati dagli esposti dei presidenti delle società A.P. Pretola e A.S. Casacastalda, aventi ad oggetto pretesi comportamenti antiregolamentari posti in essere dal predetto arbitro in relazione all’incontro Carbonesca/San Lorenzo Lerchi, disputato il 10 marzo 2002 e valevole per il Campionato di 2ª Categoria umbro (nel Comunicato Ufficiale pubblicato successivamente alla gara non si faceva menzione di provvedimento alcuno nei confronti di due calciatori dell’A.S. Carbonesca, già diffidati, ammoniti “senza possibilità di equivoci” dall’arbitro nel corso della citata gara, il tutto, peraltro, nel periodo cruciale degli scontri decisivi per l’esito finale del campionato). Non convinta dagli assunti difensivi dell’Apruzzese, che aveva affermato, già dinanzi al rappresentante dell’organo federale inquirente, di aver provveduto alle correzioni in parola perché nella trascrizione dei calciatori ammoniti era incorso in errore seguendo le indicazioni riportate nel suo taccuino e che le menzionate annotazioni, successive alle correzioni apportate nel suo referto e sulla distinta della Società, rispondevano al vero, perché effettuate integrando le emergenze del taccuino con i suoi ricordi specifici, la Commissione Disciplinare, ritenuta la responsabilità del deferito in ordine agli addebiti contestatigli, infliggeva all’incolpato la sanzione della squalifica di anni uno e mesi uno, comprensivamente di quella già eventualmente sofferta in relazione a precedenti provvedimenti sospensivi. L’Apruzzese ha sporto il reclamo in trattazione, preliminarmente eccependo la mancata doverosa applicazione della “giurisdizione domestica” esclusiva, prevista dalla apposita disciplina regolamentare della categoria arbitrale, e comunque concludendo per l’annullamento della pena e, in subordine, la riduzione della sanzione irrogata. L’eccezione preliminare di difetto di “giurisdizione” va, almeno formalmente, disattesa, in quanto lo stesso art. 29 dello Statuto federale, invocato dal reclamante, recita, al comma 6, che gli arbitri sono soggetti, per le infrazioni alle norme federali, alla disciplina generale (e ai relativi Organi) dell’ordinamento della giustizia sportiva, mentre essi sono soggetti a giurisdizione domestica “per ogni infrazione al solo regolamento dell’A.I.A.”. Tanto premesso, nell’attuale contesto non può essere dimenticato che, ad avviso dell’Organo requirente che ha deferito il direttore di gara alla Commissione Disciplinare, le violazioni perpetrate integravano una fattispecie di contrasto con i generalissimi principi dell’ordinamento sportivo calcistico come sanciti dall’art. 1 C.G.S., cosicché non poteva aprioristicamente escludersi l’ordinaria giurisdizione degli Organi federali di giustizia sportiva. L’appello, nondimeno, merita accoglimento, occorrendo, nel concreto, dequalificare la portata della violenza commessa. Non sembra che dietro le cancellature e le correzioni postume apportate, nella specie, dal direttore di gara sul referto e sulla copia della distinta di cui era in possesso, quando era sulla via del ritorno per la propria abitazione, debba necessariamente nascondersi un intento fraudolento e falsificatore, per di più con effetti che indirettamente, attraverso il computo delle ammonizioni, sarebbero andati scientemente a ricadere sulle squalifiche da infliggere in occasione della fase cruciale del campionato di cui si discute. A fronte, perdipiù, delle dichiarazioni dell’ufficiale di gara, circa una sua seppur tardiva resipiscenza in ordine ai calciatori effettivamente ammoniti (identificati nella sua tardiva presa di coscienza grazie anche al colore della pelle), vi è un quadro probatorio testimoniale, che dovrebbe sostenere l’accusa, tutt’altro che chiaro e univoco e che, per come fatto proprio dall’Organo di prime cure, risente di un adeguato esame critico-logico delle risultanze acquisite da parte degli inquirenti federali. Né va sottovalutata la circostanza che l’arbitro incolpato in alcun modo ha nascosto l’accaduto, dando anzi piena e formale contezza, nella sezione “Varie” del rapporto ufficiale di gara, delle correzioni effettuate sulla distinta del Carbonesca in ordine a due ammonizioni. Con questo la presente Commissione non intende affermare che l’Apruzzese debba andare completamente esente da ogni sanzione in ordine ad un comportamento che non appare completamente scevro da colpa, vista la mancata chiarezza e linearità del suo operato nello stilare gli atti ufficiali. Non risulta però, di certo, provata l’invocata violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportive, rilevante per l’ordinamento sportivo calcistico nel suo complesso. Nei sensi suddetti l’appello va accolto e per l’effetto va annullata la sanzione inflitta in primo grado. Il fascicolo va però rimesso, a cura della Segreteria, alla competente Procura arbitrale per le azioni di competenza in ordine all’eventuale violazione delle prescrizioni contenute nel Regolamento A.I.A.. La tassa reclamo relativa al presente procedimento va restituita. Per questi motivi la C.A.F. in accoglimento dell’appello come sopra proposto dall’arbitro effettivo Apruzzese Alessandro annulla l’impugnata delibera e rimette gli atti alla Procura Arbitrale per quanto di sua competenza in ordine ed eventuali violazioni del regolamento A.I.A.. Dispone restituirsi la tassa versata.
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