FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 – Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 43/C del 12/05/2003 n. 6 e sul sito web: www.figc.it – 6 – APPELLO DELL’A.S. PATERNÒ CALCIO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PESCARA/PATERNÒ DEL 19.4.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 248/C del 9.5.2003)

FIGC – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2002/2003 - Decisione pubblicata sul Comunicato ufficiale FIGC n. 43/C del 12/05/2003 n. 6 e sul sito web: www.figc.it - 6 - APPELLO DELL’A.S. PATERNÒ CALCIO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PESCARA/PATERNÒ DEL 19.4.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 248/C del 9.5.2003) Con esposto al Presidente della Lega Professionisti Serie C in data 2.5.2003 la società Paternò Calcio denunziava la presunta irregolarità della posizione del calciatore del Pescara Calcio Giuseppe Antonaccio nella gara di Campionato di Serie C1 Pescara/Paternò del 19 aprile precedente. Faceva presente che l’Antonaccio, squalificato per una gara effettiva a seguito di doppia ammonizione nella gara di campionato di Serie C1 Sassari Torres/Pescara del 30 marzo (Com. Uff. n. 213 del 1.4.2003), non aveva partecipato alla successiva gara dello stesso Campionato di Serie C1 Taranto/Pescara del 13 aprile, ma era stato utilizzato nella gara Pescara/Bari del Campionato Primavera disputata il giorno precedente (12 aprile), di talché, a norma dell’art. 17 comma 13 del C.G.S., la squalifica non poteva ritenersi scontata. Invitava il Presidente della Lega, pertanto, a deferire il calciatore Antonaccio e la società Pescara per l’irrogazione a quest’ultima della sanzione sportiva della perdita della gara Pescara/Paternò. Condividendo le ragioni espostegli, il Presidente della Lega Professionisti Serie C con nota del 3.5.2003 deferiva alla Commissione Disciplinare presso la stessa Lega la società Pescara per irregolarità della posizione del calciatore Antonaccio nella gara di Campionato di Serie C1 Pescara/Paternò del 19 aprile. All’esito del relativo procedimento la Commissione Disciplinare con la decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 248/C del 9.5.2003 giudicava infondata la tesi della società Paternò e, prosciolti sia il Pescara Calcio che l’Antonaccio, statuiva la regolarità della gara dal 19 aprile. Rilevava in adesione alla tesi difensiva prospettata dalla soc. Pescara, la insuperabilità del disposto dell’articolo 17, comma 3, del C.G.S. secondo cui “il calciatore colpito da squalifica per una o più giornate di gara deve scontare la sanzione nelle gare ufficiali della squadra nella quale militava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento”. Considerato, dunque che l’Antonaccio non aveva preso parte alla gara di Campionato di Serie C1 Taranto/Pescara del 13 aprile, concludeva che il calciatore aveva regolarmente scontato la squalifica inflittagli e che era del tutto irrilevante ai fini della sua presunta irregolarità la partecipazione il giorno 12 precedente alla gara di Campionato Primavera Pescara/Bari. Tale partecipazione non si era concretizzata, peraltro, nella stessa “giornata” della gara di campionato, ma nella “giornata” precedente, laddove il termine in questione in nessun altro modo doveva essere inteso se non in quello di singolo “giorno” della settimana. Anche per quest’altro motivo, dunque, la posizione dell’Antonaccio, che aveva disputato una gara in giorno diverso dal Campionato di Serie C1, non poteva che essere considerata regolare. Avverso la decisione della Commissione Disciplinare proponeva appello la società Paternò che, nel richiamarsi ad altro caso analogo recentemente deciso da questa Commissione, ribadiva come il criterio “temporale” di cui al comma 13 dell’art. 17 del C.G.S. dovesse prevalere su ogni altra norma regolamentare in tema di esecuzione delle sanzioni (su quello della separazione di cui al comma 3 dello stesso articolo, in particolare) e come il vocabolo “giornata” usato dal legislatore federale dovesse connotare, per genesi ed evoluzione storica delle norme in materia, non i singoli giorni della settimana, ma il turno di calendario; turno che non opera distinzione alcuna fra domenica e gli altri giorni della settimana (sabato, ma anche venerdì e lunedì) nei quali di recente si articola l’organizzazione dei vari campionati. La società Paternò chiedeva pertanto che in riforma della decisione impugnata venisse inflitta alla società Pescara Calcio la punizione sportiva della perdita della gara Pescara/ Paternò del 19.4.2003 con il punteggio di 0-2. All’udienza del 12 maggio 2003 il legale della società appellante ribadiva le proprie tesi mentre il legale del Pescara eccepiva l’inammissibilità del reclamo proposto dalla società Paternò sulla base del fatto che il giudizio sulla posizione irregolare del proprio teserato Antonaccio nella gara Pescara/Paternò non era stato instaurato davanti al Giudice Sportivo su reclamo della parte interessata, come previsto dall’articolo 24 comma 8, del C.G.S., ma su deferimento alla Commissione Disciplinare, come previsto dall’articolo 25 dello stesso Codice. La società Paternò, che non aveva provveduto a proporre reclamo e che non era stata parte processuale nel procedimento instauratosi per iniziativa altrui, non era soggetto legittimato, dunque, a proporre impugnazione, laddove l’unico ad esserlo era il Presidente Federale. Eccepiva sotto altro profilo, ancora, che in assenza di appello con riguardo alla posizione dell’Antonaccio la decisione della Commissione Disciplinare nei suoi confronti era divenuta definitiva e che l’impossibilità concettuale e giuridica di ritenere irregolare la sua posizione ai fini della (eventuale) responsabilità della società, laddove era stata definitivamente ritenuta regolare, rendeva inammissibile l’appello. Nel merito ribadiva gli argomenti fatti valere dalla Commissione Disciplinare nella decisione impugnata di cui chiedeva, conseguentemente, la conferma. Le due eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dal Pescara vanno respinte. È fuor di discussione, quanto alla prima, che la società Paternò, che ha partecipato alla gara con il Pescara, della posizione del cui calciatore Antonaccio si discute, è titolare di un interesse diretto riguardo alla decisione degli Organi disciplinari sulla posizione dei calciatori (e dell’Antonaccio in particolare) che hanno preso parte alla gara stessa, se non altro per gli effetti dovuti all’eventuale irregolarità della posizione di taluno dei calciatori ed alla conseguente sanzione della perdita della gara a carico del Pescara. È innegabile, altresì, che tale interesse sostanziale sussiste tanto nel caso di procedimento instaurato su reclamo di parte ex art. 24 del C.G.S. che nel caso di procedimento sorto a seguito di deferimento degli Organi federali ex art. 25 dello stesso Codice. Ne discende che in applicazione del principio di cui all’art. 29 del C.G.S., secondo cui “Sono legittimati a proporre reclamo, nei casi previsti dal presente Codice, le Società, i loro dirigenti, soci di associazione e tesserati che, ritenendosi lesi nei propri diritti, abbiano interesse diretto al reclamo stesso” (comma 1) la società Paternò, che si ritiene lesa dalla decisione della Commissione Disciplinare (che non ha ritenuto irregolare la posizione dell’Antonaccio nella gara con il Pescara del 19.4.2003 ed ha un interesse diretto ad ottenere una decisione in senso contrario), è legittimata alla proposizione dell’appello. E ciò anche se non è stata parte nel relativo procedimento di primo grado. Analogamente da respingere è l’ulteriore eccezione fatta valere in via preliminare dal Pescara. Occorre rilevare, infatti, che il deferimento da parte del Presidente della Lega Professionisti Serie C è intervenuto nei soli confronti del Pescara e non anche del calciatore e che dunque nei confronti di quest’ultimo non si è formato giudicato alcuno. Non vi è rischio di contrasto tra giudicati, di conseguenza, dal momento che quanto statuito (non del tutto correttamente) dalla Commissione Disciplinare nei confronti dell’Antonaccio è, in assenza di deferimento, meramente pleonastico, tale da non poter dar luogo a giudicato di alcun genere. Venendo al merito, osserva questa Commissione che le disposizioni contenute nei commi 3 e 13 dell’articolo 17 del C.G.S. devono essere interpretate unitariamente, avuto riguardo alle specifiche finalità rispettivamente perseguite da ciascuna di esse nel sistema di esecuzione delle sanzioni. Non vi è dubbio che il comma 3 attiene alle modalità di esecuzione della squalifica per una o più giornate di gara ed ha la funzione di individuare in quale squadra debba essere scontata la squalifica. In altri termini, viene introdotto il principio che la squalifica non può essere scontata in squadra diversa da quella nella quale il calciatore militava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento. Il comma 13 stabilisce gli effetti del provvedimento di squalifica ed il contenuto afflittivo della stessa, stabilendo il divieto, imposto al calciatore squalificato, di svolgere “qualsiasi attività sportiva in ogni ambito federale per il periodo della squalifica”. Il testuale richiamo ad una “qualsiasi attività sportiva” lascia intendere che il divieto di giocare non è limitato alla partecipazione del calciatore alle gare della squadra per cui militava quando si verificò la violazione, ma si estende alla partecipazione a qualsiasi altra gara (ufficiale) di qualsiasi altra squadra della stessa società. Alla luce delle considerazioni appena fatte non può essere condivisa, dunque, la tesi della Commissione Disciplinare, dal momento che la partecipazione a gara di campionato diverso da quello della squadra in cui è maturata la squalifica non può in alcun caso tradursi in elusione del divieto (completamente alla regola fissata dal comma 3 dell’art. 17 del C.G.S.) di svolgere qualsiasi attività sportiva in ogni ambito federale. La decisione della Commissione Disciplinare non può essere condivisa neppure con riguardo al differente profilo del “periodo” nel quale è preclusa al tesserato ogni attività agonistica; periodo individuato dal comma 13 dell’art. 17 del C.G.S. nelle “giornate in cui disputa gare ufficiali la squadra indicata al comma 3”. Le argomentazioni svolte in proposito dalla società appellante sono molto puntuali e muovendo dalla genesi della norma da un lato e dalla ratio che ne costituisce il supporto logico-sistematico dall’altro, giunge a conclusioni che non possono non essere condivise, come emerge dall’analisi della evoluzione normativa. Infatti nelle Carte Federali del 1983/84 compare per la prima volta la precisazione che la squalifica impedisce al tesserato lo svolgimento di attività sportiva in ogni ambito della FIGC “per il periodo di incidenza” (art. 14 lett. “i” comma 2 del Regolamento di Disciplina all’epoca vigente). Nel Regolamento di Disciplina del 1985/86 lo stesso art. 14 introduce un’ulteriore specificazione del “periodo di incidenza”, che viene fatto coincidere nelle squalifiche per una o più giornate di gara, con “le giornate in cui disputa gare ufficiali la squadra precisata al comma c) del presente articolo” e cioè “la squadra per la quale (il calciatore) giocava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento” . Questa previsione rimane inalterata nelle successive stesure delle carte federali fino all’attuale art. 17 comma 13 del C.G.S.. La successione di queste norme dimostra l’intenzione del legislatore federale di specificare in maniera sempre più puntuale l’ambito sanzionatorio della norma, fino ad individuare il concetto di “giornata” che si identifica in tutti i “giorni” in cui si articola il turno calcistico. La ratio di questa norma è quella di impedire, durante il predetto lasso temporale, che il calciatore svolga qualunque attività agonistica, in tal modo raggiungendo l’effetto afflittivo voluto. Detta interpretazione trova conferma anche dal confronto tra la norma richiamata e la corrispondente “Disciplina Sportiva in ambito regionale della Lega Nazionale Dilettanti e del Settore per l’Attività Giovanile e Scolastica” di cui al Titolo VIII del C.G.S.. L’art. 41 comma 1 C.G.S., stabilisce, infatti, che “...il calciatore non può partecipare, in altre squadre della stessa società, a gare ufficiali nel giorno in cui deve scontare la squalifica, ma può essere impiegato nelle gare delle altre squadre della società che si svolgono in giorni diversi” . È evidente pertanto che il Legislatore Federale ha inteso differenziare il concetto di “giornata” da quello di “giorno”, a seconda della diversa fattispecie concretamente disciplinata. I rilievi appena svolti rendono evidente, in definitiva, che il divieto di cui all’art. 17, comma 13, del C.G.S. non è quindi limitato alla partecipazione del calciatore alle gare della squadra per cui militava quando si verificò la violazione, ma si estende anche alla partecipazione a gare ufficiali di altre squadre della stessa società, non nel giorno, ma nella stessa giornata di calendario in cui si deve scontare la squalifica. Applicando il suddetto principio al caso in esame, si deve affermare che l’Antonaccio, avendo partecipato alla gara del Campionato Primavera Pescara/Bari nella stessa giornata in cui si disputava la gara di Campionato di Serie C1 Taranto/Pescara, non ha rispettato la prescrizione in cui si esplicano gli effetti sanzionatori della squalifica e conseguentemente non l’ha scontata. Ne discende l’accoglimento dell’appello e che, in riforma della decisione della Commissione Disciplinare della Lega Professionisti Serie C, la società Pescara Calcio va condannata alla sanzione sportiva della perdita della gara Pescara/Paternò del 19.4.2003 con il punteggio di 0-2. Per effetto dell’accoglimento dell’appello la tassa reclamo va restituita alla società Paternò. Per questi motivi, la Commissione d’Appello Federale, v. l’art. 31, punto 1, C.G.S., in accoglimento dell’appello proposto dalla società Paternò Calcio avverso la decisione della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C di cui Com. Uff. n. 248/C del 9.5.2003 annulla detta decisione e per l’effetto infligge al Calcio Pescara la sanzione della perdita della gara Pescara/Paternò del 19.4.2003 con il punteggio di 0-2. Rimette gli atti al Giudice Sportivo per quanto di sua competenza. Dispone restituirsi alla società Paternò Calcio la tassa reclamo.
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